venerdì 6 maggio 2016
La foresta dei sogni (2015)
Trama: Arthur decide di andare in Giappone, nella foresta di Aokigahara, per suicidarsi. Lì però incontra Takumi, un uomo che si è perso e non sa come tornare dalla sua famiglia, e decide di aiutarlo prima di compiere l'estremo gesto...
La prima cosa che ho fatto dopo la visione de La foresta dei sogni è stato cercare su Google "A perfect place to die". Come immaginavo, il primo risultato è un link che rimanda alla pagina Imdb dedicata al film A Lonely Place to Die ma subito dopo si comincia a parlare della foresta di Aokigahara, definita come IL posto perfetto per morire nell'opera più famosa di Wataru Tsurumi, Il manuale completo del suicidio. Quindi il luogo descritto da Van Sant nel suo ultimo film esiste davvero, si trova ai piedi del monte Fuji e pare che annualmente moltissime persone scelgano di suicidarsi lì, tanto che si dice che ormai negli alberi dimorino gli spiriti inquieti dei defunti, cosa che rende la foresta ancora più spettrale e in qualche modo "mitica". Questi sono i presupposti da cui parte La foresta dei sogni, che vede l'americano Arthur Brennan imbarcarsi per il Giappone e giungere infine in questo posto zeppo di cartelli, scritti in giapponese ed inglese, che invitano i visitatori a riconsiderare la propria esistenza e trovare almeno UN pensiero felice a cui aggrapparsi prima di ricorrere all'estremo gesto. A quanto pare Arthur pensieri felici non ne ha ed è pronto a farla finita, se non che ad un certo punto incontra Takumi, un uomo che ha scelto di suicidarsi a causa di problemi sul lavoro salvo poi pentirsi, richiamato alla ragione dal pensiero della moglie e della figlia; Arthur, benché riluttante, decide di aiutarlo ma la foresta nasconde più di un'insidia e il viaggio intrapreso per porre fine alla propria vita diventa un estenuante percorso sia fisico che spirituale per capire sé stesso e i sentimenti che lo hanno portato fino lì. La foresta dei sogni è un film che parla di persone imperfette, incapaci di godere della propria felicità e spinte da un insano e costante desiderio di farsi del male, troppo impegnate a coltivare uno sciocco sentimento di rivalsa per abbandonarsi ad un moto di sincerità che rischierebbe di lasciarle deboli e vulnerabili ed è quindi quel tipo di pellicola che un po' ci costringe a guardare dentro di noi e vergognarci dei nostri limiti.
Nonostante i buoni propositi, la trama non è comunque priva di ingenuità e, sebbene alla fine tutto torni in maniera assai poetica, riuscendo persino a risollevare l'animo dello spettatore con un lieve afflato di speranza, qui e là nel corso della pellicola subentrano momenti di noia e, peggio ancora, di tragedia talmente esagerata che non si può fare a meno di alzare gli occhi al cielo (Arthur ha una sfiga fuori dal comune, io ve lo dico). D'altronde, la prima cosa che salta all'occhio se invece di cercare su Google "A perfect place to die" si digita "The Sea of Trees", è la reazione scomposta del pubblico durante la proiezione del film al festival di Cannes, dove a quanto pare la pellicola di Van Sant si è beccata la sua buona razione di fischi. Francamente una reazione simile mi sembra esagerata tanto quanto la scelta di portare La foresta dei sogni sulla Croisette: il film è semplice ma gradevole, regala momenti commoventi e altri di grande riflessione, tuttavia non è così innovativo o sensazionale da meritare una vetrina internazionale così importante. La regia di Van Sant, la cui macchina da presa si concentra a volte sui volti sofferenti degli attori, altre sulla maestosità della foresta di Aokigahara e spesso sulla sua impenetrabilità, non ha purtroppo lo stesso respiro epico di un Iñarritu o un Malick, e lo stesso vale per la fotografia e il montaggio, ma in compenso gli attori sono uno più bravo dell'altro. Quello di Arthur non sarà il ruolo più memorabile di McConaughey (anche per colpa della sceneggiatura di cui parlavo sopra) ma il buon Matthew ci mette impegno e passione, mentre Naomi Watts pare tornata ai vecchi fasti e regala una delle interpretazioni migliori degli ultimi anni. Secondo la mia modesta opinione quindi La foresta dei sogni merita una visione, soprattutto se siete amanti del Giappone e avete voglia di vedere in sala un paesaggio diverso da quello della solita, ormai abusata Tokyo.
Del regista Gus Van Sant ho già parlato QUI. Matthew McConaughey (Arthur Brennan) e Naomi Watts (Joan Brennan) li trovate invece ai rispettivi link.
Ken Watanabe (vero nome Kensaku Watanabe) interpreta Takumi Nakamura. Giapponese, ha partecipato a film come L'ultimo samurai, Batman Begins, Memorie di una geisha, Inception e Godzilla. Anche produttore e regista, ha 57 anni e un film in uscita.
martedì 19 novembre 2013
The Canyons (2013)
Trama: Christian è un ricco figlio di papà. Tara una donna insicura che non riesce a mantenersi da sola. La loro relazione si regge in piedi solo grazie alla reciproca fiducia, che consente loro di essere una coppia a dir poco aperta. Quando la fiducia verrà meno, però, cominceranno i guai...
Si può dire "Bret Easton Ellis hai rotto le palle"? Sì, si può dire. Soprattutto se è dal 1985, quasi trent'anni per la miseria, che lo scrittore spacca i marroni con le solite storie di depravazione, droga, ricchi annoiati, ménage a cinq o anche a six, il solito parvenu che alla fine sbrocca e ammazza qualcuno e infine, che è la cosa che più mi fa imbestialire pur non essendo gay, il fatto che lui, bisessuale dichiarato, descriva sempre gli omosessuali uomini come delle checche pazze che non aspettano altro che si palesi loro davanti un'enorme ciolla per perdere ogni remora e inibizione. E che banalità, che stereotipi, che noia mortale!! Basta con queste trame fatte di nulla! Va bene, la società moderna è vuota e vanerella, ancor più dopo che sono stati introdotti i social network, ma The Canyons è veramente l'apologia del NULLA, zeppo di gente che non sa "quando sta facendo su questa teRa", che passa le giornate ad organizzarsi la scopata serale, che vive di pettegolezzi, gossip, lavoretti saltuari, psichiatri ecc. ecc. Ce ne sono molti di film basati su assunti simili (diciamo Bling Ring?), ma in TUTTI succede qualcosa. In The Canyons non succede nulla o, meglio, nulla che riesca a catturare l'interesse di uno spettatore che vorrebbe vedere tutti i protagonisti impiccati, mutilati o sventrati da un redivivo Patrick Bateman e farla finita lì dopo 20 minuti di film.
Non mi vengano a dire, come ho letto su non ricordo quale sito, che The Canyons è l'incarnazione della tristezza e del dolore interamente racchiusi nell'interpretazione di Lindsay Lohan. Se una cagna strafatta di qualsiasi sostanza, rifatta, cicciona, vajassa da far schifo dovrebbe mettermi tristezza o perlomeno muovermi a simpatia allora mi approprio del titolo di Cuordipietra dell'anno perché a me veniva solo voglia di prendere a ceffoni lei e insultare il personaggio di Tara, l'essere più mollo e inutile mai portato su pellicola. Grandiosa anche l'idea di affidare il ruolo di protagonista a tale James Deen, al secolo Bryan Matthew Sevilla, attore dalla mazza prominente ma dalle capacità recitative pari a quelle di un gatto di marmo, costretto ad interpretare un altro personaggio inutile, odioso e vuoto come le sale cinematografiche abbandonate che costellano la pellicola. A tal proposito, se Easton Ellis voleva criticare la morte di un cinema ormai scevro di passione e schiavo del business, non è girando una roba come The Canyons che si infonde linfa vitale all'industria, anzi: se fossi superficiale come i personaggi del film non varcherei più la soglia di un cinema finché campo, per la paura di vedere un'altra mmerda simile. E se Easton Ellis e Paul Schrader volevano scioccare l'audience (o farla riflettere, di nuovo, sul vuoto della vita...) con scene di sesso e perversione bisognerebbe dir loro che i tempi sono cambiati, perché quel paio di imbarazzanti inquadrature full frontal o il rapporto a quattro sotto le lucine alla Quagmire fanno al limite sorridere e non riescono nemmeno a risultare trash. Non quanto la guest appearance del povero Gus Van Sant, utile ai fini della "comprensione" di siffatto capolavoro quanto un porchettaro davanti a una moschea. E con questo chiudo il post, ché The Canyons non merita altre parole.
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No, non merita altre parole. Quest'immagine dice tutto. |
Citazione Totosa: "Comunque mi aspettavo più ciolle"
Del regista Paul Schrader ho già parlato qui mentre Lindsay Lohan (Tara) e Gus Van Sant (Dr. Campbell) li trovate ai rispettivi link.
James Deen (vero nome Bryan Matthew Sevilla) interpreta Christian. Americano, la sua carriera ovviamente si basa interamente sul porno (nel 2009 e 2013 ha vinto il premio come miglior "performer" dell'anno agli AVN Awards, premi indetti dalla rivista porno AVN, mica cazz... ehm...): tra i titoli più esilaranti del suo ultimo anno di attività segnalo Too Small to Take It All 5, Anal Buffet 8, James Deen Loves Butts, Weapons of Ass Destruction 7 o MILF Mania!!!! (i punti esclamativi non li ho messi io. Sono parte del titolo, giuro). Anche regista e produttore, ha 27 anni.
Nolan Gerard Funk interpreta Ryan. Canadese, ha partecipato a film come X-Men 2, Riddick e a serie come Taken, The L World, Smallville, La zona morta, Supernatural e Glee. Anche produttore, ha 27 anni e due film in uscita.
A Jeremy Renner era stato offerto il ruolo di Reed che, per la cronaca, è il ragazzetto che viene invitato all'inizio in casa di Tara e Christian. Se Dio vuole non se n'è fatto nulla, anche se sicuramente sarebbe stato molto meglio vedere lui di quella sorta di cancello che è poi stato ingaggiato. L'altro ad averla scampata bella invece è stato Jason Sudeikis, a cui era stato offerto il ruolo del Dr. Campbell. Sinceramente, non comprendo come un film simile possa piacere ma, in caso The Canyons vi abbia soddisfatti, consiglio il recupero di Sex Crimes - Giochi pericolosi. ENJOY!
martedì 22 novembre 2011
I predatori del Bollalmanacco perduto: Psycho (1998)
Comincerò con Psycho di Gus Van Sant... ENJOY!!
Ci sono dei film che sono capolavori assoluti, a prescindere dal genere. E poi, ovviamente, ci sono i remake, più o meno belli, i prequel e i sequel (spesso pessimi) e cose come lo Psycho di Gus Van Sant che non si limita ad essere un remake, ma un omaggio scena per scena, una copia precisa ed aggiornata dell’opera di Hitchcock, una testimonianza dell’allievo verso il Maestro indiscusso impreziosita da una colonna sonora che, aggiornata dal dio Elfman, non penalizza affatto le splendide e famosissime musiche di Bernard Herrmann.
La trama, per chi non la sapesse, è questa: Marion Crane lavora in banca, un’umile impiegatuccia che ha una tresca con un altro poveraccio che non arriva alla fine del mese. L’occasione per cambiare vita si presenta quando un miliardario deposita nella sua banca una somma di denaro spropositata, che le viene affidata. Marion prende i soldi e scappa, finendo a rifugiarsi nel Bates Motel, gestito da Alan Bates, tassidermista vessato da una madre carogna. Rifugio infausto, visto che la povera Marion, come da leggenda, viene fatta fuori nella doccia dalla madre di Bates… e lì cominciano le indagini (e il vero fulcro del film).
Come dicevo sopra, più che un remake questo è un omaggio, rifatto scena per scena, dello Psyco originale, ambientato ai nostri giorni ma con un gusto molto retrò, sia per gli ambienti che per i costumi (si vedano le splendide mise di Anne Heche o l’abito molto “bogartiano” del detective Arbogast) che, a mio avviso, anziché esaltare i pregi dell’originale, affossa completamente una trama che, per chi ha già visto la pellicola di Hitchcock, si rivela essenzialmente banale e anche un po’ kitsch (Vince Vaughn imparruccato e caramellomane non si può vedere!). Certo, l’analisi della schizofrenia è sempre interessante, soprattutto per l’inquietante finale che si discosta un po’ dall’originale, e gli attori sono bravini (seppure ogni personaggio sia una figuretta bidimensionale eclissata da quello di Norman Bates) ma alla fine questo film è stato così tante volte ridotto a clichè e parodia che qualunque cosa si discosti dal Capolavoro del regista inglese sa un po’ di presa in giro commerciale.
Rammento infatti che ai tempi ci fu un gran battage pubblicitario per questo remake.. oggetti ora introvabili come la tenda da doccia completamente rossa sangue con il logo della pellicola, per esempio. Mentre invece, parlando di parodie, a mio avviso la migliore è e resterà sempre Il Silenzio dei Prosciutti del nostrano Ezio Greggio, che vanta nel cast la presenza di Martin Balsam (il detective Arbogast dello Psyco originale), Billy Zane, Dom DeLuise e anche John Astin, il Gomez della vera Famiglia Addams. Impareggiabile… IGHIBU’!!
Gus Van Sant è un regista americano esperto di film stilosi, patinati e soprattutto commerciali. Non ne vado proprio matta, ma tra le sue pellicole ricordo Belli e dannati, Cowgirls il nuovo sesso, Will Hunting e Elephant. Ha 56 anni e due film in uscita.
Vince Vaughn interpreta Norman Bates ed è, lo ammetto, una mia debolezza, da quando mi sono vista almeno cinque o sei suoi film in Australia. In originale è incomprensibile, ha una parlantina velocissima ed è logorroico da morire. Però è un fico, c’è poco da fare. Tra i suoi film ricordo Il mondo perduto: Jurassic Park, l'orrendo The Cell - La cellula, Starsky and Hutch, Dodgeball, l'esilarante Anchorman: The Legend of Ron Burgundy, Due single a nozze. Ha 38 anni e due film in uscita.
Anne Heche interpreta Marion Crane. Salita alla ribalta ai tempi per essere la fidanzata di Ellen DeGeneres, la prima attrice ad essersi dichiarata liberamente lesbica e fiera di esserlo, ha interpretato tra gli altri Donnie Brasco, So cosa hai fatto, Sei giorni sette notti e ha partecipato, per la tv, a serie come Allie McBeal, Ellen, Nip/Tuck. Ha 39 anni e un film in uscita.
William H. Macy, che interpreta il Detective Arbogast, è uno dei miei attori/caratteristi preferiti, sposato con la splendida Felicity Hauffman. Assieme alla lunga partecipazione al serial ER lo ricordo in Radio Days, Il cliente, Fargo, Air Force One, Boogie Nights - L'altra Hollywood, Pleasantville, Magnolia, oltre che alla serie Incubi e deliri. Ha 58 anni e sei film in uscita.