Trama: Hirayama lavora come addetto alle pulizie delle toilette pubbliche di Tokyo e le sue giornate scorrono tra solitari rituali casalinghi e sporadici imprevisti...
Sono andata a vedere Perfect Days non solo perché me lo ha chiesto la mia amica, ma anche perché, come ormai ben saprete, adoro il Giappone e mi intrigava l'idea di guardare un film radicato nella quotidianità di un uomo impegnato in un lavoro umile ma a stretto contatto con le persone. Credevo che il protagonista si sarebbe confrontato con la varia umanità costretta a frequentare un posto "necessario" come una toilette pubblica, offrendo così allo spettatore un punto di vista inedito sulla società nipponica, filtrata dall'occhio di un regista occidentale ma coadiuvato da un cast, uno sceneggiatore e un comparto tecnico autoctono. Invece, Perfect Days è il ritratto intimo di una persona descritta attraverso la reiterazione dei suoi riti quotidiani, intervallati da sporadiche interazioni con pochi colleghi, conoscenti o parenti. Nel corso del film assistiamo ai "giorni perfetti" di Hirayama, dalla sua sveglia al suono della scopa in saggina della vicina di casa che spazza la strada, ai sogni astratti in bianco e nero che lo accompagnano nel sonno, fino a diventare familiari con quest'uomo tranquillo e taciturno, che riserva i suoi rari sorrisi a ciò che, nel corso della giornata, lo meraviglia o lo riconcilia con l'esistenza. A dispetto del titolo, Hirayama non è un uomo felice. Non sappiamo perché le sue giornate siano scandite da una regolarità quasi patologica (è ossessivo-compulsivo o, forse, nel suo passato e nel suo animo si nasconde così tanto caos che l'unico rimedio è un ordine totale? Non lo sapremo mai...) né perché viva da solo dopo aver rotto i rapporti con la famiglia apparentemente abbiente, decidendo di lavorare per una ditta che pulisce sanitari pubblici e rinchiudersi in un appartamento privo di alcun comfort, ma di sicuro l'esistenza gli causa dolore e la sua apparenza serafica, il suo disperato tentativo di circondarsi di cose rilassanti e belle (bonsai, musica, libri, natura), sono armature per evitare di venire travolto e soccombere. Da spettatrice, ho cercato di aprire il cuore a Hirayama e, in parte, ci sono anche riuscita. Non è facile, perché il protagonista è respingente, sempre compresso all'interno del suo silenzio distaccato, ma Koji Yakusho lascia trasparire tutta la fragilità di un animo sensibile e probabilmente inadatto alla vita sociale, in bilico tra il desiderio di condividere le proprie emozioni e quello di non avere mai più a che fare con un altro essere umano.
L'altra cosa respingente, che mi porterà a non riguardare mai più Perfect Day finché campo e ad ammantarmi di ignoranza cinematografica (per la quale mi pento e mi dolgo, ecc.), è la ripetitività del film. Capisco che è voluta, per la prima mezz'ora l'ho trovata anche affascinante e, come Hirayama, ho cercato di scovare ciò che di poetico, bello e buono circonda il protagonista anche in questa sorta di limbo a cui si è condannato, dopodiché è subentrato l'effetto Paterson/Skinamarink e la mia sensibilità ha lasciato il posto ad un feroce cinismo che mi ha portata a definire il film "un Amélie al maschile, ambientato nei cessi pubblici, ma senza gioia né colori". Il che, per moltissimi spettatori intelligenti, potrebbe anche essere un pregio (lo dimostrano le mille recensioni entusiaste che ho intravisto in rete), ma io a una certa mi sono chiesta dove volesse andare a parare Wenders, a parte mettermi la nostalgia per il Giappone e i panorami urbani di Tokyo, oppure abbattermi alla sedicesima sequenza in cui il protagonista si alza, piega il futon, bagna i bonsai, beve il caffè in lattina, mette su la cassettina. Ogni tanto mi veniva anche voglia di scrollarlo questo Hirayama, di spronarlo ad aprirsi non dico col collega deficiente, ma almeno col bel donnino del ristorante, oppure con la dolcissima nipotina, alla faccia dell' "un'altra volta è un'altra volta, adesso è adesso"; poi però Wim Wenders mi fa quella ripresa di Koji Yakusho in macchina, quel primo piano devastante in cui l'attore va a fare compagnia a Mia Goth in una delle espressioni di dolore cosmico da dissimulare ad ogni costo più belle di sempre, e io non riesco a rimanere cinica al 100%, né a sconsigliarvi Perfect Days. Perché non nego di essermi fatta spesso due palle cubiche, ma come faccio a non volere bene al Giappone, alla poesia dei parchi, a una gentildonna che canta The House of Rising Sun in giapponese, a un omino triste che si impegna a rendere i cessi un posto talmente pulito che ci si potrebbe mangiare, a piccoli bonsai curati con amore? Guardatelo, e ditemi se anche voi siete combattuti quanto me!
Wim Wenders è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Tedesco, ha diretto film come Paris, Texas, Il cielo sopra Berlino, Buena Vista Social Club e The Million Dollar Hotel. Anche produttore e attore, ha 79 anni.
Koji Yakusho interpreta Hirayama. Giapponese, ha partecipato a film come Memorie di una geisha e, come doppiatore, ha lavorato in The Boy and the Beast, Mirai e Belle. Anche regista, sceneggiatore e produttore, ha 68 anni.
Io l'ho trovato meraviglioso... sia il protagonista che il film. Per me è uno dei più belli dell'anno, ma questo è un film talmente intimo che la sensibilità di chi guarda la fa da padrone, ed è diversa da persona a persona. Mi colpisci quando scrivi che il protagonista è un uomo infelice: io d'istinto ho pensato esattamente il contrario... però a pensarci bene è vero: Girata a (per me) è un uomo SERENO, che ha fatto pace con il suo passato. Ed è una cosa ben diversa
RispondiEliminaHirayama, non "girata". Maledetto t9!
EliminaOh, aspettavo un vero cinefilo!!
EliminaGuarda, più passano i giorni più continuo a pensare al film, quindi obiettivamente penso che, al di là di un umanissimo "scoglionamento" durante la visione, mi è piaciuto più di quanto avessi pensato.
E mi intriga molto il fatto che ognuno interpreta quello che sente come suo. Anche la mia compagna di visione ha parlato di tristezza, per esempio. Ho provato a pensare al concetto di serenità e di fare pace col suo passato ma non riesco a farlo mio: dal passato Hirayama è fuggito e continua a fuggire, la sua scorza viene intaccata in superficie dalla nipote, ma il rifiuto di avere a che fare con la famiglia è tangibile. Non so, il suo comportamento, al limite dell'ossessivo, così ritualizzato, mi ha fatto proprio pensare a un modo per ingabbiare le emozioni superflue e negative, per impedirsi di ricordare; una pratica costante, un impegno ricercato, proprio perché il passato è sempre lì, pronto a ghermirlo, con un dolore che lo accompagna quotidianamente. Ma questa è la mia interpretazione e può essere sicuramente sbagliata!
Non credo che esistano interpretazioni giuste o sbagliate, dipende appunto da quello che sentiamo "noi"... A me pare (ma forse è solo quello che immagino io) che Hirayama affronti la sua routine sempre con il sorriso sulle labbra. È un uomo che ha trovato la forza di ricominciare a vivere e il suo passato non gli pesa più. La notte dorme, riesce a leggere qualche pagina, e la mattina dopo si gode le prime luci del giorno. Ascoltando sempre musica malinconica, è vero, ma è l'unico legame con un passato oscuro che ora non gli fa più paura ..
EliminaProbabilmente il significato reale del film lo sa solo Wenders, o magari siamo noi liguri ad essere malinconici, perché anche un paio di altre mie amiche (senza accordarci, giuro!) hanno dato la mia stessa interpretazione!
EliminaDal tuo post capisco che deve essere un bel film, ma son troppo una bestia per apprezzarlo.
RispondiEliminaIo però una visione la consiglio, magari ti piacerà moltissimo!
EliminaFresco fresco di visione. Non ho parole per descrivere questo gioiello perfetto che mi ha colpita dritta al cuore. Dieci e lode , anche perché non mi aspettavo tanta bellezza. Applauso sincero a Wenders, qui minimalista che riesce a dipingere con poco un personaggio complesso , dolori passati e capacità di rinascere e vivere giorno per giorno per amore della vita stessa. Wenders ha scelto personalmente la colonna sonora, che racconta molto, laddove il nostro protagonista tace. Ho sorriso con lui alla fine sulle note di Nina Simone. Commossa come lui. E' un uomo molto amato e rispettato, questo pulisci-gabinetti che legge Faulkner , ascolta musica vintage su supporti analogici, fotografa in b/n con una Olympus non digitale. La vita è luci ed ombre, la felicità è nelle piccole cose ma solo se sai coglierle e di certo non prescinde dalle ferite passate e presenti. Che altrimenti la felicità non esisterebbe. E c'è persino l'happy ending, Erica, mi sa che te lo sei perso. 😉 Piccolo spoiler, perdonatemi :
RispondiEliminala ricchezza interiore di Hirayama è vincente. Un amore molto nascosto ha un futuro e la giovane nipote tornerà molto presto. "It's a new day, it's a new life...and I'm feeling good". Grazie Wenders.
Sono contenta che ti sia piaciuto, davvero, perché comunque l'ho trovato un film bello e particolare. Ma non sono l'unica ad essersi persa l'happy ending, moltissime persone che conosco sono uscite dalla visione col cuore spezzato. Forse perché siamo liguri e naturalmente cupi e pessimisti?
EliminaIo ho visto il film come una rinascita, da zero una nuova vita. Le ferite del passato (che non ci vengono rivelate) guariscono nel tempo. La ristoratrice canterina e la nipote Nico sono il futuro affettivo di quest'uomo sensibile, attento, silenzioso ma ricco di ritrovato amore per la vita. Credo di averlo percepito in modo del tutto opposto. Per me è un film ottimista.
EliminaE' un film che di sicuro vorrò rivedere tra 10 anni (si dice che in quel lasso di tempo i gusti cambiano, no?) perché sicuramente lo percepirò in maniera del tutto diversa. Ora come ora, ci ho visto molto sforzo per cercare di essere felice, nonostante le cose indubbiamente positive che accadono al protagonista. Ancora troppe cose che mi fanno percepire i suoi riti come una forzatura per non impazzire. Come ho detto, sono pessimista di natura ma accolgo di buon grado le interpretazioni ottimiste (e sicuramente più corrette!) come la tua:)
EliminaNon credo ci sia un modo più corretto di altri per recepire questo film. È abbastanza aperto alle emozioni dello spettatore. 🫠🌞
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