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martedì 16 luglio 2024

Il Bollalmanacco On Demand: Phenomena (1985)

Torna il Bollamanacco on Demand con Phenomena, film richiesto da Arwen chissà quanto tempo fa. Mi spezza il cuore che Laura non possa più leggere né commentare le stupidate che scrivo su questo blog ma non smetterò mai di ringraziarla per tutti i film che mi ha spinto (e ancora mi spingerà, prossimamente) a vedere o riguardare. Nel piccolo della nostra comunità di blogger, non esisterà mai una cinefila appassionata come lei. 


Trama: Jennifer, figlia di un famoso attore americano, viene iscritta in un collegio svizzero. Nei pressi, un feroce serial killer fa scempio di ragazzine e Jennifer, per salvarsi dalle mire di costui, dovrà ricorrere al suo potere ESP, che le consente di comunicare con gli insetti...


Durante la visione di Abigail, il mio amico Ale ha dichiarato di avere apprezzato molto la citazione della "piscina di Phenomena", e io mi sono resa conto di non ricordare più una mazza di un film visto 30 anni fa e poi mai più. Ho quindi appreso con gioia che l'On Demand del mese era proprio Phenomena e, avendolo rivisto con Abigail ancora fresco in mente, posso confermare senza timore che il buon Ale aveva ragione, le piscine dei due film possono essere tranquillamente cugine, se non sorelle, e mi causano conati profondi allo stesso modo. Così non è invece per Phenomena, un'ottima pellicola del periodo in cui il nome Dario Argento era ancora una garanzia, benché forse si tratti di un'opera dallo stile inusuale rispetto al resto della sua filmografia. Phenomena è infatti una fiaba nera avente per protagonista una ragazzina col potere di comunicare con gli insetti e, se è vero che la vicenda la vede impegnata contro un serial killer, l'ambientazione e tutta una serie di altri elementi sono distanti da quelli dei violenti thriller del regista. Ci sono alcune caratteristiche che lo accomunano a Suspiria, come il fatto che la protagonista sia una ragazza costretta a frequentare una scuola in un paese straniero e che l'ambiente scolastico non sia proprio amichevole, ma in Suspiria il fulcro era proprio l'Accademia di danza e tutto ciò che essa nascondeva, qui invece il cuore della storia è Jennifer, una divinità (o un demone?) in miniatura che fin dal principio risulta essere un gradino sopra le sue coetanee. Jennifer è diversa dagli altri: bellissima, figlia di un attore famosissimo, ama gli insetti e loro la amano di rimando, al punto da aiutarla e difenderla quando la sua diversità la porta ad entrare in risonanza con la mente di un assassino. Jennifer è la principessa della fiaba, l'eroina se vogliamo, ma non è soltanto una bella figurina vuota. Diversamente da altre protagoniste argentiane, Jennifer gode di quel minimo approfondimento psicologico che ci fa capire come la solitudine derivante dall'avere un padre famoso e sempre impegnato sia ulteriormente accresciuta da un potere misterioso che la rende diversa dagli altri, e ciò consente allo spettatore di sviluppare maggiore empatia nei suoi confronti, cosa che rende l'orrore di cui è permeato il film ancora più efficace.


Se il sembiante di Jennifer e l'ambientazione svizzera con in suoi boschi da cui non si riesce ad uscire (per non parlare della casa della "strega" nel prefinale) evocano tantissimo l'idea di una fiaba nera, molte immagini e sequenze del film hanno connotazioni fortemente oniriche e le qualità di un incubo, come se la protagonista non le mettesse effettivamente a fuoco o fosse soverchiata dall'orrore degli avvenimenti. Tante cose che accadono nel film, infatti, non hanno una spiegazione logica, oppure vengono mostrate all'improvviso senza nessuna correlazione con ciò che è accaduto in precedenza, ma non lo ritengo un difetto, quanto piuttosto il frutto della volontà di creare un'opera potente ed evocativa, in grado di inquietare a prescindere dalla violenza che viene messa in scena quando il killer colpisce. Altri elementi che danno un tocco surreale al tutto sono il voice over del narratore quando Jennifer arriva a scuola (voce che non si sentirà più per il resto del film), la presenza di una scimmia "infermiera", il suono costante del vento, emblema di follia, e, soprattutto, la spettacolare colonna sonora dei Goblin (il tema portante del film è il fiore all'occhiello di Argento Vivo, CD acquistato in Australia e consumato a furia di ascoltarlo) intervallata da pezzi originali di Iron Maiden e altri gruppi "delicatissimi". Dulcis in fundo, c'è Jennifer Connelly. Io non so come sia possibile l'esistenza di un essere umano così bello, ma la Connelly, all'età di quattordici anni, aveva un volto perfetto e un magnetismo che le giovani attrici di oggi si sognano; più che altro, la cosa che stupisce, è che in Labyrinth sembra molto più "bambina", mentre sia  Sergio Leone che Dario Argento sono riusciti a tirarle fuori un'ombra di nobile alterigia nello sguardo e nell'espressione, un dettaglio che la rende adulta, quasi ultraterrena. E pensare che Argento poi ha fatto solo dei gran pasticci, soprattutto a livello di direzione degli attori. E' un vero peccato che abbia sparato tutte le ultime cartucce con Phenomena, ma da un certo punto di vista meno male, altrimenti non esisterebbe questo piccolo, originalissimo gioiello!


Del regista e co-sceneggiatore Dario Argento, che funge anche da narratore, ho già parlato QUI. Jennifer Connelly (Jennifer Corvino), Daria Nicolodi (Frau Brückner), Donald Pleasence (Professor John McGregor), Michele Soavi (Kurt, l'assistente di Geiger) li trovate invece ai rispettivi link.


Nel cast ci sono che Dalila Di Lazzaro nei panni della direttrice dell'istituto e Fiore Argento, che interpreta Vera Brandt. Nel 2001 era stato annunciato un sequel ma, siccome Dario Argento era sotto contratto con la Medusa, il progetto è sfumato. Ciò detto, se Phenomena vi fosse piaciuto recuperate Suspiria. ENJOY!

martedì 6 ottobre 2020

La chiesa (1989)

Prima di partire per le ferie ho guardato La chiesa, diretto e co-sceneggiato nel 1989 dal regista Michele Soavi.


Trama: all'interno di una chiesa in Germania viene rinvenuta una fossa comune sotterranea che, una volta spezzato il sigillo che la separava dall'edificio, diventa il veicolo per una proliferazione di demoni...



Al principio c'erano Dèmoni e Dèmoni 2... L'incubo continua. Poi nel mezzo è entrato a gamba tesa Carpenter col suo Il signore del male ed ecco che Soavi ha pensato bene di realizzare un mix tra le tre opere aggiungendo anche un po' di suggestioni gotiche italiane che non fanno mai male, tirando fuori un prodotto a mio avviso non bellissimo com'era nelle intenzioni del regista, deciso a non abbassarsi al gore tout court di Dèmoni e del suo seguito, ma comunque interessante. Tutto comincia con un prologo ambientato nel medioevo, durante il quale delle streghe (? Infedeli? Adoratori di Satana? Poveri sfigati di passaggio?) vengono uccise da un gruppo di cavalieri e poi sepolte in una fossa comune ricoperta di calce, le fondamenta sulle quali poi verrà costruita la chiesa del titolo per sigillare per sempre il Male. Neanche a dirlo, durante gli scavi e i lavori di restauro più raffazzonati del globo terracqueo viene rinvenuta una mappa che spinge il bibliotecario Evan ad infilare il naso negli affari del maligno causando un'epidemia di indemoniati bloccati dai meccanismi di "autoconservazione" della chiesa. Se già vi sembra assurda la trama così, dovete sapere che c'è anche l'idea di una reincarnazione che viene lasciata cadere senza un perché, un omaggio a Rosemary's Baby altrettanto improbabile, bambini che si limitano a correre per la chiesa e ridere nonostante dovrebbero, di logica, essere cattivissimi, e altre varie amenità condite anche da un umorismo spesso infilato a sproposito. Insomma, La chiesa è uno di quegli horror italiani durante i quali spesso vi ritroverete a chiedere "perché??" ma, ciò nonostante, è realizzato con uno stile visionario che spesso riesce a trasformare il "perché?" disperato in un "e perché no?" possibilista.


Sono molte, infatti, le sequenze in cui Soavi parrebbe dirigere un incubo più che un film, lasciando spesso da parte il gore (nonostante vi siano alcuni momenti per nulla adatti ai deboli di stomaco, in primis l'estrazione di un cuore a mani nude) per dedicarsi a immagini a loro modo poetiche, sicuramente assai suggestive, soffuse di luci e nebbie che rendono l'interno della chiesa una realtà a sé stante, allucinata ed imprevedibile. Tra cavalieri implacabili, scene di terrore puro ambientate nel medioevo, croci luminose che si spalancano su pavimenti di pietra, cavità disgustose dove potrebbe celarsi la qualsiasi, demoni che compaiono negli specchi per poi scomparire e altri diavolacci che abbracciano donne discinte, c'è l'imbarazzo della scelta e si arriva quasi a sorvolare sul fatto che dette donne discinte, Barbara Cupisti nella fattispecie, siano delle cagne maledette al cui confronto Corinna Negri è Jamie Lee Curtis. D'altronde, ne La chiesa la migliore del mucchio rischia di essere una Asia Argento versione teenager, quindi pensate come dev'essere il resto del cast, dove si salva giusto Hugh Quarshie nei panni del povero prete costretto a perdersi in rompicapi irrisolvibili, mentre Tomas Arana interpreta un personaggio già troppo odioso di suo per poter essere anche solo vagamente apprezzato. Nonostante tutto, comunque, non posso negare che La chiesa abbia il suo fascino perverso, sebbene probabilmente il film che ancora oggi ricordo dai trailer come terrificante e che all'età di 40 anni ancora non ho guardato dovrebbe essere La setta, sempre di Soavi, che a questi punti dovrò recuperare anche solo per dovere di completezza, finché sono in mood nostalgico estivo.


Del regista e co-sceneggiatore Michele Soavi, che interpreta anche uno dei poliziotti che vanno a casa di Lisa, ho già parlato QUI. Giovanni Lombardo Radice (Reverendo) e Asia Argento (Lotte) li trovate invece ai rispettivi link.

Hugh Quarshie interpreta Padre Gus. Ghanese, ha partecipato a film come Baby - Il segreto della leggenda perduta, Highlander - L'ultimo immortale, Cabal, Star Wars: Episodio I - La minaccia fantasma, Animali Fantastici: I crimini di Grindelwald e a serie quali Doctor Who. Anche regista, ha 66 anni.


Tomas Arana interpreta Evan. Americano, ha partecipato a film come Io e mia sorella, L'ultima tentazione di Cristo, Caccia a Ottobre Rosso, La setta, Ombre e nebbia, Guardia del corpo, L.A. Confidential, Il gladiatore, Pearl Harbor,  Limitless, Il cavaliere oscuro - Il ritorno, Guardiani della galassia, Incarnate: Non potrai nasconderti e a serie quali Walker Texas Ranger, E.R. Medici in prima linea, CSI: Miami, 24, CSI - Scena del crimine, Tutti pazzi per amore e The New Pope. Ha 65 anni e un film in uscita.


Barbara Cupisti interpreta Lisa. Nata a Viareggio, ha partecipato a film come Lo squartatore di New York, La chiave, Deliria, Opera, Le porte dell'inferno, Dellamorte Dellamore e Denti. Anche regista e sceneggiatrice, ha 58 anni.


Feodor Chaliapin Jr., che interpreta il vescovo, era stato Jorge ne Il nome della rosa oltre ad aver partecipato, ahilui, al Paganini di Kinski. Il film avrebbe dovuto essere il terzo capitolo della serie Dèmoni ma Soavi ha più volte sottolineato la non appartenenza de La chiesa alla saga. Detto ciò, e senza nulla togliere a Soavi, se La chiesa vi fosse piaciuto recuperate Dèmoni e Dèmoni 2... L'incubo ritorna. ENJOY!

mercoledì 17 giugno 2020

Bollalmanacco On Demand: Dèmoni (1985)

L'On Demand di oggi è tutto per Lucia che, nel tempo, è diventata la musa/madrina/quel che di bello volete del Bollalmanacco. La somma gore gore girl mi ha chiesto Dèmoni, diretto e co-sceneggiato nel 1985 dal regista Lamberto Bava. Il prossimo film On Demand sarà La casa di Helen. ENJOY!


Trama: all'interno di un cinema gli spettatori cominciano a trasformarsi in demoni, attaccando le persone e trasformandole in mostri.



Dèmoni è un film che avevo guardato decenni fa, quando mi ammazzavo di qualunque horror italiano becero su cui potessi mettere le mani. Sarà perché me ne avevano sempre parlato come di una roba truce e maledetta, sarà perché ai tempi avevo distrutto la cassetta X-Terror Files, contenente appunto il tema portante di Dèmoni (tra gli altri), ma a prescindere dal motivo rammento di aver spento la TV preda di un sottile diludendo e probabilmente avrò guardato anche Dèmoni 2... l'incubo ritorna ma non ne ricordo nemmeno un fotogramma. Quando qualche sera fa mi sono accinta a rivedere Dèmoni assieme al Bolluomo è stato quindi con la sufficienza di chi sta per propinare una sonora vaccata al fidanzato (il quale, ovviamente, ha concluso la visione non mandandomi a quel paese per mera cortesia, nemmeno per amore), invece, forse causa effetto nostalgia, gli ho voluto più bene di quanto avrei creduto. Sì, è un film recitato col culo, eh. La cumpa di drogati in botta da coca oltrepassa il concetto di imbarazzante e lo stesso vale per quella sorta di zoccolone brasilenji che è il primo a trasformarsi, il resto rientra nella media delle produzioni nostrane dell'epoca, rappezzate giusto col doppiaggio, ma onestamente sono arrivata a un'età in cui tutto questo conta poco se la base di partenza è fantasiosa e interessante. L'idea di un film nel film dove ciò che accade sullo schermo viene riproposto nella realtà può far sorridere oggi e persino risultare "prevedibile" ma immagino che all'epoca sarà stato il non plus ultra delle trame e comunque, ancora oggi, rovescia sullo spettatore un senso palpabile di claustrofobia, enfatizzato dalla struttura stessa del cinema, al cui interno, a un certo punto, parrebbe smettere di esistere qualunque legge architettonica o spaziale; sul finale, poi, accade qualcosa di talmente fuori dagli schemi (qualcosa, tra l'altro, che non ricordavo) da portare il cervello a sbarellare al grido di "ma perchéeee?" salvo poi pentirsi della sciocchezza della domanda nel momento esatto in cui Dèmoni vomita tutto il suo pessimismo cosmico in uno dei più bei finali della storia dell'horror.


Considerato che La casa 2, dove Ash cominciava a diventar personaggione, è uscito nel 1987, bisogna dire che Dèmoni a un certo punto precorre i tempi e trasforma il più insignificante dei personaggi in una creatura che è il trionfo della tamarreide visto il modo in cui brandisce katane sgasando con la moto sulle facce di demoni putrescenti; la sequenza in oggetto, per inciso, è l'unica che ha fomentato il Bolluomo, il quale tuttavia ha vilipeso Argento, Sacchetti, Bava e compagnia cominciando a ridere come se non ci fosse un domani. Ma, per la miseria, Dèmoni NON è un horror DI ridere! E' un horror bastardo, graziato dai bellissimi effetti speciali di Sergio Stivaletti, che in alcune sequenze onestamente mi ha dato non solo il voltastomaco ma mi ha costretta persino a girarmi dall'altra parte per il dolore che mi sembrava di sentire in bocca, un horror che non perdona nessuno (anche se, di base, non ci sarebbe nulla da farsi perdonare visto che i protagonisti sono tutti mediamente minchiette di buon cuore, salvo la stronza che cornifica il povero cieco) e mette angoscia anche grazie al suo ritmo serrato e all'ottimo utilizzo di una fotografia in grado di rendere comprensibili anche le scene più buie. La colonna sonora, poi, è tutta un programma, perché unisce le sonorità del tastierista dei Goblin, Claudio Simonetti, a pezzacci "cattivi" come Save Our Souls dei Mötley Crüe e Dynamite degli Scorpions, assieme ad altre melodie incredibilmente perfette per l'atmosfera di Dèmoni. Mi rendo conto che un film simile possa non essere sia la cup of tea di molti e purtroppo sulle varie piattaforme streaming è disponibile solo il sequel, ambientato in un condominio, ma è arrivata l'estate ed è giunto il momento degli horror zamarri, di cui Dèmoni è un perfetto esempio da recuperare!


Del regista e co-sceneggiatore Lamberto Bava ho già parlato QUI . Michele Soavi (l'uomo in nero e Jerry, uno dei protagonisti del film nel film) e Nicoletta Elmi (Ingrid, la maschera del cinema) li trovate invece ai rispettivi link.


Nei panni di Hannah c'è Fiore Argento, figlia del regista Dario . Il film ha un seguito ufficiale, Dèmoni 2... l'incubo ritorna (che in Germania è stato invece distribuito come il primo capitolo della serie), e uno apocrifo, Demoni 3. Ho visto il primo dei due e non ve lo consiglio, onestamente (anche se mi toccherà guardarlo per l'imminente Notte Horror Blogger Edition 2020), quindi non oso immaginare cosa possa essere Demoni 3. ENJOY!

venerdì 4 gennaio 2019

La Befana vien di notte (2018)

L'ultimo film visto nel 2018 è stato La Befana vien di notte, diretto dal regista Michele Soavi.


Trama: La maestra Paola nasconde un segreto: dopo mezzanotte, si trasforma nella Befana. Quando un bieco produttore di giocattoli decide di rapirla per sostituirsi a lei, un gruppetto di bambini si mette in viaggio per salvarla.



Mi ero fatta attirare dal trailer de La Befana vien di notte grazie a due nomi, quello di Stefano Fresi tra gli interpreti e quello di Michele Soavi alla regia, che si univano al piacere di vedere, per una volta, un film italiano confinante nel fantastico, nella favola con radici popolari. Purtroppo, come spesso accade La Befana vien di notte, pur non essendo completamente da buttare, risente dei soliti problemi del 90% dei film italiani che escono in sala: ha una trama risibile, abbondanza di momenti WTF e, al solito, una pessima recitazione. Ma partiamo dagli aspetti positivi. La Befana vien di notte è il simpatico tentativo di creare una favola "festiva" tutta italiana e basata su una figura del folklore nostrano assai simile a Babbo Natale ma molto più povera: vecchia, brutta, con le scarpe tutte rotte e il vestito alla romana, la Befana è molto meno chic del ciccione rosso e molto più vicina all'idea di strega cattiva che di fatina buona portadoni ma è comunque una figura ancora importante per tutti i bambini italiani, che ogni 6 gennaio appendono calze che la vegliarda riempirà di dolcetti, carbone o un mix di entrambe le cose. Il film si basa su un concetto divertente, ovvero l'idea che la Befana di giorno sia una bella insegnante delle scuole elementari, persino fidanzata, e che passi invece le notti a prepararsi per il fatidico 6 gennaio, organizzandosi tra elenchi, acquisti, pacchetti e quant'altro. Questa vita movimentata e già di per sé non facile viene ulteriormente complicata dal desiderio di vendetta di un produttore di giocattoli, villain sopra le righe, infantile ma malvagio, interpretato magistralmente dal bravo Stefano Fresi: il suo rapimento della Befana spinge un gruppetto di bambini (novelli Goonies, poi ci torniamo) a mettersi in viaggio per salvare la vegliarda, un'esperienza non priva di pericoli che ovviamente arriverà a migliorare il carattere del bambino cattivo di turno e a cementare i rapporti tra quelli più "buoni". La storia, insomma, è tutta qui. Purtroppo la maggior parte del film è imperniata sulla spedizione dei ragazzini, che pesa come un macigno accompagnata da una canzoncina inascoltabile, quando invece il bello de La Befana vien di notte è un secondo tempo più concitato, dove abbondano atmosfere misteriose e un po' più horror lasciate nelle mani capaci di Michele Soavi, sempre a suo agio negli ambienti tetri e gotici (alcune scene sono davvero belle ed emozionanti, come quella della pressa o quella del rogo, per non parlare della bellezza del rifugio sotterraneo della Befana), e dell'ambigua figura di un cacciatore senza scrupoli. Ahimé, anche in questo caso i realizzatori si sono impegnati a buttare il tutto in caciara ed ecco che finiscono gli aspetti positivi del film. Cominciamo ora con le dolenti note.


La Befana vien di notte è la "risposta" italiana a I Goonies ma senza una minima pretesa di realismo e soprattutto senza la voglia di andare oltre un mero scimmiottamento del genere. E' vero, di realismo non si può parlare in un film dove una vecchia volante porta doni di notte ma se negli anni '80 i realizzatori de I Goonies si erano comunque impegnati a rendere verosimile un viaggio in bicicletta verso un luogo raggiungibile in un paio d'ore qui parliamo di bambini che, nelle innevate strade del Trentino, inforcano le bici per raggiungere un rifugio in cima a una montagna e ci mettono un giorno e una notte, trovando anche il tempo di costruire una "nave-slitta" (ovviamente grazie all'ingegno di un novello Data, dai tratti orientali anche lui) e di essere molto ma molto più veloci di un Hammer. Del tizio travestito da dinosauro non mi sento di parlare, quello è stato la goccia che ha fatto traboccare un vaso già colmo di orripilanti droni volanti, il nadir di un comparto effetti speciali altrimenti valido. Non così per gli attori, ahimé. Io mi domando perché serie come Stranger Things o la nostrana L'amica geniale vantino un comparto di giovani "promesse" che offrono allo spettatore l'illusione di avere davanti stralci di vita reale, mentre ne La Befana vien di notte i ragazzini protagonisti sembrano leggere il testo inverosimile di una recita di Natale; non è solo il fatto che recitano male (la mocciosetta bionda e il cretinetto cattivo vincono la palma d'oro della mediocrità) ma i dialoghi stessi stonano in bocca a dei bambini. Cioé, questi dovrebbero fare la quinta elementare e parlano o come libri stampati oppure disquisiscono di baci con la lingua mentre spiano le coetanee col reggiseno sciorinando dialoghi che nemmeno Jerry Calà ai bei tempi andati? Che orrore. E mi dispiace dirlo ma l'altro neo è la pur brava Paola Cortellesi la quale, a differenza di uno Stefano Fresi molto naturale, recita in maniera impostata, come se fosse sul palcoscenico di un teatro invece che in un film, soprattutto durante i momenti più "drammatici": guardare la Befana implorare per la propria vita e farsi venire in mente gli sketch di Magica Trippy non è proprio la cosa ideale mentre ci si trova davanti a una situazione potenzialmente pericolosa. Quindi, anche stavolta, la possibilità di avere qualcosa di fresco e nuovo come un Tito e gli alieni è sfumata lasciando solo un grande amaro in bocca e la speranza (vana, lo so) che Soavi torni a fare un bell'horror come si deve, lasciando stare la TV e i filmetti per bambini.


Del regista Michele Soavi ho già parlato QUI mentre Stefano Fresi, che interpreta Mr. Johnny, lo trovate QUA.

Paola Cortellesi interpreta Paola e la Befana. Nata a Roma, la ricordo per film come Chiedimi se sono felice, Natale a Casa Deejay, Tu la conosci Claudia?, Nessuno mi può giudicare e Come un gatto in tangenziale. Anche sceneggiatrice e cantante, ha 45 anni e un film in uscita.


Se La Befana vien di notte vi fosse piaciuto recuperate I Goonies, E.T. L'extraterrestre e persino Scuola di mostri, poi ne riparliamo. ENJOY!




mercoledì 11 dicembre 2013

Alien 2 sulla Terra (1980)

... Ora può colpire anche te. 
(Mabbaffangulo)

Il mio potente desiderio di farmi male e scandagliare la filmografia più trash del Belpaese non conosce confini, pare. Incurante di tutto, in questi giorni mi sono infatti impelagata nella visione del terribile Alien 2 sulla Terra, diretto nel 1980 dal regista Ciro Ippolito.


Trama: due astronauti rientrano sulla Terra dopo una spedizione spaziale ma, quando il loro modulo ammara, dei due non vi è traccia. Nel frattempo, cominciano a spuntare in giro per l’America degli strani sassi blu, uno dei quali viene trasportato a mo’ di souvenir all’interno di un complesso di caverne da un gruppo di speleologi amatoriali che, neanche a dirlo, si ritroveranno così braccati dall’Alien del titolo… 


Di solito, quando mi procuro simili amenità italiane è perché mi aspetto di passare una serata all’insegna del WTF più sfrenato, ridendo a crepapelle per dialoghi osceni, effetti speciali da cartoleria, teorie strampalate e recitazione cinofila, oppure di ripescare qualche perla sottovalutata ma in grado (come fece all’epoca L’aldilà di Fulci) di risvegliare il mio strano e malato apprezzamento. Purtroppo, con Alien 2 sulla Terra non è successo nulla di tutto questo perché il film in questione è una delle cose più noiose, camurriose e stupide mai girate da mano umana, figurarsi aliena. Sulla carta, l’idea di realizzare uno spin-off di Alien all’interno di una grotta non sarebbe nemmeno stata male, ma questa versione più “splatter” e pecoreccia del capolavoro di Ridley Scott riesce a prendere le ambientazioni claustrofobiche e il ritmo teso dell’originale e a trasformarle, rispettivamente, in un lento, devastante documentario sulle stalattiti e in una sequenza ininterrotta di scene buie e inquadrature sconclusionate, tra l’altro sottolineate da un orrendo score creato alla bisogna da degli Oliver Onions ancora ben lontani dai fasti che avrebbero raggiunto con i film di Bud Spencer e Terence Hill.


Purtroppo, questo trionfo di noia ed incapacità registica (addirittura a un certo punto si vede l'interno dell'abitacolo della vettura da cui viene ripresa una scena, 'nuff said!) non viene reso esilarante nemmeno da quelle poche perle di idiozia che di tanto in tanto affiorano nel corso della visione, ma proviamo lo stesso ad elencarne qualcuna. Innanzitutto non si capisce come mai gli astronauti spargano pietre aliene per tutto il creato durante il rientro sulla Terra visto che, a rigor di logica, un simile evento dovrebbe perlomeno coincidere con una pioggia di meteoriti, per quanto piccoli. E invece, cielo sereno ma trippa come se non ci fosse un domani. Sì perché, guardando il film, mi sono chiesta cosa diavolo fosse quest'alieno che non si vede quasi mai, sepolto all'interno di facce mangiate e teste mozzate; lì per lì mi sembravano pomodori spellati, invece ho sbagliato ingrediente e anche Wikipedia mi conferma che, nel finale, la soggettiva dell'alieno è stata ricreata avvolgendo la lente della telecamera nella trippa. Se questo ancora non vi fa ridere sappiate che la protagonista è una telepate talmente abile che riesce a capire dove sono gli alieni soltanto quando le loro zanne sono ad un centimetro dalla gola dei suoi compagni, oppure quando se li trova davanti. Grazie signò, utilissima, eh! A queste prodezze degne di una novella Jean Grey si aggiungono uno speleologo scrittore che trova ispirazione battendo a macchina all'interno delle grotte con la sola illuminazione di una candela, un'interminabile partita a bowling che fa il paio con la briscola de Il fantasma di Sodoma e un finale talmente imbarazzante che c'è da averne pietà. Se non si fosse ancora capito, Alien 2 sulla terra è brutto persino per i soliti canoni del cinema di serie Z nostrano. Evitatelo come la peste!


Di Michele Soavi, che interpreta Burt, ho già parlato qui.

Ciro Ippolito (col nome di Sam Cromwell) è il regista e sceneggiatore della pellicola, inoltre compare anche nei panni del regista della trasmissione televisiva che si vede all'inizio della pellicola. Napoletano, ha diretto, tra gli altri film a me sconosciuti, un altro "capolavoro" del trash come Arrapaho. Anche produttore e attore, ha 65 anni.


Su Imdb viene citato dietro la macchina da presa, oltre a Ciro Ippolito, anche Biagio Proietti; la verità è che il futuro sceneggiatore di Black Cat ha giustamente abbandonato il progetto dopo una settimana e Ippolito, su consiglio di Mario Bava, ha deciso di girare il film di persona. Per la cronaca, questa curiosità sono riuscita a reperirla nel già citato articolo di Wikipedia, che tra l'altro elenca aneddoti molto più divertenti della pellicola (la storia di Ippolito e compagnia che, dopo aver ingannato i produttori esteri, sono andati a scoppiarsi i soldi in zoccole e alberghi di lusso rimanendo quindi con tre lire per girare il film è solo un esempio di quello che potrete trovare nel link!) e che quindi vi invito a leggere! Detto questo, se Alien 2 sulla Terra vi fosse piaciuto, innanzitutto pentitevi e poi recuperate il vero Alien o The Descent, che, in maniera assai ipocrita, è stato citato per plagio dallo stesso Ippolito. ENJOY!

Il post è stato pubblicato anche su Dikotomiko, con il quale è cominciata una collaborazione di reciproco scambio :)

mercoledì 25 gennaio 2012

Paura nella città dei morti viventi (1980)

Era un po’ che non parlavo del divino Fulci, ma rimedio subito visto che in questi giorni sono riuscita a guardare Paura nella città dei morti viventi, da lui diretto nel 1980.


Trama: nella cittadina di Dunwich un prete si impicca, causando così l’apertura di una delle porte dell’Inferno. Una medium ha una visione dell’accaduto e decide così di impedire che il male si riversi sulla terra…


Come si può non amare Fulci? Semplice, basta avere dieci anni di meno e guardare i suoi film con amici che ridono per ogni inezia e la mente ancora piena di ammereganate. Sì perché questo Paura nella città dei morti viventi avevo già avuto modo di guardarlo ma, come potrete immaginare, mi aveva fatto poco meno che schifo. Riguardandolo ora, sola soletta, a mente fresca come si suol dire, mi sono lasciata prendere dall’atmosfera e mi sono goduta quello che altro non è se non il fratellino minore del mio film fulciano preferito, il bellissimo E tu vivrai nel terrore… l’aldilà. Le similitudini infatti sono tantissime (d’altronde entrambe le sceneggiature sono state scritte da Dardano Sacchetti), a partire dalla protagonista Catriona McCall, ma ci sono anche parecchie imperfezioni ed ingenuità che mancano ne L’aldilà, come se Paura nella città dei morti viventi fosse una sorta di embrione, di esperimento, la nota iniziale della sinfonia del terrore che il regista avrebbe espresso nella sua Trilogia della morte.


In entrambi i film il male viene scatenato su un’intera comunità dal gesto di un singolo e la sua natura non è mai ben definita, nonostante esista un libro che ne parla (il libro di Eibon ne L’aldilà, il libro di Enoch in Paura nella città dei morti viventi, anche i nomi sono simili). Sono dei morti viventi quelli che attaccano i cittadini, ma talvolta essi sono intangibili e perfidi come fantasmi, altre famelici e solidi come veri e propri zombi romeriani, ma in ogni caso hanno poteri sovrannaturali che mancano ai loro cugini americani, come quello di fare sputare ad un essere umano le sue stesse viscere oppure quello di teleportarsi da un posto all’altro. I protagonisti non sono eroi o persone dotate di chissà quali conoscenze ed intelletto superiori, anzi: la maggior parte delle volte fanno delle figure barbine quando non vengono trucidati nei modi peggiori e, a prescindere dal fatto che riescano o meno a risolvere il mistero, il male troverà sempre il modo di vincere e condannarli per l’eternità quando meno se lo aspettano. Nemmeno i bambini trovano scampo da questi inferni scatenati da Fulci e rischiano di diventare i peggiori veicoli delle forze maligne, ingannando spettatori e protagonisti con le loro faccine innocenti e le lacrimucce da novelli orfani, mentre il buon Fabio Frizzi sottolinea ogni momento clou con le sue adattissime e particolari musiche (la colonna sonora de L’aldilà è insuperabile, ma anche quella di Paura nella città dei morti viventi è molto bella).


Certo, la trama è sicuramente da mani nei capelli così come la recitazione di buona parte dei coinvolti, per non parlare degli effetti speciali. Eppure, conoscendo l’entusiasmo e i mezzi con cui Lucio e i suoi collaboratori realizzavano i film bisognerebbe chinare il capo e vergognarsi di storcere il naso. Infatti sono l’amore per il cinema e la voglia di scioccare il pubblico italiano ancora “vergine” a trasparire da ogni singolo fotogramma. Poco importa, quindi, che il primo cadavere ritrovato somigli ad un ammasso di cavoli scotti, che il giornalista decida di liberare dalla bara la povera medium (peraltro sepolta viva dopo essere stata imbalsamata, ma come minchia è possibile?!) utilizzando un piccone a rischio di infilarle la punta nel cranio, che i morti viventi a volte decidano di non uccidere le persone, scomparendo appena loro chiudono gli occhi, che un rispettabile padre di famiglia decida d’amblé di fare fuori il pervertito del villaggio trapanandogli la testa, che Dunwich sembri popolata da scimmie urlatrici che ogni tanto emettono il loro verso nascoste sugli alberi manco fossimo in una giungla, che la scritta in inglese sulla tomba, durante i titoli di testa, non rispecchi assolutamente la traduzione italiana e si concluda con il nome della cittadina a mo’ di firma ("L'anima che anela all'eternità deve sottrarsi al giogo della morte. Tu, o viandante alle soglie delle tenebre, vieni. Dunwich" Concorderete con me che ha del surreale).


Tutto questo non importa, dicevo, perché concorre a rendere particolare il film, assieme agli efficacissimi primi piani degli occhi di Catriona McCall, a quelle prolungate attese che alimentano l’ansia ed anticipano il momento shock, alle mani degli zombi che strizzano la nuca delle loro vittime fino a fare uscire i cervelli dal cranio, alla pioggia di vermi (veri, signore Iddio, palesemente veri!!) lanciata senza scrupolo sui poveri attori schifati ed urlanti, allo sguardo allucinato di un satanico prete, preludio di una delle scene più gore della storia del cinema, omaggiata persino in uno degli albi migliori di Dylan Dog, Golconda. E poi, quel meraviglioso, ambiguo finale dove, proprio quando pensavamo ad un happy ending, esplodono delle urla raccapriccianti che mandano tutto in pezzi, persino l’inquadratura. Tutto questo è Paura nella città dei morti viventi. Tutto questo è Fulci. E, come dicono negli USA, come dovremmo dire più spesso noi… Fulci Lives. Fulci vive.


Del regista Lucio Fulci (che compare anche nei panni del Dr. Thompson) ho già parlato qui, mentre di Catriona MacColl, che interpreta Mary, ho già parlato qua. Christopher George, che interpreta Peter, lo trovate invece qui.

Carlo De Mejo interpreta Gerry. Romano, figlio della grande attrice Alida Valli, ha partecipato a film come Quella villa accanto al cimitero e Manhattan Baby. Ha 67 anni.


Antonella Interlenghi interpreta Emily. Romana, ha partecipato a film come Vacanze di Natale, Vacanze in America e Matrimonio con vizietto. Ha 52 anni.


Giovanni Lombardo Radice interpreta l'ambiguo Bob. Romano, ha partecipato a film come Apocalisse domani, Cannibal Ferox, Deliria, La chiesa, La setta, Ricky e Barabba, Gangs of New York e Omen - Il presagio, oltre ad un episodio della serie Don Matteo. Anche sceneggiatore, ha 57 anni e cinque film in uscita, tra cui il seguito del cult anni '80 La casa sperduta nel parco, sempre diretto da Ruggero Deodato e una roba chiamata Mondo Holocausto!, che dal titolo parrebbe un revival dei mondo movies. Ovviamente entrambi i progetti sono appena entrati in pre-produzione, quindi campa cavallo.


Luca Venantini interpreta il piccolo John-John. Nato a New York ma di origini italiane (il padre è Venantino Venantini, anche lui tra i partecipanti al film) lo ricordo per pellicole come Apocalisse domani, Superfantagenio, Fantaghirò 5 (ebbene sì, c'era anche lui un po' più cresciutello!!) e per la serie Classe di ferro. Ha 42 anni.


Michele Soavi interpreta Tommy. Milanese, più conosciuto come regista che come attore, ha partecipato a film come Tenebre, Phenomena, Dèmoni, Opera, Il gatto nero, Deliria, La chiesa, La setta e Dellamorte Dellamore (questi ultimi quattro film li ha diretti lui). Anche sceneggiatore e produttore, ha 55 anni.


Venantino Venantini (vero nome Enrico Venantino Venantini) interpreta Mr. Ross. Originario di Fabriano, ha partecipato a film come Il vizietto, Piedone d'Egitto, Apocalisse domani, Cannibal Ferox, lo splendido Ladyhawke, Superfantagenio e alle serie I ragazzi della 3 C, Classe di ferro, I ragazzi del muretto, Un medico in famiglia, Il maresciallo Rocca e I Cesaroni. Ha 82 anni.


Se il film vi fosse piaciuto suggerisco di recuperare le altre due pellicole che compongono la cosiddetta “trilogia della morte” fulciana, di cui fa parte anche questo Paura nella città dei morti viventi: L’aldilà e Quella villa accanto al cimitero. Anche guardare Zombi 2 e la trilogia de La casa di Raimi non sarebbe una brutta idea.

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