Dalle mie parti non era uscito ma sono comunque riuscita a recuperare in tempi brevi Leatherface, diretto dai registi Alexandre Bustillo e Julien Maury.
Trama: il rampollo più piccolo di una famiglia di pazzi cannibali viene rinchiuso in un manicomio. Anni dopo, la madre va a cercarlo e, benché la donna non riesca a trovarlo, causa comunque la fuga di alcuni sanguinari pazienti, i quali prendono una giovane infermiera come ostaggio...
In verità a me di Non aprite quella porta non è mai fregato più di tanto. L'originale di Tobe Hooper è un capolavoro che riguarderei in loop ma per me è finita lì, o meglio, è finita con un Leatherface en travesti che cercava di uccidere Renée Zellweger. Se sono tornata a calcare le sanguinose strade del Texas, dopo avere sputato in faccia a Nispel evitando di vedere sia la sua versione di Non aprite quella porta che il prequel della stessa, lo devo ai nomi di Alexandre Bustillo e Julien Maury, i maledettissimi esseri immondi responsabili di À l’interieur, uno dei film che più mi ha rivoltato lo stomaco e depressa in assoluto (e di cui nel frattempo è uscito un remake spagnolo. Uh, ma che belliSSSSima idea!). Mi sono detta: con un background simile e questo materiale per le mani chissà che diamine faranno 'sti due maledetti fronscesi, come minimo una roba da non dormirci per millant'anni, capace di far impiccare persino il Rated R, qualcosa di malatissimo ed innovativo, che faccia sentire sporco lo spettatore nel profondo! Ehm, no. Porta la Francia in America (o, meglio, in Romania) e il risultato sono due mangiarane spaesati che cercano di abbattere lo spettatore a colpi di scene ributtanti senza creare quell'empatia necessaria a farli sentire davvero male. Insomma, con me due registi vincono facilissimo quando mostrano un tizio a cui vengono spaccati i denti su un sasso, ma parliamo di qualcosa che si supera facilmente chiudendo un attimo gli occhi e aspettando sia finita, mentre l'idea di una donna incinta torturata a morte da una pazza mi perseguita anche nel sonno, altro che chiudere gli occhi. La verità è che, per quanto tutto ciò mi faccia schifo, due che copulano con un cadavere in mezzo al letto, persone torturate da una motosega e gente che si insozza con i peggio liquami del creato lasciano un po' il tempo che trovano, mi paiono proprio cose messe lì per ribadire uno "stile" che non oltrepassa l'apparenza e che apporta ben poco al "mito" di Leatherface (tranne la motosega, vabbé, quella è indispensabile, anche se magari potevano non regalargliela da bambino per il compleanno...), soprattutto se alla famiglia pazza ci hanno già giocato ben prima sia Tobe Hooper che Rob Zombie, l'unico che è riuscito ad omaggiare il "maestro" superandolo poi a destra con quel trionfo de La casa del Diavolo. Film che, per inciso, mi è tornato in mente non so quante volte guardando Leatherface, che lo cita di continuo partendo dalla pazza bionda per arrivare allo sceriffo più cattivo degli stessi cattivi.
Quindi, premesso che tra À l’interieur e Leatherface c'è un abisso (tra l'altro mi rendo conto giusto ora che prima di Leatherface i due registi hanno diretto anche Livide e Among the Livings, perché quelli non li ho mai recuperati? Forse per paura?), cosa rimane di quest'ennesima rilettura dei personaggi partoriti da Hooper nel 1974? Beh, se piace il genere rimangono un'ora e mezza di omicidi efferati, belle inquadrature, attori non malvagi (sui quali spiccano uno Stephen Dorff invecchiato ma sempre bello da vedere e la brava Lili Taylor, qui forse poco utilizzata. Ah, e c'è pure il ciollamolla Iron Fist con i riccioli tinti di castano, il quale fa la fine che si sarebbe meritato il suo personaggio Marvel Netflix), risate a profusione davanti ai tentativi dello sceneggiatore di "sviare" lo spettatore impedendogli di capire chi sia il futuro Leatherface tra gli evasi dal manicomio, qualche perversione giusto per ribadire la natura "esotica" dell'opera e una sovrabbondanza di proiettili magici tipicamente texana. Il che non è un male, per carità, ma sinceramente dai due registi franzosi mi aspettavo molto di più. La verità è che ormai dopo più di quarant'anni e mezza dozzina di film non c'è più molto da dire su Leatherface e la sua allegra famiglia di cannibali redneck quindi o ci si accontenta di vedere più o meno sempre la stessa solfa più o meno realizzata bene (con l'aggiunta dei background esplicativi che adesso vanno tanto di moda) oppure bisognerà attendere che qualcuno decida di spedire il vecchio Faccia di Cuoio "in space" come minacciava di fare Robert Rodriguez con Machete o magari nell'Inghilterra di Downton Abbey con una macchina del tempo per avere finalmente qualcosa di sorprendente. O forse anche no, vah.
Dei registi Alexandre Bustillo e Julien Maury ho già parlato QUI. Stephen Dorff (Hal Hartman), Lili Taylor (Verna) e Finn Jones (Agente Sorrel) li trovate invece ai rispettivi link.
Leatherface funge da prequel per Non aprite quella porta, Non aprite quella porta - Parte 2, Non aprite quella porta - Parte 3, Non aprite quella porta IV e Non aprite quella porta 3D mentre, se non ho capito male, il Non aprite quella porta del 2003 e il suo prequel Non aprite quella porta: L'inizio, vanno per i fatti loro benché raccontino, in fin dei conti, sempre la stessa storia. Se Leatherface vi fosse piaciuto ne avete quindi di roba da recuperare... ma magari aggiungete anche La casa dei 1000 corpi e La casa del diavolo. ENJOY!
Me lo evito volentieri.
RispondiEliminaPreferisco preservare l'orrore classico del primo film.
E fai più che bene!
EliminaL'idea di donargli un background l'ho apprezzata, ma in generale mi ha lasciato poco o nulla dopo la visione.
RispondiEliminaCerti mostri andrebbero lasciati senza background però. O così o si va nella banalità come in questo caso.
Eliminacmq non è male, ma i migliori film horror sono altri xD
RispondiEliminaAssolutamente sì.
EliminaNon mi è dispiaciuto. Solita minestra scaldata e inutile, ma i registi c'hanno questo occhio malaticcio notevole. A l'interieur mi era piaciuto moltissimo.
RispondiEliminaIo non posso dire che à l'interieur non mi fosse piaciuto ma è stato "troppo" per me. L'ho odiato con tutta me stessa. Però lì c'era "sincerità", se mi passi il termine, qui mi è sembrata più una scelta di maniera. C'è di peggio ma speravo molto molto meglio.
EliminaIl punto più basso di tutta la saga fu rappresentato proprio dal "Non Aprite quella Porta IV" di Kim Henkel che tu citi all'inizio,la cosa migliore di quel film fu (e questo la dice tutta) il cameo finale di Marilyn Burns, l'eroina del primo capitolo.
RispondiEliminaTutto il resto era qualcosa di ridicolo.
Guarda, quando l'ho visto ero ragazzina e probabilmente non avevo ancora nemmeno visto il film originale visto che passava pochissimo in TV (per non dire nulla... forse da Ghezzi a Fuori Orario?) quindi non ho apprezzato nemmeno il cameo finale, non cogliendolo. Ricordo solo il terrificante Leatherface donna!
EliminaPenso che sia probabile, Ghezzi faceva passare molti horror a "Fuori Orario" anche se le sue preferenze andavano a Bava; Jess Franco e a Romero.
EliminaVero. Infatti molti film di Bava e Romero li avevo visti proprio a Fuori orario, così come Freaks e l'indimenticato Spider Baby *__*
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