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martedì 9 agosto 2016

Lights Out: Terrore nel buio (2016)

La calda stagione ha menato seco un paio di horror estivi e se l'intento era quello di mandare il Bollalmanacco in vacanza per un po' è anche vero che mi sarebbe dispiaciuto non parlare di Lights Out: Terrore nel buio (Lights Out), diretto dal regista David F. Sandberg ed "espansione" del suo corto omonimo.


Trama: Rebecca è una ragazza che ha deciso di tagliare tutti i ponti con la sua famiglia. Un giorno viene contattata dalla scuola del fratello minore a causa di alcuni disturbi mostrati dal ragazzino e si ritrova costretta ad affrontare non solo la follia della madre ma anche un mostro che striscia nel buio con intenti omicidi...


Da qualche anno a questa parte, James Wan si sta dando da fare non solo come regista e sceneggiatore ma anche e soprattutto come produttore (da qui al 2017 dovrebbero uscire il quarto capitolo di Insidious, Saw: Legacy e gli spin-off  The Nun e Annabelle oltre ad un Mortal Kombat e alla serie McGyver). Non pago di aver riportato in auge i topoi della casa invasa da demoniache presenze e aver ridefinito il concetto di scare jump, il buon Wan sta cominciando a prendere sotto la sua ala protettiva anche registi come David F. Sandberg, il quale è riuscito così a sviluppare l'idea base di un suo corto diventato praticamente virale su internet e girare un film che in pochissimo tempo ha superato il budget investito per realizzarlo. Buon per noi, perché Lights Out è un agevole ed onesto horror che offre momenti di genuino terrore senza perdersi in baracconate e spiegoni senza fine, attingendo a piene mani all'atavica paura del buio che ancora oggi molti di noi provano e che magari è stata rinfocolata in anni non sospetti dal vecchio Mana Cerace di Dylandoghiana memoria (a me è successo, ahimé). La struttura semplicissima di Lights Out, basata interamente sull'unica regola ferrea "cerca di tenere accese le luci o sono caSSi tuoi", un po' come accadeva nel meno riuscito Al calar delle tenebre con quella maledetta Fata Dentina, va ad intrecciarsi con suggestioni psicologiche che strizzano parecchio l'occhio allo stupendo The Babadook; al di là della presenza ovvia del mostro, il motore sotterraneo dell'intera vicenda è il senso di colpa di una madre che non riesce ad essere tale e che a causa della sua debolezza, pur avendo già allontanato da sé la figlia maggiore dopo averle fatto passare un'infanzia terribile, mette in pericolo la salute fisica e mentale del figlio più piccolo.


Anche questa volta innestare il dramma familiare alla tipica ghost story si è rivelata dunque una scelta vincente, capace di rendere i protagonisti più umani e, di conseguenza, il pubblico più partecipe. C'è da dire che gli attori di Lights Out sono bravi ed espressivi, su tutti le due protagoniste Teresa Palmer e Maria Bello, quest'ultima molto adatta ad interpretare il ruolo della madre che ha superato da parecchio l'orlo di una crisi di nervi, e anche il bimbo che interpreta Martin, pur non avendo la faccetta meravigliosamente tenerella di Jacob Tremblay, riesce a conquistarsi un pezzettino del cuore dello spettatore. Dal punto di vista tecnico, Lights Out gioca ovviamente molto sulle luci e le ombre, quindi più che la regia (la quale punta molto sulle inquadrature volutamente ambigue di oggetti e luoghi in ombra, appena fuori dalla visione dei protagonisti) svolge un ruolo importantissimo la fotografia, nitida e pulita anche nelle sequenze illuminate da oggetti come torce e candele; sul finale, i realizzatori potevano sfruttare all'osso la psichedelia di una luce al neon blu causando così allo spettatore nausea e mal di testa a non finire, invece fortunatamente il regista non è un cane e ha scelto un approccio più classico, salvando di conseguenza le cornee del pubblico pagante. Infine, lodi sperticate alla scelta di ridurre al minimo la CGI e di affidarsi a manichini (bastardi, maledettissimi manichini, vi odio quasi quanto le bambole e i clown!), attori e all'arte di Matthew W. Mungle, creatore del terrificante trucco della perfida Diana, mille volte meglio rispetto ad un pupazzone ricreato con l'ormai abusata computer graphic. Insomma, motivi per apprezzare questo film ce ne sono, quindi se riuscite a trovare un cinema aperto che proietti Lights Out gettatevi a pesce, ne vale la pena!


Di Teresa Palmer (Rebecca), Maria Bello (Sophie) e Billy Burke (Paul) ho già parlato ai rispettivi link.

David F. Sandberg è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Svedese, al suo primo lungometraggio, è anche compositore, produttore, attore e animatore. Ha 34 anni e sta girando Annabelle 2.


Lights Out: Terrore nel buio avrebbe dovuto mostrare la solita scena post-credit in grado di dare il la ad un eventuale seguito ma fortunatamente gli screening test hanno registrato reazioni negative e non se n'è fatto nulla. Niente sequel di Lights Out quindi, almeno per ora, ma se il film vi fosse piaciuto recuperate il corto omonimo e aggiungete il già citato Al calar delle tenebre. ENJOY!

venerdì 29 aprile 2011

Cappuccetto Rosso Sangue (2011)

Ero già pronta a fare una strage e scrivere una sequela di improperi, più che una recensione. Però la tattica “vai al cinema già maldisposta” ha funzionato come al solito, col risultato che Cappuccetto Rosso Sangue (Red Riding Hood), della sciagurata regista Catherine Hardwicke, si è rivelato quantomeno guardabile.

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Trama: mentre un intero villaggio medievale è minacciato da un enorme lupo, la giovane Valerie è preda di problemi amorosi. Lei è innamorata, ricambiata, di un taglialegna, la famiglia invece vorrebbe farle sposare il figlio di un fabbro, che la ama da sempre. Quando anche il lupo comincia a mostrare interesse per la giovinetta i problemi si complicano…

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Il mio timore, all’ingresso del cinema, era che Cappuccetto rosso sangue fosse un po’ troppo “twilightiano” e che il fulcro della storia fosse esclusivamente l’amore proibito tra la protagonista e un lupo mannaro. Effettivamente, la spada di Damocle della storia da bimbeminkia pende costantemente sul capo dei poveri spettatori, arrivando talvolta a sfiorarli, soprattutto in alcune scenette melense che personalmente mi sarei risparmiata, ma per fortuna al centro della storia ci sono principalmente il lupo e la conseguente caccia alla bestia per scoprire chi, tra gli abitanti del villaggio, sia il portatore della maledizione. Certo, da amante di film horror avrei preferito un po’ più “rosso sangue”, come recita lo stupidissimo titolo italiano, e anche una maggiore fedeltà alla fiaba da cui il film è tratto (non c’è nulla di più bello, infatti, di un’innocente fiaba resa cupa e gotica senza cambiarne troppo i personaggi e la trama, come insegna la divina Kaori Yuki nel divertentissimo ed inquietante Ludwig, che vi consiglio spassionatamente di cercare e leggere), tuttavia il film scorre veloce (per fortuna!) e intrattiene fino alla fine, insinuando dubbi e curiosità anche negli spettatori più scafati grazie ad un semplicissimo escamotage. Infatti, quando il lupo parla per la prima volta a Valerie, lei capisce che in forma umana i suoi occhi sono marroni. Peccato che tutti i personaggi del film, tranne la protagonista, hanno gli occhi marroni o comunque scuri, persino l’attrice Julie Christie, famosa per gli splendidi occhi azzurri, che ha dovuto indossare lenti a contatto marroni per l’occasione.

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Barbatrucchi a parte, comunque, ciò che di bello si può trovare in Cappuccetto rosso sangue non risiede ovviamente nella trama, quanto nelle scenografie e nelle musiche. Le prime sono molto belle ed evocative, tanto che l’inizio, ambientato all’interno di questo pittoresco villaggetto medievale, circondato dalla foresta autunnale, richiama molto dei dettagliatissimi quadri fiamminghi; col proseguire della storia questo ameno paesaggio lascia il posto a montagne innevate, scorci di foresta oscura e falò che illuminano le fredde notti invernali (anche se la gente continua ad andare in giro in maniche corte, chissà perché. Anche lo splendido mantello della protagonista è smanicato, ma non hanno freddo??). Le musiche, invece, mescolano melodie antiche, dai richiami celtici, a suoni più contemporanei: la mia scena preferita è quella del ballo durante la festa del paese, che unisce balli tipicamente medievali a movenze un po’ più moderne, e che mi ha ricordato le sagre medievali che si fanno dalle mie parti, con gruppi di musicisti in costume che si scatenano al suono di tamburi e cornamuse.

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Per quanto riguarda gli interpreti, anche in questo il film è leggermente superiore a Twilight, nonostante la continuità incarnata da Billy Burke: qui è il padre della protagonista, là è il padre di Bella Swank, giusto per attirare meglio le fan senza essere troppo smaccati. Amanda Seyfried nei panni di Valerie è affascinante, innocente e molto espressiva, tanto da consentirmi quasi di sorvolare sulla scelta dei due inespressivi spasimanti, rispettivamente un gatto di marmo e un carciofo. Per fortuna, anche Lukas Haas, Gary Oldman e Julie Christie sono assai ispirati; soprattutto quest’ultima interpreta una misteriosa e ambigua nonnina, assai lontana dalla figura rappresentata nella storica fiaba. Insomma, uno sguardo a Cappuccetto rosso sangue lo darei; solo, non aspettatevi troppo, soprattutto non aspettatevi una rilettura dark dell’opera dei fratelli Grimm, di cui non rimane praticamente traccia tranne giusto verso il finale.

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Come avete letto, dunque, ci sono tantissime facce conosciute in questo film! Di Amanda Seyfried, che interpreta Valerie, ho già parlato qui. Anche Gary Oldman, ovvero Padre Solomon, ha avuto il suo momento di gloria in questi post. Virginia Madsen interpreta la madre di Valerie, e di lei ho parlato qua, mentre Lukas Haas, qui nei panni di Padre Auguste, lo trovate in questo post e, last but not least, la “nonna” Julie Christie è stata nominata qui.

Catherine Hardwicke è la regista del film. Ribadisco la sciaguratezza di questa maledetta, in quanto responsabile di aver girato Twilight dopo aver esordito con un paio di film indipendenti come Thirteen e Lords of Dogtown. Americana, anche responsabile di produzione, produttrice, art director, sceneggiatrice e regista di seconda unità, ha 56 anni e un film in uscita.

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Billy Burke interpreta il padre di Valerie, Cesaire. Salito “agli onori della cronaca” come interprete del padre di Bella Swank in tutti i film della serie Twilight, lo ricordo anche per una pellicola più tamarra ma sicuramente più dignitosa, Drive Angry 3D. Per la tv, ha partecipato a serie come Party of Five, Una mamma per amica e 24. Americano, anche sceneggiatore e produttore, ha 45 anni e quattro film in uscita.   

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Shiloh Fernandez interpreta Peter. Americano, lo ricordo per serie come Cold Case, CSI:NY, Gossip Girl e per un film che vorrei vedere da un po’ di tempo, l’horror Dead Girl. Ha 26 anni.

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Max Irons interpreta Henry. Figlio d’arte a cui auguro la stessa carriera del padre, Jeremy Irons (nonostante abbia una preoccupante fissità di sguardo che, per fortuna, difetta al genitore), ha partecipato al film Dorian Gray. Americano, ha 26 anni.

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Cappuccetto Rosso sangue non è la prima versione cinematografica della famosa fiaba. Le pellicole ad essa dedicate risalgono agli albori del cinema, ma la versione horror/dark più famosa è sicuramente In compagnia dei lupi di Neil Jordan, del 1984, di cui vi lascio il bellissimo ed inquietante trailer. ENJOY!!!

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