venerdì 21 febbraio 2025

The Girl With the Needle (2024)

Uno dei candidati all'Oscar come miglior film straniero è The Girl With The Needle (Pigen med nålen), diretto e co-sceneggiato nel 2024 dal regista Magnus von Horn.


Trama: Karoline, il cui marito è da tempo disperso al fronte, lavora all'interno di una fabbrica di tessuti. La sua vita, già di per sé non facile, cambia quando il padrone della fabbrica si invaghisce di lei e la mette incinta, per poi abbandonarla...


Tratto da una tremenda storia vera, The Girl With the Needle è il triste, lucidissimo ritratto della condizione della donna in Danimarca all'inizio del '900, a cavallo della prima guerra mondiale. La storia (che prenderà tutta un'altra piega che non vi sto a spoilerare) segue l'esistenza precaria di Karoline, un'indesiderata che si arrabatta come può per sopravvivere. Arrabattarsi, però, non vuol dire che la protagonista sia una prostituta, o una criminale; Karoline lavora in fabbrica per un pugno di spiccioli che non le bastano per vivere in un appartamento dignitoso, e non può ottenere il sussidio di vedova perché, di fatto, il marito non è morto in guerra, ma risulta da anni disperso al fronte. In realtà, più che indesiderata come ho scritto sopra, Karoline è invisibile agli occhi della società. Non è qualcosa di cui sbarazzarsi, ma non è neppure un elemento importante, e, forse, se non ci fosse ci sarebbe più spazio per consentire ad altri nella sua stessa condizione di sopravvivere meglio. Un barlume di speranza le arriva quando il padrone della fabbrica si invaghisce di lei, scegliendola tra tante sue colleghe, ma si tratta solamente dell'ennesima spinta verso il baratro: tenuto per le palle dalla madre, una nobildonna dal pugno di ferro, il padrone disconosce in un secondo tutte le promesse di matrimonio e paternità, lasciando Karoline senza lavoro, con un figlio a carico e, per di più, con un marito (nel frattempo tornato a casa) sfigurato e vittima di pesanti sintomi di stress post traumatico. Ce ne sarebbe abbastanza per sconfortare un santo, e Karoline non lo è. Lucida ed egoista, la protagonista di The Girl With the Needle non è un personaggio positivo, o una damsel in distress, ma è figlia della sua condizione e della società in cui vive. Lo stesso vale per Dagmar, la donna alla quale Karoline si rivolge per dare un futuro migliore alla propria figlia, e con la quale instaura un rapporto complesso, stratificato, che diventa il cuore stesso del film. Non mi va di elaborare oltre, per non togliere la sorpresa a chi dovesse ancora vedere The Girl With the Needle, ma qualcosa vorrei dirla ancora, sulla trama. Il film di Magnus von Horn è freddo e diretto, evita ogni tipo di sensazionalismo o presa di posizione, non si dilunga sugli aspetti macabri della vicenda ma va dritto al punto, senza fare sconti a uno spettatore che si ritrova coinvolto in questa vicenda talmente orribile da non sembrare neppure umana. Eppure, i protagonisti sono umanissimi, e il contesto è così realistico che, a volte, sembra quasi di vedere un documentario sulla strenua lotta di una donna per sopravvivere senza diventare un mostro, con sprazzi di luce che si incontrano nei luoghi più impensati, quelli dove la disperazione dovrebbe farla da padrone.


A proposito di luce, Michał Dymek alla fotografia fa un lavoro stupendo, impreziosendo The Girl with the Needle con un bianco e nero splendido, espressionista, che sembra tirare fuori il film da un'altra epoca. Le strenue lotte psicologiche dell'espressionismo tedesco sono richiamate anche da momenti in cui sequenze oniriche entrano, a gamba tesa, a stravolgere ancor più una realtà insostenibile; nelle scene introduttive, bocche, occhi, mani e volti si sovrappongono gli uni sugli altri a creare immagini di sofferenza e disagio, come persone che volessero fuggire dai corpi e dalla realtà, invano. La fuga dalla realtà, la liberazione nella morte, la speranza che si infrange contro un orrore ancora più grande, sono temi che ricorrono per tutto il film e si esprimono nello sguardo stranito della bravissima Vic Carmen Sonne, che interpreta Karoline. Gli occhi, neri ed enormi, dell'attrice, sembrano rivolgere una muta accusa allo spettatore, esprimono lo sconcerto di una donna ormai arrivata a un punto di rottura, stanca di sperare in una vita migliore o anche solo di provare ad andare avanti. Nonostante Karoline sia un personaggio oggettivamente rozzo e poco affascinante (gli stessi aggettivi coi quali definirei l'ambientazione del film, perché il regista non cerca di ammorbidire nulla, a livello di contenuti o immagini), c'è in lei della poesia, la stessa che si può trovare nella ferocia di Dagmar e, ancor più, nella figura spezzata di Peter, freak al quale la guerra ha tolto tutto tranne la capacità di accettare ed accogliere i "peccati" altrui. The Girl with the Needle non è un film facile né accattivante, e, onestamente, non capisco come abbia fatto ad essere accettato dall'Academy, con tutti i compitini innocui presenti in gara quest'anno. Non è un horror, ma usa il linguaggio tipico del genere, e getta in pasto allo spettatore vicende orrende, verosimili, senza un briciolo di compiacimento, costringendolo a farsi moltissime domande scomode. E' un film difficile da riguardare, ma anche da dimenticare, per questo ve lo consiglio. Lo trovate su Mubi, siete ancora in tempo ad abbonarvi per tre mesi al prezzo di un euro.

Magnus von Horn è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Svedese, ha diretto film come The Here After. Anche attore, ha 42 anni.



6 commenti:

  1. Non credo riuscirò a vederlo, ma, bellissima recensione.
    Non è prevista un'uscita in sala ?

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  2. Mi sento un po' distante da questa recensione (su alcune interpretazioni non sul giudizio estetico); molti in questo Girl with the Needle ci hanno visto Dickens (non sveliamo perché) io il Celine de Il viaggio in fondo alla notte, e non solo per il periodo storico in cui è ambientata la vicenda ma per quel profondo nichilismo (e in parte cinismo, grazie a quel tratto quasi documentaristico con cui la vicenda è raccontata) che lo avvicina tantissimo al capolavoro dello scrittore francese. Insomma per me in questo film la condizione della donna in Danimarca è solo una delle tante sfaccettature (né la principale) di un prisma più composito che nel suo insieme vuole rappresentare soprattutto la condizione umana tutta; c'è naturalmente un profondo pessimismo, inconsolabile (sebbene questa radicalità ineluttabile
    di prospettiva è spezzate ma, paradossalmente, rafforzata da quelle pochissime scene fatte di semplici e naturali gesti di umano affetto e amore: Karoline che bacia Peter, Peter che prende in braccio il figlio). C'è, ancora, la spaventosa condizione della classe lavoratrice e dei più poveri (che non possono permettersi neanche di crescere un figlio), la guerra con le ferite; e, su tutto, un'umanità di macerie popolata da tante Karoline, Peter. E bambini mai cresciuti.

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    1. Eppure, a me è sembrato che gli uomini, nel film, abbiano ben poco potere. E' la donna che, per quanto vittima di una società che la prende di mira in quanto più fragile, decide della vita, della morte e del futuro, in senso lato. Persino il padrone della fabbrica deve soccombere al volere della madre, mentre il povero Peter, privato delle caratteristiche che "deve" avere un uomo, ritrova nella perdita un'umanità priva di genere e colma d'amore.

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  3. Affascinante e ben fatto, ma mi ha lasciato freddino. Sarà che questi film festivalieri, tutti in bianco e nero, tutti in 4:3, sembrano un po' tutti uguali ormai.

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