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martedì 2 agosto 2016

La notte del giudizio - Election Year (2016)

Questa settimana sono riuscita a guardare anche La notte del giudizio - Election Year (The Purge: Election Year), terzo capitolo della saga scritta e diretta dal regista James DeMonaco.


Trama: alla vigilia delle elezioni presidenziali e dell'annuale "sfogo", la senatrice Roan si ritrova ad essere vittima dei Nuovi Padri Fondatori, che vogliono eliminarla a causa della sua politica contraria alla cosiddetta Notte del Giudizio...


Onde parlare al meglio di La notte del gudizio - Election Year (da qui in poi solo Election Year), devo scindere il mio giudizio soggettivo da quello oggettivo. Obiettivamente, riconosco a James DeMonaco una coerenza ed un coraggio che pochissimi suoi colleghi possono vantare, soprattutto se legati a case di produzione come la BlumHouse. Se ci pensate, nel 2013 la Notte del giudizio aveva esordito come un banale home invasion dai presupposti fantasiosi ed interessanti, per evolversi l'anno dopo partendo proprio dallo spunto iniziale di un'America dove per una notte all'anno qualsiasi crimine resta impunito, consentendo alle persone di fare ciò che vogliono, omicidi compresi; in Anarchia - La notte del giudizio, l'azione veniva spostata dalle tranquille mura casalinghe di una casa di privilegiati per descrivere il quadro più ampio di una società che sfrutta lo "sfogo" annuale per liberarsi dei pesi morti costituiti da poveri, emarginati e minoranze etniche. Con Election Year, DeMonaco punta ancora più in alto, mettendo in scena lo scontro elettorale tra sostenitori dei machiavellici Nuovi Padri Fondatori e una senatrice scampata per miracolo, da adolescente, ad uno degli sfoghi annuali e quindi pronta a revocare lo Sfogo in caso di vittoria, proponendo quasi una metafora dell'attuale campagna presidenziale, giocata abbondantemente sullo scontro tra chi ritiene che ogni americano abbia il diritto di possedere almeno un'arma da fuoco e chi invece vorrebbe delle leggi più severe (sfido chiunque a non riconoscere la Clinton nella senatrice Roan e Trump nell'invasato predicatore sostenuto dai Padri Fondatori). Dall'home invasion si è arrivati quindi ad un discorso ben più ampio, che trasforma Election Year in un violentissimo action distopico, allontanandolo dal sottogenere tanto caro all'horror moderno da cui tutto era iniziato. Che è cosa buona e giusta, oggettivamente parlando ma, soggettivamente, mi ha messo molta meno ansia e questa privazione ha reso dal mio punto di vista Election Years un po' pesante da portare a termine.


Nonostante un paio di sequenze da brivido e visivamente allucinanti, Election Year soffre (sempre da un personalissimo punto di vista che parte da una preferenza verso gli home invasion) infatti di una sorta di ripetitività e dell'identificazione della minaccia che i protagonisti sono costretti a fronteggiare in un branco di banalissimi mercenari, ben distanti dalle inquietanti maschere dei folli "purgatori" che la facevano da padroni nei primi due film; è vero, ci sono i Padri Fondatori a manovrare il tutto dietro le quinte ma già identificare un nemico riuscendo ad etichettarlo porta via gran parte dell'inquietudine. Fortunatamente, DeMonaco non si dimentica dei già citati folli mascherati e li gioca a mo' di jolly per dare un po' di pepe all'intera faccenda. Lì per lì l'idea che degli stranieri andassero in America per beneficiare a loro volta della notte di "sfogo" mi ha fatto un po' storcere il naso, ma senza di essi non avremmo avuto le meravigliose maschere al neon che campeggiano nelle locandine e che si rendono protagoniste della sequenza più affascinante del film, rafforzando così la presenza di una stuzzicante ghigliottina e di un gruppo di ragazzine assassine una più zoccola e stronza dell'altra (dotate di favolose macchine interamente ricoperte di lampadine, nientemeno. DeMonaco quando gioca con le luci è un fenomeno). A capeggiare il cast di gente dura ma pura troviamo invece il solito Frank Grillo, ormai talmente a suo agio nel ruolo di eroe dello Sfogo che è bastata la sua sola presenza, come leggerete nelle note di chiusura, per far prendere alla sceneggiatura di Election Year una direzione totalmente diversa; effettivamente, c'è da dire che forse Grillo è quello che ci crede di più mentre gli altri interpreti, a parte forse la Juliet di Lost che la faccia da politica WASP liberale ce l'ha sempre avuta, rappresentano un campionario di volti adatti ai loro ruoli ma in generale dimenticabili, persino il povero Bubba. In poche parole, Election Year non mi ha entusiasmata quanto i primi due capitoli della saga ma è comunque una pellicola che merita una visione, soprattutto se vi piace questo genere di thriller serrati.


Del regista e sceneggiatore James DeMonaco ho già parlato QUI. Frank Grillo (Leo), Mykelti Williamson (Joe Dixon) ed Edwin Hodge (Dante Bishop) li trovate invece ai rispettivi link.

Elizabeth Mitchell interpreta il senatore Roan. Americana, famosa per aver interpretato la Juliet di Lost, ha partecipato a film come Frequency - Il futuro è in ascolto, Betty Love e ad altre serie quali Sentinel, JAG - Avvocati in divisa, E.R. Medici in prima linea, CSI, Dr. House, V e C'era una volta. Ha 46 anni.


Il film avrebbe dovuto essere un prequel che raccontava del primo "sfogo" ma dopo che Frank Grillo ha accettato di riprendere il ruolo del Sergente Leo la sceneggiatura ha preso una direzione diversa. Ovviamente, se La notte del giudizio - Election Year vi fosse piaciuto, dovete per forza recuperare i primi due film della trilogia (forse prossima quadrilogia?), ovvero La notte del giudizio e Anarchia - La notte del giudizio. ENJOY!

mercoledì 8 aprile 2015

All the Boys Love Mandy Lane (2006)

Dopo averne letto praticamente in ogni blog cinematografico che si rispetti (ci tengo a citare in particolare Book and Negative e Recensioni ribelli), anche io sono finalmente riuscita a guardare All the Boys Love Mandy Lane, diretto nel 2006 dal regista Jonathan Levine.


Trama: Mandy Lane è bella, bionda, desiderata e incredibilmente ancora vergine. Un giorno decide di accettare l'invito di Red e andare con altri ragazzi nel ranch dei suoi genitori, dove comincia un'inaspettata mattanza...


Avevo sentito parlare molto bene di questo All the Boys Love Mandy Lane ed effettivamente devo dire che la pellicola di Jonathan Levine è uno dei teen horror più ben fatti che abbia mai visto. I suoi pregi più grandi si possono trovare nel reparto tecnico, caratterizzato innanzitutto da una fotografia bellissima e moderna, carica di colori saturi, che immerge i protagonisti nella canicola del sole estivo e si mantiene molto nitida anche nelle scene notturne. C'è poi la regia di Levine, che si concede a qualche vezzo come i ralenti nelle scene "topiche" senza esagerare, confezionando un film fatto di movimenti di macchina che indugiano spesso sul volto, i capelli e il corpo della protagonista, questa Mandy Lane ambita da tutti, uomini o donne che siano. C'è infine il fascino ambiguo di Amber Heard, scream queen con un sacco di personalità, dotata di una bellezza che non è solo fisica (cosa che la renderebbe la solita bambolona bionda senza arte né parte) ma si nasconde piuttosto nel suo sguardo fuggevole, nei gesti contenuti e reticenti, nell'eleganza di una corsa che sembrerebbe più quella di una dea che di un essere umano; una bellezza, quella di Amber Heard, che il regista non ha paura di sporcare non solo di sangue, ma anche di sudore, fango o peggio, come nella terribile scena della fossa a cielo aperto, la più ripugnante che mi sia capitato di vedere da qualche anno a questa parte. Il senso di terrore ed inquietudine si crea a poco a poco e, come spesso accade, esplode appena prima del finale in un trionfo di sangue, macabre scoperte e fendenti splatter, mentre le vittime cominciano a cadere come mosche sotto i colpi di un killer senza volto completamente asservito alle regole di questo genere di pellicola.


Detto questo, se cercate uno slasher particolarmente innovativo siete fuori strada, perché All the Boys Love Mandy Lane si sviluppa seguendo uno schema canonico e anche abbastanza prevedibile, con un twist facilmente intuibile con un po' di esperienza pregressa. Apparentemente, a Levine e allo sceneggiatore Jacob Forman non interessa l'orrore gratuito quanto piuttosto le dinamiche che regolano i comportamenti all'interno di un "branco" di adolescenti in piena crisi ormonale e, nonostante le spacconate, prede di un'insicurezza costante che li spinge a compiere le peggiori scemate per spiccare agli occhi della bella di turno: al di là dell'inizio scioccante, è emblematica soprattutto la sequenza in cui i tre ragazzi si trovano da soli con Mandy Lane e comincia un gioco (assolutamente realistico, se vi siete mai trovati in questa situazione!!) di sguardi imbarazzati che caricano l'aria di tensione nervosa e false speranze. Perché tutti i ragazzi amano Mandy Lane? Cos'è che la rende particolare? E' questa la domanda che mi sono posta più spesso guardando il film, non "chi è l'assassino e perché vuole tutti questi ragazzi morti?". Francamente, non ho trovato una risposta. Forse è solo perché Mandy Lane non è facile né oca come le amichette che si porta appresso... eppure agli occhi di una donna anche la sua alterigia e il suo distacco dal resto del gruppo potrebbero essere una tecnica di seduzione ben studiata e lo dimostrano gli sguardi di fuoco che la signorina lancia a un certo punto al mandriano o il modo pudico con cui si lascia baciare sulla guancia da Bird, di fatto illudendolo e fomentandolo nell'attesa di qualcosa in più. Insomma, a ben pensarci il parallelo tra Mandy e la pellicola mi è venuto in automatico e sono arrivata alla conclusione che All the Boys Love Mandy Lane è un film gradevole quanto la sua protagonista, altrettanto furbetto e dotato di quel "qualcosa" che va oltre la mera apparenza. Dateci un'occhiata se vi va.


Del regista Jonathan Levine ho già parlato QUI. Amber Heard (Mandy Lane), Michael Welch (Emmet) ed Edwin Hodge (Bird) li trovate invece ai rispettivi link.

Luke Grimes interpreta Jake. Anche se l'attore americano in questo film ci fa una ben magra figura, otto anni dopo costui sarebbe diventato il Mr. Grey di Cinquanta sfumature di grigio, assurgendo al ruolo di sex symbol per bimbeminkia e casalinghe frustrate; inoltre, ha partecipato a Taken - La vendetta, American Sniper e a serie come True Blood. Ha 31 anni e quattro film in uscita.


Aaron Himelstein, che interpreta Red, era stato un giovanissimo Austin Powers in Austin Powers in Goldmember. Il ruolo di Mandy Lane era stato offerto a Emmy Rossum, che ha rifiutato perché non voleva partecipare ad uno slasher. Detto questo, se All the Boys Love Mandy Lane vi fosse piaciuto recuperate la quadrilogia di Scream, The Hole, Il corpo di Jennifer e All Cheerleaders Die. ENJOY!

domenica 21 settembre 2014

Necropolis - La città dei morti (2014)

A prescindere da quel che leggo in giro, di horror al cinema non me ne perdo uno per principio. Ed è così che martedì sono andata a vedere Necropolis - Il regno dei morti (As Above, So Below), diretto e co-sceneggiato dal regista John Erick Dowdle.


Trama: una studiosa trascina nelle catacombe di Parigi un paio di collaboratori e dei teppistelli autoctoni per cercare la fantomatica Pietra Filosofale. L'impresa si rivelerà mortale e non in senso buono...


L'orrore, lo si è detto tante volte, è soggettivo. Mio padre ogni volta che è costretto a fare una risonanza magnetica telefona all'ospedale di turno chiedendo se il macchinario è aperto o chiuso, l'unica volta che non lo ha fatto è uscito dall'infernale trappola dopo 10 secondi, scampanellando come un dannato. Ergo, se mio padre avesse guardato Necropolis - Il regno dei morti, sarebbe per l'appunto morto d'infarto durante i primi dieci, concitati minuti o non avrebbe comunque superato la prima metà del film. Io, per fortuna, non ho ereditato la sua claustrofobia ma devo dire che Necropolis, con la sua natura di mockumentary, le riprese sghembe, l'ambientazione sotterranea e le urla terrorizzate di chi rimane incastrato nel sottosuolo come un ratto, mi ha causato una persistente sensazione di soffocamento, almeno nella prima parte, che ho parecchio apprezzato. Poi i signori Dowdle si ricordano di una cosetta chiamata Divina Commedia e di un nasone chiamato Dante e tutto va in malora, a dimostrazione che gli americani dovrebbero rimanere confinati nella loro grande Nazione e metter mano solo a quel che è loro. Ma andiamo con ordine. La trama di Necropolis, almeno all'inizio, è simpatica ed interessante. I personaggi sono stranamente acculturati ed intelligenti, il loro obiettivo è trovare la Pietra Filosofale di Nicolas Flamel e ciò comporta la necessità di risolvere enigmi intricati e, ovviamente, di infilarsi nelle catacombe parigine, decisamente una bella ambientazione: in pratica, Il codice Da Vinci incontra I Goonies. Qui e là vengono inseriti discreti tocchi horror/weird che non infastidiscono lo spettatore ma, anzi, rendono il tutto ancora più interessante e, nonostante qualche ovvia ed immancabile belinata, la trama non scricchiola nemmeno più di tanto. Poi, forse perché il film è stato prodotto dalla Universal Orlando Resort e dai suoi parchi a tema, Necropolis diventa un'orribile attrazione da luna park, la famigerata e temibile Casa degli Orrori Vomitilla.


Grazie ad una serie di calcoli alchemici che non vi sto a dire e ad una furbizia a dir poco volpina, a un certo punto i nostri si ritrovano a varcare quella soglia per cui si va nell'eterno dolore e nella città dolente e dove tutto è fondamentalmente identico a ciò che sta sopra, come da titolo originale di questa pernacchietta di film. Da quel momento il regista perde ogni controllo sulla macchina da presa (da qui il vomito) e le catacombe parigine diventano la Casa della Libertà come veniva dipinta nel Pippo Chennedi Show, ovvero un posto dove "facciamo un po' quel ca**o che ci pare" e dove, neanche a dirlo, non manca più nessuno. Il mio compare, ancora ipnotizzato dall'abbondante utilizzo di epigrafi, ha cercato di convincermi riguardo alla teoria del senso di colpa che genera fantasmi o demoni, e posso anche dargli retta, ma sta di fatto che la trama di Necropolis da quel momento in poi diventa una forma di groviera, una fanfiction scritta da un pazzo che aggiunge cose a caso giusto perché gli sembrano carine e non si preoccupa dei dettagli macroscopici o della coerenza del tutto. Personalmente, ho riso molto davanti al povero demone che per due volte si ritrova per caso davanti alla protagonista invasata e che per due volte si prende una pizza in faccia causando un soddisfacentissimo "SOCK!" che non sentivo più dai tempi di Bud Spencer e Terence Hill, oppure davanti all'altro povero demone che sta lì, seduto su un trono come un pirla, mentre i protagonisti più pirla di lui gli passano alle spalle in punta di piedi, chiudendo gli occhi sperando di diventare magicamente invisibili (e io me lo figuravo 'sto povero Dimonio mentre alzava gli occhi al cielo sussurrando "Ma si può campare così? Tana per i quattro str**zi lì dietro, vi vedo!"). A questi e tanti altri elementi divertenti, proprio quelli che vi aspettereste percorrendo un tunnel degli orrori (ci sono persino le manine e le faccette che escono dai muri, grazie Lamberto Bava!!), il regista e co-sceneggiatore aggiunge anche l'idea di far morire alcuni personaggi "perché sì" e di farne sopravvivere altri "perché mi va" e non basta una bellissima inquadratura finale per salvare la baracca: alla fine di Necropolis - La città dei morti lo sguardo dello spettatore è identico a quello del povero sfighé che guarda i due "studiosi" sperando di incenerirli col pensiero al grido di "Ve c'hanno mai mandato a quel paese...". Evitabile.


Del regista e co-sceneggiatore John Erick Dowdle ho già parlato qui.

Perdita Weeks (vero nome Perdita Rose Annunziata Weeks) interpreta Scarlett. Gallese, ha partecipato a film come Hamlet, Spice Girls - Il film e Prowl. Ha 29 anni.


Ben Feldman interpreta George. Americano, ha partecipato a film come Cloverfield, Venerdì 13 e a serie come Perfetti... ma non troppo, Numb3rs, Medium e CSI - Scena del crimine. Anche sceneggiatore, ha 34 anni e un film in uscita.


Edwin Hodge (vero nome Edwin Martel Basil Hodge) interpreta Benji. Americano, ha partecipato a film come Die Hard - Duri a morire, La notte del giudizio, Anarchia - La notte del giudizio e a serie come Angel, Cold Case, Grey's Anatomy, Ghost Whisperer, Heroes e CSI: Miami. Anche produttore, ha 29 anni e un film in uscita.


Se Necropolis - La città dei morti vi fosse piaciuto recuperate Catacombs - Il mondo dei morti: io non l'ho mai visto ma il mio compare di visione continuava a citarlo, definendolo molto ma molto simile. ENJOY!


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