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domenica 7 gennaio 2018

Tutti i soldi del mondo (2017)

Stanotte assegnano i Golden Globe. Dei film in gara ne avrò visto tre e anche per questo sabato ho costretto il Bolluomo ad andare a vedere l'ultimo film di Ridley Scott, Tutti i soldi del mondo (All the Money in the World), da lui diretto nel 2017, tratto dal libro omonimo di John Pearson e candidato a tre Golden Globe (Christopher Plummer Miglior attore non protagonista in un film drammatico, Michelle Williams Migliore attrice protagonista in un film drammatico, Ridley Scott Miglior regista di film drammatico).


Trama: Il nipote del famoso miliardario Paul Getty viene rapito in Italia. La madre e un collaboratore del nonno cercano di recuperare i soldi del riscatto, che il vecchio rifiuta di pagare...


Tutti i soldi del mondo è un film che mi ha scioccata. Non tanto per la visione di Christopher Plummer al posto di Kevin Spacey (ma posso dire che, forse, cambiare attore non è stata nemmeno una brutta cosa? Nei panni del vecchio maledetto ci vedo meglio Plummer piuttosto che Spacey con quel trucco posticcio...) quanto per i ragionamenti del protagonista, perle di ordinaria taccagneria che ogni giorno sento nei corridoi dell'azienda per la quale lavoro. Spesso mi ritrovo a chiedermi, e non sono la sola, perché mai qualcuno zeppo di soldi debba agire costantemente ponendosi nei confronti del proprio interlocutore come se quest'ultimo volesse fregarlo, a prescindere da qualunque argomento si stia discutendo (SPOILER: il film non lo spiega). Mi si è spezzata la matita e vengo a chiederti di poterla cambiare? Viziata, continua col mozzicone! Il soffitto mi sta crollando in testa? Ah, figuriamoci, sembrerà a te! Dovrei andare dal dottore, non sto bene. "Seh, scuse per prendersi un giorno di ferie". Un, guarda il fornitore che mi ha fatto un regalo! "Non è possibile, dove ca**o è il mio???" And so on. Paul Getty uguale. L'uomo più ricco del mondo viene portato sullo schermo da Ridley Scott come un Paperon De' Paperoni afflitto dal terrore di poter prendere una fregatura e quindi sempre pronto ad agire d'anticipo mettendola nello stoppino al prossimo; unici legami sicuri del vecchio barbogio sono gli oggetti d'arte, perenni, immutabili e di facile comprensione, arido conforto di un uomo che nella vita ha sempre tenuto le distanze dagli esseri umani che non fossero suoi dipendenti (e anche questi ultimi avevano vita breve...). Nel momento in cui il "nipote prediletto" viene rapito, il vecchio miliardario ovviamente fa spallucce, riuscendo in tempo zero a svalutare la vita del ragazzo e lasciando che sia la madre dello stesso a togliere le castagne dal fuoco con i soldi che la sventurata non ha, terrificante vendetta per un affronto subito anni prima. Come un novello Mazzarò, Getty identifica figli e nipoti, ovvero il "sangue", con la Roba ma, come per tutti gli oggetti di valore da lui posseduti, il maledetto cerca di tirare sul prezzo anche in condizioni estreme e Scott non esita a mostrarcelo impegnato ad acquistare opere d'arte ed eleganti magioni mentre al nipote viene tagliato un orecchio di fronte all'ennesima "svalutazione" della merce.


Un po' thriller e un po' biografia, Tutti i soldi del mondo ci catapulta in un'Italia anni '70 che non era solo Dolce Vita ma anche rapimenti, camorra e criminalità gestita da gente poco più istruita di un contadinasso qualsiasi e l'ambiente brutto e sporco delle cascine calabresi, arse dal sole, fa da contraltare al cupo e freddo maniero inglese di Getty o dei suoi efficienti uffici, all'interno dei quali si discute di soldi mentre la gente fuori muore. In tutto questo, la povera Gail Harris, nuora di Getty, si ritrova ad essere considerata ricca e priva di scrupoli non solo da un branco di criminali ma anche dalla stampa affamata di scandali, quando la realtà è che dal matrimonio con un rampollo di ricchissima famiglia la donna non ha mai ricavato altro che sofferenza ed umiliazioni; il destino di Gail è quello di vedersi portare via le persone amate a causa della ricchezza, di arrivare ad odiare il denaro e la Famiglia e di ritrovarsi tuttavia sempre più infognata all'interno di un Impero dove chiunque vorrebbe mettere le mani tranne lei. La storia che scorre sullo schermo (la quale, viene specificato più volte, è stata MOLTO romanzata) alterna epiche immagini "alla Scott", con la neve tra le rovine romane, sterminati campi di grano, giornali che si animano quasi volessero attaccare il loro lettore, a quelli che mi sono sembrati azzeccati omaggi al poliziottesco violento e alle atmosfere Sorrentiniane de La grande bellezza ma forse ciò che mi ha colpita di più è la cura riposta nella realizzazione degli interni della magione di Getty, talmente piena di opere d'arte che riconoscere ogni stile ed autore è stato praticamente impossibile, almeno per me. Gli attori mi sono sembrati tutti in parte, Plummer e Michelle Williams in primis benché non da Golden Globe, ma rimpiango di non aver potuto vedere il film in lingua originale perché il ridoppiaggio in italiano di molti attori autoctoni mi ha fatto letteralmente accapponare la pelle tanto mi è parso forzato (forse perché c'è molta differenza tra chi è doppiatore e chi si ritrova in sala doppiaggio per la prima volta?); fortunatamente la cosa non ha inficiato la visione del film, che si conferma solido e capace di intrattenere e far riflettere. Con buona pace dei fan di Kevin Spacey, che vi devo dire.


Del regista Ridley Scott ho già parlato QUI. Michelle Williams (Gail Harris), Christopher Plummer (J. Paul Getty), Mark Wahlberg (Fletcher Chase), Timothy Hutton (Howard Hinge) e Marco Leonardi (Mammoliti) li trovate invece ai rispettivi link.

Nicolas Vaporidis interpreta il Tamia. Nato a Roma, lo ricordo per film come Notte prima degli esami e Notte prima degli esami - Oggi, inoltre ha partecipato a serie quali Carabinieri. Anche produttore, ha 36 anni e un film in uscita.


E' risaputo, e non devo essere io a ricordarlo, che Christopher Plummer ha rimpiazzato Kevin Spacey dopo gli scandali sessuali che hanno coinvolto quest'ultimo; tuttavia, Plummer era già nella rosa di candidati papabili per i ruolo (assieme a Jack Nicholson e Gary Oldman tra l'altro) e, oltre ad avere già letto lo script, aveva anche incontrato Getty ad alcune feste negli anni '60. Quello che forse non sapete però è che il ruolo di Gail Harris era stato offerto prima ad Angelina Jolie poi a Natalie Portman, che hanno entrambe rifiutato. Detto questo, se Tutti i soldi del mondo vi fosse piaciuto potete recuperare The Counselor - Il procuratore anche se a me proprio non è garbato. ENJOY!

mercoledì 22 novembre 2017

C'era una volta in Messico (2003)

Non c'è mica solo Netflix, sapete. Amazon Prime Video ha un catalogo più ridotto e meno indipendente/cool ma qualcosina si trova, per esempio C'era una volta in Messico (Once Upon a Time in Mexico), diretto e sceneggiato nel 2003 dal regista Robert Rodriguez.


Trama: El Mariachi, in cerca di vendetta per la morte di moglie e figlia, si trova coinvolto nelle macchinazioni di un agente della CIA e in una storia fatta di boss mafiosi, colpi di stato e presidenti da uccidere...



In quel lontano novembre del 2003, ricordo ancora, in sala c'ero solo io. Non avevo trovato nessuno che mi accompagnasse a vedere C'era una volta in Messico, miracolosamente arrivato anche a Savona, e io, all'epoca ancora folgorata da Dal tramonto all'alba e preda di un amore folle per tutto ciò che riguardava Tarantino e i suoi simpatici amici, non potevo sopportare l'idea di non vedere l'ultima fatica di Rodriguez. Adesso, forse forse, mi farei un po' due conti in tasca. Rodriguez è ancora un bambino mai cresciuto, capace di regalare incredibili gioie allo spettatore disposto a farsi prendere in giro ma anche tantissima camurrìa derivante proprio da quell'incontenibile entusiasmo che palesemente lo prende ogni volta che si siede dietro la macchina da presa; detto questo, il nostro non azzecca un film da almeno dieci anni (Machete e Machete Kills li ho amati ma mi rendo conto che quello non è cinema) e guardando oggi C'era una volta in Messico si avverte già quel sentore di declino concretizzatosi in supercazzole e omaggi ai film di serie Z che sanno tanto di scusa per celare una fondamentale incapacità di essere Autore "serio". Nonostante tutto, io voglio un sacco bene a Rodriguez, intendiamoci, proprio per l'entusiasmo fracassone che mette nella realizzazione di ogni suo film e per la sua voglia di sperimentare sempre e comunque, tuttavia con C'era una volta in Messico il regista e sceneggiatore si è andato ad impelagare in un'impresa che meritava semplicità e tamarreide (ribadisco: Machete), non un plot a base di spie, doppiogiochisti e colpi di stato. Al culmine di una trilogia discontinua come quella del Mariachi (talmente discontinua che il regista non ricordava neppure che il personaggio di Cheech Marin fosse morto in Desperado, cosa che lo ha costretto a rivedere lo script e cambiarlo) Rodriguez fa del personaggio il salvatore della Patria, figura violenta ma pura capace di guardare oltre la corruzione serpeggiante in ogni angolo di Messico e portare la giusta revolución a suon di schitarrate e pistolettate. Il problema è che il personaggio di Sands, agente CIA, ruba la scena al Mariachi depresso più di una volta e, ancora peggio, viene utilizzato come un fastidioso latore di caos attraverso il quale vengono introdotti i più disparati personaggi, tutti ugualmente privi di carisma e abbozzati alla bell'e meglio, incapaci persino di fissarsi nella memoria dello spettatore per le loro caratteristiche trash/weird. Il che, mi spiace, ma dal regista e sceneggiatore che mi ha regalato Machete e Sex Machine (solo per citarne un paio) proprio non lo accetto.


Sarà che ormai Johnny Depp mi è inviso? Può essere benissimo, visto che Sands avrebbe tutte le carte in regola per qualificarsi come personaggio cult e invece la vista della faccetta da caSSo dell'attore (non ancora preso dalla sindrome di Sparrow, questo almeno glielo concedo) mi faceva venire voglia di prenderlo a pugni nonostante il linguaggio colorito e le braccia finte, tanto che solo nel prefinale, bardato con occhiali da sole e sangue a nascondergli il volto a mo' di novello Corvo, sono riuscita finalmente ad apprezzare Sands come meritava. Rimanendo in tema attori, Rourke e Dafoe sono un assurdo spreco di potenziale (il primo, col cagnusso, poteva fare molto meglio), la Mendes una cagnaccia inqualificabile (degnamente accompagnata da Enrique Iglesias e Marco Leonardi, due gatti di marmo) e persino faccette amate come quelle di Danny Trejo e Cheech Marin questa volta non bucano lo schermo. Meglio piuttosto l'accoppiata Banderas/Hayek o lo spettacolo del Mariachi in solitario, visto che il buon Antonio era ancora ai tempi in cui non veniva preso per il chiulo da galline e mulini: gli stunt dell'attore sono una gioia per gli occhi, basti solo pensare alla tamarrissima scena iniziale, alla sparatoria in chiesa, alla rocambolesca fuga dall'hotel incatenato ad una Hayek particolarmente sboccata... peccato solo per la decisione del regista di riempire il film di effetti digitali all'epoca all'avanguardia ma che probabilmente hanno ormai cominciato a soffrire un po' l'usura del tempo. Non che mi dispiaccia vedere proiettili che fanno letteralmente esplodere i corpi spillando ettolitri di sangue o roba che salta in aria senza un perché ma talvolta il risultato è talmente posticcio da andare persino oltre lo stile cartoonesco di Rodriguez. A compensare il tutto ci sono comunque una bellissima fotografia ricca di colori caldi, un montaggio serratissimo e, soprattutto, la colonna sonora, degna compagna delle imprese di un Mariachi che sembra quasi essere killer per caso, più interessato a tamburellare le dita sulla chitarra e cavarne evocative melodie (ma che brividi mi ha dato sentire le note di quella Malagueña appena accennata?) oppure a danzare come un ballerino di flamenco. Insomma, purtroppo tra me e C'era una volta in Messico non è più amore come un tempo ma comunque un po' di affetto c'è ancora.


Del regista e sceneggiatore Robert Rodriguez ho già parlato QUI. Antonio Banderas (El Mariachi), Salma Hayek (Carolina), Johnny Depp (Sands), Mickey Rourke (Billy), Eva Mendes (Ajedrez), Danny Trejo (Cucuy), Cheech Marin (Belini) e Willem Dafoe (Barrillo) li trovate invece ai rispettivi link.

Marco Leonardi interpreta Fideo. Australiano, ha partecipato a film come Nuovo Cinema Paradiso, La sindrome di Stendhal, Dal tramonto all'alba 3 - La figlia del boia e a serie come Elisa di Rivombrosa e Don Matteo. Ha 46 anni e sei film in uscita.


Rubén Blades interpreta Jorge FBI. Nato a Panama, ha partecipato a film come Predator 2, Il colore della notte, L'ombra del diavolo, The Counselor - Il procuratore e a serie quali X-Files e Fear the Walking Dead. Ha 69 anni ed è anche compositore e sceneggiatore.


Il cantante Enrique Iglesias, che interpreta Lorenzo, era già comparso, non accreditato, in Desperado. Johnny Depp è riuscito a completare tutte le sue scene in otto giorni ma siccome voleva rimanere ancora sul set Rodriguez gli ha fatto interpretare anche il prete con cui parla El Mariachi prima della sparatoria in chiesa; il ruolo di Johnny Depp comunque era stato pensato per George Clooney, già diversamente impegnato (probabilmente sul set di Ocean's Eleven, La tempesta perfetta o Fratello, dove sei?, chissà), mentre per l'aMMore Quentin (ringraziato nei nei titoli di coda in quanto fonte d'ispirazione del film) era pronto quello di Cucuy, al quale il regista ha dovuto rinunciare perché preso dalla realizzazione di Kill Bill. Detto questo, C'era una volta in Messico è il momentaneamente ultimo capitolo di una trilogia che comprende El Mariachi e Desperado, quindi se vi fosse piaciuto recuperateli e aggiungete Machete, Machete Kills e Dal tramonto all'alba. ENJOY!

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