Continua l'omaggio a Fulci su Cine34! Qualche settimana fa è toccato a Non si sevizia un paperino, andato in onda ahimé pesantemente tagliato (fortunatamente le scene incriminate si trovano agilmente su Youtube), scritto e diretto dal buon Lucio nel 1972.
Trama: i bambini di Accendura cominciano a venire uccisi da mano ignota e un giornalista decide di indagare.
Erano decenni che avevo il desiderio di guardare Non si sevizia un paperino, col suo titolo stranissimo (in realtà avrebbe dovuto essere Non si sevizia Paperino ma la Disney ha messo il veto), poi come al solito non sono mai riuscita, questo fino alla settimana scorsa. E' un peccato conoscere Fulci solamente per gli horror che ha girato, quando c'è enorme "gioia" anche nei gialli, soprattutto quando gialli i suoi film non sono, o meglio, non possono venire accostati a quelli tradizionali. Nella fattispecie, Non si sevizia un paperino è un giallo bruciato dal sole che punta il dito non solo contro l'assassino ma contro un intero sistema sociale, dotato di caratteristiche solo apparentemente retrograde, visto che alcuni atteggiamenti della "brava" gente di Accendura si possono tranquillamente trovare ancora oggi. Protagonisti di Non si sevizia un paperino sono i bambini, sospesi in quell'età kinghiana in cui ai giochi da "piccoli" si uniscono pulsioni più adulte, accompagnate da una progressiva perdita dell'innocenza; l'inizio del film mostra una tipica giornata di bravate, la scoperta del sesso incarnato da due prostitute, la crudeltà innocente con cui il desiderio di vedere finalmente gli adulti impegnati a far zozzerie scompare davanti alla possibilità di prendere in giro lo scemo del paese, con un realismo quasi spietato. Questa introduzione sfacciata e giocosa è il cuore di Non si sevizia un paperino, perché da quel momento una mano ignota cerca di cristallizzare il tempo innocente di Accendura, paese in cui il tempo, per inciso, si è già fermato e dove le poche ingerenze "moderne" (giornalisti, polizia, una ricca ereditiera disnibita) faticano a farsi strada in un sostrato di religione e superstizione, ignoranza e violenza.
Ai margini del villaggio, infatti, vive la Maciara, figura oscura dal tragico passato, che più volte Fulci ci mostra impegnata in inquietanti pratiche assai somiglianti al voodoo, intenta a maledire i pargoli viziosi con un malocchio innominabile. Quando i bambini cominciano a scomparire, è assai facile per gli abitanti di Accendura puntare lo sguardo sulla Maciara e sugli altri diversi che vagano per le strade, quegli stessi diversi che magari, come lo stregone zio Francesco, vengono consultati di tanto in tanto quando fa comodo, quando la religione e la razionalità non riescono più ad essere d'aiuto, e che vanno eliminati quando smettono di essere buoni ed utili. La critica sociale di Fulci è forte quanto la tristezza che trasuda da ogni fotogramma, forte quanto il pessimismo che accompagna una delle sequenze più atroci e belle del film, ambientata in un cimitero abbandonato e accompagnata dalle dolci note di Quei giorni insieme a te di Ornella Vanoni, una sequenza assolutamente innovativa e dissonante, che prima colpisce nel profondo per la sua violenza fisica, quindi sconfigge definitivamente lo spettatore per il rimpianto che si può leggere negli occhi della Bolkan mentre le macchine sull'autostrada, così vicine da poterle toccare con la mano e lo stesso così distanti, portano via tutto quello che la donna non ha mai avuto dalla vita. Ovviamente, quella della Maciara è la scena che colpisce di più, anche quando viene pesantemente censurata, ma Non si sevizia un paperino è un film bellissimo nella sua interezza, per il modo in cui mescola i topoi del giallo alla bellezza (e aridità) di una terra baciata dal sole, per il contrasto tra la peccaminosa bellezza moderna di Barbara Bouchet e quella selvaggia e pericolosa della Bolkan, per i primi piani di facce dolorose e scavate dalla fatica che si affiancano a quelle di bambini che non potranno mai più tornare tali, privati forzatamente della possibilità di crescere in un mondo che fa paura solo agli adulti, non certo a loro. Ancora una volta, quindi, bisogna dire "grazie" al grande ed incompreso Fulci, per aver creato un'opera che non è spazzatura violenta e deprecabile come strillato dai cVitici dell'epoca, bensì un esempio di grande cinema con un cuore e un'anima.
Del regista e co-sceneggiatore Lucio Fulci ho già parlato QUI mentre Florinda Bolkan la trovate QUA.
Barbara Bouchet (vero nome Barbel Goutscherola) interpreta Patrizia. Nata in Repubblica Ceca, la ricordo per film come Casino Royale, La tarantola dal ventre nero, Milano Calibro 9, La moglie in vacanza... l'amante in città e Gangs of New York. Ha 77 anni e un film in uscita.
Tomas Milian interpreta Andrea Martelli. Cubano, lo ricordo per film come Il tormento e l'estasi, Squadra volante, Milano odia: la polizia non può sparare, Roma a mano armata, Squadra antiscippo, Il trucido e lo sbirro, Squadra antifurto, La banda del trucido, Squadra antitruffa, La banda del gobbo, Squadra antimafia, Squadra antigangsters, Delitto al ristorante cinese, Delitto al Blue Gay, JFK - Un caso ancora aperto e Traffic, inoltre ha partecipato a serie quali Miami Vice e La signora in giallo. Anche sceneggiatore, è morto nel 2017 all'età di 84 anni.
Se Non si sevizia un paperino vi fosse piaciuto recuperate Una lucertola con la pelle di donna e Sette note in nero. ENJOY!
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mercoledì 8 luglio 2020
martedì 16 giugno 2020
Una lucertola con la pelle di donna (1971)
Miracolosamente sono riuscita a non mancare al secondo appuntamento col "ciclo fulciano" iniziato da Cine34 e giovedì ho guardato Una lucertola con la pelle di donna, diretto e co-sceneggiato da Lucio Fulci nel 1971.
Trama: Carol fa incubi allucinanti aventi per protagonista la disnibita vicina di casa. In uno di questi incubi la uccide e il giorno dopo scopre che qualcuno ha davvero ammazzato la donna...
Cine34 ha pubblicizzato Una lucertola con la pelle di donna come "il capolavoro psichedelico di Fulci" ed effettivamente come film è parecchio allucinato e catapulta fin da subito lo spettatore nella mente logorata di Carol, figlia di un potente politico inglese che passa le giornate a raccontare allo psichiatra i suoi vividissimi incubi. Protagonista di questi è la sua vicina di casa, Julia Durer, disnibita ex attrice con problemi di droga, con la quale Carol immagina di fare sesso. Ha un bel dire lo psichiatra, quando si profonde in psicoanalisi legate a desideri repressi, aneliti di libertà e autopunizioni, visto che proprio il giorno in cui Carol sogna di uccidere Julia quest'ultima viene realmente assassinata, secondo le stesse modalità dell'incubo. E' il momento in cui scatta il whodunnit, in cui mezza dozzina di personaggi più o meno ugualmente deprecabili sfilano sotto gli occhi di un investigatore competente e tenace che cerca di dipanare il bandolo della matassa, tra sogni, segreti inconfessabili, ricatti, testimoni inattendibili e piccole ripicche familiari di una ricca borghesia ovviamente marcia fino al midollo e fintamente perbene. Ma non è il piacere di scoprire l'identità dell'assassino il motore che spinge lo spettatore a rimanere incollato allo schermo, quanto piuttosto testimoniare quanta ipocrita perversione si celi dietro apparenze irreprensibili, quanto desiderio di evasione sussurri all'orecchio di questi inglesi con la scopa infilata nel culo, ognuno bloccato nei ruoli di moglie, marito, figlia, padre, ognuno tentato dal colorato mondo di chi sguazza liberamente nel sesso e nella droga, gente che giustamente percepisce la potenzialità di vittime perfette per ricatti e affini e agisce di conseguenza.
Tanto la realtà che circonda Carol è perfettamente british, fatta di cene silenziose, giornate trascorse in salotti mondani ma freddi e uffici eleganti, tanto i suoi sogni sono caotici e coloratissimi, zeppi di elementi all'apparenza normali che vengono trasfigurati in qualcosa di mai visto (ma cos'è quel cigno incazzato che la segue dall'alto? Qualcuno lo riterrà trash, io l'ho trovato assolutamente terrificante), immersi in vividi colori nei quali spicca ovviamente il rosso dell'alcova peccaminosa di Julia Durer, bionda mozzafiato vestita di nera lingerie che contrasta con i colori chiari (non) indossati da Carol; rosso, ovviamente, è anche il colore del sangue che arriverà a macchiare il corpo della protagonista anche nella realtà, rosso è il killer che a un certo punto comincia ad inseguirla, trasformando la stessa realtà in un'allucinazione da incubo fatta di scale a chiocciola vertiginosamente hitchcockiane, pipistrelli folli e poveri cani vivisezionati, protagonisti di uno dei flash più gratuiti e scioccanti mai visti in un giallo (flash accorciato ma non tagliato all'interno di una versione televisiva che, nemmeno a dirlo, ha puntato più sulla rimozione delle scene erotiche a sfondo lesbo, sempre parlando di repressione, "proibito", ecc.). Anche in un giallo all'apparenza soft, connotato fin dal titolo come un'opera dove è il corpo femminile, la femme fatale, a farla da padrone, Fulci insinua qualcosa di più personale, una contaminazione di generi che regala allo spettatore sequenze visionarie e splendidamente girate, oltre a momenti genuinamente horror, sostenuto dalla bravura di una Florinda Bolkan sensuale ma assolutamente signorile e da una colonna sonora, scritta da Ennio Morricone, che spesso travalica la natura di mero accompagnamento per diventare parte integrante dei vezzi e della vita dei personaggi. Nella mia ignoranza, a parte Sette note in nero conoscevo Fulci solo per la sua produzione horror ma come "giallista" devo dire che l'adorato Lucio mi sta dando moltissime soddisfazioni e mi piacerebbe, prima o poi, recuperare queste sue opere prive dei tagli di una sciocca censura.
Del regista e co-sceneggiatore Lucio Fulci ho già parlato QUI mentre Jean Sorel, che interpreta Frank Hammond, lo trovate QUA.
Florinda Bolkan interpreta Carol Hammond. Brasiliana, ha partecipato a film come Metti una sera a cena, Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, Non si sevizia un paperino e a serie come La piovra, La piovra 2 e La piovra 7. Anche regista, sceneggiatrice e produttrice, ha 79 anni.
Trama: Carol fa incubi allucinanti aventi per protagonista la disnibita vicina di casa. In uno di questi incubi la uccide e il giorno dopo scopre che qualcuno ha davvero ammazzato la donna...
Cine34 ha pubblicizzato Una lucertola con la pelle di donna come "il capolavoro psichedelico di Fulci" ed effettivamente come film è parecchio allucinato e catapulta fin da subito lo spettatore nella mente logorata di Carol, figlia di un potente politico inglese che passa le giornate a raccontare allo psichiatra i suoi vividissimi incubi. Protagonista di questi è la sua vicina di casa, Julia Durer, disnibita ex attrice con problemi di droga, con la quale Carol immagina di fare sesso. Ha un bel dire lo psichiatra, quando si profonde in psicoanalisi legate a desideri repressi, aneliti di libertà e autopunizioni, visto che proprio il giorno in cui Carol sogna di uccidere Julia quest'ultima viene realmente assassinata, secondo le stesse modalità dell'incubo. E' il momento in cui scatta il whodunnit, in cui mezza dozzina di personaggi più o meno ugualmente deprecabili sfilano sotto gli occhi di un investigatore competente e tenace che cerca di dipanare il bandolo della matassa, tra sogni, segreti inconfessabili, ricatti, testimoni inattendibili e piccole ripicche familiari di una ricca borghesia ovviamente marcia fino al midollo e fintamente perbene. Ma non è il piacere di scoprire l'identità dell'assassino il motore che spinge lo spettatore a rimanere incollato allo schermo, quanto piuttosto testimoniare quanta ipocrita perversione si celi dietro apparenze irreprensibili, quanto desiderio di evasione sussurri all'orecchio di questi inglesi con la scopa infilata nel culo, ognuno bloccato nei ruoli di moglie, marito, figlia, padre, ognuno tentato dal colorato mondo di chi sguazza liberamente nel sesso e nella droga, gente che giustamente percepisce la potenzialità di vittime perfette per ricatti e affini e agisce di conseguenza.
Tanto la realtà che circonda Carol è perfettamente british, fatta di cene silenziose, giornate trascorse in salotti mondani ma freddi e uffici eleganti, tanto i suoi sogni sono caotici e coloratissimi, zeppi di elementi all'apparenza normali che vengono trasfigurati in qualcosa di mai visto (ma cos'è quel cigno incazzato che la segue dall'alto? Qualcuno lo riterrà trash, io l'ho trovato assolutamente terrificante), immersi in vividi colori nei quali spicca ovviamente il rosso dell'alcova peccaminosa di Julia Durer, bionda mozzafiato vestita di nera lingerie che contrasta con i colori chiari (non) indossati da Carol; rosso, ovviamente, è anche il colore del sangue che arriverà a macchiare il corpo della protagonista anche nella realtà, rosso è il killer che a un certo punto comincia ad inseguirla, trasformando la stessa realtà in un'allucinazione da incubo fatta di scale a chiocciola vertiginosamente hitchcockiane, pipistrelli folli e poveri cani vivisezionati, protagonisti di uno dei flash più gratuiti e scioccanti mai visti in un giallo (flash accorciato ma non tagliato all'interno di una versione televisiva che, nemmeno a dirlo, ha puntato più sulla rimozione delle scene erotiche a sfondo lesbo, sempre parlando di repressione, "proibito", ecc.). Anche in un giallo all'apparenza soft, connotato fin dal titolo come un'opera dove è il corpo femminile, la femme fatale, a farla da padrone, Fulci insinua qualcosa di più personale, una contaminazione di generi che regala allo spettatore sequenze visionarie e splendidamente girate, oltre a momenti genuinamente horror, sostenuto dalla bravura di una Florinda Bolkan sensuale ma assolutamente signorile e da una colonna sonora, scritta da Ennio Morricone, che spesso travalica la natura di mero accompagnamento per diventare parte integrante dei vezzi e della vita dei personaggi. Nella mia ignoranza, a parte Sette note in nero conoscevo Fulci solo per la sua produzione horror ma come "giallista" devo dire che l'adorato Lucio mi sta dando moltissime soddisfazioni e mi piacerebbe, prima o poi, recuperare queste sue opere prive dei tagli di una sciocca censura.
Del regista e co-sceneggiatore Lucio Fulci ho già parlato QUI mentre Jean Sorel, che interpreta Frank Hammond, lo trovate QUA.
Florinda Bolkan interpreta Carol Hammond. Brasiliana, ha partecipato a film come Metti una sera a cena, Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, Non si sevizia un paperino e a serie come La piovra, La piovra 2 e La piovra 7. Anche regista, sceneggiatrice e produttrice, ha 79 anni.
martedì 9 giugno 2020
Una sull'altra (1969)
Pare che Cine34 abbia cominciato una rassegna dedicata a Lucio Fulci e ai suoi gialli. Non penso che riuscirò a rispettare tutti gli appuntamenti televisivi ma giovedì sono riuscita a vedere Una sull'altra, da lui diretto e co-sceneggiato nel 1969.
Trama: George, famoso dottore e donnaiolo, è sposato con una donna che non ama più e che tradisce a più riprese con Jane. Un giorno la moglie, afflitta da crisi respiratorie, muore e George si ritrova invischiato in una misteriosa vicenda avente come fulcro una donna bionda che le somiglia tantissimo...
Una sull'altra è la prima incursione di Fulci nel thriller, senza contaminazioni col sovrannaturale o l'horror. La trama del film è vagamente hitchcockiana e poco attinente al giallo codificato da Bava e compagnia (manca un misterioso omicida e quel senso incombente di pericolo che solo un serial killer senza volto può trasmettere), in compenso viene caricato parecchio l'aspetto erotico dell'intera vicenda, popolata da fanciulle conturbanti che gravitano all'interno dell'ambiente delle spogliarelliste e delle foto "artistiche" di nudo; a tal proposito, CREDO che su Cine34 sia andata in onda una versione tagliata perché sul web si parla di sequenze saffiche, che nel film che ho visto io erano solo vagamente accennate. Non che la cosa mi abbia turbata più di tanto, anche perché, rimanendo per l'appunto a livello di trama, i siparietti sexy servono giusto ad allungare il brodo e la storia di Una sull'altra entra nel vivo dopo una quarantina di minuti, nel momento in cui George comincia a venire sospettato dell'omicidio della moglie e arriva persino a rischiare la pena capitale in una sequenza al cardiopalma magistralmente diretta da Fulci; mi tocca ammettere dunque di aver trovato la prima parte del film parecchio soporifera, tanto che, complice la stanchezza, mi sono assopita quelle due o tre volte di troppo, senza peraltro che la comprensione della storia ne risentisse, dopodiché l'operazione subisce un'accelerata e tutto si fa molto più interessante.
Passando all'aspetto "tecnico" e artistico, che poi è quello che mi ha colpita di più, ogni volta ripenso ai budget risicati e ai progetti imbarazzanti proposti al povero Fulci negli ultimi anni della sua carriera e ogni volta ci rimango male, perché Una sull'altra, da questo punto di vista, è splendido. Ambientato a San Francisco, il film porta lo spettatore a respirare aria "esotica" e chic fin dalle prime note della colonna sonora jazz firmata da Riz Ortolani, veicolo attraverso cui si dipanano vicende ambientate in esclusivi club di spogliarelli, sale da gioco, appartamenti blasé e lascivi studi fotografici; il regista dà ovviamente molta importanza al corpo femminile, soprattutto quello di una Marisa Mell bella come una dea qualunque abito (non) indossi, e agli amplessi tra protagonisti, resi nel modo più "vario" possibile, per esempio attraverso il filtro di un tessuto rosso oppure ripresi dal basso, come se gli amanti fossero sdraiati su un materasso trasparente da cui lo spettatore voyeur può vedere ogni cosa. Ma non c'è solo sesso in Una sull'altra. La parte thriller è spettacolare e contiene quegli aspetti inquietanti, "persecutori" anche, che potremo ritrovare in altri film di Fulci, come sguardi riflessi negli specchi, altri riflessi di volti che diventano quasi dei fantasmi che insidiano i protagonisti o terrificanti primi piani di cadaveri in decomposizione, anche se la mia scena preferita è la "trasformazione" finale che non spoilero, girata con una raffinatezza tale da far slogare la mascella e piangere d'invidia il regista di qualsiasi sequenza di Alias. E pazienza se la conclusione del film non osa proprio fino in fondo, perché comunque riesce a tenere lo spettatore in tensione, nemmeno nella camera a gas ci dovesse andare lui. Se vi dovesse dunque capitare di veder passare Una sull'altra in TV non cambiate canale, mi raccomando!
Del regista e co-sceneggiatore Lucio Fulci ho già parlato QUI.
Jean Sorel interpreta il Dr. George Dumurrier. Francese, ha partecipato a film come Bella di giorno, Una lucertola con la pelle di donna, Il giorno dello sciacallo e Il burbero. Ha 86 anni.
Marisa Mell, che interpreta Susan Dumurrier, è stata Eva Kant nel film Diabolik. Se Una sull'altra vi fosse piaciuto recuperate Una lucertola con la pelle di donna e Sette note in nero. ENJOY!
Trama: George, famoso dottore e donnaiolo, è sposato con una donna che non ama più e che tradisce a più riprese con Jane. Un giorno la moglie, afflitta da crisi respiratorie, muore e George si ritrova invischiato in una misteriosa vicenda avente come fulcro una donna bionda che le somiglia tantissimo...
Una sull'altra è la prima incursione di Fulci nel thriller, senza contaminazioni col sovrannaturale o l'horror. La trama del film è vagamente hitchcockiana e poco attinente al giallo codificato da Bava e compagnia (manca un misterioso omicida e quel senso incombente di pericolo che solo un serial killer senza volto può trasmettere), in compenso viene caricato parecchio l'aspetto erotico dell'intera vicenda, popolata da fanciulle conturbanti che gravitano all'interno dell'ambiente delle spogliarelliste e delle foto "artistiche" di nudo; a tal proposito, CREDO che su Cine34 sia andata in onda una versione tagliata perché sul web si parla di sequenze saffiche, che nel film che ho visto io erano solo vagamente accennate. Non che la cosa mi abbia turbata più di tanto, anche perché, rimanendo per l'appunto a livello di trama, i siparietti sexy servono giusto ad allungare il brodo e la storia di Una sull'altra entra nel vivo dopo una quarantina di minuti, nel momento in cui George comincia a venire sospettato dell'omicidio della moglie e arriva persino a rischiare la pena capitale in una sequenza al cardiopalma magistralmente diretta da Fulci; mi tocca ammettere dunque di aver trovato la prima parte del film parecchio soporifera, tanto che, complice la stanchezza, mi sono assopita quelle due o tre volte di troppo, senza peraltro che la comprensione della storia ne risentisse, dopodiché l'operazione subisce un'accelerata e tutto si fa molto più interessante.
Passando all'aspetto "tecnico" e artistico, che poi è quello che mi ha colpita di più, ogni volta ripenso ai budget risicati e ai progetti imbarazzanti proposti al povero Fulci negli ultimi anni della sua carriera e ogni volta ci rimango male, perché Una sull'altra, da questo punto di vista, è splendido. Ambientato a San Francisco, il film porta lo spettatore a respirare aria "esotica" e chic fin dalle prime note della colonna sonora jazz firmata da Riz Ortolani, veicolo attraverso cui si dipanano vicende ambientate in esclusivi club di spogliarelli, sale da gioco, appartamenti blasé e lascivi studi fotografici; il regista dà ovviamente molta importanza al corpo femminile, soprattutto quello di una Marisa Mell bella come una dea qualunque abito (non) indossi, e agli amplessi tra protagonisti, resi nel modo più "vario" possibile, per esempio attraverso il filtro di un tessuto rosso oppure ripresi dal basso, come se gli amanti fossero sdraiati su un materasso trasparente da cui lo spettatore voyeur può vedere ogni cosa. Ma non c'è solo sesso in Una sull'altra. La parte thriller è spettacolare e contiene quegli aspetti inquietanti, "persecutori" anche, che potremo ritrovare in altri film di Fulci, come sguardi riflessi negli specchi, altri riflessi di volti che diventano quasi dei fantasmi che insidiano i protagonisti o terrificanti primi piani di cadaveri in decomposizione, anche se la mia scena preferita è la "trasformazione" finale che non spoilero, girata con una raffinatezza tale da far slogare la mascella e piangere d'invidia il regista di qualsiasi sequenza di Alias. E pazienza se la conclusione del film non osa proprio fino in fondo, perché comunque riesce a tenere lo spettatore in tensione, nemmeno nella camera a gas ci dovesse andare lui. Se vi dovesse dunque capitare di veder passare Una sull'altra in TV non cambiate canale, mi raccomando!
Del regista e co-sceneggiatore Lucio Fulci ho già parlato QUI.
Jean Sorel interpreta il Dr. George Dumurrier. Francese, ha partecipato a film come Bella di giorno, Una lucertola con la pelle di donna, Il giorno dello sciacallo e Il burbero. Ha 86 anni.
Marisa Mell, che interpreta Susan Dumurrier, è stata Eva Kant nel film Diabolik. Se Una sull'altra vi fosse piaciuto recuperate Una lucertola con la pelle di donna e Sette note in nero. ENJOY!
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mercoledì 25 gennaio 2012
Paura nella città dei morti viventi (1980)
Era un po’ che non parlavo del divino Fulci, ma rimedio subito visto che in questi giorni sono riuscita a guardare Paura nella città dei morti viventi, da lui diretto nel 1980.


Come si può non amare Fulci? Semplice, basta avere dieci anni di meno e guardare i suoi film con amici che ridono per ogni inezia e la mente ancora piena di ammereganate. Sì perché questo Paura nella città dei morti viventi avevo già avuto modo di guardarlo ma, come potrete immaginare, mi aveva fatto poco meno che schifo. Riguardandolo ora, sola soletta, a mente fresca come si suol dire, mi sono lasciata prendere dall’atmosfera e mi sono goduta quello che altro non è se non il fratellino minore del mio film fulciano preferito, il bellissimo E tu vivrai nel terrore… l’aldilà. Le similitudini infatti sono tantissime (d’altronde entrambe le sceneggiature sono state scritte da Dardano Sacchetti), a partire dalla protagonista Catriona McCall, ma ci sono anche parecchie imperfezioni ed ingenuità che mancano ne L’aldilà, come se Paura nella città dei morti viventi fosse una sorta di embrione, di esperimento, la nota iniziale della sinfonia del terrore che il regista avrebbe espresso nella sua Trilogia della morte.

In entrambi i film il male viene scatenato su un’intera comunità dal gesto di un singolo e la sua natura non è mai ben definita, nonostante esista un libro che ne parla (il libro di Eibon ne L’aldilà, il libro di Enoch in Paura nella città dei morti viventi, anche i nomi sono simili). Sono dei morti viventi quelli che attaccano i cittadini, ma talvolta essi sono intangibili e perfidi come fantasmi, altre famelici e solidi come veri e propri zombi romeriani, ma in ogni caso hanno poteri sovrannaturali che mancano ai loro cugini americani, come quello di fare sputare ad un essere umano le sue stesse viscere oppure quello di teleportarsi da un posto all’altro. I protagonisti non sono eroi o persone dotate di chissà quali conoscenze ed intelletto superiori, anzi: la maggior parte delle volte fanno delle figure barbine quando non vengono trucidati nei modi peggiori e, a prescindere dal fatto che riescano o meno a risolvere il mistero, il male troverà sempre il modo di vincere e condannarli per l’eternità quando meno se lo aspettano. Nemmeno i bambini trovano scampo da questi inferni scatenati da Fulci e rischiano di diventare i peggiori veicoli delle forze maligne, ingannando spettatori e protagonisti con le loro faccine innocenti e le lacrimucce da novelli orfani, mentre il buon Fabio Frizzi sottolinea ogni momento clou con le sue adattissime e particolari musiche (la colonna sonora de L’aldilà è insuperabile, ma anche quella di Paura nella città dei morti viventi è molto bella).

Certo, la trama è sicuramente da mani nei capelli così come la recitazione di buona parte dei coinvolti, per non parlare degli effetti speciali. Eppure, conoscendo l’entusiasmo e i mezzi con cui Lucio e i suoi collaboratori realizzavano i film bisognerebbe chinare il capo e vergognarsi di storcere il naso. Infatti sono l’amore per il cinema e la voglia di scioccare il pubblico italiano ancora “vergine” a trasparire da ogni singolo fotogramma. Poco importa, quindi, che il primo cadavere ritrovato somigli ad un ammasso di cavoli scotti, che il giornalista decida di liberare dalla bara la povera medium (peraltro sepolta viva dopo essere stata imbalsamata, ma come minchia è possibile?!) utilizzando un piccone a rischio di infilarle la punta nel cranio, che i morti viventi a volte decidano di non uccidere le persone, scomparendo appena loro chiudono gli occhi, che un rispettabile padre di famiglia decida d’amblé di fare fuori il pervertito del villaggio trapanandogli la testa, che Dunwich sembri popolata da scimmie urlatrici che ogni tanto emettono il loro verso nascoste sugli alberi manco fossimo in una giungla, che la scritta in inglese sulla tomba, durante i titoli di testa, non rispecchi assolutamente la traduzione italiana e si concluda con il nome della cittadina a mo’ di firma ("L'anima che anela all'eternità deve sottrarsi al giogo della morte. Tu, o viandante alle soglie delle tenebre, vieni. Dunwich" Concorderete con me che ha del surreale).

Tutto questo non importa, dicevo, perché concorre a rendere particolare il film, assieme agli efficacissimi primi piani degli occhi di Catriona McCall, a quelle prolungate attese che alimentano l’ansia ed anticipano il momento shock, alle mani degli zombi che strizzano la nuca delle loro vittime fino a fare uscire i cervelli dal cranio, alla pioggia di vermi (veri, signore Iddio, palesemente veri!!) lanciata senza scrupolo sui poveri attori schifati ed urlanti, allo sguardo allucinato di un satanico prete, preludio di una delle scene più gore della storia del cinema, omaggiata persino in uno degli albi migliori di Dylan Dog, Golconda. E poi, quel meraviglioso, ambiguo finale dove, proprio quando pensavamo ad un happy ending, esplodono delle urla raccapriccianti che mandano tutto in pezzi, persino l’inquadratura. Tutto questo è Paura nella città dei morti viventi. Tutto questo è Fulci. E, come dicono negli USA, come dovremmo dire più spesso noi… Fulci Lives. Fulci vive.

Del regista Lucio Fulci (che compare anche nei panni del Dr. Thompson) ho già parlato qui, mentre di Catriona MacColl, che interpreta Mary, ho già parlato qua. Christopher George, che interpreta Peter, lo trovate invece qui.
Carlo De Mejo interpreta Gerry. Romano, figlio della grande attrice Alida Valli, ha partecipato a film come Quella villa accanto al cimitero e Manhattan Baby. Ha 67 anni.

Antonella Interlenghi interpreta Emily. Romana, ha partecipato a film come Vacanze di Natale, Vacanze in America e Matrimonio con vizietto. Ha 52 anni.

Giovanni Lombardo Radice interpreta l'ambiguo Bob. Romano, ha partecipato a film come Apocalisse domani, Cannibal Ferox, Deliria, La chiesa, La setta, Ricky e Barabba, Gangs of New York e Omen - Il presagio, oltre ad un episodio della serie Don Matteo. Anche sceneggiatore, ha 57 anni e cinque film in uscita, tra cui il seguito del cult anni '80 La casa sperduta nel parco, sempre diretto da Ruggero Deodato e una roba chiamata Mondo Holocausto!, che dal titolo parrebbe un revival dei mondo movies. Ovviamente entrambi i progetti sono appena entrati in pre-produzione, quindi campa cavallo.

Luca Venantini interpreta il piccolo John-John. Nato a New York ma di origini italiane (il padre è Venantino Venantini, anche lui tra i partecipanti al film) lo ricordo per pellicole come Apocalisse domani, Superfantagenio, Fantaghirò 5 (ebbene sì, c'era anche lui un po' più cresciutello!!) e per la serie Classe di ferro. Ha 42 anni.

Michele Soavi interpreta Tommy. Milanese, più conosciuto come regista che come attore, ha partecipato a film come Tenebre, Phenomena, Dèmoni, Opera, Il gatto nero, Deliria, La chiesa, La setta e Dellamorte Dellamore (questi ultimi quattro film li ha diretti lui). Anche sceneggiatore e produttore, ha 55 anni.

Venantino Venantini (vero nome Enrico Venantino Venantini) interpreta Mr. Ross. Originario di Fabriano, ha partecipato a film come Il vizietto, Piedone d'Egitto, Apocalisse domani, Cannibal Ferox, lo splendido Ladyhawke, Superfantagenio e alle serie I ragazzi della 3 C, Classe di ferro, I ragazzi del muretto, Un medico in famiglia, Il maresciallo Rocca e I Cesaroni. Ha 82 anni.

Se il film vi fosse piaciuto suggerisco di recuperare le altre due pellicole che compongono la cosiddetta “trilogia della morte” fulciana, di cui fa parte anche questo Paura nella città dei morti viventi: L’aldilà e Quella villa accanto al cimitero. Anche guardare Zombi 2 e la trilogia de La casa di Raimi non sarebbe una brutta idea.

Trama: nella cittadina di Dunwich un prete si impicca, causando così l’apertura di una delle porte dell’Inferno. Una medium ha una visione dell’accaduto e decide così di impedire che il male si riversi sulla terra…

Come si può non amare Fulci? Semplice, basta avere dieci anni di meno e guardare i suoi film con amici che ridono per ogni inezia e la mente ancora piena di ammereganate. Sì perché questo Paura nella città dei morti viventi avevo già avuto modo di guardarlo ma, come potrete immaginare, mi aveva fatto poco meno che schifo. Riguardandolo ora, sola soletta, a mente fresca come si suol dire, mi sono lasciata prendere dall’atmosfera e mi sono goduta quello che altro non è se non il fratellino minore del mio film fulciano preferito, il bellissimo E tu vivrai nel terrore… l’aldilà. Le similitudini infatti sono tantissime (d’altronde entrambe le sceneggiature sono state scritte da Dardano Sacchetti), a partire dalla protagonista Catriona McCall, ma ci sono anche parecchie imperfezioni ed ingenuità che mancano ne L’aldilà, come se Paura nella città dei morti viventi fosse una sorta di embrione, di esperimento, la nota iniziale della sinfonia del terrore che il regista avrebbe espresso nella sua Trilogia della morte.

In entrambi i film il male viene scatenato su un’intera comunità dal gesto di un singolo e la sua natura non è mai ben definita, nonostante esista un libro che ne parla (il libro di Eibon ne L’aldilà, il libro di Enoch in Paura nella città dei morti viventi, anche i nomi sono simili). Sono dei morti viventi quelli che attaccano i cittadini, ma talvolta essi sono intangibili e perfidi come fantasmi, altre famelici e solidi come veri e propri zombi romeriani, ma in ogni caso hanno poteri sovrannaturali che mancano ai loro cugini americani, come quello di fare sputare ad un essere umano le sue stesse viscere oppure quello di teleportarsi da un posto all’altro. I protagonisti non sono eroi o persone dotate di chissà quali conoscenze ed intelletto superiori, anzi: la maggior parte delle volte fanno delle figure barbine quando non vengono trucidati nei modi peggiori e, a prescindere dal fatto che riescano o meno a risolvere il mistero, il male troverà sempre il modo di vincere e condannarli per l’eternità quando meno se lo aspettano. Nemmeno i bambini trovano scampo da questi inferni scatenati da Fulci e rischiano di diventare i peggiori veicoli delle forze maligne, ingannando spettatori e protagonisti con le loro faccine innocenti e le lacrimucce da novelli orfani, mentre il buon Fabio Frizzi sottolinea ogni momento clou con le sue adattissime e particolari musiche (la colonna sonora de L’aldilà è insuperabile, ma anche quella di Paura nella città dei morti viventi è molto bella).

Certo, la trama è sicuramente da mani nei capelli così come la recitazione di buona parte dei coinvolti, per non parlare degli effetti speciali. Eppure, conoscendo l’entusiasmo e i mezzi con cui Lucio e i suoi collaboratori realizzavano i film bisognerebbe chinare il capo e vergognarsi di storcere il naso. Infatti sono l’amore per il cinema e la voglia di scioccare il pubblico italiano ancora “vergine” a trasparire da ogni singolo fotogramma. Poco importa, quindi, che il primo cadavere ritrovato somigli ad un ammasso di cavoli scotti, che il giornalista decida di liberare dalla bara la povera medium (peraltro sepolta viva dopo essere stata imbalsamata, ma come minchia è possibile?!) utilizzando un piccone a rischio di infilarle la punta nel cranio, che i morti viventi a volte decidano di non uccidere le persone, scomparendo appena loro chiudono gli occhi, che un rispettabile padre di famiglia decida d’amblé di fare fuori il pervertito del villaggio trapanandogli la testa, che Dunwich sembri popolata da scimmie urlatrici che ogni tanto emettono il loro verso nascoste sugli alberi manco fossimo in una giungla, che la scritta in inglese sulla tomba, durante i titoli di testa, non rispecchi assolutamente la traduzione italiana e si concluda con il nome della cittadina a mo’ di firma ("L'anima che anela all'eternità deve sottrarsi al giogo della morte. Tu, o viandante alle soglie delle tenebre, vieni. Dunwich" Concorderete con me che ha del surreale).
Tutto questo non importa, dicevo, perché concorre a rendere particolare il film, assieme agli efficacissimi primi piani degli occhi di Catriona McCall, a quelle prolungate attese che alimentano l’ansia ed anticipano il momento shock, alle mani degli zombi che strizzano la nuca delle loro vittime fino a fare uscire i cervelli dal cranio, alla pioggia di vermi (veri, signore Iddio, palesemente veri!!) lanciata senza scrupolo sui poveri attori schifati ed urlanti, allo sguardo allucinato di un satanico prete, preludio di una delle scene più gore della storia del cinema, omaggiata persino in uno degli albi migliori di Dylan Dog, Golconda. E poi, quel meraviglioso, ambiguo finale dove, proprio quando pensavamo ad un happy ending, esplodono delle urla raccapriccianti che mandano tutto in pezzi, persino l’inquadratura. Tutto questo è Paura nella città dei morti viventi. Tutto questo è Fulci. E, come dicono negli USA, come dovremmo dire più spesso noi… Fulci Lives. Fulci vive.

Del regista Lucio Fulci (che compare anche nei panni del Dr. Thompson) ho già parlato qui, mentre di Catriona MacColl, che interpreta Mary, ho già parlato qua. Christopher George, che interpreta Peter, lo trovate invece qui.
Carlo De Mejo interpreta Gerry. Romano, figlio della grande attrice Alida Valli, ha partecipato a film come Quella villa accanto al cimitero e Manhattan Baby. Ha 67 anni.

Antonella Interlenghi interpreta Emily. Romana, ha partecipato a film come Vacanze di Natale, Vacanze in America e Matrimonio con vizietto. Ha 52 anni.

Giovanni Lombardo Radice interpreta l'ambiguo Bob. Romano, ha partecipato a film come Apocalisse domani, Cannibal Ferox, Deliria, La chiesa, La setta, Ricky e Barabba, Gangs of New York e Omen - Il presagio, oltre ad un episodio della serie Don Matteo. Anche sceneggiatore, ha 57 anni e cinque film in uscita, tra cui il seguito del cult anni '80 La casa sperduta nel parco, sempre diretto da Ruggero Deodato e una roba chiamata Mondo Holocausto!, che dal titolo parrebbe un revival dei mondo movies. Ovviamente entrambi i progetti sono appena entrati in pre-produzione, quindi campa cavallo.

Luca Venantini interpreta il piccolo John-John. Nato a New York ma di origini italiane (il padre è Venantino Venantini, anche lui tra i partecipanti al film) lo ricordo per pellicole come Apocalisse domani, Superfantagenio, Fantaghirò 5 (ebbene sì, c'era anche lui un po' più cresciutello!!) e per la serie Classe di ferro. Ha 42 anni.

Michele Soavi interpreta Tommy. Milanese, più conosciuto come regista che come attore, ha partecipato a film come Tenebre, Phenomena, Dèmoni, Opera, Il gatto nero, Deliria, La chiesa, La setta e Dellamorte Dellamore (questi ultimi quattro film li ha diretti lui). Anche sceneggiatore e produttore, ha 55 anni.

Venantino Venantini (vero nome Enrico Venantino Venantini) interpreta Mr. Ross. Originario di Fabriano, ha partecipato a film come Il vizietto, Piedone d'Egitto, Apocalisse domani, Cannibal Ferox, lo splendido Ladyhawke, Superfantagenio e alle serie I ragazzi della 3 C, Classe di ferro, I ragazzi del muretto, Un medico in famiglia, Il maresciallo Rocca e I Cesaroni. Ha 82 anni.

Se il film vi fosse piaciuto suggerisco di recuperare le altre due pellicole che compongono la cosiddetta “trilogia della morte” fulciana, di cui fa parte anche questo Paura nella città dei morti viventi: L’aldilà e Quella villa accanto al cimitero. Anche guardare Zombi 2 e la trilogia de La casa di Raimi non sarebbe una brutta idea.
giovedì 8 febbraio 2007
E tu vivrai nel terrore... L'Aldilà (1981)
E potevo esimermi dal parlare di questo film che, con tutti i suoi difetti, è il capolavoro del mitico Lucio Fulci? Confesso di averlo visto la prima volta in TV divertita dall'allucinante titolo, poi di averlo cancellato ed essermene pentita, al punto da averlo oggi sia in cassetta che DVD giusto per fare ammenda....

Cominciamo, per chi ancora fosse tanto sprovveduto da ignorarla, con la trama....
Il film comincia con un flashback ambientato nella Louisiana del 1929, dove una folla inferocita scioglie a badilate di calce viva il pittore maledetto Schweick, reo di aver scoperto una delle sette porte dell'inferno, situata nell'albergo dove alloggiava il suddetto artista...
Torniamo ora al presente, dove vediamo la bella Lisa divenuta ora proprietaria dello stesso albergo, ora allagato ed inservibile, lasciatole in eredità. Dopo la prima morte sospetta, Lisa viene avvicinata da una strana ragazza cieca, Emily, che le racconta ciò che avvenne anni prima, invitandola a fuggire dalla città prima di risvegliare il male... Inutile dire che dopo il testardo rifiuto di Lisa, all'interno dell'edificio accadranno fenomeni inspiegabili, fantasmatici e morti misteriose, che poi propagheranno la loro influenza anche nella città, lasciando la povera Lisa e il suo amico dottor John spaventati e confusi... se non peggio....
Diciamo che il fascino del film è la sua atmosfera malata ed intricata: al di là delle scene di zombie volute dai distributori tedeschi, la confusione nella quale sprofondano i protagonisti viene resa identica allo spettatore che non ottiene risposte, ma solo ulteriori domande... quella a mio avviso più pregna e pressante è: Ma chi è in realtà la fantasmatica e cieca Emily? Senza rovinare la visione a quelli che, dandomi retta, cercheranno questo film, la voce e il passato della ragazza darebbero ad intendere che sia un fantasma o comunque morta... Peccato che in una scena queste ipotesi vengano contraddette, e nel peggiore dei modi! Consideato che nel flashback iniziale il libro di Eibon le brucia la faccia, non saprei proprio cosa pensare...
Il finale aperto, inoltre, lascia adito a molte ipotesi... L'albergo era collegato a tutta la città? Emily era una defunta scappata dall'Aldilà? E dove, precisamente, finiscono John e Lisa? A domande come queste non c'è risposta, quindi massimo rispetto a Dardano Sacchetti, autore della sceneggiatura che, diversamente da molti horror italiani, tiene vivo l'interesse e lascia con un senso di vaga inquietudine...
Ovviamente, l'opera non è priva di difetti, anzi: come dicono in Preacher, "I texani amano i proiettili magici..". Direi anche gli italiani, visto l'infinita quantità di proiettili che John ha a disposizione contro gli zombies e il fatto che ogni volta debba sparare TRE volte prima di ricordarsi che l'unico modo per ucciderli è colpirne la testa... La scena della sfida finale agli zombie è un tamarrata, rovina un pò tutto il film... Altri buchi nella trama riguardano il libro di Eibon, cosa avesse fatto di tanto maledetto il pittore, la succitata Emily e soprattutto alcune morti che in verità avvengono un pò senza una causa precisa....
Per quanto riguarda gli aspetti tecnici della pellicola, gli FX sono pregevoli per l'epoca (oggi risultano un poco datati), opera del maestro Giannetto De Rossi (storico artista italiano degli effetti speciali, da me apprezzato ultimamente in Alta Tensione ma responsabile anche di film come Quella villa accanto al cimitero, Zombi 2, C'era una volta il west e Non si deve profanare il sonno dei morti), e anche le musiche di Fabio Frizzi (holy moly!!) non sono male, adatte all'atmosfera ossessiva ed inquietante del film...
Resta da dire che non a caso questo film è stato recuperato e distribuito in USA dal mio Quentin, con il titolo The Beyond, a dimostrazione che Tarantino è un mitico pazzoide, che però ripesca dal mercato tutto ciò che è degno di avere aura cult... Ecco qui la locandina USA del film...
E ora parliamo un poco dei protagonisti......
Katherine MacColl, ovvero Catriona MacColl (questo il vero nome) è vecchia conoscenza fulciana ed horror. Nell'Aldila interpreta Lisa, ma questa splendida donna ha interpretato l'icona della mia infanzia, l'unica donna degna di tal nome... Lady Oscar, nell'omonimo, trashissimo film del 1979... Per Fulci ha poi lavorato in titoli come Quella villa accanto al cimitero, Paura nella città dei morti viventi, e ultimamente ha fatto una breve comparsata nel film Un'ottima annata (è bello vedere che le icone horror non smettono mai di lavorare...)
David Warbeck, che interpreta John, è purtroppo mancato nel 1997, e verrà ricordato (ahimé direi) come il padre del Ragazzo dal Kimono d'Oro, nemmeno quello con Ralph Macchio, poveraccio, ma nelle ciofeche seguenti, dal 5 al 7. Inoltre ha partecipato in un horror che mi mette ancora gli incubi di notte, ma non per la paura, per l'ammorbo... Black Cat, da evitar come la peste.
Cinzia Monreale, che nei credits risulta come Sarah Keller, oltre ad essere gloria genovese interpreta la misteriosa Emily. Ora è attiva per lo più in film per la TV, ma ha avuto il coraggio di far da protagonista all'insano Buio Omega di Joe D'Amato e la possiamo trovare anche ne La Sindrome di Stendhal.
Potrei concludere qui ma vorrei aggiugere altre due persone: una in quanto insospettabile interprete, l'altra per curiosità mia personale.....
Michele Mirabella, famoso conduttore di show quali Elisir, qui ha l'onore di partecipare alla scena più raccapricciante del film, e negli anni 80 ha partecipato a parecchi film, quali Bordella, Demoni 2, Fantozzi subisce ancora e Topo Galileo.
Per ultima vorrei citare l'inquietantissima bambina presente nel film, la rossa e bruttina Jill.... Interpretata da Maria Pia Marsala, dopo questo film ha partecipato a College e Bangkok sola andata... Di lei si son perse le tracce, quindi non saprei dire che fine ha fato la mefistofelica ragazzina.... Se qualcune ne sa qualcosa, contattatemi!!

Cominciamo, per chi ancora fosse tanto sprovveduto da ignorarla, con la trama....
Il film comincia con un flashback ambientato nella Louisiana del 1929, dove una folla inferocita scioglie a badilate di calce viva il pittore maledetto Schweick, reo di aver scoperto una delle sette porte dell'inferno, situata nell'albergo dove alloggiava il suddetto artista...
Torniamo ora al presente, dove vediamo la bella Lisa divenuta ora proprietaria dello stesso albergo, ora allagato ed inservibile, lasciatole in eredità. Dopo la prima morte sospetta, Lisa viene avvicinata da una strana ragazza cieca, Emily, che le racconta ciò che avvenne anni prima, invitandola a fuggire dalla città prima di risvegliare il male... Inutile dire che dopo il testardo rifiuto di Lisa, all'interno dell'edificio accadranno fenomeni inspiegabili, fantasmatici e morti misteriose, che poi propagheranno la loro influenza anche nella città, lasciando la povera Lisa e il suo amico dottor John spaventati e confusi... se non peggio....
Diciamo che il fascino del film è la sua atmosfera malata ed intricata: al di là delle scene di zombie volute dai distributori tedeschi, la confusione nella quale sprofondano i protagonisti viene resa identica allo spettatore che non ottiene risposte, ma solo ulteriori domande... quella a mio avviso più pregna e pressante è: Ma chi è in realtà la fantasmatica e cieca Emily? Senza rovinare la visione a quelli che, dandomi retta, cercheranno questo film, la voce e il passato della ragazza darebbero ad intendere che sia un fantasma o comunque morta... Peccato che in una scena queste ipotesi vengano contraddette, e nel peggiore dei modi! Consideato che nel flashback iniziale il libro di Eibon le brucia la faccia, non saprei proprio cosa pensare...
Il finale aperto, inoltre, lascia adito a molte ipotesi... L'albergo era collegato a tutta la città? Emily era una defunta scappata dall'Aldilà? E dove, precisamente, finiscono John e Lisa? A domande come queste non c'è risposta, quindi massimo rispetto a Dardano Sacchetti, autore della sceneggiatura che, diversamente da molti horror italiani, tiene vivo l'interesse e lascia con un senso di vaga inquietudine...
Ovviamente, l'opera non è priva di difetti, anzi: come dicono in Preacher, "I texani amano i proiettili magici..". Direi anche gli italiani, visto l'infinita quantità di proiettili che John ha a disposizione contro gli zombies e il fatto che ogni volta debba sparare TRE volte prima di ricordarsi che l'unico modo per ucciderli è colpirne la testa... La scena della sfida finale agli zombie è un tamarrata, rovina un pò tutto il film... Altri buchi nella trama riguardano il libro di Eibon, cosa avesse fatto di tanto maledetto il pittore, la succitata Emily e soprattutto alcune morti che in verità avvengono un pò senza una causa precisa....
Per quanto riguarda gli aspetti tecnici della pellicola, gli FX sono pregevoli per l'epoca (oggi risultano un poco datati), opera del maestro Giannetto De Rossi (storico artista italiano degli effetti speciali, da me apprezzato ultimamente in Alta Tensione ma responsabile anche di film come Quella villa accanto al cimitero, Zombi 2, C'era una volta il west e Non si deve profanare il sonno dei morti), e anche le musiche di Fabio Frizzi (holy moly!!) non sono male, adatte all'atmosfera ossessiva ed inquietante del film...
Resta da dire che non a caso questo film è stato recuperato e distribuito in USA dal mio Quentin, con il titolo The Beyond, a dimostrazione che Tarantino è un mitico pazzoide, che però ripesca dal mercato tutto ciò che è degno di avere aura cult... Ecco qui la locandina USA del film...
E ora parliamo un poco dei protagonisti......
Katherine MacColl, ovvero Catriona MacColl (questo il vero nome) è vecchia conoscenza fulciana ed horror. Nell'Aldila interpreta Lisa, ma questa splendida donna ha interpretato l'icona della mia infanzia, l'unica donna degna di tal nome... Lady Oscar, nell'omonimo, trashissimo film del 1979... Per Fulci ha poi lavorato in titoli come Quella villa accanto al cimitero, Paura nella città dei morti viventi, e ultimamente ha fatto una breve comparsata nel film Un'ottima annata (è bello vedere che le icone horror non smettono mai di lavorare...)
David Warbeck, che interpreta John, è purtroppo mancato nel 1997, e verrà ricordato (ahimé direi) come il padre del Ragazzo dal Kimono d'Oro, nemmeno quello con Ralph Macchio, poveraccio, ma nelle ciofeche seguenti, dal 5 al 7. Inoltre ha partecipato in un horror che mi mette ancora gli incubi di notte, ma non per la paura, per l'ammorbo... Black Cat, da evitar come la peste.
Cinzia Monreale, che nei credits risulta come Sarah Keller, oltre ad essere gloria genovese interpreta la misteriosa Emily. Ora è attiva per lo più in film per la TV, ma ha avuto il coraggio di far da protagonista all'insano Buio Omega di Joe D'Amato e la possiamo trovare anche ne La Sindrome di Stendhal.
Potrei concludere qui ma vorrei aggiugere altre due persone: una in quanto insospettabile interprete, l'altra per curiosità mia personale.....
Michele Mirabella, famoso conduttore di show quali Elisir, qui ha l'onore di partecipare alla scena più raccapricciante del film, e negli anni 80 ha partecipato a parecchi film, quali Bordella, Demoni 2, Fantozzi subisce ancora e Topo Galileo.
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Ecco Michele ieri... |
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E oggi... |
Per ultima vorrei citare l'inquietantissima bambina presente nel film, la rossa e bruttina Jill.... Interpretata da Maria Pia Marsala, dopo questo film ha partecipato a College e Bangkok sola andata... Di lei si son perse le tracce, quindi non saprei dire che fine ha fato la mefistofelica ragazzina.... Se qualcune ne sa qualcosa, contattatemi!!
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