Ho rimandato la visione finché ho potuto, poi anche io ho scelto di guardare Sulla mia pelle, il film sugli ultimi giorni di Stefano Cucchi, diretto e co-sceneggiato dal regista Alessio Cremonini. Più che un post questo sarà uno sconclusionato elenco di riflessioni, dal quale non emergerà se il film è bello o brutto: è da vedere, punto.
Evito anche di scrivere la trama, ché come si fa a parlare di "trama", in questo caso. Il motivo per cui ho procrastinato la visione di Sulla mia pelle, nonostante fosse lì, bello pronto su Netflix, è che devo ancora riprendermi da Diaz e già sapevo che il film di Cremonini sarebbe stato un pugno allo stomaco capace di riaprire vecchie ferite. E poi, questo genere di film lo temo più degli horror, nonostante con carabinieri, polizia ecc. non abbia mai avuto a che fare salvo per un paio di furti di portafoglio. Eppure, porca miseria, sarà che avrò avuto sfiga, ma anche quelle due, tre volte che mi sono trovata ad interagire con le cosiddette "forze dell'ordine" mi è sembrato quasi di essere dalla parte del torto quando è andata male, o davanti a degli automi scazzati quando è andata bene, quindi capirete perché non faccio parte di quella branca di popolazione che si sente tutelata e protetta da chi dovrebbe infondere queste sensazioni nell'uomo della strada. Al di là dell'abuso di potere di chi non meriterebbe nemmeno di stare al mondo, figuriamoci avere un posto di "rilievo" nella società, non fatico dunque a credere al muro di gomma che si sono trovati davanti i genitori di Stefano e la sorella, poveracci fiduciosi, semplici cittadini, il cui unico desiderio era sapere come stava il loro figlio e fratello, fargli sentire di non essere stato abbandonato nonostante la sua vita scapestrata; allo stesso modo, non fatico a credere alla freddezza di un giudice donna che, trovandosi davanti un ragazzo palesemente malmenato, non si sia posta neppure una domanda, tanto era un'udienza "di routine", e non fatico a credere al lassismo e all'insensibilità di medici incapaci di tenere testa a una persona confusa e sconfitta che rifiutava le cure. Purtroppo, è questa terrificante doccia fredda di realtà a tenermi lontana da film come Sulla mia pelle. Intendiamoci, non è che viva in un'oasi felice di ignoranza e rifiuto, però uno ci prova ad avere fiducia e ad essere ottimisti, aggrappandosi al filtro offerto dalle voci distaccate dei giornalisti per non farsi coinvolgere emotivamente dalle mille cose orribili che accadono quotidianamente ed evitare così di uscir di testa, aggrediti dalla consapevolezza che nel 2009, in un paese civilizzato come l'Italia, un ragazzo possa morire e i suoi familiari debbano venirlo a sapere solo perché serve il loro consenso per l'autopsia.
E il bello è che Cremonini, Borghi e gli sceneggiatori non ci provano nemmeno a nascondersi dietro un dito e celebrare la figura di Cucchi. Stefano era un tossicodipendente, uno spacciatore, probabilmente una testa di cazzo, il tipico ragazzo che potrebbe vivere un'esistenza normale assieme ad una famiglia che gli vuole bene e invece no, sceglie la via "sbagliata", causando sofferenza e disagio a genitori e sorella. Anzi, sicuramente questi ultimi due schiaffi ben dati glieli avrebbero anche tirati ma si sono visti sottrarre persino questa possibilità, schiacciati come il figlio da una kafkiana macchina di omertà, omissioni e burocrazia. Quello che fa male davvero, benché Cremonini (pur omettendo scene relative al pestaggio) non lesini inquadrature del volto martoriato di Stefano, soprattutto durante il calvario dell'ospedale, è la banalità di tutta una serie di situazioni che, messe assieme, hanno portato alla morte di un ragazzo, roba da mettersi le mani nei capelli e rimanere attoniti, a fissare uno schermo che ci rimanda la triste realtà delle cose, asettica, per nulla poetica, ovviamente priva di una colonna sonora "triste". Perché non servono artifici cinematografici per chiudere la gola e stringere lo stomaco, per costringerci a piangere impotenti, pensando "Cristo ci potevo essere io al posto suo". Basta una voce fredda e sbrigativa, che si rivolge ad una voce incerta ed impastata, sugli impietosi titoli di coda per rendersi conto che sì, Sulla mia pelle è un film, ma di romanzato c'è davvero poco e allora ben vengano pellicole simili, per farci pensare, per farci vergognare, per risvegliare le nostre coscienze... e magari, chissà, riuscire anche a tutelarci dall'indifferenza e dalla cattiveria.
Alessio Cremonini è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Nato a Roma, ha diretto film come Border. Anche produttore, ha 45 anni.
Alessandro Borghi interpreta Stefano Cucchi. Nato a Roma, ha partecipato a film come Non essere cattivo, Suburra e a serie quali Distretto di polizia, Don Matteo, Romanzo criminale - La serie, Il commissario Rex, Che Dio ci aiuti e Suburra - La serie. Ha 32 anni.
Max Tortora interpreta Giovanni Cucchi. Nato a Roma, lo ricordo per film come Loro 2, inoltre ha partecipato a serie quali I Cesaroni. Anche sceneggiatore e conduttore televisivo, ha 55 anni.
Jasmine Trinca interpreta Ilaria Cucchi. Nata a Roma, ha partecipato a film come La stanza del figlio, La meglio gioventù, Romanzo criminale e Fortunata. Ha 37 anni.
Borghi straordinario, film importante su carta, anche se il difetto è uno: la storia è così aperta, così nuova, che ci sono lacune e vuoti. Mi sono accorto, così, di quanto assurdo, strano, sia stato il destino di Stefano: arrestato, processato, e poi? Cos'è successo? Perché quell'odissea, perché quel precipitare nel vuoto? Sembrano errori di sceneggiatura, quando invece è solo la giustizia italiana che non va; che si inceppa. La cosa, cinematograficamente perlando (e di quello parlo, purtroppo sono sempre troppo disinformato sull'attualità) è un'arma a doppio taglio: fa riflettere, peccato renda il film troppo schematico.
RispondiEliminaPiù che la giustizia, il menefreghismo, il "tanto è un tossico". Forse, la rinuncia e la resa di lui? Io invece ho molto apprezzato quest'incertezza perché, purtroppo, è ancora impossibile fare luce sul "caso". E temo che non ci si riuscirà mai...
EliminaOsservazioni del tutto condivisibili le tue, sulle quali sono assolutamente d'accordo: in effetti ciò che più ti fa rabbrividire di questo film è il fatto che un cittadino italiano possa morire per mano dello Stato (se intenzionalmente o per negligenza lo stabiliranno i giudici, ma poco cambia) che, in teoria, dovrebbe garantire a tutti (anche ai pregiudicati) il rispetto dei diritti umani. "Sulla mia pelle" tuttavia è molto diverso da "Diaz": il film di Vicari prendeva lo spettatore allo stomaco per la durezza delle immagini e il contesto generale, quello di Cremonini ha invece un approccio molto più misurato e (volutamente) di basso profilo, così da obbligarti a pensare. In ogni caso un bel film italiano d'inchiesta: se ne fanno sempre troppo pochi!
RispondiEliminaIo Diaz non lo riguardo da quando l'ho visto al cinema ma concordo: Diaz è un horror fatto e finito, questo è forse ancora più subdolo perché, come dici tu, ha un approccio talmente "neutro" e naturale da far stare male, fa percepire ancora più l'ineluttabilità di una situazione in cui potremmo venirci a trovare tutti.
EliminaQuesto film mi sembra molto meglio riuscito di Diaz, proprio perché non si sofferma su violenza e manganellate. Onesto, non fa di uno spacciatore un martire, mostra tutto l'ostruzionismo che lui ha messo in atto nei confronti di quelli che una mezza mano gliela voleva dare. Quello che è mancato è un medico che alla fine decidesse di curarlo anche d'autorità, prima che morisse. Bravo l'attore, comunque.
RispondiEliminaBorghi è favoloso, davvero. E Sulla mia pelle non poteva indugiare troppo su determinati particolari perché, di fatto, il processo è ancora in corso.
Elimina"Basta una voce fredda e sbrigativa, che si rivolge ad una voce incerta ed impastata" Sta tutto qui, questo film, e mi fa piacere che sia riuscito a creare tanto "scalpore", perché questa è una delle tante vergogne tutte italiane.
RispondiEliminaAlla fine, come ci fanno intendere i titoli di coda, Cucchi è "una delle" vittime. Al posto suo, poteva esserci ognuno di noi. Ed è questo che lo rende così raggelante.
Esatto. Becchi la persona che ha potere e quel giorno ha lo scazzo per motivi suoi e ti ritrovi morto. Non ha senso, non in un paese "civile" come l'Italia. Basti solo pensare a quell'altra povera cristiana, la Mollicone, uccisa in una caserma, non si sa ancora da chi e perché.
EliminaCe l'ho fatta a vederlo, e Cucchi oggi avrebbe compiuto 40 anni... Mai avuto così tanta ansia nel vedere un film. E le lacrime un paio di volte sono scese soprattutto per il senso di abbandono e solitudine che ha subito nella sua ultima settimana di vita...
RispondiEliminaSenso di abbandono suo, senso di impotenza dei genitori... io la sequenza che ho trovato più insopportabile è quando portano alla madre il foglio da firmare per acconsentire all'autopsia, con quel freddo burocratese... orribile.
Elimina