Questa è proprio la settimana dei film da Oscar visto che è uscito anche Barriere (Fences), diretto nel 2016 dal regista e attore Denzel Washington, tratto dall'omonima opera teatrale di August Wilson e candidato a quattro statuette (Miglior Film, Denzel Washington Miglior Attore Protagonista, Viola Davis Miglior Attrice Non Protagonista, Miglior Sceneggiatura Non Originale).
Trama: Nell'America degli anni '50 un uomo di colore cerca di mantenere la sua famiglia, tentando di mettere una pezza ai dissidi familiari che lui stesso ha contribuito a creare...
Non avendo visto nessun trailer prima di accingermi a guardare Barriere, credevo mi sarei trovata davanti una pellicola sulla segregazione razziale. Le "barriere" del titolo, invece, sono quelle messe in piedi dal protagonista Troy Maxson, sia reali (il fence, lo steccato voluto dalla moglie Rose) che metaforiche, cosa che fa rientrare Barriere sotto la definizione di "dramma familiare" legato vagamente al periodo storico e al colore della pelle del personaggio principale; probabilmente, se al posto di un uomo di colore ci fosse stato, per dire, un immigrato italiano o irlandese, la pellicola avrebbe funzionato comunque visto che sì, Troy imputa i suoi fallimenti in ambito sportivo al colore della propria pelle ma, come sottolineato dalla moglie Rose, in realtà il motivo è da ricercarsi principalmente nella sua età anagrafica. La trama di Barriere si incentra quindi sulla figura di questo padre di famiglia fondamentalmente frustrato, convinto che soddisfare i bisogni primari di moglie e figli (avere un tetto sulla testa e cibo con cui sfamarsi) lo renda automaticamente una persona esemplare nonostante, umanamente parlando, sia un individuo abbastanza riprovevole ed egoista; per tutto il film, infatti, Troy cerca di impartire lezioni di vita ad amici, figli e moglie, puntando di fatto (magari inconsciamente) a mantenere comunque uno status quo all'interno del quale nessuno può essergli superiore o tanto meno può aspirare ad un qualche tipo di libertà. Il personaggio dipinto in Barriere non è un violento nel senso stretto del termine, eppure la sua personalità strabordante, le ferme e cieche convinzioni, il ricatto morale per cui essendo lui la persona che porta soldi in casa gli altri dovrebbero obbedirgli per una questione di gratitudine e rispetto e, non ultima, l'insofferenza verso una vita fatta solo di lavoro e sacrifici, lo portano ad essere una figura in qualche modo terrificante agli occhi dei figli ed estranea alla famiglia che lui stesso ha creato, separato dai vari membri da barriere invalicabili poste proprio da lui. Barriere è quindi interamente giocato sui sentimenti contrastanti suscitati da un personaggio come Troy, né buono né cattivo, o comunque padre e marito esemplare da un punto di vista meramente "pratico", una figura "larger than life" (Troy racconta spesso di avere fatto a pugni con la Morte e di averla sconfitta) che è difficile amare ma che, forse, è ancora più difficile odiare.
Per come Barriere è sceneggiato e strutturato, lo spettatore arriva a trovarsi davanti un'opera di connotazione fortemente teatrale, all'interno della quale i monologhi di Troy (un mix di reprimende, racconti strabilianti ed insegnamenti di vita) la fanno da padrone. C'è poca "azione", sacrificata a favore di moltissimi confronti tra i personaggi legati a situazioni esterne appena accennate oppure accadute off-screen e il teatro di questi confronti è quasi sempre il cortile circondato dallo steccato, quasi la casa di Troy fosse un microcosmo a sé stante dove il tempo stenta a mostrare i suoi segni nonostante il film copra un periodo lungo decenni. Il risultato è una pellicola molto attoriale, dove Denzel Washington gigioneggia come non mai, imponendo la sua presenza intensissima sul resto del cast come fa Troy con la sua famiglia ma raggiungendo, almeno per me, il risultato opposto a quello voluto: francamente, dopo dieci minuti di monologo Washingtoniano mi sarei volentieri alzata per andare ad urlargli in faccia "E bastaaa, lascia un po' di spazio anche agli altri!!". Anche perché, sinceramente, gli ho preferito Viola Davis, perfetta e commovente nei panni della donna che per amore ha rinunciato a sé stessa per poi sentirsi rinfacciare dal marito la solita solfa del "sì ti amo ma con l'altra dimentico famiglia, lavoro e posso essere me stesso". Anche se di figure come queste è piena la storia del Cinema, la Davis si rende comunque protagonista di un confronto doloroso e per nulla banale, probabilmente la sequenza più bella del film, e riesce ad infondere nel personaggio di Rose migliaia di piccole sfumature capaci di renderla ben più di una donna "asservita" ad un marito troppo carismatico. Se apprezzate dunque questo tipo di pellicola dialogata, dove i riflettori sono puntati più sul cast che sulla regia, la fotografia o il montaggio (a mio modesto parere non particolarmente degni di nota) Barriere è l'ideale; personalmente, l'ho trovato molto ben fatto ma mancante di quel qualcosa capace di entusiasmarmi, forse perché ho trovato molto difficile empatizzare col personaggio principale e, sul finale, anche lievemente trito e pacchiano (mi spiace Denzel ma la luce divina dal cielo non si può vedere, nemmeno Mel Gibson ne La battaglia di Hacksaw Ridge ha osato tanto).
Del regista Denzel Washington, che interpreta anche Troy Maxson, ho già parlato QUI. Viola Davis (Rose Maxson) e Mykelti Williamson (Gabriel) li trovate invece ai rispettivi link.
Saniyya Sidney, che interpreta Raynell, era la piccola Flora di American Horror Story Roanoke e ha partecipato anche a Il diritto di contare. L'opera teatrale da cui è stato tratto Fences ha esordito a Broadway nel 1987 ed il suo "revival" è stato messo in cartellone nel 2010, proprio con Denzel Washington e Viola Davis nei panni di Troy e Rose; già nel 1987 si prevedeva di trarne un film con Eddie Murphy nel ruolo del figlio Cory ma siccome l'attore aveva già dieci anni più del personaggio, tra un ritardo di produzione e l'altro non se n'è fatto nulla. Detto questo, se Barriere vi fosse piaciuto recuperate, quando usciranno in Italia, Il diritto di contare e Loving. ENJOY!
Come sai, mi è piaciuto molto. :)
RispondiEliminaE sì, Denzel parla tanto e forse troppo, però in quegli anni la famiglia orbitava solo attorno agli uomini. E lui voleva bene a sua moglie (a modo suo), al figlio ribelle, però alla spocchia di "io porto il pane in tavola" non rinunciava. E, nel rendere questo, l'antipatico Washington è stavo molto bravo. C'è quel dialogo con la morte, alla finestra, che è splendido. Vero, la Davis se lo mangia, ma se vincesse il terzo Oscar non mi dispiacerebbe, alla fine (lo dico tenendo presente lo scandalo di Affleck, che magari l'Academy si è legata al dito).
Il dialogo alla finestra io invece, lo ammetto, l'ho un po' sofferto, così come in generale l'intero personaggio. Ciò non toglie che reggere un film così praticamente da soli non è cosa sa tutti, però preferirei l'Oscar ad Affleck (che è sto scandalo di cui non so nulla??) oppure a Mortensen. Ma andrebbe bene a tutti, basta che si eviti la celebrazione di Gosling, con tutto il bene che gli voglio.
EliminaNon lo scarto a priori, ma finisce veramente in fondo alla mia lista, sono piena di film che vedrei più volentieri
RispondiEliminaObiettivamente, tra i film visti in occasione degli Oscar, è uno di quelli che mi ha toccata di meno!
EliminaIl finale ed il ritmo non incalzante sono difetti evidenti, ma io l'ho trovato molto sentito e potente.
RispondiEliminaDenzello e soprattutto la Davis spaccano forte.
In definitiva ti dirò che è piaciuto anche a me, però non mi ha "toccata" quanto altri film visti di recente. Bello ma non memorabile, insomma, anche se sì, loro spaccano!
EliminaViola Davis merita l'Oscar. Per il resto sarò poco politically correct, ma ho l'impressione che senza la polemica sugli Oscar troppo bianchi dello scorso anno, sia Barriere che Moonlight non avrebbero avuto lo stesso successo...
RispondiEliminaMa con l'avvento di Trump, ben vengano i film not so white! ;-)
Elimina@Michele Può darsi ma io sono comunque soddisfatta, come film mi sono piaciuti molto. Ecco, magari se invece di Barriere avessero candidato Silence preferivo.
Elimina@Alessandra: absolutely ma senza esagerare!