mercoledì 18 ottobre 2023

Jigen Daisuke (2023)

Avrei voluto interrompere la saga di Saw con un post su L'esorcista - Il credente, ma ci s'è messo in mezzo un malanno che mi ha impedito di andare in sala. C'è di buono che, per lo stesso motivo, sono riuscita a guardare Jigen Daisuke (次元 大介 ), diretto dal regista Hajime Hashimoto, il giorno stesso della sua uscita su Amazon Prime Video.


Trama: deciso a fare aggiustare il suo revolver, Jigen va in cerca di un'anziana fabbricante d'armi ormai in pensione e s'imbatte per caso in Oto, una bambina muta fuggita per un pelo a un'organizzazione di spietati trafficanti di droga...


Fin da quando, verso la fine dell'estate, era spuntato sul vecchio Twitter un inaspettato teaser poster di Jigen Daisuke, il film era diventato uno dei più attesi dalla sottoscritta. Tanto è il mio amore per il personaggio che sono persino venuta malata per riuscire a guardarlo venerdì 13 ottobre, il giorno stesso dell'uscita. Per carità, non che mi aspettassi grandi cose da un originale Amazon diretto da un mestierante non troppo legato al genere crime, infatti Jigen Daisuke ha almeno un paio di difetti fatali: intanto dura due ore, che per un film del genere sono eccessive (per allungare il metraggio sono state inserite lunghe sequenze di approfondimento di personaggi secondari, che nulla o poco apportano all'effettivo sviluppo della trama), inoltre è stato in parte contaminato dal "morbo di John Wick", cosa che, nelle sequenze di combattimento, si traduce in un vorrei ma non posso incredibilmente posticcio, senza contare che Jigen non è mai stato un Keanu Reeves col cappello, privo della la mania dell'headshot risolutore. Tolte queste considerazioni, che potrebbero essere frutto della mia pignoleria quando si tratta di Jigen, il film è gradevole. Senza fare spoiler, il personaggio si ritrova in una situazione tipicamente legata a due suoi punti deboli, ovvero il revolver e le donne. Per quanto riguarda queste ultime, a onor del vero, manca la femme fatale che ridurrà il cuore di Jigen in briciole (c'è l'inquietante Adele, ma i due non hanno modo di interagire granché), in compenso ci sono un'anziana signora scafatissima e un altro "cliché" di Jigen, la pargoletta che gli viene appioppata nonostante odi i bambini, costringendolo a rivelare un animo talmente tenero da tagliarsi con un grissino. Nonostante ciò, la trama non snatura la fondamentale natura fredda e dura del protagonista, un rispettabilissimo killer considerato quasi invincibile dai suoi pari, più a suo agio a vagare per le strade malfamate di una città di criminali che negli assolati quartieri commerciali di un paesino di mare, e il film vive della contraddizione (e contrapposizione) tra questi due, importantissimi aspetti del personaggio.


Un elemento che ho apprezzato moltissimo di Jigen Daisuke è l'alto livello di cattiveria in cui indulge. La piccola Oto non è una di quelle damsel in distress zuccherose che ammorbano le avventure animate di Lupin, bensì una povera bambina traumatizzata nel peggiore dei modi da persone senza scrupoli (non entro nel dettaglio ma il modo in cui l'organizzazione si procura la droga è degno di un horror) e, benché la resa finale dei colpi di proiettile sia quella esagerata di un videogame, le morti all'arma bianca e le sporadiche torture sono abbastanza sanguinolente da avermi lasciata soddisfatta. La regia, come ho scritto sopra, è poca cosa e gli unici sprazzi originali tali non sono, perché si rifanno appunto a modelli occidentali già a loro tempo mutuati dal cinema orientale, tra ralenti e momenti in cui la fisica e il realismo vanno a farsi dei gran giri, ma le ambientazioni sono suggestive, rese ancor più gradevoli da un palese sforzo produttivo, soprattutto per quanto riguarda le scenografie. Si è risparmiato invece un po' sui costumi, probabilmente perché la maschera del mutevole, interessantissimo villain si è mangiata tutto il budget in effetti speciali (a volte con risultati imbarazzanti ma l'illusione, almeno con me, ha retto di sicuro per il primo quarto d'ora, tanto che pensavo che i miei problemi di memoria cinematografica a breve termine si fossero aggravati). Nella recensione del live action Lupin III scrivevo "I costumi rispettano quelli iconici dei personaggi, tuttavia sono stati resi più "moderni" e soprattutto realistici, con l'unica eccezione dello sboronissimo gilet ricamato indossato da Jigen (un po' pacchiano ma mi rendo conto che riportato nella realtà l'abbigliamento di Jigen non sarebbe molto diverso da quello di un ragioniere, cappello a parte, quindi qualcosa andava fatto)": devono avermi letta, perché in Jigen Daisuke il look del protagonista è ridotto all'osso, camicia color fumo, giacca e niente cravatta né gilet, il che conferisce a Tetsuji Tamayama un'aria consumata e "sciatta" che non gli sta male ma che, complici i dieci anni e qualche chiletto in più sul groppone, una barba meno folta e il baffetto incorporato, mi ha ricordato troppo spesso un giovane Umberto Smaila. Per fortuna, l'aspetto non è tutto, e Tamayama ci crede tantissimo, il che lo rende un ottimo, benché imperfetto, Jigen, al quale dare una chance e almeno un po' d'aMMore, come del resto a tutto il film.


Di Tetsuji Tamayama, che interpreta Jigen, ho già parlato QUI.

Hajime Hashimoto è il regista della pellicola. Giapponese, ha diretto film come Princess Sakura: Forbidden Pleasures. Anche sceneggiatore, ha 55 anni.


Yoko Maki
, che interpreta Adele, aveva partecipato a The Grudge nei panni di Yoko. Se il film vi fosse piaciuto recuperate Lupin III e la saga di John Wick. ENJOY!


3 commenti:

  1. Ok via il gilet, ma la cravatta ci stava dai... E poi non è un po' paffutello questo Jigen?

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    1. Infatti, lungi da me fare body shaming considerato come sto messa, ma come ho scritto nel post pare Smaila da giovane, il che ha un po' compromesso la mia suspension of disbelief.

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  2. Questo me lo devo vedereeee... mi ritaglierò assolutamente un po' di tempo!
    Ultimamente mettevi sempre recensioni horrorifiche e un po' ti scansavo... ahahahahahahah! xD

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