mercoledì 25 febbraio 2015

Due giorni, una notte (2014)

Il progetto Road to the Oscars continua e oggi tocca a Due giorni, una notte (Deux Jours, Une Nuit), diretto e sceneggiato nel 2014 da Jean-Pierre e Luc Dardenne e candidato a un premio Oscar per l’interpretazione di Marion Cotillard come miglior attrice protagonista.


Trama: dopo un periodo di malattia, l’operaia Sandra torna al lavoro solo per scoprire che i suoi colleghi, fomentati e minacciati dal capo reparto, hanno votato per farla licenziare e prendere in cambio un bonus di 1.000 euro. La donna, grazie all’interesse di un’amica, riesce ad ottenere una seconda votazione anonima ma ha solo due giorni e una notte per convincere gli altri operai a rinunciare al bonus, consentendole così mantenere il posto di lavoro…


Nonostante abbia guardato, finora, solo Rosetta e Due giorni, una notte, il cinema dei Dardenne  mi mette più ansia di quanto farebbe un horror. I due autori belgi sono maestri nel portare sullo schermo le brutture della vita quotidiana e la terribile, fin troppo reale condizione di chi vorrebbe a tutti i costi lavorare ma non riesce perché nella società (in senso stretto e lato) “non c’è posto”. Rosetta e Due giorni, una notte mi hanno terrorizzata perché raccontano storie di donne “normali”, volenterose, capaci ed oneste che si ritrovano a venire letteralmente scartate, costrette a  buttare via l’orgoglio per ottenere quello che dovrebbe essere un sacrosanto diritto di tutti e piegate da un mondo spietato che si regge unicamente sulle leggi del profitto e dell’egoismo, dove le guerre tra poveri sono all’ordine del giorno. Quello che succede a Sandra è scandaloso ma anche troppo familiare; in un sistema che porta le persone all’esasperazione e non accetta chi soccombe per fragilità, soprattutto se si parla di donne, non esiste che qualcuno si ammali “di depressione” ed è quindi giusto che chi ha osato tanto venga punito. La depressione, come vi dirà il 90% dei capoccia che posseggono il mondo, non esiste, è una scusa per non lavorare, per farsi compatire o, ancora peggio, per ottenere dei privilegi sulle spalle dei colleghi: in Due giorni, una notte i capi di Sandra fanno leva proprio su quest’ultimo punto per convincere gli operai a diventare gli esecutori materiali del licenziamento, illudendoli di avere potere decisionale quando in realtà questi poveracci sono solo marionette influenzate dalla promessa di un bonus. Un bonus che serve, per carità, perché viviamo in tempi difficili dove persino 1.000 euro in più al mese significano tutto, soprattutto per chi ha famiglia ed è precario o immigrato, ma che viene comunque ottenuto in maniera infame.


E' questa la cosa terribile di Due giorni, una notte. Come spettatori, ovviamente, ci ritroviamo a parteggiare per la bravissima Marion Cotillard, qui talmente dimessa da risultare quasi irriconoscibile, incrociamo le dita affinché il secondo voto vada interamente a suo vantaggio e malediciamo chiunque rifiuti di aiutarla... tuttavia bisogna mettersi anche nei panni dei suoi colleghi e porsi una domanda terribile: io avrei il coraggio di rifiutare mille euro per aiutarla? Avrei il coraggio di condannarmi a dover cercare un altro lavoro appena finito il contratto perché non me lo rinnoverebbero? Un paio di "interpellati" sarebbero da mandare al diavolo subito perché palesemente benestanti ma pensiamo anche a quei due o tre poveracci che contano sul bonus per dare da mangiare al figlio appena nato oppure hanno un contratto a tempo determinato e sanno che un loro eventuale voto a favore di Sandra farebbe diventare un miraggio la possibilità di avere un lavoro fisso e rispondiamo sinceramente alla domanda di cui sopra. Io, in tutta onestà, se Sandra non fosse mia amica (e lei in ditta amici ne ha davvero pochi) ci penserei su e la mia risposta non sarebbe affatto scontata. D'altra parte è anche ingusto che Sandra sia costretta ad umiliarsi e pregare in ginocchio i suoi colleghi di "risparmiarla" e non solo perché costringerli a scegliere è un'esperienza terribile, sfiancante e degradante ma anche perché la donna non avrebbe più vita nel caso il voto decretasse la sua vittoria, le persone la odierebbero per quei maledetti mille euro perduti e lei lo sa bene. Testimoniare al dibattito interiore della protagonista, sempre più depressa e scoraggiata, costretta a vergognarsi anche davanti ad una risposta positiva o una parola gentile, è a dir poco straziante ma è anche peggio sapere che certe situazioni esistono e possono capitare a chiunque. Per questo film come Due giorni, sette notti sono necessari e meriterebbero di essere visti dal maggior numero di persone possibile, senza relegarli ai cinema d'essai.


Dei registi e sceneggiatori Jean-Pierre e Luc Dardenne ho già parlato QUI mentre Marion Cotillard, che interpreta Sandra, la trovate QUA.

Fabrizio Rongione interpreta Manu. Belga, ha partecipato a film come Rosetta e Diaz - Don't Clean Up This Blood. Anche sceneggiatore e produttore, ha 41 anni.


Se Due giorni, una notte vi fosse piaciuto recuperate il plurinominato Rosetta. ENJOY!

16 commenti:

  1. Gran film sì, tra i migliori del 2014 per me. Mi fa molto piacere che ne parli. Grande l'inerpretazione della Cotillard. Il film mette molto bene il luce la ricattabilità dell'uomo moderno, messo alle strette da un sitema infame. Una situazione limite, sempre meno limite, purtroppo. E poi sì, c'è anche la questione di genere, come hai sentito bene tu. Un film da vedere, che però, anche se duro, ti lascia molta forza dentro. Alla fine lei intravede una strada, non facile,ma da seguire....

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    1. Eh, un po' in ritardo ma certi film riesco poi a vederli :)
      Ti dirò, non so se a me ha lasciato molta forza, pessimista come sono. Nonostante il suo coraggio, non ho previsto un futuro roseo per la protagonista, non so se me spiego. Però sono contenta che sia rimasta integra fino alla fine, rifiutando di lasciarsi piegare dal sistema!!

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  2. secondo me i Dardenne si stanno avvicinando sempre più al mainstream ( è la prima volta che hanno una superstar come protagonista) e stanno sempre più perdendo la carica dirompente del loro cinema...

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    1. Come ho detto, io non sono un'esperta, anzi, visto che sono solo al secondo loro film che vedo. Tuttavia il senso di oppressione ed angoscia che ho provato mi è sembrato proprio lo stesso :)

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  3. A mio parere questo è un film enorme. Sì, ovviamente è strutturato per un pubblico meno di nicchia rispetto al cinema da guerriglia d'autore degli esordi dei Dardenne, ma rimane sempre un gran pezzo di cinema (i piani sequenza a ogni richiesta di Sandra) e soprattutto parla di una cosa che è andata del tutto perduta, nella nostra società: la costruzione di una rete solidale, tra esseri umani, che è l'unica arma a nostra disposizione contro il turbocapitalismo.

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    1. Ecco, io i tecnicismi li ho persi, per il semplice fatto che ero talmente presa dalla vicenda da non accorgermi praticamente di tutto il resto. Comunque sposo in toto il tuo pensiero, soprattutto finale :)

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  4. continua a mancarmi, purtroppo, ma recupererò presto. e tu recupera il resto della filmografia dei Dardenne!!!

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  5. l'ho visto al cinema quando è uscito, e mi ha appassionata.
    l'interpretazione della Cotillard è magistrale, sebbene sia dell'opinione non abbia giustamente meritato l'oscar per essa

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    1. Io credo che la vittoria avrebbe dovuto andare alla Pike, senza sé e senza ma, però la Cotillard è stata bravissima!

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  6. Unico film dei fratelli Dardenne che ho visto fin'ora e mi è piaciuto un mondo.
    Commuove, e sinceramente, per le cose belle e per quelle brutte. Da brividi.
    E poi il finale? Solo i francesi sanno lasciarti con un non lieto fine, ma sempre con il sorriso. Nonostante il tema tremendo, l'ho trovato lieve e delicatissimo. La Cotillard è magistrale, al solito. :)

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    1. Allora ti piacerà un mucchio anche Rosetta anche se lì di sorrisi non ce n'è nemmeno l'ombra!

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  7. Per quanto la tematica sia da horror, l'ho trovata una visione a suo modo parecchio positiva.
    Più che ansia, mi ha lasciato con la speranza addosso, e non è una cosa che mi capita con molti film.

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    1. Davvero? Allora sono proprio io pessimista di natura perché la speranza finale della Cotillard è talmente flebile che mi ha intristita anziché rallegrarmi :D

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  8. Una pellicola che mi ha colpito maggiormente sul livello umano che su quello filmico ma, nonostante le pecche, assolutamente necessaria in periodi come questo. E mi fa piacere che fra i colleghi di Sandra, gli unici a dir subito di sì, siano gli immigrati, perché consci di cosa sia la sofferenza. Gran film, a suo modo!

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    1. Gran film sì! Come ho detto, io non ho colto né i pregi né i difetti "tecnici", tanto ero presa dalla storia :D

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