Trama: una giovane coppia di neosposi viene invitata da Stanley Hyman, marito della scrittrice Shirley Jackson, a passare il semestre universitario a casa loro. Mentre Fred, il marito, lavora come assistente per Stanley, Rose, la moglie, viene invitata ad occuparsi della Jackson, impegnata a scrivere un romanzo...
E partiamo subito d'ignoranza crassa, altrimenti non siamo contenti. Pur avendo guardato praticamente tutte le versioni cinematografiche di Incubo a Hill House (per non parlare della splendida serie Netflix), di Shirley Jackson non so praticamente nulla e l'unica altra sua opera che ho letto è stata La lotteria. Un po' poco per capire a fondo Shirley, film che unisce aspetti biografici della vita della scrittrice ad elementi di finzione e immagina una sorta di "what if" all'interno del quale due giovani sposi si ritrovano a dover vivere fianco a fianco con Shirley Jackson e il marito Stanley Hyman, subendone l'influenza non sempre positiva. Il film mostra una scrittrice in lotta con problemi di salute e soprattutto preda di attacchi d'ansia fortissimi, che le impongono di fare una vita da reclusa, sotto l'occhio attento e "padronale" del marito, un professore universitario con velleità di critico, un parassita nell'accezione peggiore del termine, il quale mira a mantenere in salute la moglie quanto basta per consentirle di scrivere libri, mantenere la fama di eccentrica, ergersi a unico possessore di un tesoro tanto strano quanto prezioso. Rose e Fred, lei incinta e lui pronto a spiccare il volo come futuro professore universitario, si ritrovano invischiati nelle complesse dinamiche che governano la famosa coppia e se lui, tra un rospo inghiottito e l'altro, respira comunque l'aria stimolante e libera dell'ambiente accademico, lei si ritrova a dover far da serva e mogliettina compiacente, alla faccia di tutte le aspirazioni che avrebbe potuto avere. La sofferenza di Rose, la sensazione di soffocamento, risuonano con quelle dell'autrice che arriva a fomentarle, vedendo nella ragazza lo spettro della protagonista inafferrabile del suo ultimo romanzo, un "gioco" mentale che arriva a legare le due in una relazione assai complicata e a cambiarle, a poco a poco.
La regia di Josephine Decker riporta alla perfezione sullo schermo il moto ondivago e un poco onirico di questo rapporto complicato di amore ed odio, vomitando all'interno delle sequenze il mondo mentale di Shirley Jackson, tra immagini offuscate da ansia e alcool e vivide visioni di romanzi in fieri, di personaggi che si muovono fuori dalle asfissianti quattro mura in cui la scrittrice vive relegata; guardando Shirley è molto difficile mettere a fuoco i mille elementi che compongono la scena, si ha una sensazione di movimento costante e di ansia mista a sofferenza, come se il punto di vista della protagonista fosse quello di un animale in trappola (e spesso, in effetti, Hyman compare dal nulla, non visto, prendendo la gente alle spalle, come una presenza costante e infingarda). A una regia molto particolare e una colonna sonora che fa il paio si accompagna la bravura di una Elisabeth Moss alla sua seconda sorpresa quest'anno. Dopo il sublime lavoro fatto in L'uomo invisibile, l'attrice si annulla all'interno di un personaggio scomodo e difficile come quello della Jackson, dotato di moltissimi lati oscuri chiusi all'interno di un involucro sofferente e "brutto", ed eclissa tutti gli altri pur bravi interpreti, a cominciare da Michael Stulhlbarg che adoro per il modo che ha, ogni volta, di camuffarsi fino a rendersi irriconoscibile, per arrivare all'interessante Odessa Young, giovanissima ma già gratificata da ruoli interessanti interpretati magistralmente. In sostanza, Shirley è un bellissimo film; non posso mettermi nei panni di chi adora alla follia la scrittrice americana quindi non so se le rende l'onore che merita ma di sicuro a me ha fatto venire una voglia matta di leggermi tutte le sue opere, a cominciare da quelle citate nel film.
Elisabeth Moss (Shirley Jackson), Michael Stuhlbarg (Stanley Hyman) e Logan Lerman (Fred Nemser) li trovate ai rispettivi link.
Josephine Decker è la regista della pellicola. Americana, ha diretto film come Butter on the Latch, Thou Wast Mild and Lonely e Madeline's Madeline. Anche attrice, sceneggiatrice e produttrice, ha 39 anni.
Odessa Young interpreta Rose Nemser/Paula. Australiana, ha partecipato a film come Assassination Nation e Arrivederci professore. Ha 22 anni e interpreterà Frannie Goldsmith nell'imminente serie TV tratta da L'ombra dello scorpione.
Grazie della recensione!!!
RispondiEliminaGrazie a te di averla letta!
EliminaNon sono un fan della Jackson, ne ho letti due senza troppo apprezzarli, però questo film mi chiama moltissimo. Aspetto con ansia i sub, che sono pigro!
RispondiEliminaWe Have Always Lived in The Castle, tratto dal suo romanzo, non l'hai visto? Non ricordo. In caso, te lo consiglio. Per me, un film molto elegante e sottovalutato.
Se è quello con la Daddario l'ho messo nella lista video di Amazon Prime, anche se ha un titolo italiano che non ricordo.
EliminaQuesto film però secondo me è splendido a prescindere, sia per chi apprezza la Jackson sia per chi la conosce poco o non ama molto le sue opere.
Beh, dalla tua recensione si evince un po' del simbolismo ansiogeno di cui sono pervasi i suoi romanzi, che trattano dell'orrore in maniera molto introspettiva, e proprio per questo oggi sono ( secondo me ) scarsamente apprezzati nonostante lo sforzo di Adelphi.
RispondiEliminaVorrei vederlo, se ci riesco.
Purtroppo secondo me è la natura di Adelphi a tenere lontano il lettore casuale, cosa che porta a pochissime traduzioni, ahimé. E' un cane che si morde la coda: ci vorrebbe marketing più "pop" ma poi i lettori rimarrebbero delusi e via discorrendo... povera Jackson, troppo avanti anche per i nostri tempi!
EliminaC'è qualcosa che la Moss non riesce a fare? Ormai è inarrestabile. Sono molto curiosa di vederla anche in questa interpretazione.
RispondiEliminaLa Moss sta letteralmente brillando. Attendiamo con ansia le prossime pellicole :)
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