Trama: Il governo americano dei Nuovi Padri Fondatori tenta un esperimento a Staten Island: per un'intera notte la popolazione viene lasciata libera di indulgere in qualsiasi tipo di crimine, omicidio compreso, senza ripercussioni. Mentre alcune persone traggono vantaggio da questa libertà, altre cercano disperatamente di sopravvivere...
Prima di scrivere questo post ho riletto tutti quelli che ho
pubblicato nel corso degli anni relativamente alla saga de La notte del
giudizio in quanto, purtroppo, non ho avuto il tempo di recuperare tre film in
tempo utile per arrivare al cinema preparata. Affidandomi a quanto io stessa ho
scritto, posso affermare che quella de La notte del giudizio è una delle saghe più
coerenti ed ambiziose del cinema di genere moderno, partita in sordina con un
home invasion ben fatto ma quasi “banale” ed arrivata a toccare temi importanti
e soprattutto attuali, specchio della realtà dell’America odierna e in generale del mondo. La prima
notte del giudizio si concentra sull’origine dello “sfogo” e parte dall’elezione
di un esponente dei Nuovi Padri Fondatori come presidente; quest’ultimo, dotato
di un’intelligenza salvino-trumpiana, si ritrova per le mani un paese allo
sbando, senza soldi per tornare a far funzionare l’economia e con tassi di
povertà e disoccupazione alle stelle (d’altronde, HA stato il Pid… ehm, Obama o
qualunque altro presidente democratico per lui), quindi lui e il suo staff non
hanno altro modo per risolvere il problema se non quello più drastico, ovvero
eliminare alla radice tutto ciò che “offende” l’opinione pubblica e l’americano
medio-ricco. Se rammentate, già a partire da La notte del giudizio – Anarchia si
era venuta a creare la contrapposizione tra i ricchi che possono permettersi di
rimanere in casa durante la notte dello sfogo, protetti da costosissimi sistemi
di sicurezza, e i poveri che sono costretti a barricarsi in casa incrociando le
dita, mentre mercenari e soldati pagati dal governo serpeggiano tra la gente
comune per eliminare più indesiderati possibile (e se ci scappa qualche
casualty abbiente, pace!). Qui, questo aspetto della trama si fa ancora più
marcato: la notte dello sfogo viene presentata al pubblico come test
comportamentale con possibilità di influenzare in meglio il tessuto sociale,
abbassando i crimini e la violenza, ma in realtà il gabinetto del presidente fa
leva fin dall’inizio sul bisogno di denaro dei cittadini di Staten Island,
ridotti ormai alla fame e preda dei vari boss della droga presenti sul territorio,
incentivandoli a partecipare attivamente allo sfogo proprio per legittimarlo.
I giochi di potere ai piani alti mostrati nel film, con
conseguente discorso allucinante di un membro dei Nuovi Padri Fondatori, sono
agghiaccianti per la loro inquietante plausibilità, nonché specchio nemmeno
tanto distorto della mentalità facilona degli estremismi che stanno prendendo
sempre più piede in tutto il mondo, con governicchi messi in piedi da bonobi
urlanti perennemente incazzati e legittimati da un popolo terrorizzato che non
si sofferma a considerare le implicazioni di gesti drastici o violenti ma pensa
solo al proprio orticello, facendosi imbambolare da promesse vuote e pubblicità
realizzate ad hoc. Allo stesso modo, la “maschera”
indossata dai partecipanti allo sfogo, così come la stupidità di chi lo prende
come occasione per organizzare party, sono altrettante stilettate verso i leoni
da tastiera che si nascondono dietro l’anonimato di un nickname per sputare le
peggio cose in faccia alla gente e verso chi, semplicemente, non capisce una
beneamata minchia e si rifugia nella sua beata e superficiale ignoranza. E’ un
peccato che tutti questi spunti di satira velenosa, benché magari un po’ troppo
“esplicita”, quasi volesse venire in contro alle limitate capacità mentali del pubblico, si annacquino nella sagra del cliché nigga a base di pesantissima
musica rap/hip-hop, tamarreide, droga e “Yo, negro!”. Seguire le vicissitudini
di Dimitri detto D, boss della droga locale che da gangsta pronto a difendere solo
il suo territorio diventa un mix tra Commando e Bruce Willis capace di
sbaragliare DA SOLO soldati e mercenari (ma grazie a quale genere di addestramento,
per inciso? No, perché va bene far parte di una banda di strada ma avere la
meglio su fior di militari addestrati mi pare troppo…) per il bene dell’intera
Staten Island, lì per lì è anche coinvolgente ma dopo un po' stufa proprio in virtù del piattume del personaggio e di chi lo spalleggia. Per carità, non che Frank Grillo fosse un attorone impegnato in chissà quale personaggio ma un po' la sua mancanza di sente. E si sente, soprattutto, l'assenza della mano di James DeMonaco, con quei giochi di luci al neon e le soluzioni visive tra lo spettacolare e il perturbante che caratterizzavano i primi capitoli della saga; Gerard McMurray non ha la stessa mano e si vede, soprattutto a un certo punto, con quelle dannate luci stroboscopiche che si accendono e si spengono sui pianerottoli, viene quasi voglia di "sfogarsi" su di lui. Ma queste, ovviamente, sono le lamentele di una vecchia rompiscatole, in quanto La prima notte del giudizio merita una visione e non solo per dovere di completezza quanto per il suo essere cupo specchio di ciò che potrebbe davvero succedere domani, ovunque. Dateci un'occhiata e poi correte a chiudervi in casa per la paura.Gerard McMurray è il regista della pellicola. Anche produttore, attore e sceneggiatore, ha diretto il film Burning Sands: Il codice del silenzio.
La prima notte del giudizio è il prequel della saga e può essere guardato tranquillamente anche senza avere visto gli altri: per dovere di completezza, se il film vi fosse piaciuto, recuperate quindi La notte del giudizio, Anarchia - La notte del giudizio e La notte del giudizio - Election Year. ENJOY!