Dopo millemila mesi ecco tornare la rubrica dove chiunque può farmi vedere quello che gli pare, ovvero il Bollalmanacco On Demand. Oggi tocca alla blogger Tiziana beccarsi la recensione del film richiesto, quel Romanzo Criminale diretto nel 2005 da Michele Placido e tratto dall'omonimo romanzo di Giancarlo De Cataldo. La prossima pellicola On Demand sarà invece Il giorno della bestia di Áxel de la Iglesia, chiesto dall’horroromane Matteo.
Trama: nella Roma degli anni’70 un gruppo di delinquenti riesce a farsi strada nel mondo della mala e a diventare la banda criminale più potente e pericolosa della Capitale…
Ovviamente, stavolta partivo prevenuta. Mi è bastato leggere nei credits i nomi, a me abbastanza invisi, di Claudio Santamaria, Michele Placido, Stefano Accorsi e Riccardo Scamarcio per cominciare a sudare freddo e a maledire il giorno in cui ho tirato fuori 'sta malsana idea delle recensioni a richiesta. Alla vista della durata della pellicola (quasi tre ore!!) ho rischiato invece l'embolia. Per fortuna questa volta mi tocca ammettere l'errore e cospargere il capo di cenere: Romanzo Criminale ha tutte le carte in regola per rappresentare degnamente il buon cinema italiano e per una volta non sembra di guardare un prodotto televisivo anche se, lo ammetto, ho sentito spesso il riverbero inquietante e nostalgico de La piovra, tanto che mi sarei aspettata di veder spuntare in qualsiasi momento Tano Cariddi e il Commissario Cattani (che effettivamente ciccia fuori, ma in un altro ruolo). La fotografia in particolare è molto bella e la pellicola è curatissima sia per quanto riguarda la colonna sonora che per i costumi e le scenografie, ricche di quei piccoli dettagli in grado sia di collocare la vicenda in una determinata epoca sia di approfondire maggiormente la psicologia e il carattere dei personaggi (emblematica la rappresentazione delle abitazioni dei tre "capi" della banda, semplice e spartana quella del Freddo, tamarra e piena di oggetti kitsch e costosissimi quella del Dandi ed enorme ma impersonale quella di Libano). Molto interessante ed utile, inoltre, la scelta di mescolare al girato anche degli spezzoni di veri telegiornali, che innanzitutto contestualizzano "il romanzo" e poi contribuiscono a rendere ancor più verosimile la storia di questo gruppo di criminali, ispirata a quella della banda della Magliana.
Come dice il titolo, per quanto la trama della pellicola sia legata alla realtà ci troviamo comunque davanti ad un romanzo, appunto. Libano, il Dandi e il Freddo sono tre criminali troppo belli per essere veri (come dice peraltro una delle due protagoniste femminili all'altra), troppo carismatici e ripuliti nonostante il pesante accento romanazzo con cui si esprimono. E' per questo che, nel corso di Romanzo Criminale, ci troviamo spesso a parteggiare per loro e ad assecondare quasi l'idea romantica che spinge Libano e gli altri a dar vita alla banda, un'idea di libertà, di indipendenza, di conquista, il desiderio di elevarsi da un destino che relegherebbe questi giovani ad essere dei semplici impiegati, dei delinquentelli di strada, dei servitori. E' interessante vedere come spesso e volentieri questa "filosofia" di vita riesca quasi a cammuffare l'effettiva bassezza delle azioni compiute dalla banda e come purtroppo essa si ritrovi a cozzare con una realtà fatta di mafiosi, politici corrotti e oscuri burattinai dei servizi segreti, che alla fin fine offrono a Libano e soci solo l'illusione di essere liberi e potenti e sono sempre pronti a farli tornare brutalmente con i piedi per terra. Questo intersecarsi di registri diversi appassiona ed intriga, soprattutto perché i tre protagonisti principali sono delineati con una precisione e una delicatezza che raramente si trova nel cinema italiano moderno. Personalmente, ho molto apprezzato l'introduzione che ci mostra il primo, tragico crimine commesso dal trio di malviventi da ragazzini, perché racchiude già in sé quello che sarà il loro destino da adulti: Libano rimarrà per sempre lo scapestrato di buon cuore che rinuncerebbe a tutto per salvare i compagni, Freddo sarà sempre quello più distaccato e taciturno, il Dandi quello codardo, infantile e paraculo. Il fatto che i tre non cambino nel corso della pellicola fa capire quanto la loro ricerca della grandezza e della libertà sia viziata da ignoranza, preconcetti e da un distorto codice d'onore, un trittico letale che non riuscirà a far fronte allo sterminato nugolo di parassiti, nemici e profittatori che gravita loro attorno.
Appurata quindi la bontà della trama e del film in sé, passo a spendere due parole sull'aspetto che mi inquietava di più a inizio visione, ovvero gli attori. Di Pierfrancesco Favino non posso che dire bene e non solo perché è un figo pazzesco in grado di ottenebrare il mio giudizio ad ogni comparsa, ma anche per il modo in cui riesce ad interpretare un personaggio sfaccettato e complesso come il Libano senza renderlo odioso. Bravissimi anche Kim Rossi Stuart e Claudio Santamaria, ognuno a modo loro, e molto validi anche i personaggi di contorno, a partire dalla femme fatale Cinzia, interpretati da caratteristi che riescono a non trasformare dei criminali borgatari, ignoranti e burini in macchiette kitsch di cui ridere a crepapelle. Ovviamente, in mezzo a tanta dignitosa professionalità (non necessariamente bravura) spunta anche una mosca bianca; nella fattispecie il solito, mollo, inguardabile Stefano Accorsi che con la sua floscia e inespressiva interpretazione di un personaggio importante come il commissario Scialoja rischia più volte di far sprofondare il livello di Romanzo Criminale dal bello all'insopportabile. Pericolosamente sotto il livello di guardia anche la zuccherosissima e tediosa Roberta di Jasmine Trinca, l'unica cretinetti che per quasi tutto il film si beve le bugie del Freddo senza sospettare minimamente la reale natura della sua attività, fissandolo con quell'atteggiamento da Madonnina infilzata che farebbe perder la pazienza a un santo. Mi si dice comunque che gli attori ingaggiati per la serie tratta da Romanzo Criminale siano due spanne sopra, quindi a questi punti mi dichiaro MOLTO incuriosita. Nel frattempo, ringrazio Tiziana per avermi "costretta" a ricordare che il cinema italiano può offrire ancora dei prodotti validi e vi invito a guardare, se non lo avete ancora fatto, questo pregevole Romanzo Criminale.
Di Pierfrancesco Favino (Libano), Claudio Santamaria (il Dandi), Gianmarco Tognazzi (Carenza) ed Elio Germano (il Sorcio) ho già parlato ai rispettivi link.
Michele Placido è il regista della pellicola, inoltre interpreta il padre del Freddo. Forse più famoso come attore che come regista, in quest’ultima veste ha firmato film come Le amiche del cuore, Del perduto amore, Un viaggio chiamato amore, Ovunque sei e Vallanzasca – Gli angeli del male. Originario della Puglia, anche sceneggiatore e produttore, ha 66 anni.
Kim Rossi Stuart interpreta il Freddo. Romano, idolo della mia infanzia scellerata per il ruolo del bel Romualdo nella serie Fantaghirò, lo ricordo anche per film come Il nome della rosa, Il ragazzo dal kimono d’oro, Il ragazzo dal kimono d’oro 2, Il rosso e il nero, Pinocchio e Vallanzasca – Gli angeli del male. Anche sceneggiatore e regista, ha 43 anni.
Stefano Accorsi interpreta il commissario Scialoja. Non faccio mistero di quanto non sopporti quest’attore, tra i più sopravvalutati in assoluto, mi limito a segnalare la sua partecipazione a film come Jack Frusciante è uscito dal gruppo, Vesna va veloce, Radiofreccia, L’ultimo bacio, Le fate ignoranti, La stanza del figlio, Santa Maradona, Un viaggio chiamato amore, Baciami ancora e la recentissima serie tv Il clan dei camorristi. Bolognese, ha 41 anni e un film in uscita.
Riccardo Scamarcio interpreta il Nero. Altro attore il cui successo è per me assolutamente incomprensibile, ha partecipato a film come La meglio gioventù, Tre metri sopra il cielo, Manuale d’amore 2, Mio fratello è figlio unico e Manuale d’am3re. Pugliese, anche produttore, ha 33 anni e quattro film in uscita.
Antonello Fassari interpreta Ciro Buffoni. Romano, è tornato alla ribalta in questi ultimi anni per il suo ruolo nella serie I Cesaroni e ha partecipato a film come Montecarlo gran casinò, Il conte Max, Selvaggi e ad altre serie come I ragazzi della 3 C, Anni ’50 e Don Matteo. Anche sceneggiatore e regista, ha 60 anni.
Tra gli altri interpreti segnalo anche la presenza di Roberto Brunetti, alias Er Patata, nei panni di Aldo Buffoni. Del film esistono un paio di versioni: in quella tagliata sono stati omessi i riferimenti al ritrovamento di Aldo Moro e un discorso di Berlusconi, che peraltro pare sia stato censurato anche durante il passaggio di Romanzo Criminale sulle reti Mediaset. Rimanendo in ambito televisivo, la pellicola ha dato origine, nel 2008, a Romanzo Criminale – La serie, durata per due stagioni e interpretata, come già detto nel post, da attori completamente diversi. Pare sia molto meglio del film, quindi urge pronto recupero!! ENJOY!
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mercoledì 20 febbraio 2013
martedì 3 aprile 2012
I soliti idioti (2011)
Con questa recensione mi gioco un’amicizia importante e (come minimo!!) un lettore fedele, ma l’amaro calice va bevuto fino in fondo, mica si possono solo guardare film belli. Rettifico, scusate: mica si possono guardare solo film! Si perché definire tale una roba come I soliti idioti: Il film, diretto nel 2011 dal regista Enrico Lando, significa essere molto generosi.

La trama (vabbé…): il giorno del matrimonio di Gianluca, suo padre Ruggero decide di “rapirlo” e portarlo a Roma con l’intento di farlo andare a letto con una super top model, ovviamente per scommessa. Nel frattempo, il gay Fabio si convince di aspettare un figlio dal compagno Fabio, che per tutta risposta scappa di casa. Sempre nel frattempo, una coppia di ricconi cerca di raggiungere il luogo del matrimonio, perdendo il biondo figlioletto dentro a uno scuolabus pieno di piccoli immigrati. Infine, un povero fattorino sfigato si scontra con lo strapotere di un’onnipresente impiegata fancazzista.

Rileggete la trama, prego. Fatto? Bene. Potete anche evitare di guardare il “film” che ha portato al cinema milioni di italiani, perché se dicessi che oltre a quel che ho scritto c’è dell’altro sarebbe una bugia. Tanto, tanto tempo fa, quando facevo le superiori mi sembra, c’era sulla MTV italiana un programma chiamato MTV Mad, se non erro, la cui sigla faceva più o meno “Questo è il peggior programma di MTV, fa schifo anche alla nonna di Gip. Ci sono il Nongio e il Biggio…” ecc., ma quello che a voi interessa sta tutto in questo paio di strofe. C’erano già il Nongiovane, nome d’arte di Francesco Mandelli, e il suo degno compare Fabrizio Biggio, ovvero i due protagonisti principali de I soliti idioti. Fate due più due. La povera nonnina non deve più aver avuto voce in capitolo perché, anche se quella roba le faceva schifo, i due hanno continuato ad evolversi come due assurdi Pokémon fino a creare questa presa in giro italiana di un capolavoro comico come Little Britain. Non discuto il valore della serie I soliti idioti perché devo essere l’unica italiana a non averla mai guardata, ma il film è veramente pietoso e manca completamente l’obiettivo, che dovrebbe (in teoria) essere quello di far ridere.

In un’ora e mezza di durata, infatti, mi è capitato di (sor)ridere solo due volte: quando il ciclista si schianta contro la portiera aperta da Ruggero (alla prima, poi basta, visto che la cosa si ripete in tre posti diversi…) e quando lui e il figlio fanno grugnire il porcello di peluche all’autogrill (perché l’ho fatto anche io e più di una volta). Per il resto una tristezza che nemmeno avessi visto un noiosissimo filmato delle vacanze di qualche zio, a dimostrazione che le gag che funzionano come sketch di pochi minuti, diluite in un intero film diventano mortali, ma in senso negativo. Non c’era riuscito nemmeno Albanese con Qualunquemente, per dire, perché avrebbero dovuto riuscirci il Nongio e il Biggio? Ma almeno l’Antonio nazionale aveva dalla sua una divertentissima colonna sonora, quella de I soliti idioti: il film è a dir poco obbrobriosa e forse la cosa peggiore dell’intera pellicola sono i tristi siparietti musicali dei due Fabii, anche perché il Nongio a torso nudo o conciato come San Sebastiano (giuro) non si può guardare!! No, rettifico: la cosa peggiore è il terremoto finale, messo lì senza una motivazione plausibile, solo perché forse non sapevano come concludere degnamente il film. Effettivamente, Ruggero fino a quel momento aveva detto “arivaffanculo” solo poche volte, almeno un centinaio. Mi duole dirlo, ma credo sia meglio il solito, orribile cinepanettone. E il fatto che l'anno scorso abbia fatto fiasco mentre I Soliti idioti: il film è stato campione di incassi la dice lunga sulla strada che sta prendendo questo paese.

Di Gianmarco Tognazzi, che compare nei panni dell'avvocato Peverelli, ho già parlato qui.
Enrico Lando è il regista della “pellicola”. Padovano, ha diretto anche gli episodi televisivi della serie. Ha 46 anni.

Francesco Mandelli interpreta Ruggero, Sebastiano il fattorino, Fabio e Marialuce. Originario di Erba, ha partecipato a film come Tutti gli uomini del deficiente, Manuale d’amore, Natale a Miami e Natale a New York. Anche sceneggiatore e compositore, ha 33 anni.

Fabrizio Biggio interpreta Gianluca, Gisella, Fabio e Giampietro. Come attore, ha partecipato solo a questo film e alla serie da cui è tratto. Originario di Firenze, anche sceneggiatore e compositore, ha 38 anni.

La trama (vabbé…): il giorno del matrimonio di Gianluca, suo padre Ruggero decide di “rapirlo” e portarlo a Roma con l’intento di farlo andare a letto con una super top model, ovviamente per scommessa. Nel frattempo, il gay Fabio si convince di aspettare un figlio dal compagno Fabio, che per tutta risposta scappa di casa. Sempre nel frattempo, una coppia di ricconi cerca di raggiungere il luogo del matrimonio, perdendo il biondo figlioletto dentro a uno scuolabus pieno di piccoli immigrati. Infine, un povero fattorino sfigato si scontra con lo strapotere di un’onnipresente impiegata fancazzista.

Rileggete la trama, prego. Fatto? Bene. Potete anche evitare di guardare il “film” che ha portato al cinema milioni di italiani, perché se dicessi che oltre a quel che ho scritto c’è dell’altro sarebbe una bugia. Tanto, tanto tempo fa, quando facevo le superiori mi sembra, c’era sulla MTV italiana un programma chiamato MTV Mad, se non erro, la cui sigla faceva più o meno “Questo è il peggior programma di MTV, fa schifo anche alla nonna di Gip. Ci sono il Nongio e il Biggio…” ecc., ma quello che a voi interessa sta tutto in questo paio di strofe. C’erano già il Nongiovane, nome d’arte di Francesco Mandelli, e il suo degno compare Fabrizio Biggio, ovvero i due protagonisti principali de I soliti idioti. Fate due più due. La povera nonnina non deve più aver avuto voce in capitolo perché, anche se quella roba le faceva schifo, i due hanno continuato ad evolversi come due assurdi Pokémon fino a creare questa presa in giro italiana di un capolavoro comico come Little Britain. Non discuto il valore della serie I soliti idioti perché devo essere l’unica italiana a non averla mai guardata, ma il film è veramente pietoso e manca completamente l’obiettivo, che dovrebbe (in teoria) essere quello di far ridere.

In un’ora e mezza di durata, infatti, mi è capitato di (sor)ridere solo due volte: quando il ciclista si schianta contro la portiera aperta da Ruggero (alla prima, poi basta, visto che la cosa si ripete in tre posti diversi…) e quando lui e il figlio fanno grugnire il porcello di peluche all’autogrill (perché l’ho fatto anche io e più di una volta). Per il resto una tristezza che nemmeno avessi visto un noiosissimo filmato delle vacanze di qualche zio, a dimostrazione che le gag che funzionano come sketch di pochi minuti, diluite in un intero film diventano mortali, ma in senso negativo. Non c’era riuscito nemmeno Albanese con Qualunquemente, per dire, perché avrebbero dovuto riuscirci il Nongio e il Biggio? Ma almeno l’Antonio nazionale aveva dalla sua una divertentissima colonna sonora, quella de I soliti idioti: il film è a dir poco obbrobriosa e forse la cosa peggiore dell’intera pellicola sono i tristi siparietti musicali dei due Fabii, anche perché il Nongio a torso nudo o conciato come San Sebastiano (giuro) non si può guardare!! No, rettifico: la cosa peggiore è il terremoto finale, messo lì senza una motivazione plausibile, solo perché forse non sapevano come concludere degnamente il film. Effettivamente, Ruggero fino a quel momento aveva detto “arivaffanculo” solo poche volte, almeno un centinaio. Mi duole dirlo, ma credo sia meglio il solito, orribile cinepanettone. E il fatto che l'anno scorso abbia fatto fiasco mentre I Soliti idioti: il film è stato campione di incassi la dice lunga sulla strada che sta prendendo questo paese.

Di Gianmarco Tognazzi, che compare nei panni dell'avvocato Peverelli, ho già parlato qui.
Enrico Lando è il regista della “pellicola”. Padovano, ha diretto anche gli episodi televisivi della serie. Ha 46 anni.

Francesco Mandelli interpreta Ruggero, Sebastiano il fattorino, Fabio e Marialuce. Originario di Erba, ha partecipato a film come Tutti gli uomini del deficiente, Manuale d’amore, Natale a Miami e Natale a New York. Anche sceneggiatore e compositore, ha 33 anni.

Fabrizio Biggio interpreta Gianluca, Gisella, Fabio e Giampietro. Come attore, ha partecipato solo a questo film e alla serie da cui è tratto. Originario di Firenze, anche sceneggiatore e compositore, ha 38 anni.
venerdì 6 novembre 2009
Una notte al cimitero (1987)
Tempi di suine e di malanni, tempi in cui ci si ritrova a vedere un po’ il fondo della propria collezione di DVD. Che, guarda caso, è arrivata ad un cofanetto di Lamberto Bava per cui, dopo Ghost Son, mi è toccato spararmi Una notte al cimitero, filmetto prodotto da Rete Italia (ergo televisivo, ergo scadente…) e diretto dal nostro nel 1987, come parte di un ciclo di quattro film che comprendeva anche La casa dell’orco, A cena col vampiro e Fino alla morte.
La trama: cinque ladruncoli, dopo aver derubato un supermercato, fuggono in zone semi – paludose e si ritrovano appiedati a dormire nei ruderi di una chiesa costruita sopra delle catacombe. D’un tratto trovano anche una locanda con dei dubbi figuri che li sfidano a passare una notte nelle cripte per poter ottenere un favoloso tesoro che, si dice, risalga ai tempi di Giuda. Superfluo dire che nelle cripte troveranno di tutto di più..
Sono costernata. Non so davvero da che parte cominciare a parlare del trash e della pochezza che trasudano da ogni fotogramma di questa pellicola. Il film è più o meno comprensibile ed accettabile finché non comincia a dipanarsi la trama, in fondo ci sono questi strepponcelli che si perdono nel bosco e decidono di dormire nel primo luogo che trovano, ovvero le rovine di una chiesa. E da qui comincia l’assurdità… Povere creature, ovvio che in mezzo alla nebbia non si accorgano dell’enorme PUB costruito sotto la chiesa stessa (sfidando ogni logica architettonica, devo dire), con tanto di insegna “Miller” luminosa all’esterno. Colpa della nebbia, ovviamente. Ma all’interno del pub non ce n’è quindi non vedo il motivo per cui della gente con un minimo di senno ci si dovrebbe fermare, e soprattutto perché dovrebbe stare ad ascoltare bufale tipo “Qui non si parla di lupi mannari!!” oppure “Qui non si scherza sulle scommesse!” detto ovviamente da esseri che a definirli umani si fa loro un complimento; ora, passi i “clienti”, che sono giusto un po’ bianchicci (però vestiti da contadini dell’’800…) ma l’oste è un mostro orrido con l’occhio sinistro che balugina di rosso, un incrocio tra Terminator e una creatura della Troma! Ma tutto passa in secondo piano di fronte all’oro! Aah, la meraviglia di possedere una boccia di vetro con dentro gioielli, monete e carte di credito… se è vero che quel cumulo di ricchezze risale ai tempi di Giuda, mi chiedo perché all’interno ci siano per la maggior parte American Express (utili eh, in un tesoro…) e dollari americani: pub e catacombe itineranti oppure semplicemente i turisti lì ci arrivano a frotte? E tanta è la paura una volta entrati nel vivo del film e della “sfida”: cadaveri semoventi talmente pietosi che verrebbe da abbracciarli, teste baffute (suore?) incastrate nei muri che si limitano ad aprire gli occhi, impiccati volanti, pozze colme di melma fumante ed ossa, e dulcis in fundus una famiglia di freaks ottocenteschi impegnati in una cena che scappano a gambe levate appena vedono i nostri.
Scapperei anche io, povere creature, davanti ad una recitazione che non definirei imbarazzante, perché sarebbe un complimento. E’ ovvio che il doppiaggio italiano non rende, soprattutto quando i giovani attori recitano in inglese e vengono ridoppiati.Toglie loro naturalezza, e rimangono solo le espressioni facciali, che sono da dimenticare. L’unico che più o meno si salva è Tognazzi, che palesemente parla italiano e porta un po’ di brio con la sua parlata romanaccia, che pur non aiuta a far prendere il film più sul serio, intendiamoci. I personaggi in generale, al di là della capacità degli attori, sono però imbarazzanti, nemmeno dei clichè, ma proprio delle macchiette. C’è il “belloccio”, che a mio avviso è identico al Samvise del Signore degli Anelli, e che per enfatizzare questa sua “belloccità” dorme a torso nudo e fuori dal sacco a pelo mentre tutti gli altri ci si infilano con tanto di giacche. Lo vorrei vedere su a Bardineto, d’agosto, st’idiota… Ma tralasciando i lardominali scolpiti del nostro, ci sono anche le chicche della sensitiva improvvisata (una sciacquetta che nemmeno saprebbe fare due più due e che all’improvviso diventa la medium del gruppo..) e del locandiere “sinistro” che parte con la risata malefica a sproposito o alla fine di ogni battuta.
E a proposito di “fine”. Il finale è una boiata pazzesca, ad un certo punto lo spettatore è incerto se i ragazzi siano o meno morti, ma il dubbio viene fugato e il film chiuso nel modo più assurdo possibile (com’è possibile uccidere quella che dovrebbe essere, a ragion veduta, la Morte stessa?). Il picco trash del film, oltre al furgoncino Ford ipertruccato e alla cena di mostri, è ovviamente lo zombie che si prende un ceffone dalla “zomba” che ha risvegliato palpandole il seno. Per quanto riguarda la regia, è piatta e televisiva, gli effetti speciali non sono malvagi nonostante tutto, ma il tasso di gore è praticamente inesistente, come quello di ansia ed inquietudine. Evitatelo se siete da soli (perché vi addormentereste come ho fatto io ad un certo punto…) ma guardatelo tranquilli in compagnia di amici che abbiano spirito un po’ goliardico e che non vi facciano volare fuori dalla finestra: vi divertirete, credo. (ma anche no). Una curiosità: il film viene distribuito anche all’estero, ma col titolo Graveyard Disturbance.
Di Lamberto Bava ho parlato qui mentre, fortunatamente, del manzo Gregory Lech Taddeus (il belloccio) si sono perse le tracce, e anche suoi compari hanno goduto di una gloria effimera: Karl Zinny (che interpreta David) ha sicuramente ottenuto il ruolo in questo ed altri film come Demoni in quanto figliastro di Remo Girone, Lea Martino si è persa nelle nebbie di pochi film e un telefilm mentre l'altra interprete, Beatrice Ring, ha girato Zombie 3 con Fulci.
Gianmarco Tognazzi interpreta Johnny. Figlio d’arte del grande ed indimenticato Ugo Tognazzi, si è destreggiato tra commedie, drammi moderni all’italiana e produzioni televisive senza mai emergere troppo. Tra i suoi film ricordo Vacanze in America, Sposerò Simon Le Bon, Ultrà, I laureati, Romanzo Criminale. Ha 42 anni e tre film in uscita tra cui l’ennesima rovina per il cinema italiano, il cinepanettone Natale a Beverly Hills. Ma un bel Natale tra le grinfie di Al Qaeda no?
Vi lascio ora con il trailer inglese, le cui voci mi sembrano paradossalmente un pò migliori! ENJOY!!
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