La Notte degli Oscar si avvicina e io sono indietrissimo coi recuperi. Pazienza, l'anno prossimo mi organizzerò meglio. Nel frattempo, oggi parlerò de Il caso Spotlight (Spotlight), diretto e co-sceneggiato dal regista Tom McCarthy, candidato a sei Premi Oscar (Miglior Film, Mark Ruffalo Miglior Attore Non Protagonista, Rachel McAdams Miglior Attrice Non Protagonista, Miglior Regia, Miglior Sceneggiatura Originale, Miglior Montaggio).
Trama: Nel 2001 il nuovo direttore del Boston Globe decide di affidare alla squadra giornalistica denominata Spotlight un'indagine riguardante la presenza di preti pedofili all'interno della comunità. La verità che i giornalisti porteranno alla luce sarà sconvolgente...
Mentre nel 2001 il mondo intero piangeva giustamente le vittime degli attentati dell'11 settembre, un gruppo di giornalisti di Boston aveva il suo bel daffare per comprovare una vicenda altrettanto sconvolgente e meritevole di attenzione internazionale. Personalmente mi sono sempre chiesta cosa spinga un prete ad andare consapevolmente contro tutto ciò che gli è stato insegnato e contro la morale cristiana di cui dovrebbe farsi paladino e a mettere le mani addosso a dei ragazzini ma la cosa che più mi turba è il fatto che spesso e volentieri queste storie di abusi vengono alla luce e i responsabili vengono semplicemente spostati in un'altra parrocchia col beneplacito di vescovi e alti prelati, come se nascondere la spazzatura sotto il tappeto bastasse a cancellare un crimine (perché di questo parliamo) così atroce e squallido. Evidentemente le stesse domande se le sono poste all'epoca i giornalisti della Spotlight i quali, nel 2001, hanno scelto di combattere contro il muro di omertà e lo strapotere della Chiesa all'interno di una comunità fortemente cattolica come quella di Boston e di portare questa vicenda alla luce, scoperchiando così un vaso di Pandora che ha visto coinvolti almeno una novantina di preti e uno sterminato numero di vittime. Non uno, gente. NOVANTA. SACERDOTI. Ne sarebbero bastati anche solo venti (ma anche solo due!) per andare a dar fuoco al Cardinale Law, Arcivescovo di Boston, colui che sapeva e non ha fatto nulla per anni, sfruttando l'influenza della Chiesa, i soldi, le marchette, il terrore superstizioso della gente ignorante, il desiderio di non creare scandali dei vertici della società bostoniana e uno stuolo di avvocati compiacenti per mettere tutto a tacere e continuare a fare la bella vita. Invece sono arrivati quelli della Spotlight a rompergli giustamente le uova nel paniere, raccogliendo con coraggio prove, testimonianze e quant'altro abbia permesso al Boston Globe di mettere in piazza i panni sporchi della Chiesa ridando un minimo di orgoglio alle vittime di questi abusi... ma se credete che Il caso Spotlight racconti una storia a lieto fine cascate male perché la monnezza di Boston ce la siamo beccata noi, col Cardinale Law che è diventato uno dei membri di spicco della curia ROMANA. Quanta gioia.
Il caso Spotlight racconta questa storia orribile con uno stile asciutto capace di rendere il tutto ancora più surreale. La sceneggiatura di Tom McCarthy e Josh Singer si limita a raccontare i fatti, senza edulcorarli ed enfatizzando quelli salienti, con l'unica concessione di "sentimentalismo" ad un momento topico come quello dell'attentato dell'11 settembre; le personalità dei componenti della squadra Spotlight e dei loro colleghi si evincono da pochissimi squarci di vita privata e soprattutto dal modo in cui ognuno di loro si getta a capofitto nell'indagine, ciascuno seguendo le proprie inclinazioni e le convinzioni, spesso soffrendo non solo per le vittime ma anche per il modo in cui il loro Credo religioso è stato brutalmente scosso. La parte più angosciante del film, ovviamente, è la ricorstruzione delle interviste fatte non solo alle vittime di abusi sessuali ma anche ai pochi prelati che hanno accettato di raccontare la loro versione dei fatti oppure a chi, come uno dei direttori della Boston College High School, ha consigliato ai giornalisti di farsi i fatti propri ed evitare di sconvolgere la società Bostoniana, come se l'ignoranza dello struzzo che nasconde la testa sotto la sabbia potesse servire a qualcosa. In tutto questo, gli attori coinvolti hanno fatto un lavoro egregio nel riportare sullo schermo le forti personalità di questi giornalisti pronti a tutto; l'interpretazione di Mark Ruffalo è molto potente e merita la nomination all'Oscar (anche se il mio cuore batte tuttora per Stallone o Rylance), anche perché Mike Rezendes è stato il giornalista più coinvolto all'interno della vicenda e tuttora lavora alla Spotlight, e anche Michael Keaton e Liev Schreiber, impegnati in ruoli stranamente sobri ma fondamentali all'interno del film, mi sono piaciuti molto, mentre Stanley Tucci come al solito si mangia il resto del cast in virtù del suo carisma. Non ho capito molto invece la nomination di Rachel McAdams, brava ma non eccelsa e, purtroppo per lei, "messa in ombra" dalle performance del cast maschile. Al di là delle nomination Il caso Spotlight è comunque un film duro, necessario, che merita assolutamente una visione; ne uscirete sconvolti ed arrabbiati ma a mio avviso ne sarà valsa la pena, se non altro per aprire un po' gli occhi su un fenomeno preoccupante che non è limitato solo all'area di Boston e che meriterebbe una dura presa di posizione da parte di chi dovrebbe tutelare i deboli, non approfittarsene. Cristo, che nervoso.
Di Mark Ruffalo (Mike Rezendes), Michael Keaton (Walter "Robby" Robinson), Rachel McAdams (Sacha Pfeiffer), Liev Schreiber (Marty Baron), John Slattery (Ben Bradlee Jr.), Stanley Tucci (Mitchell Garabedian) e Billy Crudup (Eric Macleish) ho già parlato ai rispettivi link.
Tom McCarthy (vero nome Thomas Joseph McCarthy) è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Americano, ha diretto film come The Station Agent, L'ospite inatteso e Mosse vincenti. Anche attore e produttore, ha 50 anni.
Nella versione originale del film il personaggio di Richard Sipe, del quale si sente solo la voce al telefono e che non è neppure nominato nei credits, è "interpretato" (o per meglio dire doppiato) dall'attore Richard Jenkins. Per quanto riguarda il "fantacast", Matt Damon era stato preso in considerazione per il ruolo di Mike Rezendes mentre Margot Robbie ha rifiutato quello di Sacha Pfeiffer per stanchezza da superlavoro. Detto questo, se Il caso Spolight vi fosse piaciuto recuperate Quinto potere, Tutti gli uomini del presidente, JFK - Un caso ancora aperto, Il verdetto, Good Night, and Good Luck e L'inventore di favole. ENJOY!
Per me un buon film, ma freddo come una pagina di Wikipedia.
RispondiEliminaBrutta storie ben raccontata, cast discreto (nel senso che è pieno di discrezione, però, non che non spicca), ma per me purtroppo finisce lì. I nervi verso il clero - un giorno ti scriverò la mia imprecazione preferita, la indovini? - c'era già prima. :)
Non immagino l'imprecazione ma i nervi verso il clero c'erano prima anche da parte mia e non sai quanto male mi ha fatto questo film. Freddo, duro ma necessario.
EliminaAggettivo a fantasia + clero, comunque. :-D
EliminaConcordo con te. Un film necessario.
RispondiEliminaForse non brilla per colpi d'ala o di genio, ma è tosto e fila dritto come un treno.
Beh, la sua natura mi è parsa quella propria di un film d'inchiesta, senza troppi fronzoli. E forse, visto l'argomento trattato, è andata benissimo così.
EliminaOdio già il clero di mio,il film sembra freddino ma ha un cast che mi attira molto.Provo a sponsorizzarlo al Khal,ma non so se avrò successo ;)
RispondiEliminaCome ho detto su, il taglio è davvero MOLTO giornalistico, zero sentimenti o quasi. Dipende se preferite qualcosa di più "emotivo" :)
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RispondiEliminaSpiacente caro anonimo. Michael KITON lo amo anche io ma non vale la stessa cosa per i link inseriti a sfregio nei commenti :)
EliminaSe ne parla anche dalle mie parti. Film che a me è piaciuto un sacco proprio per quel suo essere MOLTO giornalistico. Attori in grande spolvero. A questo punto per me se la giocano Mad Max e Spotlight (ma vincerà Revenant...)
RispondiEliminaPer quanto mi sia piaciuto Spotlight spero davvero che la regia vada a Miller e il miglior film a quel gioiellino di Room, visto giusto ieri. Anche se sì, purtroppo farà man bassa di Oscar quell'antipatico di The Revenant...
EliminaRoom lo recupererò con calma nel dopo Oscar. Emotivamente temo sarà per me assai faticoso...
EliminaE' una bella mazzata, nel bene e nel male. Però è anche molto tenero.
EliminaMi interessa, probabilmente però lo recupererò più in là per assenza di amici interessati.
RispondiEliminaL'assenza di amici interessati è una bella maledizione, ne so qualcosa!
EliminaLa rabbia verso il Clero ce l'avevo anche io questo film mi ha confermato che la Chiesa riesce benissimo nel buttare la polvere sotto al tappeto ma non a rinnovarsi e a risolvere i suoi problemi.
RispondiEliminaIo mi chiedo perché continuino a lasciarglielo fare. Per quanto possa essere credente e cattolica, se tocchi mio figlio ti faccio saltare i denti alla faccia di quello che mi può dire qualsiasi vescovo o papa, non minimizzo solo perché quello che importa è la fede... in cosa siamo diversi dai pazzi dell'ISIS?
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