Tanta è la tristezza per non essere stata tra i fortunati che sono riusciti a vedere The Irishman al cinema, che ho deciso di prepararmi alla visione su Netflix riguardando (e facendo conoscere al Bolluomo) i film che mi hanno fatta innamorare di Martin Scorsese, in primis Quei bravi ragazzi (Goodfellas), da lui diretto e co-sceneggiato nel 1990 a partire dal romanzo Il delitto paga bene di Nicholas Pileggi.
Trama: Henry Hill, dodicenne di padre irlandese e madre siciliana, comincia a fare piccoli lavoretti per il boss Paul Vario e, a poco a poco, si fa un nome nella criminalità organizzata di Brooklyn; crescendo, assieme ai "colleghi" Jimmy e Tommy mette a segno una serie di colpi, truffe ed omicidi, finendo anche in carcere, finché non decide di impelagarsi nello spaccio di stupefacenti...
Io mi vergogno a parlare di Quei bravi ragazzi, perché non ne sono assolutamente degna, men che meno in grado. Rappresenta tutto ciò che adoro in un film, a partire dall'argomento trattato, ché ho sempre avuto un debole per le storie a tema "mafia", e potrei guardarlo anche mille volte senza stufarmi mai, trovando sempre nuovi motivi per entusiasmarmi, gioire e vergognarmi davanti all'assurda vita (vera, tra l'altro) di quella grandissima faccia di merda di Henry Hill. Per la prima volta l'ho guardato con Mirco e giuro, ho provato paura. Paura che non gli potesse piacere, che lo annoiasse, che mi si spezzasse il cuore all'idea che il mio compagno potesse trovare Quei bravi ragazzi meno che folgorante, invece l'ho visto ridere, stupirsi e sconvolgersi davanti a uno dei capolavori di Scorsese, anzi, quello che per me è IL suo capolavoro indiscusso. Guardare Quei bravi ragazzi per me è come salire su una macchina sportiva guidata da un matto e cominciare una sfrenata corsa in mezzo alla città, a rischio di mettere sotto qualcuno o schiantarsi alla prima curva; Scorsese non dà nemmeno il tempo di respirare, non sta fermo un secondo con la macchina da presa (tra piani sequenza, improvvisi restringimenti di campo, soggettive, cambi di prospettiva e il montaggio fenomenale e adrenalinico della Schoonmaker c'è da diventare scemi), perché nella vita frenetica di Henry e soci non ci si può soffermare a godersi nulla e c'è sempre bisogno di nuovi soldi, gioielli, vestiti, donne, cibo, droga. Credo ci siano pochissimi altri film dove lo spettatore viene così bombardato di dettagli contrastanti, attirato un istante prima dalla prospettiva del lusso e della fama ("eravamo come stelle del cinema") e subito dopo mosso a repulsione dall'orrore di un fiotto di sangue o dalla cafoneria di un branco di parvenu disperati, di queste donne truccatissime e sfatte accompagnate da mariti di un'ignoranza e una pochezza abissali. Non solo, lo spettatore viene messo di fronte a più punti di vista ed è costretto a fungere da "freno" per questa corsa disperata, così da non farsi catturare dall'insano fascino di una famiglia che protegge e supporta i suoi membri anche quando razionalmente verrebbe da fuggire a gambe levate davanti a gente che uccide per uno scatto d'ira senza fare distinzione tra amici o nemici.
I punti di vista di Quei bravi ragazzi sono fondamentalmente due, anzi forse tre. Il primo è quello di Henry Hill, ovviamente. Voce narrante per nulla pentita, convinto fautore della vita dei "bravi ragazzi" anche davanti agli eventi più sconvolgenti, Henry è un ragazzino cresciuto con valori distorti che non è mai diventato un adulto e quindi può tranquillamente venire riconosciuto come narratore inaffidabile; non che Henry ci racconti delle palle, quello no, ogni cosa che viene mostrata sullo schermo è effettivamente avvenuta, ma ci viene presentata come la normalità oppure, al massimo, come un piccolo incidente di percorso. Accanto ad Henry, di tanto in tanto, si fa sentire la voce della moglie Karen, di religione ebraica e di buona famiglia, che prende per mano lo spettatore e lo affianca, raccontandogli "la famiglia" vista da un esterno che arriva a poco a poco a comprenderne i meccanismi, alternando un piacevole stupore a perplessità sempre più grandi, a mano a mano che la patina di glamour dorato viene grattata via rivelando uomini abietti e dollari insanguinati, umiliazioni e soprusi a non finire. A fare da "totem", poi, c'è Paul Vario, il boss, interpretato magistralmente da un Paul Sorvino al quale basta uno sguardo per farsi capire, senza bisogno di parole. Paul Vario rappresenta la sicurezza delle regole codificate della strada, il cuore nero della famiglia che protegge ed assicura il perpetuarsi dei valori, per quanto sbagliati e distorti. Persino un bambino capirebbe che i veri nemici dei "bravi ragazzi" non sono poliziotti, governo o federali (che di tanto in tanto spuntano, solo per essere trattati alla stregua di moscerini fastidiosi) ma coloro che, dall'interno, non rispettano le regole, causando così la rovina del sistema; Paul è il guardiano della tribù, silenzioso ma perentorio, la sua è l'oasi relativamente tranquilla di chi conosce quel mondo, lo teme e lo rispetta, ne scandisce il ritmo con "rituali" regolari (Paul era quello che tagliava l'aglio così fine da farlo sciogliere, per dire) mentre Henry, Jimmy e Tommy sono le tre schegge impazzite che a un certo punto, per gratificare il proprio ego, vogliono di più e mandano al diavolo ogni legge del branco, condannandolo alla distruzione senza possibilità di ritorno, come accade spesso nei film di Scorsese. Henry si da allo spaccio, Tommy ammazza senza criterio, Jimmy parrebbe quello più assennato dei tre ma alla fine copre gli altri due in ogni loro sgarro, approfittando di volta in volta dei vantaggi che gli potrebbero derivare, confermandosi così il peggiore del gruppetto.
E che attori, ad interpretare questi personaggi indimenticabili, diventati nel tempo talmente iconici che persino gli Animaniacs li hanno omaggiati con I Picciotti (o i Goodfeathers, chiamateli come volete). Andiamo con ordine. Ray Liotta interpreta Henry ed è bellissimo, almeno all'inizio, con quegli occhi azzurro ghiaccio e il piglio vincente. E' bello come la visione che ha del mondo a cui appartiene, e non si può biasimare Karen per essersi fatta infinocchiare, poi però diventa sempre più brutto e volgare; sul finale, strafatto di coca fino agli occhi, tutto attorno a lui cambia diventando l'allucinazione di un paranoico, cambia persino la fotografia, che si fa più grigia e cupa, mentre l'uomo vaga "sudato che farebbe schifo a un piede" e con gli occhi pallati. Ray Liotta ha affermato di essere "la colla che tiene assieme i glitter". In effetti, la sua interpretazione potrebbe definirsi quasi misurata, perché a risplendere di luce propria (folle, ma pur sempre luce) sono due animali da palcoscenico come Robert De Niro e Joe Pesci. Il Jimmy di De Niro è un bastardo matricolato, calmissimo, a cui basta uno sguardo per dare a intendere un mondo di oscurità e noncuranza verso il genere umano capace di rivaleggiare con quella del grande amicone Tommy, interpretato da un Joe Pesci che, giustamente, ha ottenuto una statuetta come miglior attore non protagonista. Joe Pesci fa paura in Quei bravi ragazzi, ne fa persino a me che avrò guardato il film almeno una ventina di volte e ogni volta stringo i denti nell'attesa di quello che farà Tommy ai poveri malcapitati che hanno avuto la sventura di dire una parola sbagliata, che sia "buffo", "lustrascarpe" o "vai a farti fottere". Joe Pesci è una scheggia impazzita, è la bravura di chi improvvisa e sconvolge persino i suoi colleghi attori, è l'imprevisto costantemente alle calcagna di chi fa la vita da bravo ragazzo e non sa come e dove gli capiterà di morire, è l'aspetto grottesco e tragicamente buffo di gente ridicola, meritevole di venire ridotta a cliché anche quando Scorsese, invece, la eleva a poesia pura. Per dire, è così larger than life il personaggio di Tommy che nella sequenza della "promozione" mi sale un vergognoso magone alla gola. Quanto altro avrei da dire su Quei bravi ragazzi, cominciando con l'apprezzare senza riserve quel delirio di colonna sonora, tra crooner, musicarelli, rock, Layla e My Way che accompagnano alla perfezione ogni singola sequenza. Ma sono solo una povera fangirl di Scorsese, che invece meriterebbe fior di studiosi a venerarlo come merita, e l'unica cosa che posso fare è aspettare The Irishman con trepidazione, riguardando altre mille volte quello che per me è il miglior film sulla mafia di sempre.
Del regista e co-sceneggiatore Martin Scorsese ho già parlato QUI. Robert De Niro (James Conway), Ray Liotta (Henry Hill), Joe Pesci (Tommy DeVito), Paul Sorvino (Paul Vario), Kevin Corrigan (Michael Hill), Michael Imperioli (Spider), Samuel L. Jackson (Stacks Edwards) e Tobin Bell (Agente preposto alla libertà vigilata) li trovate invece ai rispettivi link.
Lorraine Bracco interpreta Karen Hill. Americana, la ricordo per film come 4 pazzi in libertà, Nei panni di una bionda, Ritorno dal nulla e serie quali I Soprano, inoltre ha lavorato come doppiatrice in BoJack Horseman. Anche produttrice e regista, ha 65 anni e due film in uscita.
Frank Vincent interpreta Billy Batts. Americano, ha partecipato a film come Toro scatenato, Casinò e serie quali Le avventure del giovane Indiana Jones, Walker Texas Ranger e I Soprano, inoltre ha lavorato come doppiatore in Shark Tale. Anche produttore, è morto nel 2017 all'età di 80 anni.
Abbastanza scandalosi gli Oscar di quell'anno, che hanno visto Quei bravi ragazzi perdere nella categoria miglior film, regia, sceneggiatura non originale e montaggio contro Kevin Costner e il suo Balla coi lupi; ora, io sono anni che non lo guardo ma anche un po' fanculo, dai, e vivaddio nel 1991 avevo 10 anni e non sapevo quasi cosa fossero gli Oscar, men che meno Scorsese, o sai il nervoso che mi sarei fatta. A 'sti punti giustifico di più la vittoria di Woopi Goldberg come non protagonista per Ghost, al posto di Lorraine Bracco. Parlando di cose più facete, Catherine e Charles Scorsese, madre e padre del regista, compaiono rispettivamente come madre di Tommy e come Vinnie. Tra le "comparsate" di spessore dei futuri componenti del cast de I Soprano, invece, oltre agli ovvi Lorraine Bracco, Michael Imperioli e Frank Vincent che sarebbero diventati la dottoressa Melfi, Chris Moltisanti e Phil Leotardo, segnalo la presenza di Tony Sirico (il futuro, amato e odiato Paulie, qui interpreta Tony Stacks), Vincent Pastore (futuro "Pussy" Bonpensiero), Suzanne Shepherd (qui è la madre di Karen, ne I Soprano è la madre di Carmela), Tony Lip (quello di Green Book, qui interpreta Frankie The Wop, ne I Soprano invece Carmine Lupertazzi Jr.); altre comparsate di lusso sono quelle di Vincent Gallo, che interpreta un membro della banda di Henry negli anni '70, e la figlia di Lorraine Bracco ed Harvey Keitel, Stella Keitel, che interpreta la figlia maggiore di Henry. Passiamo ora a chi, per sfortuna o poca lungimiranza, non ce l'ha fatta, Al Pacino in primis, che ha rifiutato il ruolo di Jimmy per paura di diventare uno stereotipo e poi lo stesso anno è finito a fare Big Boy Caprice in Dick Tracy (anche John Malkovich ha rinunciato al ruolo, comunque), mentre per la parte di Henry all'epoca si parlava di Tom Cruise, Sean Penn o Alec Baldwin. E ora una curiosità divertente: la vita del vero Henry Hill dal momento in cui ha cominciato la vita di testimone sotto protezione, è stata portata sullo schermo come commedia ne Il testimone più pazzo del mondo, scritto da Nora Ephron, moglie di Mitch Pileggi. Magari potreste recuperarlo, nel caso Quei bravi ragazzi vi fosse piaciuto, e ovviamente aggiungere Casino, Donnie Brasco e la trilogia de Il padrino! ENJOY!
Proprio dei bravi ragazzi, attori di un certo calibro ;)
RispondiEliminaMeravigliosi. Ma del regista non si dice nulla? u.u
EliminaCiao, arrivo dal blog di Nick Parisi alla scoperta dei blog che ha nominato, nel suo Franken.meme.Un gran piacere fare la tua conoscenza, adoro il cinema, anzi il bel cinema. Mi hai fatto venire voglia di rivedere questo Film. A prestissimo, ti salvo tra i preferiti!
RispondiEliminaCiao e benvenuta!! Grazie mille per essere passata ^^
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