In questi giorni mi sono buttata nella visione di un film solo per il gusto di vedere alcuni attori sullo schermo, senza curarmi della trama, come facevo parecchio tempo fa. Il metodo mi ha regalato spesso perle di cinema che, diversamente, magari non avrei avuto occasione di scoprire… vediamo se Margaret, diretto nel 2011 dal regista Kenneth Lonergan, è una di queste.
Trama: la diciassettenne Lisa viene coinvolta in un incidente stradale che costa la vita ad una donna. Convinta di essere, almeno in parte, colpevole dell’accaduto, la ragazza cerca di fare ammenda in ogni modo…
La trama del film, ovviamente, non è così semplice, anche perché la pellicola dura ben due ore e mezza, attenzione. Quindi, a prescindere dalla qualità o meno del film, sarà meglio iniziare la recensione con un’avvertenza: se non siete pronti né intenzionati a guardarvi un lunghissimo, a tratti lento e spesso irritante psicodramma americano radical – chic passate ad altro o verrete a cercarmi a casa per fustigarmi come merito. In Margaret non troverete infatti amicizia, cortesia, simpatia, convenienza, ampio parcheggio; non c’è un solo personaggio anche solo vagamente sopportabile tra quelli ritratti, salvo forse il povero Ramon di Jean Reno, che tuttavia si vede poco. Detto questo, il film a me è piaciuto. Non è un capolavoro, è troppo prolisso e appesantito da personaggi e sequenze francamente inutili e, lo ammetto, almeno all’inizio ho fatto fatica a seguirlo, tanto che pensavo non lo avrei mai finito, ma se ci si mette con pazienza certosina e si inghiotte il desiderio di fare sommaria giustizia dei personaggi, alla fine si riuscirà ad apprezzare una triste e spietata riflessione sulla realtà della società americana in particolare e sulla vita in generale, arricchita da prove attoriali notevoli, quella di Anna Paquin in primis.
Tornando un attimino più seri, poiché l’argomento trattato lo richiede, Margaret è in sostanza un racconto di formazione nel quale un’immatura diciassettenne viene presa a schiaffi dalla brutalità della vita e, soprattutto, della morte. L’incidente iniziale, causato dalla frivolezza della ragazzina e dalla criminale inettitudine dell’autista di un autobus, diventa il catalizzatore di una sorta di tempesta che sconvolge il mondo e la psiche di Lisa, la quale cerca così di responsabilizzarsi in modo sbagliato e, ancor peggio, senza una guida. Lonergan, infatti, vuole innanzitutto mostrarci l’incredibile, alienante solitudine alla quale sono condannati gli abitanti di una grande metropoli moderna, dove TUTTI, dal bambino all’adulto, devono arrangiarsi a vivere senza poter contare sugli altri, perché sono l’egoismo e l’incapacità di ascoltare le persone (figuriamoci poi a sostenere un dialogo…) a farla da padrone. Lisa è sicuramente una ragazzetta irritante e vanerella, pronta a battersi per i diritti delle persone che non conosce per dimostrare di essere “profonda” ma assolutamente incapace di relazionarsi con chi le sta accanto, tuttavia è anche vero che gli adulti che la circondano sono dei casi umani da show della D’Urso: il padre è fisicamente e mentalmente lontano, una mera presenza telefonica, la madre attrice reagisce come una quindicenne ad ogni provocazione della figlia, l’insegnante di matematica è l’emblema della passività mentre quello di letteratura si rifà (e come dargli torto…) sugli studenti imbecilli che lo prendono in giro. Davanti a questi ottimi esempi, capirete bene che di amici nemmeno a parlarne, e meno male, anche perché la santa Lisa non si fa scrupoli a perdere la verginità col ragazzo della migliore amica o a illudere e poi mandare a quel paese l’unico amico che la vorrebbe davvero.
L’incidente, come ho detto, porta Lisa ad aprire gli occhi sulla realtà, ma in maniera sbagliata. “Pungolata” dall’insegnante di matematica che la accusa di non avere interesse per ciò che la circonda, la ragazza decide di sfogare il senso di colpa e lo shock di avere tenuto tra le braccia una donna morente cercando innanzitutto di conoscerne il passato, sebbene assai superficialmente. In qualche modo Lisa “drammatizza”, come ben sottolinea l’odiosa amica della vittima, l’intera questione, decidendo di rendersi più interessante e responsabile (agli occhi degli altri e di sé stessa) vestendo i panni dell’eroina, della paladina degli oppressi, della fanciulla segnata da un trauma insormontabile, arrivando addirittura ad illudersi di essere stata, almeno per cinque minuti, incarnazione della figlia della vittima, morta giovanissima per una malattia. Tanto idealismo, altruista od egoista che sia, si scontra però con l’ennesima testimonianza della natura quasi kafkiana della società americana e della pochezza degli esseri umani; i parenti della defunta vogliono solo i soldi e non sono assolutamente interessati ad avere giustizia, facendo magari licenziare l’autista che ha causato l’incidente, la compagnia degli autobus mira solo a non far finire la storia sui giornali e cerca in tutti i modi, di conseguenza, di tutelare un dipendente palesemente inadatto a fare suo lavoro, in tutto questo gli avvocati riescono a calcolare gli indennizzi in base a quanto una persona è rimasta in vita e quanto ha sofferto prima di morire. Follia pura.
La chiave per l’interpretazione del film e il significato del titolo, comunque, risiedono soprattutto nella poesia che Matthew Broderick legge in classe, Spring and Fall di G. M. Hopkins, nella quale una ragazzina di nome Margaret, guardando le foglie cadere, comincia a comprendere la natura della morte e del dolore che essa porta con sé. Un dolore ancora immaturo, suscitato da oggetti inanimati, che diventerà più profondo e consapevole col tempo e l’esperienza, un percorso assai simile a quello che dovrà intraprendere nella vita Anna, cercando magari di non diventare come l’unico personaggio che mostra di voler prendere a modello, ovvero la migliore amica della vittima, una donna disillusa, dura, prevaricatrice e segnata dalla vita. Interpretata da un’attrice bravissima, così come è eccezionale Anna Paquin, la cui performance, a tratti, è così piena di emozione da mettere i brividi, soprattutto da metà film in poi. Un po’ come la colonna sonora, minimale, triste e malinconica, adattissima a sottolineare le atmosfere delle pellicola che, come avrete capito, nonostante la lunghezza e la lentezza mi ha coinvolta parecchio.
Di Anna Paquin (Lisa), Mark Ruffalo (Maretti), Jean Reno (Ramon), Matt Damon (Mr. Aaron) ed Allison Janney (Monica Patterson) ho già parlato nei rispettivi link.
Kenneth Lonergan è il regista e sceneggiatore della pellicola. Americano, ha diretto anche Conta su di me. Anche attore, ha 50 anni.
Kieran Culkin interpreta Paul. Fratello di Maculay e Rory, ha partecipato a film come Mamma ho perso l’aereo, Mamma ho riperso l’aereo: mi sono smarrito a New York, Le regole della casa del sidro e Scott Pilgrim vs. the World (dove interpreta Wallace. Sto mostro? Ma stiamo scherzando???). Ha 30 anni e un film in uscita.
Matthew Broderick interpreta John. Attore americano famosissimo negli anni ’80, che col tempo si è un po’ perso a dir la verità, lo ricordo per film come Wargames – giochi di guerra, il meraviglioso Ladyhawke, Sono affari di famiglia, Il rompiscatole, Godzilla, Inspector Gadget, inoltre ha doppiato Simba da adulto ne Il re leone. Anche regista e produttore, ha 50 anni.
Se non ho capito male il film dovrebbe risalire addirittura al 2006 ma, per problemi legati al montaggio e a diverse cause legali intentate dagli studios a finanziatori e regista, Margaret non è stato distribuito fino al 2011, anno in cui, finalmente, due pezzacci da 90 come Martin Scorsese e Thelma Schoonmaker sono riusciti a tirare fuori un final cut in grado di soddisfare il regista. Che, per inciso, è un pazzo. Se il film vi fosse piaciuto, consiglio la visione del bellissimo Carnage. ENJOY!
questo non ho ancora avuto modo di vederlo, ma me lo segno.
RispondiEliminaanche perché anna paquin, a parte quando è in true blood, in effetti di solito è davvero brava
True Blood, nonostante adori i vampiri (anzi, forse proprpio per questo...) non l'ho mai guardato, mi è sempre sembrato troppo fighetto.
EliminaFammi poi sapere come ti è sembrato questo Margaret!
Non l'ho visto...ma dovrei..:)
RispondiEliminaGuardatelo quando hai una sera tranquilla e, soprattutto, quando non sei stanca!
Eliminatempo fa volevo vederlo, perché il titolo del film porta il mio nome (!), ma soprattutto perché mi dà l'idea di una film figo e interessante. Eppure il vago sentore che sia "un lento e spesso irritante psicodramma americano radical – chic", tipo alla Inarritu, mi ha fatto desistere...Sono alla ricerca di leggerezza filmica ultimamente ma magari faccio un'eccezione ;)
RispondiEliminaSe cerchi la leggerezza purtroppo non la troverai in Margaret... però magari, quando sarai in un momento più introspettivo dagli un'occhiata perché è fatto veramente bene!
EliminaHo visto "Carnage" e l'ho adorato. Potrebbe piacermi anche "Margaret"?
RispondiEliminaE' molto più prolisso e drammatico, nonché sicuramente meno ironico, ma lo stampo è similmente "teatrale", quindi non vedo perché no.
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