Immancabile dopo il solito trailer devastante, la corsa al cinema per vedere un film come Il rito (The Rite), diretto dal regista Mikael Håfström. Come spesso accade, la troppa attesa ha coinciso con una mezza delusione.
Trama: Michael lavora col padre in una ditta di pompe funebri. Per dare un’allegra svolta alla sua vita decide di tentare la via del seminario, ma inutilmente: il ragazzo non ha fede. Tuttavia, un prete illuminato decide di mandarlo a Roma per fargli seguire un corso sugli esorcismi, come ultima spiaggia prima di rinunciare definitivamente a prendere i voti. Lì, il buon Michael incontra padre Lucas, esorcista da anni, e si ritrova a dover mettere il proprio scetticismo a dura prova…
Che peccato. E’ la prima cosa che ho pensato appena il film è finito. Che peccato, perché anche se Il Rito mi ha messo addosso una fifa boia (naturale, come ha detto il mio amico all’uscita del cinema “A me basta che ci sia gente che avvita la testa e bestemmia, mi diverto”. Con me vale la massima “basta che ci sia gente che avvita la testa e bestemmia, muoio di paura”), fifa peraltro svanita dopo un’ora visto che ho dormito bene la notte, per il resto non racconta niente di nuovo. Certo, per una volta si tenta di affrontare gli esorcismi con un approccio quasi scientifico, molto legato alla psicologia, distante dal baracconismo, almeno nella prima parte del film. Non c’è vomito verde, per intenderci, o gente che si attacca ai muri o tutta l’iconografia horror a cui siamo abituati fin dai tempi de L’Esorcista, anzi: attraverso il punto di vista “scettico” di Michael ci troviamo ad osservare qualcosa che potrebbe anche non essere vero, che potrebbe derivare semplicemente da schizofrenia o altre turbe psichiche. Per questo Il Rito, almeno fino a metà, è ben costruito ed inquietante, alterna fenomeni decisamente soprannaturali a spiegazioni quasi razionali degli stessi, mostrandoci Padre Lucas come fosse un cialtrone.
Ma dopo che il cialtrone in questione viene posseduto (no, non è uno spoiler, si capisce anche dai trailer, via…) la storia cambia e si concentra di più sugli effetti horror e sulla mancanza di fede di Michael, sovvertendo tutti i bei concetti espressi fino a cinque minuti prima. Innanzitutto, il personaggio di Hopkins aveva chiarito come per un esorcismo ben riuscito ci volessero mesi, a volte anni… e parliamo di un esorcista anziano ed esperto. Aggiungiamo anche che, per un buon esorcismo, bisogna arrivare a conoscere il nome del Demone implicato, “la cosa che i Demoni custodiscono più gelosamente”. Dopo queste premesse ragionevoli, purtroppo bastano un novizio e una “civile” per affrontare uno dei demoni più potenti delle schiere di Satana, ed ottenere il suo nome su un piatto d’argento. Ho capito che il film in qualche modo deve finire, ma la cosa mi sa di bestialità messa lì da sceneggiatori in panne. Come è una bestialità il fatto che Michael decida di intraprendere la via del seminario perché “Nella mia famiglia o si lavora nelle pompe funebri o si diventa preti”. Ma Cristo, sei un bel ragazzo, sei intelligente e tutto… ma fuggi da quella città di morti e vai all’università, sei pure senza fede, cosa vai a farti prete???!! Bah.
E Bah anche all’interpretazione di Hopkins: Tonino, hai vinto un Oscar, mi hai interpretato il maniaco più affascinante della storia del cinema… perché ora vaghi per Roma, in mezzo ai gatti ed assumi la stessa espressione di un gatto di marmo?!? Ho capito che il personaggio probabilmente non ti convinceva e che i momenti più esilaranti, tuo malgrado, sono legati a Padre Lucas e all’orrendo doppiaggio italiano (non esiste che durante un horror “demoniaco” io scoppi a ridere alla vista di un Hopkins spiritato che di fronte ad una bimbetta esclama “che cariiiinaaaaaa!” prima di tirarle un ceffone e cominciare a vagare seminudo per Roma…): nei momenti di possessione Hopkins torna ad essere il grande attore che tutti conosciamo, ma per il resto la sua interpretazione è inqualificabile. Non pervenuta anche la nostrana Cucinotta (credo che il suo sia il cameo più inutile della storia del cinema…) e anche il personaggio del padre di Michael, interpretato da Rutger Hauer, pare messo lì giusto per giustificare una sorta di trauma infantile che ha spinto il protagonista verso le scelte che ha fatto. Ma la cosa forse peggiore del film è che Il rito dona per un attimo l’illusione di un finale inquietante, coraggioso e sovversivo.. che invece si affloscia nella sconcertante banalità di una “storia vera”. Ripeto: che delusione.
Di Anthony Hopkins, che interpreta Padre Lucas, ho già parlato qui.
Mikael Håfström è il regista del film. Svedese, tra le sue pellicole ricordo 1408 (che devo ancora vedere, mannaggia!) e l’orrendo Derailed – Attrazione letale. Anche sceneggiatore, ha 51 anni.
Rutger Hauer interpreta il padre di Michael, Istvan Kovak. Attore olandese attivissimo e per questo molto conosciuto soprattutto negli anni ’80, lo ricordo per film storici come Blade Runner, che lo ha consacrato nell’Olimpo dei miti cinematografici (“Ho visto cose che voi umani non potete immaginare…”), lo splendido Ladyhawke, The Hitcher – La lunga strada della paura, Confessioni di una mente pericolosa, Sin City, Batman Begins e altri film meno belli come Furia cieca, Buffy l’ammazzavampiri, Hemoglobin – creature dall’inferno, ‘Salem’s Lot e l’imbarazzante schifo nostrano Barbarossa. Ha lavorato anche per la TV, partecipando ad episodi di serie come Alias e Smallville. Anche produttore, regista e sceneggiatore, ha 67 anni e sette film in uscita tra cui, ahimé, ahitutti!, ciò che si candida per essere la ciofeca principe del 2012 (e speriamo che il mondo finisca davvero prima che lo completino!): Dracula 3D di Dario Argento, dove l’attore Olandese dovrebbe interpretare nientemeno che Van Helsing. OVVoVe!!!!
Colin O’ Donoghue interpreta Michael. Nonostante sia il protagonista la sua carriera è appena agli inizi e l’unica cosa degna di nota nella sua filmografia è una partecipazione al serial I Tudors. Irlandese, ha 30 anni e un corto in uscita.
Alice Braga interpreta Angelina. Nel post dedicato a Predators non l’avevo nominata, così lo faccio adesso, segnalando la sua partecipazione anche a film come City of God e Io sono leggenda. Brasiliana, ha 28 anni e un film in uscita.
Maria Grazia Cucinotta interpreta la zia Andria. Procace attrice siciliana assai quotata anche all’estero (non ai livelli della Bellucci però), la ricordo per film “memorabili” come Vacanze di Natale ’90, Abbronzatissimi 2 – Un anno dopo e anche, per fortuna, film più dignitosi come Il postino e Ho solo fatto a pezzi mia moglie. Ha partecipato ad un episodio della serie I Soprano e ne ha doppiato uno de I Simpson. Anche produttrice e sceneggiatrice, ha 43 anni e quattro film in uscita.
Il Rito ha un’aura “potteriana”, se vogliamo. Tra gli altri attori presenti, infatti, c’è colui che in originale dona la voce all’elfo Dobby, Toby Jones, nei panni di Padre Matthew, e anche l’irlandese Ciarán Hinds, che ritroveremo nella seconda parte di Harry Potter e i doni della morte col ruolo di Aberforth Silente, mentre qui interpreta Padre Xavier. Se vi piace il genere, mi butterei sui grandi classici L’Esorcista e Il presagio, forse anche su Amityville Possession. E ora guardatevi il trailer originale, con la bella voce di Anthony Hopkins, è meglio!! ENJOY!
uhmmm, un film che in effetti mi ha lasciato più perplessità che interesse o.ò
RispondiEliminaun pò perché gli esorcismi mi infastidiscono, un pò perché mi è capitato di leggere alcuni passaggi di un'intervista fatta a Hopkins in cui qualcuno gli faceva presente notevoli analogie tra il personaggio del prete e Hannibal Lecter... ecco, il fatto che Hopkins al paragone si sia indispettito, mi ha dato da pensare.
Ha creato qualcosa di immortale con la sua interpretazione del cannibale più famoso della storia del cinema, personaggio che gli è letteralmente rimasto stampato addosso e quando ci si impunta a voler fare qualcosa di completamente diverso per non essere più paragonati a quel modello pur restando in un ambito analogo, puntuale si scade nel banale... quello che succede qui, mi è parso di capire...
Un film che salterò a pié pari.