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mercoledì 27 giugno 2018

Obbligo o verità (2018)

Incurante delle stroncature e approfittando della vincita di un bel biglietto gratis, lunedì sono andata a vedere Obbligo o verità (Truth or Dare), diretto e co-sceneggiato dal regista Jeff Wadlow.


Trama: un gruppo di amici decide di andare in Messico per lo spring break. Lì i ragazzi si ritrovano coinvolti in un demoniaco gioco di obbligo o verità, con conseguenze terribili.



Non mi stancherò mai di ribadirlo: più si va al cinema con aspettative basse, minore sarà il diludendo e viceversa. Da Obbligo o verità non mi aspettavo nulla e, come direbbe Frank'n'Furter, "ne ho avuto in abbondanza". La pellicola di Jeff Wadlow parte da un assunto intrigante che a tratti (soprattutto nel simpatico finale, forse un po' tanto paraculo ma d'effetto, sicuramente meglio del terrificante  momento "risolutivo" della vecchia messicana,) viene anche sviluppato bene, per quanto il senso del discorso sia sempre quello di mostrare il solito gruppo di ragazzini costretti ad affrontare un'entità sovrannaturale che cerca di farli fuori uno per uno; il gioco di obbligo o verità spinge gli sceneggiatori a coinvolgere il pubblico più per quel che riguarda gli altarini scoperti dalle domande scomode invece che a trattenere il fiato davanti alle improbabili, prevedibili e flosce sfide "fisiche" (a tal proposito, ho visto di peggio in Nerve. Ho detto tutto...), godendo della progressiva disgregazione di una compagnia troppo perfetta per essere vera. Il sorridente demone "della paresi berlusconiana", da trama, punisce chi è tanto sciocco da rifiutarsi di ottemperare all'obbligo oppure mente dopo aver scelto verità e ovviamente ha un altro paio d'assi nella manica per evitare che, capito il meccanismo, il gioco diventi troppo facile. Il risultato di queste punizioni sono morti che dovrebbero essere casuali e fantasiose quanto quelle di un Final Destination qualsiasi ma, in realtà, a causa di un PG-13 che elimina dalla pellicola quasi ogni traccia di sangue o immagine "forte", ciò che rimane allo spettatore è l'arrampicarsi sugli specchi di regista e montatori che cercano di riportare ogni sequenza dal punto di vista meno impressionante possibile; persino gli jump scare, già pochi, sono estremamente garbati e se sperate in almeno un salto sulla sedia cascate davvero malissimo.


In realtà, Obbligo o verità è la versione moderna di uno di quei teen thriller/horror sovrannaturali che andavano di moda negli anni '90, quindi non ci sarebbe neppure troppo da criticarlo se non fosse per la mancanza di coraggio che mostra (compensata da molta sfacciataggine, ché nominare Get Out nel poster è davvero da ribaldi). La cosa che mi ha veramente dato addosso, al netto di un casting che si concentra giusto su tre/quattro personaggi principali e affida i comprimari a un branco di anonimi cagnolini, è la scelta di infilare un ragionamento cretino per ogni atteggiamento condivisibile dei protagonisti, oltre alla pigrizia e all'incoerenza con le quali gli sceneggiatori hanno deciso di risolvere la maggior parte degli snodi della trama. Per esempio, è normale che a un certo punto una dei protagonisti sbrocchi e arrivi a minacciare chi mostra di volersene sbattere di lei, dei suoi amici e della maledizione che li ha colpiti, è un atteggiamento condivisibile che probabilmente adotterei anche io nella stessa situazione; meno comprensibile è chi, una volta capito che chiunque non ottemperi all'obbligo muore, mette il muso perché la vittima è costretta ad andare a letto col suo fidanzato (...) oppure che si scateni il teen drama perché dopo una verità la protagonista viene a scoprire che 'sto cristiano è innamorato della sua migliore amica. Giovane, un'entità demoniaca ti sta attaccata alle chiappe e tre tuoi amici sono già morti (cosa che vi ha fatto giusto spendere due lacrime e basta...), ti pare il caso di strapparti i capelli per una simile quisquilia?? Mah. La verità è che Obbligo o verità è un filmetto sfigo che lascia il tempo che trova e obiettivamente obbligare qualcuno a vederlo sarebbe un'azione degna di un demone!


Del regista e co-sceneggiatore Jeff Wadlow ho già parlato QUI mentre Nolan Gerard Funk, che interpreta Tyson Curran, lo trovate QUA.

Lucy Hale interpreta Olivia Barron. Americana, ha partecipato a film come Scream 4 e serie quali The O.C., I maghi di Waverly, CSI: Miami, How I Met Your Mother e Pretty Little Liars. Anche produttrice, ha 29 anni.


Landon Liboiron, che interpreta Carter, era il Peter Rumancek di Hemlock Grove. Detto questo, se Obbligo o verità vi fosse piaciuto recuperate la saga di Final Destination, Long Time Dead e Cry Wolf, sempre diretto da Jeff Wadlow. ENJOY!


domenica 8 novembre 2015

Hates - House at the End of the Street (2012)

Qualche sera fa mi è capitato di vedere Hates - House at the End of the Street (House at the End of the Street), diretto nel 2012 dal regista Mark Tonderai. Non l'avessi mai fatto...


Trama: Elissa e la madre si trasferiscono in una nuova casa, acquistata a buon prezzo perché qualche tempo prima, nell'edificio di fronte, una ragazza aveva ucciso i propri genitori e poi era scomparsa. Nella casa tuttavia vive ancora Ryan, fratello dell'assassina e unico sopravvissuto alla strage, il quale ovviamente nasconde un segreto...



Mio Dio che due marroni. Probabilmente la maggior parte di coloro che leggono il Bollalmanacco avranno già avuto la sventura di incappare in Hates (non ho voglia di scrivere ogni volta il titolo completo) e capiranno di cosa sto parlando ma gli altri probabilmente non avranno idea di quale noia camurriosa sia la visione di questa pellicola. Il film di Mark Tonderai fa toccare alla frase "non succede niente" nuove forme di significato, una più menosa dell'altra: in Hates non solo non succede niente ma i personaggi "fanno cose" tanto per, si incaponiscono sui soliti problemi di incomprensione generazionale, indulgono in storie d'amore che nascono giusto per esigenze di copione e muoiono rigorosamente fuori scena, non sia mai che agli spettatori tocchi vedere una singola goccia di sangue e risvegliarsi così dal torpore (con tutto ciò, in Italia l'hanno vietato ai minori di 14 anni. Mah). Io credo veramente che Jennifer Lawrence, ora come ora, non parteciperebbe ad un film simile nemmeno se ne andasse della sua vita ma, si sa come vanno le cose, all'epoca non era ancora arrivato l'Oscar per Il lato positivo, l'attrice era una biondina caruccetta e carismatica come tante altre wannabe scream queen e di qualcosa bisognava pur vivere (non a caso l'uscita di Hates è stata ritardata di un anno proprio per cavalcare il successo derivato da The Hunger Games). Questo "qualcosa", nella fattispecie, è un thriller dalle vaghe tinte horror nel quale bisogna scoprire se l'odio di una madre per il nuovo ragazzo della figlia è sensato o no, se è vero che non bisogna mai giudicare un libro dalla copertina e, soprattutto, per quanto tempo gli sceneggiatori avranno voglia di perculare lo spettatore che ha capito tutto neanche dal primo fotogramma ma direttamente dall'elenco degli attori protagonisti. L'unico momento divertente della visione infatti è stato quando, più o meno a metà pellicola, ho riaperto gli occhi e con sommo scazzo ho spoilerato con ostentata sicumera il twist finale al Bolluomo che, tenero lui, non credeva possibile che degli sceneggiatori potessero arrivare a tanto e non mi ha creduto fino alla fine. Vi dirò, lì per lì non ci ho creduto nemmeno io ma ho riso davvero molto.


E quindi, a parte un'ininterrotta sequela di insulti e sputi, cosa ci sarebbe ancora da dire per riempire questo secondo paragrafo? Bah, forse che il regista ha capito di avere per le mani un'unica cosa sfruttabile, ovvero la bellezza di Jennifer Lawrence, e si è quindi impegnato a rendere meno anonima la piattissima regia piazzando ogni tanto delle riprese da dietro in cui si glorificano le chiappe della protagonista oppure da davanti, con simpatici primi piani delle sue sise, cosa che, in quanto donna eterosessuale, non ha però alzato il mio indice di gradimento. Oppure potrei dire che tutti gli attori, impegnati in dialoghi di una banalità sconcertante, paiono avere voglia di recitare in Hates quanto di tirarsi delle martellate sui marroni o sulle dita, nonostante la pluricitata Lawrence ci metta intenzione e tanto, pure troppo sudore. Potrei concludere dicendo che il titolo è ingannevole e fa venire voglia di recuperare le vere case che ci mettevano paura negli anni '80 ma non è mai ingannevole quanto l'inizio, girato come un horror sovrannaturale e per questo scorrettissimo, probabilmente realizzato per impedire che gli spettatori più o meno occasionali abbandonassero la visione della pellicola dopo 5 minuti. Ed ecco che, ridendo e scherzando, siamo arrivati alla fine del paragrafo e io, appena smesso di scrivere sulla tastiera, fortunatamente dimenticherò l'esistenza di Hates - House at the End of the Street condannandolo all'oblio dei film né belli né brutti, soltanto insignificanti. Il che è anche peggio. Fatevi un favore ed evitate.


Di Jennifer Lawrence (Elissa), Max Thieriot (Ryan), Elisabeth Shue (Sarah), Nolan Gerard Funk (Tyler) e Allie McDonald (Jillian) ho già parlato ai rispettivi link.

Mark Tonderai è il regista della pellicola. Inglese, ha diretto film come Hush - Panico ed episodi di serie come 12 Monkeys. Anche attore, sceneggiatore e produttore, ha 41 anni.


Gil Bellows interpreta Weaver. Canadese, ha partecipato a film come Love e una .45, Le ali della libertà, Biancaneve nella foresta nera, Parkland, La regola del gioco e a serie come Ally McBeal, Smallville, CSI - Scena del crimine e Bones. Anche produttore, regista e sceneggiatore, ha 48 anni e film in uscita.


Del film esiste anche una versione Unrated che chiarisce meglio le responsabilità dello sbirro negli eventi accorsi e che, per il resto, aggiunge giusto un paio di goccine di sangue in più. Non statevi dunque a sbattere a recuperarla e, nel malaugurato caso in cui House at the End of the Street vi fosse piaciuto, guardate invece Dream House, Il patrigno, Two Sisters, Secret Window e Le verità nascoste. ENJOY!

martedì 19 novembre 2013

The Canyons (2013)

Siccome entrambi siamo stati fan di Bret Easton Ellis, qualche sera fa ho proposto al buon Toto la visione di The Canyons, sceneggiato dallo scrittore californiano e diretto nel 2013 dal regista Paul Schrader. Mai scelta fu più diludente...


Trama: Christian è un ricco figlio di papà. Tara una donna insicura che non riesce a mantenersi da sola. La loro relazione si regge in piedi solo grazie alla reciproca fiducia, che consente loro di essere una coppia a dir poco aperta. Quando la fiducia verrà meno, però, cominceranno i guai...


Si può dire "Bret Easton Ellis hai rotto le palle"? Sì, si può dire. Soprattutto se è dal 1985, quasi trent'anni per la miseria, che lo scrittore spacca i marroni con le solite storie di depravazione, droga, ricchi annoiati, ménage a cinq o anche a six, il solito parvenu che alla fine sbrocca e ammazza qualcuno e infine, che è la cosa che più mi fa imbestialire pur non essendo gay, il fatto che lui, bisessuale dichiarato, descriva sempre gli omosessuali uomini come delle checche pazze che non aspettano altro che si palesi loro davanti un'enorme ciolla per perdere ogni remora e inibizione. E che banalità, che stereotipi, che noia mortale!! Basta con queste trame fatte di nulla! Va bene, la società moderna è vuota e vanerella, ancor più dopo che sono stati introdotti i social network, ma The Canyons è veramente l'apologia del NULLA, zeppo di gente che non sa "quando sta facendo su questa teRa", che passa le giornate ad organizzarsi la scopata serale, che vive di pettegolezzi, gossip, lavoretti saltuari, psichiatri ecc. ecc. Ce ne sono molti di film basati su assunti simili (diciamo Bling Ring?), ma in TUTTI succede qualcosa. In The Canyons non succede nulla o, meglio, nulla che riesca a catturare l'interesse di uno spettatore che vorrebbe vedere tutti i protagonisti impiccati, mutilati o sventrati da un redivivo Patrick Bateman e farla finita lì dopo 20 minuti di film.


Non mi vengano a dire, come ho letto su non ricordo quale sito, che The Canyons è l'incarnazione della tristezza e del dolore interamente racchiusi nell'interpretazione di Lindsay Lohan. Se una cagna strafatta di qualsiasi sostanza, rifatta, cicciona, vajassa da far schifo dovrebbe mettermi tristezza o perlomeno muovermi a simpatia allora mi approprio del titolo di Cuordipietra dell'anno perché a me veniva solo voglia di prendere a ceffoni lei e insultare il personaggio di Tara, l'essere più mollo e inutile mai portato su pellicola. Grandiosa anche l'idea di affidare il ruolo di protagonista a tale James Deen, al secolo Bryan Matthew Sevilla, attore dalla mazza prominente ma dalle capacità recitative pari a quelle di un gatto di marmo, costretto ad interpretare un altro personaggio inutile, odioso e vuoto come le sale cinematografiche abbandonate che costellano la pellicola. A tal proposito, se Easton Ellis voleva criticare la morte di un cinema ormai scevro di passione e schiavo del business, non è girando una roba come The Canyons che si infonde linfa vitale all'industria, anzi: se fossi superficiale come i personaggi del film non varcherei più la soglia di un cinema finché campo, per la paura di vedere un'altra mmerda simile. E se Easton Ellis e Paul Schrader volevano scioccare l'audience (o farla riflettere, di nuovo, sul vuoto della vita...) con scene di sesso e  perversione bisognerebbe dir loro che i tempi sono cambiati, perché quel paio di imbarazzanti inquadrature full frontal o il rapporto a quattro sotto le lucine alla Quagmire fanno al limite sorridere e non riescono nemmeno a risultare trash. Non quanto la guest appearance del povero Gus Van Sant, utile ai fini della "comprensione" di siffatto capolavoro quanto un porchettaro davanti a una moschea. E con questo chiudo il post, ché The Canyons non merita altre parole.


No, non merita altre parole. Quest'immagine dice tutto.

Citazione Totosa: "Comunque mi aspettavo più ciolle"

Del regista Paul Schrader ho già parlato qui mentre Lindsay Lohan (Tara) e Gus Van Sant (Dr. Campbell) li trovate ai rispettivi link.

James Deen (vero nome Bryan Matthew Sevilla) interpreta Christian. Americano, la sua carriera ovviamente si basa interamente sul porno (nel 2009 e 2013 ha vinto il premio come miglior "performer" dell'anno agli AVN Awards, premi indetti dalla rivista porno AVN, mica cazz... ehm...): tra i titoli più esilaranti del suo ultimo anno di attività segnalo Too Small to Take It All 5, Anal Buffet 8, James Deen Loves Butts, Weapons of Ass Destruction 7 o MILF Mania!!!! (i punti esclamativi non li ho messi io. Sono parte del titolo, giuro). Anche regista e produttore, ha 27 anni.


Nolan Gerard Funk interpreta Ryan. Canadese, ha partecipato a film come X-Men 2,  Riddick e a serie come Taken, The L World, Smallville, La zona morta, Supernatural e Glee. Anche produttore, ha 27 anni e due film in uscita.


A Jeremy Renner era stato offerto il ruolo di Reed che, per la cronaca, è il ragazzetto che viene invitato all'inizio in casa di Tara e Christian. Se Dio vuole non se n'è fatto nulla, anche se sicuramente sarebbe stato molto meglio vedere lui di quella sorta di cancello che è poi stato ingaggiato. L'altro ad averla scampata bella invece è stato Jason Sudeikis, a cui era stato offerto il ruolo del Dr. Campbell. Sinceramente, non comprendo come un film simile possa piacere ma, in caso The Canyons vi abbia soddisfatti, consiglio il recupero di Sex Crimes - Giochi pericolosi. ENJOY!


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