Siccome questa settimana la challenge prevedeva di scegliere un film a caso, spinta da molte recensioni positive, ho recuperato Grafted, uscito di recente per la piattaforma Shudder, diretto e co-sceneggiato nel 2024 dalla regista Sasha Rainbow.
Trama: dopo la morte del padre, scienziato specializzato in trapianti di pelle, Wei si trasferisce dalla zia in Nuova Zelanda e prova a portare avanti gli studi del genitore. L'astio della cugina e delle compagne di scuola, però, la costringeranno a ricorrere a drastiche, sanguinose misure....
Grafted è una buona opera prima, che si inserisce nel genere del body horror e cerca di dire la sua sul disagio dell'adolescenza, il desiderio di possedere la bellezza per poter fare parte di un gruppo ed integrarsi. La protagonista, Wei, è figlia di uno scienziato morto in circostanze tragiche nel tentativo di perfezionare una tecnica rigenerativa della pelle. Come il padre, Wei ha il collo e parte del viso deturpati da una voglia scura, per questo vorrebbe proseguire le ricerche del genitore e avere, finalmente, un aspetto "normale". Per sua sfortuna, Wei è costretta ad andare ad abitare in Nuova Zelanda dalla zia (che, guarda un po', tratta prodotti di bellezza. In realtà, la cosa non influenza minimamente la trama, ed è un peccato) e frequentare una prestigiosa università con l'odiosa cugina e le sue amiche. Vero, la protagonista è un po' sfigatella, appende in camera foto discutibili ed è troppo "cinese" per l'ambiente in cui vive, ma fondamentalmente viene vessata senza motivo dalla cugina e dalla bimbo bionda che si porta appresso; in più, le ricerche vanno a rilento e ci si mette anche il laido professore di scienze a metterle i bastoni tra le ruote. Nonostante l'offerta di amicizia di Jasmine (outsider anche lei ma perfettamente integrata) e l'empatia di un senzatetto deforme, Wei a un certo punto sbrocca e commette un omicidio. Da lì in poi, Grafted diventa il frenetico tentativo di arginare una diga piazzandoci, letteralmente, dei tapulli ben poco resistenti; il desiderio di liberarsi della deformità si mescola in maniera inestricabile alla necessità di nascondere peccati sempre più grandi, e il risultato è che la mente già fragile di una ragazza poco più che adolescente va in frantumi, divorata da quella stessa bruttezza esteriore che mai, prima, l'aveva forzata ad essere brutta anche dentro. Niente di nuovo sotto il sole, come vedete, e Grafted patisce un po' l'inesperienza dei coinvolti e alcune forzature nella sceneggiatura, risultando più superficiale di quanto fosse nelle intenzioni degli autori; empatizzare con Wei e capirla non è difficile, ma i suoi antagonisti sono eccessivamente stereotipati e ogni twist intraprende la strada più banale possibile, sorprendendo giusto sul finale, gettato via troppo in fretta.
La cosa buona di Grafted è che non si trattiene dal punto di vista del gore. Tra scalpelli che affondano, automutilazioni e facce scarnificate, ce n'è un po' per tutti i gusti, e l'uso creativo che Wei fa dell'invenzione di suo padre consente alla regista e ai tecnici degli effetti speciali di divertirsi parecchio. Proprio l'"uso creativo" di cui sopra, richiede più del minimo impegno sindacale anche alle attrici protagoniste, soprattutto alla bellissima Eden Hart e a Jess Hong, entrambe aiutate da un make-up che le rende "sporche", sudaticce e sciatte. Joyena Sun, che interpreta Wei, è forse più acerba delle sue colleghe, e sarà difficile che possa marchiare a fuoco la memoria degli appassionati come la Angela Bettis di May o la Katharine Isabelle di American Mary, ma anche lei passa da un'interpretazione trattenuta e timida a dar sfogo a tutta la bruttezza "assorbita" dagli stronzi che la circondano, e nel complesso l'ho trovata una valida protagonista. Ho molto apprezzato anche la fotografia pop, zeppa di colori "girlie" ma anche pronta a virare nei toni cupi di un incubo, e un paio di trovate a livello di scenografia, in primis la terrificante, squallidissima casa incompleta della zia di Wei, zeppa di nylon e pertugi dove poter nascondere la qualunque; anche in questo caso, probabilmente la casa poteva venire utilizzata meglio e in maniera più fantasiosa, ma è comunque un ottimo tocco weird all'interno di un film che ne è pieno. Nel complesso, se vi piace il genere, Grafted è un film simpatico, che vi consiglio di recuperare, magari continuando la visione anche durante i titoli di coda, ravvivati da una trovata perfetta per gli assidui frequentatori del sito Does the Dog Die?
Sasha Rainbow è la regista e co-sceneggiatrice della pellicola, al suo primo lungometraggio. Americana, è anche produttrice.
Se Grafted vi fosse piaciuto recuperate The Substance, May e American Mary. ENJOY!
Uscire con un body horror l'anno di The Substance non è certo il massimo, un po' come accadde a suo tempo per Echi Mortali, però se col tempo molti di noi l'hanno rivalutato (e assieme ridimensionato) il Sesto Senso difficile che accada lo stesso con questo Grafted (anche se non mi sorprenderei che per The Substance succeda ciò che è successo per il film di Shyamalan, spenti i clamori iniziali). Grafted si fa guardare, almeno per gli appassionati, ma davvero niente di più.
RispondiEliminaIo Il sesto senso lo adoro ancora oggi. The Substance non sono ancora riuscita a riguardarlo, ma conto di farlo presto!
Elimina