In questo 2020 film al cinema non ne sono praticamente usciti, quindi ritenevo non fosse possibile eleggere qualcosa a "peggior pellicola dell'anno", ma fortunatamente è arrivato Jack in the Box (The Jack in the Box), diretto e sceneggiato nel 2019 dal regista Lawrence Foler, a dire la sua!
Trama: esposto in un piccolo museo inglese, un enorme carillon contenente un clown comincia a mietere vittime...
Se un po' mi conoscete, leggendo il Bollalmanacco, saprete ormai da tempo che clown e burattini/bambole sono per me il non plus ultra del terrore. Quando ho visto la locandina di Jack in the Box me la sono preventivamente fatta sotto e sono andata al cinema consapevole che sarei morta di paura e con la gioia di riuscire finalmente a rivedere un horror in sala ma mai, e dico MAI, mi sarei aspettata le visite di Morfeo in persona durante la visione. Allo stesso modo, MAI mi sarei aspettata che la distribuzione italiana, per quanto demoniaca e malvagia ben più di un jack-in-the-box qualsiasi, avrebbe osato portare in sala, con tutti gli horror meravigliosi usciti nel corso dell'anno, l'ultimo dei fondi di magazzino, talmente brutto e malfatto da costringermi DURANTE LA VISIONE a controllare su Imdb se non si trattasse di uno straight-to-video (spoiler: non lo è. Vergogna doppia, dunque). Togliamoci subito il dente: l'unica cosa vagamente apprezzabile di Jack in the Box è il make-up del Jack in oggetto, effettivamente inquietantissimo sia nella versione demoniaca che in quella giocattolo, quest'ultimo ovviamente reso come un pupazzo talmente maligno già di suo che nessun bambino sano di mente avrebbe il coraggio di giocarci, quindi perché diamine esporlo in un museo? Purtroppo, su un'ora e mezza di durata lo Sbirulino infernale comparirà sì e no venti minuti scarsi, peraltro giocandosi fin da subito anche il minimo briciolo di mistero o suspance sulla natura della scatola in cui è contenuto, e il regista/sceneggiatore è talmente cane da non riuscire neppure ad azzeccare le uniche cose che avrebbero potuto salvare la baracca e annichilire dal terrore lo spettatore, ovvero i jump scare (esempio banale: i film di Annabelle sono cazzatelle scorrette, ma assolvono al loro compito di privare lo spettatore del sonno).
Il resto, banalmente, è fuffa. L'impianto generale di regia, scenografia, montaggio e colonna sonora è televisivo, in un'accezione tutta anni '90 (brutti) del termine, quindi piatto che più non si può, la sceneggiatura è invece semplicemente imbarazzante e piena di tristissimi momenti morti riempiti da dialoghi di rara tristezza. Vi basti solo pensare, tanto un film simile potete anche spoilerarvelo, che il protagonista è un americano emigrato in Inghilterra a seguito di un trauma insormontabile e che tale trauma si riassume nell'aver "causato" la morte della fidanzata ignorando la telefonata notturna in cui lei, invece di chiamare il 911, ha preferito comunicare a lui la presenza di un tizio nel parco pronto ad accoltellarla. Proprio una volpe, non c'è che dire! Indecisa se ridere o piangere davanti a tanta sfiga, la coprotagonista accoglie ovviamente le confessioni indirette dell'American in England come farebbe chiunque: cambiando argomento e parlando di aria fritta per minuti interminabili, ammorbando il film con queste inquadrature da soap opera popolate da attori che sfigurerebbero persino ne Gli occhi del cuore. Non c'è un solo membro del cast che non sia la quintessenza della mancanza di personalità, sembra di avere davanti un raduno del PD ambientato in Inghilterra (per dire, ci sono personaggi "topici" come "il demonologo", "il matto traumatizzato" e "il poliziotto" che dovrebbero spiccare, invece nulla, nemmeno il casting hanno azzeccato), e il film è realizzato talmente coi piedi che, a un certo punto, scompare una donna... e il manifesto che ne comunica la scomparsa mostra palesemente un'altra persona. Concludo citando ciò che ho scritto su Facebook a fine visione: "Jack in the Box è un film talmente brutto che invece di aver paura di trovarmi davanti il pagliaccio/demone titolare ho sperato succedesse per potergli tirare un calcio nei marroni".
Lawrence Foler è il regista e sceneggiatore della pellicola. Nato in Galles, ha diretto film come Curse of the Witch's Doll. Anche produttore, ha 30 anni.
Purtroppo è già in progetto un seguito del film, che dovrebbe uscire l'anno prossimo. Personalmente, non andrò a vederlo nemmeno per sbaglio, voi fate un po' come volete e, se vi piace il genere, recuperate la serie Annabelle e aggiungete il pregevole Terrifier e Dead Silence. ENJOY!
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