Mi è capitato di recente sotto mano il film American Animals, scritto e diretto nel 2018 dal regista Bart Layton. Scelto essenzialmente per la presenza di un paio di attori, si è rivelato una visione gradevolissima.
Trama: quattro studenti universitari pianificano un furto di antichi e preziosissimi volumi nella biblioteca della Transylvania University di Lexington.
Convincersi che per diventare veri artisti bisogna avere una vita tragica potrebbe non essere una delle idee migliori. L'ha imparato a sue spese Spencer Reinhard, studente universitario che, nel 2003, ha portato via dalla biblioteca universitaria di Lexington alcuni volumi dal valore inestimabile. Spencer non era solo, ovviamente. A spalleggiarlo c'erano altri tre ragazzi più o meno coetanei, in primis Warren Lipka, studente ribelle capitato "per caso" all'università grazie a una borsa ottenuta per meriti sportivi, galvanizzato dall'idea di poter commettere un furto come quelli dei film. Ma poiché American Animals è una storia vera (non è "tratto da", attenzione), ben poco di quel furto è andato come nei film, e lo dimostrano i volti provati da quasi dieci anni di carcere di coloro che questa storia l'hanno vissuta davvero, e che all'interno dell'opera di Bart Layton si alternano agli attori per raccontarla, rendendo American Animals una sorta di "docufilm" capace di toccare le corde più profonde degli spettatori. Non c'è nulla di romanzato, infatti, all'interno di American Animals, tranne per quello che riguarda le idee e i pensieri dei coinvolti, la cui giovinezza e felice ignoranza dell'epoca hanno filtrato una vicenda destinata a finire male già in partenza nonostante i quattro non volessero fare male a nessuno; la prima parte del film è simile infatti a quella di molti altri heist movies, coi ragazzotti pieni di speranze che, nonostante i dubbi, continuano a perseverare nell'impresa anche solo per il gusto di avere qualcosa di particolare, di speciale da fare, qualcosa che possa allontanarli dallo squallido grigiore della provincia del Kentucky. La seconda parte, introdotta dagli sguardi e dai silenzi dei veri Warren, Spencer e compagnia, è invece più cupa e si concentra sul disagio e sul senso di colpa, sulla consapevolezza di aver scazzato come solo ragazzini inesperti possono fare e sull'attesa, inevitabile, di venire condotti davanti alla giustizia, ritrovando così forse un po' di sollievo da quella situazione non così esaltante né "speciale".
Ciò che colpisce maggiormente di American Animals è il gusto e l'abilità con cui Bart Layton unisce in maniera indissolubile realtà e finzione, facendo del film una sorta di compendio visivo di quanto raccontato dai veri protagonisti; capita quindi che Spencer ricordi un uomo con una sciarpa blu, o forse viola, e nel giro di un secondo l'immagine cambi, oppure capita che nessuno sappia davvero se Warren sia andato o meno ad Amsterdam ad incontrare un bieco uomo d'affari, ed ecco quindi sparire dalla storia Udo Kier. Insomma, il film si trasforma a seconda di ciò che raccontano, omettono e ricordano i protagonisti che hanno davvero vissuto la vicenda e, a corollario, ci sono non solo le loro testimonianze ma anche quelle di genitori, insegnanti e vittime, la povera Betty Jean Gooch in primis. C'è da dire che i veri Warren Lipka e Spencer Reinhard sono a tratti più "personaggi" degli attori che li interpretano, soprattutto il primo, al quale il carcere pare non avere minimamente corretto quella vena di follia e strafottenza che sembra caratterizzare ogni suo gesto e sguardo. Bravissimo Evan Peters, che è riuscito a catturarne lo spirito alla perfezione offrendo ai fan un'altra delle sue interpretazioni sopra le righe, ma bravissimi anche gli altri attori coinvolti, Barry Keoghan in primis, con lo sguardo perso di chi sogna imprese grandiose e l'inquietudine di chi, alla fine, capisce di essere solo un ragazzino come tanti, che ha fatto il passo più lungo della gamba rovinandosi la vita. Un vero peccato che American Animals sia passato sotto silenzio (a Savona, per esempio, è durato un solo weekend al cinema d'élite ed è uscito in ritardo, inoltre ho letto pochissime recensioni in giro) perché è uno dei film più interessanti e godibili del 2018.
Di Evan Peters (Warren), Barry Keoghan (Spencer), Ann Dowd (Betty Jean "BJ" Gooch) e Udo Kier (Mr. Van Der Hoek) ho già parlato ai rispettivi link.
Bart Layton è il regista e sceneggiatore della pellicola. Inglese, ha diretto film come L'impostore - The Imposter. Anche produttore, ha 44 anni.
Quasi quasi, recupero.
RispondiEliminaIo l'ho adorato! :D
EliminaMannaggia Udo Kier!!! Che flashback di ricordi vintaggi relativi ad Histoire D'O...
RispondiEliminaIo adoro quel gran puerco di Udo *__*
EliminaIo speravo meglio, l'ho trovato eccessivamente prolisso.
RispondiEliminaProbabilmente vedere i film a pezzi come faccio io giova u.u
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