martedì 28 novembre 2017

Detroit (2017)

Nonostante la distribuzione scarsa è arrivato miracolosamente a Savona Detroit, l'ultimo film della regista Kathryn Bigelow. Visto il bene che ne diceva Alessandra non potevo assolutamente lasciarmelo scappare e ora mi ritrovo a non sapere cosa scrivere di uno dei film più belli dell'anno.


Trama: Nel luglio del 1967 le tensioni razziali a Detroit hanno ormai dato origine a violenza, incendi, razzie e persino omicidi, al punto che persino l'esercito è dovuto scendere in campo. In questo clima di follia e terrore, un gruppo di persone viene bloccato dalla polizia all'interno del Motel Algiers, dove si consuma uno degli episodi più neri della storia americana...



Mettiamo subito le carte in tavola. Non ho la competenza tecnica né le conoscenze necessarie a parlare come si deve di un film come Detroit (Ce le ha Lucia però e vi invito a leggere il suo post QUI, su Il Giorno degli Zombi). Non mi sento in grado di spiegare perché mi è sembrato che Kathryn Bigelow "dirigesse come un uomo", come se le registe donne dovessero per forza di cose essere dei fiori delicati capaci solo di realizzare film da salotti per bene, eppure mi sono ritrovata spesso a pensare "Cristo, questa donna ha le palle". Ha le palle e la facoltà di annullare il gender, se mi si passa il termine ormai stra-abusato, e anche il genere, ché Detroit è una di quelle pellicole impossibili da etichettare: dramma storico è una definizione troppo restrittiva, visto che la Bigelow fin dall'inizio si inoltra nei territori del war movie, del documentario, del torture porn, dell'horror, persino del legal drama, in una chiosa finale talmente asciutta e definitiva da avere lo stesso effetto di un pugnale conficcato nel petto dello spettatore già abbastanza provato. La Bigelow è una donna che non ha paura di prendere la cinepresa, anzi, più cineprese, ed entrare nel cuore dell'azione, creando tensione anche solo inquadrando un gesto, uno sguardo, una strada vuota che a poco a poco si riempie di gente incazzata, una mano che scende a palpeggiare annullando in un momento tutta la dignità di una persona; è una donna capace di gestire al meglio sia le scene corali sia quelle individuali, la bellezza di un paio di numeri musicali assolutamente necessari così come il crudo orrore di una pistola puntata alla tempia per scherzo, l'allegria di una serata come tante e la tensione costante appena fuori da un'oasi apparentemente felice. Ecco, la tensione. Detroit è impastato di tensione, è una bomba pronta ad esplodere sempre, anche nei momenti apparentemente più tranquilli, è un film che dura quasi tre ore eppure fila via liscio come se fossero solo una. Non che alla fine lo spettatore non le senta tutte, anzi. Proprio per questo costante clima di terrore e paranoia presente in ogni singola scena, Detroit annichilisce chi ha il coraggio di affrontarlo con un terrificante "effetto Diaz" di cui in molti, sicuramente, avranno già parlato, eppure secondo me la Bigelow riesce ad andare ancora oltre Vicari e non solo per quel che riguarda la pura tecnica. Laddove Diaz raccontava un incubo vicino nel tempo e nei luoghi, quindi "fresco" e comprensibile da chiunque avesse un minimo di sensibilità umana (ciò non vale per te, povero coglione, che hai urlato "dovevano dargliene di più"), Detroit presuppone uno sforzo ulteriore a cui va incontro giusto un minimo d'introduzione necessaria a fare capire come negli anni '60 la città che da il titolo al film fosse una zona di guerra fatta e finita.


Kathryn Bigelow, donna, bianca, classe 1951, annulla tempo e differenze di razza e classe sociale per raccontare un dramma universale concretizzato in un eclatante, vergognoso episodio di violenza, razzismo e paranoia che assurge a simbolo di un disagio ben più grande e diffuso. Non segna un solco per terra, dividendo buoni da cattivi (ché la stupidità ed arroganza di molte delle "vittime" è palese, così come la necessità di un controllo militare all'interno di una situazione incontrollabile e il ricorso all'uso della violenza "istintiva" da persone poste sotto un regime di stress continuo terrorizzate per la propria vita) ma con poche sequenze ci introduce nelle vite di tutti i coinvolti, tratteggiando psicologie e situazioni personali senza incappare nel dramma tout court o nel didascalismo a tutti i costi; anzi, la sequenza iniziale, a onor del vero, è anche illusoria in quanto da ad intendere allo spettatore ignorante una risoluzione positiva della vicenda, un vento di cambiamento che in realtà non è mai arrivato, non per quelle persone almeno. E così, io spettatrice donna, bianca, classe 1981, sono finita a ritrovarmi nei panni di un manipolo di ragazzi di colore colpevoli solo, come ho detto sopra, di essere giovani e stupidi, di un omone colpevole solo di voler la pace a tutti i costi pur essendo in una situazione di palese svantaggio e di due ragazze convinte di vivere un'epoca di libertà anche sessuale e che invece si sono trovate davanti dei burini sadici; mi sono sentita impotente davanti a chi impugna una pistola e ha un distintivo, impotente come chi viene trattato come un criminale e sfidato a compiere gesti da criminale perché "negro", ché tanto prima o poi verrò beccato in flagranza di reato quindi tanto vale farlo subito. Ho subito lo schifo di umiliazioni verbali e corporali, ho desiderato lasciare la sala per non vedere e l'immedesimazione è aumentata ancora di più perché mi muoveva lo stesso desiderio di quei poveri cristi messi al muro, ho sperimentato l'orrore definitivo di non veder riconosciuta giustizia in quanto davanti a me non c'erano "miei pari" ma semplicemente un branco di bifolchi razzisti (che porco schifo spero guardino il film e si vergognino in saecula saeculorum se sono ancora vivi e non sottoterra dopo una vita di sofferenze come invece mi auguro); ho visto sogni infranti, la paura di tornare a vivere ancora, la necessità di abbandonare casa, amici e lavoro per paura di finire ammazzati o peggio. Soprattutto, anche davanti all'onestà di una didascalia che sottolinea la natura di ricostruzione romanzata dell'intera vicenda, ho amato la Bigelow per aver reso in qualche modo giustizia a persone realmente esistite e finite quasi nel dimenticatoio, il modo in cui attraverso un film ha cercato di a trasmettere allo spettatore anche una minima parte della sofferenza e della paura che sicuramente hanno ammorbato i loro ultimi istanti di vita. Potrei aggiungere due righe sugli attori, tutti bravissimi (Poulter è terrificante, roba da causare incubi la notte, ma è difficile dimenticare lo sguardo di Algee Smith o l'incredulità di John Boyega) ma sinceramente, come ho scritto all'inizio, scrivere di Detroit per me è molto difficile. Succede, quando un film ti entra sotto la pelle e ti manda all'aria cuore, stomaco e cervello trascinandoti in un vortice di paura, rabbia, frustrazione, vergogna e pena infinita.


Della regista Kathryn Bigelow ho già parlato QUI. John Boyega (Dismukes) e Anthony Mackie (Greene) li trovate invece ai rispettivi link.

Will Poulter interpreta Krauss. Inglese, ha partecipato a film come Le cronache di Narnia - Il viaggio del veliero, Revenant - Redivivo e War Machine. Anche sceneggiatore e produttore, ha 24 anni e un film in uscita.


Hannah Murray interpreta Julie. Inglese, ha partecipato a film come I segreti della mente, Womb, Dark Shadows e alla serie Il trono di spade. Ha 28 anni.


Jack Reynor interpreta Demens. Americano, ha partecipato a film come Macbeth e Sing Street. Anche produttore, ha 25 anni e tre film in uscita.


Se Detroit vi fosse piaciuto recuperate Diaz. ENJOY!




18 commenti:

  1. È bello quando un film ti lascia spiazzato e senza parole :)

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    1. Spiazzato e senza parole è dir poco. Le emozioni che ti lascia Detroit rimangono in fondo alla gola e fanno male. Bisognerebbe urlare per liberarle.

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  2. Abbiamo scritto la recensione quasi in contemporanea! :)
    E il bello della blogsfera è poter confrontare le opinioni: io l'ho trovato moralmente piuttosto ambiguo, senza nulla togliere allo stile, come al solito sublime. Mi pare che la Bigelow non abbia affatto tutta quest'intenzione di condannare quello che mostra aldilà delle apparenze. E' come se fosse attratta, affascinata dalla violenza. "Detroit" a un certo punto assomiglia a uno "snuff-movie" che finisce per assuefarti più che ripugnarti, e non bastano (secondo me) i venti minuti finali per ripulirsi la coscienza. Spettacolare ma ipocrita, a mio gudizio.

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    1. Come ho scritto nei tuoi commenti, decisamente non mi ha assuefatta, anzi: a un certo punto volevo uscire dalla sala. Faccio un paragone improprio ma non era la stessa sensazione di pienezza voglia di vomitare data, che so, da un Zonbi Asu, ma proprio la voglia di scappare e andare a piangere chiudendo gli occhi davanti alla realtà.
      Cosa che non mi pare abbia fatto la Bigelow, "costringendosi" a riaprire una vecchia ferita che giustamente non bisognerebbe dimenticare :)
      Questo, ovviamente, è quello che ho percepito io.

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  3. Coraggioso e necessario come pochi, sarebbe bello se fosse seguito anche da altri registi quest'esempio.

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    1. Chissà. A me pare che la Bigelow sia unica nel suo genere!

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  4. Bel post.
    Adesso la curiosità è ancora più alta!

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  5. Vedo che consiglio bene i film! :-D Quanto mi ha fatto incazzare Detroit. Ergo, la Bigelow ha fatto bene il suo lavoro. Che poi ho scoperto che la Bigelow ha cambiato i nomi dei poliziotti non tanto per difenderli (che poi da cosa, mostra ogni atrocità da loro perpetrata), ma proprio per rendere giustizia alle vittime. La Bigelow poi quei fatti li ha (indirettamente) vissuti, sarà stata una ragazzina, ma aveva già capito che erano tempi duri e che il cambiamento doveva ancora arrivare. E invece no, il mondo è ancora dominato dagli uomini, specialmente quelli più stupidi. Così lei si ritrova a girare i film con le palle quadrate e deve fare film per ricordare che la storia si ripete e aver votato Trump è solo l'inizio del declino per tornare indietro. E' il film dell'anno.

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    1. Dici quindi che li ha voluti privare del nome per evitare che lo stesso si perpetrasse nel ricordo delle persone? Avrebbe anche senso.
      Un film simile dovrebbero vederlo tutti anche perché la nostra memoria storica ormai è pari a quella del pesce rosso...

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  6. L'hype cresce, e già partiva alto.
    Con un post del genere, se la Bigelow mi delude la scasso di bottigliate! :)

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    1. No, povera Bigelow!
      A prescindere, personalmente difenderò questo film a spada tratta, ancora non so se è il più bello dell'anno ma ci si avvicina molto!

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  7. Sarà il prossimo film che andrò a vedere al cinema.
    Me lo segno!

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    1. Guarda, dalle mie parti lo hanno già tolto, spero tu sia più fortunato!

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  8. La pesantezza della regista mi spaventa sempre un po' ma, anche per le potenziali candidature nella stagione dei premi che verrà, va visto.

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    1. Se Detroit non porta a casa TUTTI gli Oscar principali (a parte l'attrice) l'Academy merita di venire data alle fiamme.

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  9. Accidenti, pare proprio un film che va visto!

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    1. Assolutamente sì. Anzi, oserei dire che è l'unico film che va assolutamente visto quest'anno!

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