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martedì 30 aprile 2019

Bollalmanacco On Demand: La signora della porta accanto (1981)

Dopo un periodo di assenza da queste parti torna il Bollalmanacco On Demand, a dimostrazione che, coi miei tempi biblici, prima o poi esaudirò tutte le vostre richieste. Oggi tocca ad Arwen Lynch del blog La fabbrica dei sogni, che mi ha chiesto di guardare La signora della porta accanto (La femme d'à côté), diretto e co-sceneggiato da François Truffaut nel 1981. Il prossimo film On Demand sarà Parla con lei! ENJOY!



Trama: nella casa sfitta accanto a quella di Bernard e della sua famiglia arriva ad insediarsi una coppia di sposi. La donna, Mathilde, un tempo ha avuto una storia d'amore proprio con Bernard e i due ricominciano una relazione clandestina.


Di questo film conoscevo giusto il titolo prima di guardarlo, quindi non sapevo cosa aspettarmi, visto che da anni ho smesso di leggere le trame per non togliermi nemmeno la minima sorpresa. Lì per lì, lo ammetto, nel corso della visione mi sono messa le mani nei capelli, ché La signora della porta accanto è lo stereotipo del film francese a base di amanti e fuitine, femme fatale tanto affascinanti quanto fragili e uomini che non si limitano ad amare ma fanno del sentimento qualcosa di totalizzante e folle, che li spinge ad andare contro qualsiasi convenzione o necessità di mantenere le apparenze. In realtà, se si riesce ad andare oltre la superficie, La signora della porta accanto è un'ottima riflessione sull'impossibilità di comunicare e sulla necessità umana di concentrarsi su "aria fritta" piuttosto che affrontare problemi reali e tangibili; nella fattispecie, Bernard e Mathilde sono due ex amanti, la cui storia è finita bruscamente per motivi non meglio specificati, che si ritrovano ad essere vicini di casa e, a poco a poco, cominciano a riallacciare il loro rapporto senza cambiarlo di una virgola, finendo così per venire sopraffatti dagli stessi problemi del passato. Questo perché, quando Bernard e Mathilde si incontrano, lo fanno solo per sfogare la loro passione, come due adolescenti, dopo essersi evitati reciprocamente per giorni, solo per poi rinfacciarsi di non aver mai tempo per parlare seriamente e confrontarsi, cosa che porta entrambi, inevitabilmente, a un punto di rottura. Il sentimento che lega i due è altalenante nella misura in cui a volte sembra sia Bernard quello più coinvolto (alla faccia di una moglie comprensiva e dei due bambini, di cui uno in arrivo), altre volte invece tocca a Mathilde attraversare momenti di pura follia, alla quale la donna arriverà ad aggrapparsi per non lasciarla più andare, confusa dai sentimenti, dal rimpianto e dall'incertezza; in questo rimpiattino costante sembra quasi che l'amore (o il senso di possesso) dell'uno si riaccenda quando l'altra cerca di allontanarsi e viceversa, così che nessuno dei due riesce realmente a lasciare andare l'altro o a liberarsi dalla rete di menzogne che hanno costruito nonostante l'affetto per i rispettivi coniugi.


In parallelo, c'è la storia della signora Jouve, voce narrante del film che all'inizio rompe la quarta parete rivolgendosi direttamente al pubblico, come se gli spettatori fossero dei vecchi amici ai quali confidare un segreto e, perché no, impartire anche un insegnamento, anche se "nessuno chiederà il suo parere". La donna è l'esempio di ciò che l'amore può fare alle persone, ne porta i segni addosso in forma di una protesi alla gamba destra, un terribile segreto legato a una delusione passata il cui ricordo cerca di evitare a tutti i costi, consapevole forse del fatto che non potrebbe sottrarsi ad eventuali ritorni di fiamma; testimone silenziosa della passione tra Bernard e Mathilde, della quale si fa nume tutelare cercando di richiamare all'ordine il primo nel momento di maggior pericolo, la signora Jouve non può tuttavia far altro che guardare senza poter intervenire, lasciando alla moglie di Bernard (giovane, fiduciosa e totalmente ingenua) e al marito di Mathilde (più anziano di lei, ragionevole ma fondamentalmente incapace di dissipare la confusione nell'animo della compagna) il compito di infondere nuovamente un po' di senno nei due amanti bugiardi, persi in un vortice di autodistruzione. Nonostante questo, in tutta onestà non ho trovato La signora della porta accanto all'altezza di altri film di Truffaut che invece mi hanno colpita come un maglio. Ciò che rimane impresso più di tutto il resto è il fascino innegabile della Ardant, impegnata in un personaggio difficile e spesso incomprensibile nella sua irragionevolezza di donna disperatamente innamorata, e la "semplicità" quasi lineare con la quale il caos della passione viene riportato sullo schermo, reale e senza fronzoli (talvolta anche squallido e violento), con l'unica concessione di quei dialoghi che sono l'ennesima riprova dell'amore di Truffaut per il cinema. Non che sia un film da sconsigliare, al contrario, e lo dimostra il fatto che solitamente rifuggo questo genere di pellicole come la peste mentre questa, impregnata com'è di un'inquietudine e un pessimismo sempre presenti, mi ha catturata dall'inizio alla fine.


Del regista e co-sceneggiatore François Truffaut ho già parlato QUI. Gérard Depardieu (Bernard Coudray) e Fanny Ardant (Mathilde Bauchard) li trovate invece ai rispettivi link.


venerdì 28 dicembre 2012

Vita di Pi (2012)

Il 2012 è quasi finito (e per fortuna, direi)! Nell'attesa che arrivi gennaio 2013, mese che passerò per intero al cinema vista la quantità di film da me attesissimi e tutti concentrati in quel periodo, ieri sera ho varcato la soglia della sala per l'ultima volta quest'anno e sono andata a vedere Vita di Pi (Life of Pi), l'ultimo film del talentuosissimo regista Ang Lee, tratto dall'omonimo libro dello scrittore canadese Yann Martell.


Trama: Piscine Molitor Patel, detto Pi, si ritrova orfano e naufrago dopo una tremenda tempesta in mezzo all'oceano. Con il solo ausilio di una scialuppa di salvataggio, il ragazzo dovrà cercare di sopravvivere alla catastrofe... e alla compagnia della feroce tigre Richard Parker.


Il mio anno cinematografico non poteva finire meglio. Nonostante i dubbi che mi avevano attanagliata fin dall'uscita del trailer e la (strana) mancanza del 3D nella sala dove sono andata a vedere la pellicola, Vita di Pi si è rivelato un film splendido, emozionante e commovente, una gioia soprattutto per gli occhi ma anche un racconto che tocca  temi profondi come la religione, la famiglia, il valore dell'amicizia e l'innata capacità dell'uomo di conservare la speranza e la fede, in sé stesso o in qualcosa di più "elevato". Ang Lee si riconferma un maestro nel raccontare attraverso le immagini, un artista più che un semplice regista, perché ogni sequenza di Vita di Pi è un capolavoro di equilibrio, colori, movimento; i titoli di testa, che ci mostrano la vita degli animali dello zoo gestito dai genitori di Pi, la terribile, caotica e quasi insostenibile scena del naufragio, l'oceano illuminato di luci fluorescenti e il salto della balenottera, il tramonto che si riflette sull'acqua finché cielo e oceano paiono una cosa sola, le visioni sottomarine di Pi, la pianura affollata di suricate e l'isola a forma di essere umano sono immagini bellissime ed emblematiche, in grado di racchiudere una gamma incredibile di emozioni e simbologie e varrebbero da sole il prezzo del biglietto. La grande e palese abbondanza di effetti speciali e computer graphic viene messa, per una volta, al servizio di una Natura rappresentata in tutta la sua grandiosità, il suo splendore e la sua pericolosità, sia per quanto riguarda i paesaggi che per quello che riguarda gli animali che condividono la scialuppa col povero Pi.


Ma Vita di Pi non è fatto solo di splendide immagini, ovviamente. La storia raccontata ha dell'incredibile e, soprattutto all'inizio, parrebbe un incrocio tra Il favoloso mondo di Amélie e gli spaccati di assurda umanità tanto cari a Wes Anderson. Davanti ad uno stupefatto scrittore in crisi d'ispirazione, infatti, il protagonista della pellicola racconta le origini del suo strano nome e le ancor più strane circostanze della sua nascita, della scoperta delle religioni e dell'amore. Tutto questo non è che un preludio al cuore del racconto, incentrato soprattutto sul naufragio, ma è qualcosa che ci da la chiave per provare a comprendere questa storia così particolare. Pi, in fin dei conti, è l'essere umano "ideale" o, meglio, racchiude in sé gli aspetti più universali dell'umanità ed è per questo che possiamo tranquillamente identificarci con lui che, nonostante sia dotato comunque di grande intelligenza, riesce a sopravvivere soprattutto grazie alla curiosità, alla sete di conoscenza, alla speranza e alla segreta convinzione di essere "unico" e quindi guardato e protetto da Dio o dagli Dei. La zattera, la tigre, l'oceano sconfinato e la misteriosa isola che nasconde la morte e l'oblio (e che potrebbe essere lo stesso Visnù che, come detto all'inizio, dorme nell'oceano cosmico sognando l'universo) non sono altro che simboli delle difficoltà spesso insormontabili che, molto prosaicamente, siamo costretti ad affrontare ogni giorno, illudendoci di poter magari essere degli eletti che sopravviveranno comunque o di avere infine conquistato l'amicizia della tigre fino ad arrivare a cambiarne la natura. La storia di Pi potrebbe essere vera o potrebbe essere la poetica fantasia di un ragazzino che ha vissuto un'esperienza traumatizzante ed ancor più orribile... ma chi siamo noi (o gli altri, se per questo) per decidere cosa sia vero e cosa sia falso? Alla fine, ognuno può vedere o non vedere Dio, credere o non credere ai miracoli, ma l'importante è quello che consente al singolo di sopravvivere e continuare a sperare. Io non so se credo in Dio, ma credo di sicuro nel Cinema e nella sua capacità di meravigliare, far riflettere ed emozionare. E Vita di Pi, consentitemelo, è GRANDE Cinema.


Di Rafe Spall (scelto al posto di Tobey Maguire per interpretare lo scrittore) ho già parlato qui.

Ang Lee è il regista della pellicola. Originario di Taiwan, ha diretto film come Ragione e sentimento, Tempesta di ghiaccio, La tigre e il dragone, Hulk e I segreti di Brokeback Mountain, che gli è valso l'Oscar come miglior regista. Anche produttore, sceneggiatore e attore, ha 58 anni.


Irrfan Khan (vero nome Sahabzade Irrfan Ali Khan) interpreta Pi da adulto. Indiano, ha partecipato a film come Il treno per il Darjeeling, The Millionaire e The Amazing Spider-Man. Anche produttore e regista, ha 50 anni e sette film in uscita.


Gérard Depardieu (vero nome Gérard Marcel Xavier Depardieu) interpreta il cuoco. Grandissimo, immenso e sanguigno attore francese, lo ricordo per film come Novecento, L'ultimo metrò, Cyrano di Bergerac, Green card - matrimonio di convenienza, Mio padre, che eroe!, 1492 - La scoperta del paradiso, Germinal, Ma dov'è andata la mia bambina?, Bogus l'amico immaginario, L'agente segreto, Hamlet, La maschera di ferro, Asterix & Obelix contro Cesare, la miniserie televisiva Il conte di Montecristo, Vatel, la miniserie televisiva I miserabili, Vidocq e la geniale, trashissima miniserie televisiva La maledizione dei templari. Anche produttore e regista, ha 64 anni e dieci film in uscita.


Vita di Pi (che avrebbe dovuto essere diretto da, orrore!, Shyamalan) ha già ricevuto tre nomination agli ultimi Golden Globe per il miglior regista, miglior film drammatico e miglior colonna sonora originale. Non mi pronuncio in merito, anche perché tra gli avversari del film c'è nientemeno che Django Unchained (che devo ancora vedere ma che metto già come vincitore del mio cuore sulla fiducia) e ovviamente come regista il mio amore Quentin, ma se la pellicola vi fosse piaciuta consiglierei la visione di Cast Away, sebbene come film non valga davvero una cippa di mmm..... ops! ENJOY!!

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