Trama: Minato è un ragazzino delle medie che vive solo con la madre, dopo che il padre è morto. Un giorno, Minato comincia a comportarsi in modo strano, a tornare a casa ferito e senza scarpe; indagando, sua madre scopre che la colpa sembrerebbe essere del professor Hori...
In un mondo in cui la gentilezza è diventata merce rara, è successo che una delle mie lettrici, Lory, ha deciso di chiedermi un film On Demand al posto di un altro che aveva proposto da tempo, perché un'altra lettrice, Patrizia, ha chiesto un parere proprio su L'innocenza, dichiarandosi "stupita , confusa, non sono sicura mi sia piaciuto al 100%". Sono stata comunque un po' lenta nel recupero, e mi dispiace, ma devo ringraziare sia Lory che Patrizia per avermi permesso di guardare un film veramente particolare e bellissimo, un "thriller" di sentimenti, raccontato attraverso quattro punti di vista diversi. Cercherò di non fare troppi spoiler, e di invogliare chi non dovesse conoscere L'innocenza a vederlo lasciandosi sorprendere dagli argomenti trattati. La storia è quella di Minato, un ragazzino che frequenta la sesta elementare giapponese (in pratica, l'equivalente di un nostro studente di prima media). Minato vive solo con la giovane madre vedova, Saori; il rapporto tra i due è sereno ma, ovviamente, Saori deve lavorare per mantenere entrambi, e spesso non riesce a stare accanto al figlio come vorrebbe. La donna rimane quindi sconvolta quando Minato comincia a farle domande strane su bambini ai quali verrebbero trapiantati cervelli di maiale, a tornare a casa tardi, a presentarsi con delle ferite oppure senza scarpe, finché un giorno il ragazzo arriva addirittura a buttarsi dall'automobile in corsa guidata dalla madre e finisce in ospedale, pur senza riportare danni gravi. Messo alle strette, Minato confessa di essere vittima delle angherie del giovane professor Hori, e Saori corre a scuola pretendendo soddisfazione, trovandosi davanti però un muro di insegnanti (direttrice compresa) distaccati e freddi, poco interessati ai problemi di Minato o alla rabbia di sua madre. Questo è l'incipit de L'innocenza anche se, per essere esatti, il film inizia in medias res, quando una serie di eventi ha già travolto Minato, ma prima che queste vicende cambino irrimediabilmente le vite di tutti i coinvolti. La sceneggiatura riparte altre tre volte dall'inizio, presentando la storia da altri punti di vista, e lascia allo spettatore il compito di unire tutti i puntini, ottenendo il quadro complesso di un delicato, malinconico coming of age che vede due mondi completamente diversi scontrarsi.
Il titolo italiano, L'innocenza, e quello giapponese, traducibile come "mostro", sono intercambiabili, perché dipendono dai punti di vista dei personaggi presenti nel film e rappresentano due mondi che si incontrano ogni giorno senza capirsi quasi mai, ovvero quello degli adulti e quello dei bambini. Minato e il suo compagno di classe Yori vivono e si rapportano tra loro con l'innocenza della loro età, scevri da pregiudizi o secondi fini, con una semplicità quasi commovente. E' la percezione altrui che è falsata, e da vita a tanti piccoli e grandi equivoci; ciò che è innocenza per alcuni, diviene dapprima stranezza, poi mostruosità per altri, e questo vale per tutti i protagonisti del film, che introiettano questa percezione estranea, arrivando a sentirsi davvero dei mostri e a comportarsi come tali, anche solo spinti da un istinto di autoconservazione. Anche i ruoli di "vittime" e "carnefici" si scambiano costantemente all'interno de L'innocenza, tanto che, se inizialmente si prova odio verso un personaggio, facilmente si verrà mossi a pietà in seguito, quando tutte le tessere del puzzle saranno andate al loro posto. Persino chi, sul finale, si scoprirà essere davvero colpevole di un atto gravissimo, benché involontario, racchiude in sé un dolore e un senso di colpa talmente grandi che è difficile non commuoversi durante la sequenza in sala musica; anche lì, un "semplice" momento di condivisione diventa qualcosa di più, perché rappresenta anche la salvezza fisica di un'altra persona, ed è l'ennesimo esempio di come L'innocenza sia un film complesso e mai univoco, la perfetta rappresentazione della natura spesso soggettiva della "verità". L'alternanza di una dura, prosaica realtà e la fuga verso un perfetto mondo di fantasia e libertà è un altro aspetto fondamentale de L'innocenza, all'interno del quale i personaggi combattono duramente per preservare un minuscolo spazio felice da cui vengono costantemente strappati, persino per mano di chi vuole loro bene. Il finale, in tal senso, è emblematico, e lascia aperta la porta a più interpretazioni, persino negative, anche se lo stesso regista ha parlato di rinascita metaforica, di un'accettazione di se stessi e di un futuro da accogliere con animo più leggero, senza timore di venire nuovamente ingabbiati o frenati.
Le vicende di Minato, Yori, Saori e Hori, vengono narrate attraverso una regia partecipe ma non invasiva, con inquadrature che lasciano ampio spazio allo spettatore per indagare volti, gesti, dettagli apparentemente insignificanti; la regia di Koreeda mima lo sguardo altrui, talvolta utilizzando splendide soggettive, altre volte replicando lo stupore provato da panorami stupefacenti o terribili, spesso lasciando particolari importanti appena fuori dall'inquadratura, a dimostrare che le persone vedono quasi sempre ciò che si aspettano di (o vogliono) vedere. Anche la direzione degli attori è incredibile, in primis quella dei giovanissimi interpreti di Minato e Yori, considerato l'argomento difficile trattato dal film. Gli atteggiamenti dei due ragazzini, così come il modo in cui interagiscono, è molto verosimile, sia nei loro giochi infantili che nei loro drammi, così complicati che schiaccerebbero degli adulti molto più navigati; per quanto riguarda il cast più "maturo", invece, gli attori apportano tantissime sfumature impercettibili ai personaggi, assecondando il costante cambio di punti di vista, dando vita ogni volta a una persona diversa e sempre più complessa. Se la regia di Koreeda è solida ma perfettamente "mimetizzata", la bellissima colonna sonora di Ryūichi Sakamoto, l'ultima realizzata dal talentuoso compositore (il quale ha composto solo due brani nuovi per pianoforte, il resto della colonna sonora comprende vecchi pezzi di Sakamoto scelti per l'occasione, da lui o da Koreeda), sembra sgorgare direttamente dalle immagini, naturale e necessaria quanto i silenzi che spesso accompagnano le vicende dei personaggi. Il brano che si sente sul finale, allungandosi nei titoli di coda, rende difficile allo spettatore staccarsi dalle atmosfere malinconiche e misteriose del film, ed alimenta il desiderio di riguardare L'innocenza da capo, più volte, per cogliere tutto ciò che magari è sfuggito alla prima visione e riuscire a catturare l'essenza di questi personaggi così sfuggenti e complicati.
Sakura Andou interpreta Saori Mugino. Giapponese, ha partecipato a film come Love Exposure, Un affare di famiglia e Godzilla -1.0. Ha 39 anni.
Wow, che dire, un'introduzione che mi fa arrossire, grazie.
RispondiEliminaHo amato questo film, mi è rimasto nel cuore per il modo in cui viene raccontato e la poesia di alcune scene, dettagli, gesti.
Non so come tu sia riuscita a scrivere senza spoilerare, davvero complicato soprattutto in questo caso, ma non hai tralasciato nulla.
Non so Patrizia, di cosa non fosse convinta o cosa probabilmente non gli tornava, il film necessita di una buona attenzione e davvero se perdi un dettaglio è come perdere il pezzetto di un puzzle. Non aggiungo altro, solo sono contenta che lo hai visto. 😊
Ci mancherebbe, era giusto sottolineare la tua gentilezza!!
EliminaAspettiamo ora il commento di Patrizia, ogni tanto passa di qui :)
Ho visto che in Coming soon su On Demand è previsto Quel pomeriggio di un giorno da cani (Alessio), poiché mi sembra di averlo nominato nella recensione de Il Cacciatore immagino che quell'Alessio sia io; volevo chiedere così se fosse possibile sostituire il film di Lumet (che molti conoscono) con Sami Blood (Sameblod) di Amanda Kernell (2016). Grazie
RispondiEliminaSiccome Quel pomeriggio di un giorno da cani è uno di quei cult che ho sempre voluto vedere, senza averne l'occasione, metto prima Sami Blood, poi il film di Lumet!
EliminaGrazie :)
Ho preferito il belga Closer, ma bellissimo.
RispondiEliminaCloser mi manca, ma se è addirittura più bello di questo devo recuperarlo!
EliminaEccomi qua 😉 Grazie per la bella recensione , difficile da scrivere evitando spoiler. Bravissima. Contenta che ti sia piaciuto. Infatti è un buon film. Tenendo conto che io sono parziale perché amo Kore'eda e mi piace tutta la sua filmografia, compreso questo "Monster". Per spiegare le mie perplessità dovrei però entrare nei dettagli e fare spoiler. Cosa che non va mai bene. Cercherò di mantenermi sul generico. Qui c'è un tema attuale, simile al sopraccitato belga Closer. Come hai scritto benissimo tu , qui la costruzione è complessa, elegante, un puzzle che si rivela solo alla fine. L' alternarsi dei punti di vista impegna l'attenzione dello spettatore. Ma personalmente io ho trovato fin troppo elaborata la costruzione del "puzzle" sui 3 punti di vista ( madre, figlio, insegnante) più l'appendice-collante della preside. Sono abituata a un Kore'eda più diretto , un pò meno artificioso. Perciò mi ero dichiarata "stupita e un po' confusa". Inoltre, non sono sicura di aver capito del tutto la necessità di introdurre la vicenda famigliare della preside. Il dramma scivola nel melodramma in più punti e depotenzia, a mio avviso, un film che poteva volare ancora più alto. Complessivamente per me rimane un buon film. Non il migliore del regista. Certo, sempre a mio avviso, decisamente più valido e magistrale di Closer, un film "piccolo" a confronto con questo del maestro Kore'eda . E tanto per rompere le scatole alla paziente Bolla e magari a Lory e a chiunque voglia, propongo un'altra visione apparentemente, solo apparentemente, sullo stesso tema : l'esordiente enfant-prodige nipote (nientepopodimeno) di Bergman e Liv Ullman vincitore della Camera d'Or a Cannes con "Armand", 2024, Halfdan Ullmann Tøndel.
RispondiEliminaCiao Patrizia, in merito a quanto dici sui film in generale di questo regista è vero, siamo state abituate a un racconto più lineare, quasi sempre li ha scritti lui, non è questo il caso, la regia di Yuji Sakamoto evidentemente è una matrioska ma il suo fascino è anche questo ed è chiaramente una questione di gusti. Sentire la storia ogni volta e poi vedere ribaltare la situazione per rimettere di nuovo tutto in gioco può essere estenuante ma in questo caso l'ho trovato coinvolgente. Ogni punto di vista è essenziale, ogni mondo è a sé. Come ha spiegato Erika dietro ogni facciata c'è una storia, un dolore, a volte insopportabile tanto da deviare un percorso e
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e dietro la scelta della preside riguardo la sua omissione c'è il fatto che lavora in un'istituzione dove la facciata è tutto. Dai diversi film che mi è capitato di vedere è molto presente questo fatto, quanto la scuola si trincera dietro una facciata protettiva e di perbenismo a discapito dei ragazzi stessi.
Fine spoiler
La società giapponese non ne esce benissimo nonostante spesso si è riferiti a loro come modello, in tal senso io vorrei consigliare il recente film 'Ritrovarsi a Tokyo ' per dire come può davvero fare incaxxare una legge che riguarda la separazione di una coppia ed eventuale affidamento figli.
Sono d'accordo, Close è un film davvero toccante, ho pianto litri di lacrime, ma è 'semplice' e immediato. L'innocenza in qualche modo è riuscito a disarmarmi e a farmi appassionare a una storia tramite un percorso faticoso ma appagante e poetico.
Armand l'ho visto ad aprile e per certi versi ha qualche similarità; anche qui l'istituzione è impreparata o insufficiente. Film non per tutti, lo porta sulle spalle la bravissima Renate Reinsve (la persona peggiore del mondo); quello che riassume il film può condensarsi tutto nella sua strepitosa risata.
Ciao!
Ciao Lory,
RispondiEliminagrazie per il tuo intervento. Vero che questa volta il regista lavora su di una sceneggiatura non sua. Non so se sia questo a trasmettermi la sensazione di un film imperfetto ,un pò melò , ricco di stilemi più tipici del cinema coreano che di quello giapponese, specie quello consueto di Kore'eda.
##SPOILER#
La preside per la " facciata " non solo istituzionale ma soprattutto egocentrica ha commesso due reati : uno forse involontario e un secondo del tutto egoistico, visto che è il marito in prigione.
Una breve scena al supermercato ci mostra quanto la preside detesti bambini e adolescenti. La persona meno adatta al ruolo che ricopre. Infatti è lei la principale artefice del muro di inchini e vuote scuse alla madre del ragazzino. La sua riflessione finale, pseudo-filosofica, non mi convince. Per me è un personaggio senza sfumature . Qualunque volesse essere l'intenzione dello sceneggiatore.####fine Spoiler###
Armad è un'opera prima. Molto ambiziosa.Del tutto teatrale. Soffre di un paio di goffaggini , causate dal mirare un pò troppo al cinema d'arte. Attrici superbe. Sceneggiatura ottima. A me è piaciuto. Graffia abbastanza. Avrei voluto vedere quella sceneggiatura in mano ad Östlund, però.
Intanto ringrazio la Bolla per l'ospitalità 😉 e concordo assolutamente con quanto hai detto o meglio scritto sulla figura della Preside. Forse il suo passato è servita a ravvederla, forse quando parlava nella sala musica in qualche modo è stata toccata dalla confidenza del ragazzo? O forse voleva solo dirgli: - soffia via, non ci pensare più?...Non lo sapremo mai; anche la scena dello sgambetto può essere interpretato come un tormento interiore e l'unico personaggio veramente positivo, chiaro, al di là di una madre inconsapevole mi è sembrato il maestro. Sono altresi' convinta che già solo per cultura, forse, il pensiero o meglio la scrittura così lontana dalla nostra forse possa essere meno comprensibile per noi. Ma altrettanto potrei dire di Armand di cui ho recepito la potenza ma che probabilmente ha lasciato risposte insolute.
EliminaOstlund l'ho apprezzato in ogni cosa che ha fatto, ne sarebbe uscita una versione più grottesca forse ma senz'altro più immediata, ficcante.
Grazie!
Mi insinuo nel dibattito tra Patrizia e Lory, ringraziando ancora entrambe!
RispondiEliminaIntanto segno Armand e Ritrovarsi a Tokyo per i prossimi On Demand, poi parto con lo
SPOILER
Anche a me ha lasciato perplessa la figura della preside, e mi conforta vedere che anche Lory ha visto lo sgambetto al supermercato, che pensavo di essermi sognata, a un certo punto.
L'unica cosa che mi viene da pensare è che la preside rappresenti proprio il mondo vuoto delle istituzioni giapponesi, dove contano apparenza e cortesia, anche a costo di spazzare sotto il tappeto non solo le brutture, ma anche ciò che rende i ragazzi unici e affascinanti, ovvero la loro personalità.
Probabilmente, quello sgambetto è un rigurgito di colpa, un modo di dire "guardatemi, sono una persona orrenda!", così come la scena in sala musica è un'occasione per la donna di mostrarsi per com'è, un essere umano, non un glaciale monolite asservita alla carriera e alla scuola.
FINE SPOILER.