martedì 6 settembre 2022

Men (2022)

L'ultimo film che volevo assolutamente vedere la settimana scorsa era Men, diretto e sceneggiato da Alex Garland.


Trama: dopo una tragedia legata al suo matrimonio, Harper decide di rifugiarsi per un paio di settimane in un paesino della campagna inglese dove, tuttavia, comincia a venire perseguitata da uno strano uomo...


Come ho scritto su Facebook, ho paura che io e Alex Garland non andiamo d'accordo... o, forse, non ci siamo mai andati, di sicuro qualcosa si è rotto dopo la passione provata per Ex Machina, visto che Annientamento mi aveva lasciata molto fredda. Lo stesso, mi duole dirlo, vale per questo Men. Come Annientamento, Men non è brutto, anzi. Ce ne fossero, di film "brutti" così, zeppi di immagini bellissime e calibrate al millimetro, pregne di significato, film coraggiosi fatti di sequenze in cui sono colonna sonora, attori, regia e fotografia, senza nemmeno un dialogo, a parlare; tutta la lunga introduzione in cui Harper passeggia da sola per la campagna inglese, cerca se stessa nella solitudine, nella melodia della sua voce che gioca con un'eco, innocente come una bambina, rasenta la perfezione e la pura poesia, mentre il finale, anch'esso silenzioso ma violentissimo e disgustoso, ne è il perfetto contraltare ed è, non a caso, virato nel rosso, il colore complementare del verde della natura. Men è un film d'Autore, nella misura in cui Garland ha voluto fare un personale ragionamento non solo sulla condizione odierna del genere maschile partendo da miti ancestrali come quelli del Green Man (simbolo di rinascita) e della Sheela na gig (antichissimo simbolo di fertilità ma anche protezione contro il male, potere femminile) ma anche sul modo di affrontare il dolore e la paura senza lasciarsi divorare, accettandone piuttosto le molteplici sfaccettature. La scelta del regista di girare un horror che va contro ogni topos del genere, addirittura privando la final girl delle sue "solite" caratteristiche di catartica dea vendicativa, è coraggiosa, come ho detto prima, e ha tutto il mio rispetto. Eppure, nonostante i messaggi di Men siano arrivati forti e chiari, nonostante mi tolga umilmente il capello davanti alla perizia tecnica e all'occhio del regista, non sono riusciti a coinvolgermi.


Men mi è sembrato un freddo manuale, una proposizione di "situazioni", con una protagonista che viene connotata solo dalla tragedia che l'ha spinta a rifugiarsi in campagna. Intendiamoci, ciò che è successo ad Harper è orribile ed ingiusto, ma chi era questa donna prima della tragedia e perché dovrebbe importarmi di una persona solo perché, come carico a coppe, viene anche costretta a subire le violenze più o meno dirette di archetipi maschili? Harper, per quanto interpretata da una bravissima Jessie Buckley, non mi ha fatto né caldo né freddo e l'empatia provata verso di lei è nata solo dallo schifo verso ogni personaggio incarnato da Rory Kinnear, ma lì si gioca facile: abbiamo l'uomo apparentemente gentile ma comunque asfissiante e palesemente pieno di pregiudizi, il prete che vede nella vagina tutti i mali del mondo, il ragazzino maleducato, il poliziotto privo di empatia, il matto violento e l'essere totalmente alieno ed incomprensibile, simbolo dell'ineluttabilità e della ciclicità di una natura che, purtroppo, è principalmente fatta di dolore, quindi è normale provare fastidio davanti ad ognuno di loro. E' l'enormità del METAFORONE che mi ha fatto storcere il naso, il ritrovarmi davanti  un film che probabilmente lo affronta in maniera troppo sussurrata, quando io sono per le cose più caciarone, maggiormente propensa a prendere il metaforone e ridurlo a più miti consigli trattandolo con l'irriverenza e la ferocia che meriterebbe, in quanto non dovrebbero esistere Harper e nemmeno Geoffrey, né vittime di un dolore imposto né stronzi che rendono la vita più difficile di quanto già non sia. Ma probabilmente è un limite mio, visto che Men sta ottenendo moltissimi consensi e, pertanto, vi invito a leggere la bella recensione di Germano, che è tornato a parlare di cinema in pianta stabile. E, magari, a raccontarmi nei commenti cosa ne pensate di Men


Del regista e sceneggiatore Alex Garland ho già parlato QUI. Jessie Buckley (Harper) e Rory Kinnear (Geoffrey) li trovate invece ai rispettivi link.



 

6 commenti:

  1. Sto con il tuo punto di vista, esteticamente ottimo, gran Body Horror ma è tutto così urlato e supponente, da avermi convinto meno di niente, ci sono metaforoni buoni e metaforoni che scappano di mano, per questo di Garland barrare opzione "B". Cheers!

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    1. Che poi io me ne faccio una colpa, eh. Mi sento stupida e non in grado di apprezzare. Poi ci penso un po' e subentra l'antipatia verso chi se la crede troppo, quindi faccio spallucce e penso "Vabbé, altri hanno apprezzato e va bene così, non mi cambia la vita!".

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  2. Debbo ancora vederlo, ma visto il regista era tra le mie visioni più aspettate. Cassy sopra ha parlato di body horror, questo m'intriga ancora di più anche se non è di fattura canadese o francese.

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    1. Sì, verso il finale diventa un body horror di altissimo livello, per cinque intensi minuti. Sarei curiosa di sapere cosa ne pensi!

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  3. Sì, stavolta ho sofferto anch'io il metaforone... anche perchè fa da corollario a una morale banalissima e stupidotta, malgrado la confezione di gran spolvero. Mi aspettavo molto di più.

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    1. Siamo in due, ahimé. Peccato perché avevo enormi speranze per questo film.

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