Era l'horror sulla bocca di tutti e finalmente, dopo una settimana, è uscito anche a Savona. Sto parlando di Talk to Me, diretto nel 2022 dai registi Danny Philippou (anche co-sceneggiatore) e Michael Philippou.
Trama: Mia, orfana di madre, comincia ad avere strane visioni dopo avere partecipato ad un gioco virale in cui i partecipanti devono stringere una misteriosa mano che consentirebbe di parlare coi morti...
Siccome tutti hanno detto la loro su Talk to Me e io arrivo grandemente in ritardo, cercherò di astenermi dallo scrivere banalità o trivia sui due registi esordienti, ma spero mi perdonerete ugualmente se ciò che troverete su questo post lo avrete già letto da qualche altra parte. Cominciamo intanto dall'aspetto che mi ha colpita di più di Talk to Me, ovvero la sua cattiveria ineluttabile. Il film dei fratelli Philippou è un horror che non si nasconde dietro il PG-13 e confeziona sequenze abbastanza difficili da sostenere, soprattutto se avete un minimo di empatia e vi fate "fregare", come la sottoscritta, quando la sceneggiatura vi fa affezionare ai personaggi nel giro di pochi minuti, senza spiegoni né arzigogoli complicati (ma soltanto, per esempio, facendogli cantare in macchina Chandelier di Sia, in una delle rarissime volte in cui ho sorriso di cuore al cinema, come se stessi passeggiando e vedessi una scena simile per strada). La protagonista, Mia, ha perso la madre, non parla col padre e ha una sola amica, Jade; con quest'ultima ha un rapporto talmente stretto da fungere da sorella maggiore per il fratellino di lei, ma vive anche con disagio il fatto di saperla fidanzata con Daniel, per cui aveva una cotta da ragazzina. Da questi e altri dettagli capiamo che Mia è una ragazza incredibilmente sola, messa da parte da un tessuto sociale che premia solo i "cool kids", distrutta da un evento luttuoso le cui implicazioni le sono state tenute nascoste dal padre, il che fa di lei la vittima perfetta per una challenge che consente di parlare coi defunti. Non solo: l'interazione coi morti, attraverso la mano "spacciata" dai due bulletti del liceo, ha effetti paragonabili allo sballo delle droghe e lascia una sensazione di euforia aumentata dalla consapevolezza di essere diventati popolari per quei cinque minuti in cui gli immancabili cellulari hanno reso virali le riprese delle singole prove. In poche parole, Mia è condannata fin dal principio ad afferrare con forza quella mano e fare tutte le scelte stupide dei protagonisti dei teen horror, eppure è impossibile tacciarla di stupidità e non patire le pene dell'inferno quando ogni singolo briciolo di felicità viene sottratto a lei e alle persone che la circondano, in un decorso prevedibile che, tuttavia, non smette di sorprendere nemmeno per un secondo.
Ed è sorprendente anche il giro sulle montagne russe che è questo Talk to Me. Non so se per me è l'horror dell'anno (questo 2023 mi sta regalando alcune opere molto belle, ma nessuna di loro mi ha ancora rubato il cuore) ma, di sicuro, è uno di quelli che mi ha messo più angoscia. L'introduzione alla festa iniziale è già una sequenza capace di innervosire lo spettatore, ma la prima "seduta spiritica" inchioda alla poltrona grazie a una miracolosa sinergia di regia, montaggio e bravura dell'attrice Sophie Wilde, le cui reazioni rispecchiano quelle del pubblico: abbiamo paura, non vogliamo continuare ad andare avanti col "gioco", ma vogliamo comunque vedere e il risultato finale ci renderà euforici, il tutto grazie ad una mimica facciale e corporea appena aiutata da un minimo di make-up e lenti a contatto grandi e nere. Da lì ci sono almeno altre due o tre scene sorprendenti, soprattutto se si pensa che i fratelli Philippou sono solo al loro primo lungometraggio e già bisognerebbe farlo vedere a tutti quelli che pensano di poter fare passare un horror al cinema senza sporcarsi di sangue; ad oggi, giusto La casa - Il risveglio del male mi ha dato la gioia di vedere una splatterata in sala, ma lì era tutto più esagerato e giocoso, passatemi il termine. Come ho scritto all'inizio, invece, i due registi di Talk to Me fanno male e fanno sentire male, un male fisico che deriva da menomazioni anche facili da collegare ad incidenti domestici particolarmente gravi, il che è peggio di quando comincia a farsi preponderante l'elemento sovrannaturale, comunque assai efficace in quanto più legato a suggestioni che a jump scare veri e propri (poi c'è un brevissimo, ma intenso, momento 100% horror infernale che avrebbe fatto la gioia di Clive Barker). In definitiva, Talk to Me mi è piaciuto molto. Ha i suoi difetti, che mi impediscono di essere entusiasta al 100% (la sceneggiatura, a volte, va un po' dove vuole, con "regole" per l'uso della mano aggiunte a seconda di chi deve usarla), ma è un film che rivedrei volentieri, anche per godere di quell'accento aussie che sicuramente impreziosirà i dialoghi e di cui ho sentito la mancanza nel momento esatto in cui sono comparsi i loghi della Screen Australia e della The South Australian Film Corporation. Io lo dico da anni che aussies do it better!
Di Miranda Otto, che interpreta Sue, ho già parlato QUI.
I gemelli Danny Philippou (anche co-sceneggiatore) e Michael Philippou sono i registi del film, al loro primo lungometraggio. Australiani, hanno 31 anni e hanno anche lavorato come attori, montatori e produttori.
Se Talk to Me vi fosse piaciuto recuperate It Follows e Smile. ENJOY!
Io metto Talk to Me sul podio horror di quest’anno (Huesera gli sta sopra e, a proposito di introduzione, la processione dei fedeli con la camera che si allarga sulla gigantesca statua della madonna, tanta roba… e No One Will Save You, che mi ha spaventato e commosso assieme). Condivido pienamente quello che dici: ovvero che la caratteristica principale di Talk to Me è questa cattiveria senza censura difficile da trovare in molto cinema di oggi (ma speriamo che i fratelli Philippou riescano a preservare la propria indipendenza artistica) nonché una capacità di costruire forte empatia con i personaggi con davvero poco, come la rappresentazione del quotidiano in cui tutti ci riconosceremmo. Posso aggiungere, trattandosi di un film australiano dove il dualismo tra natura (e non solo rappresentato dall’outback selvaggio) e cultura è molto sentito e rappresentato – spesso – attraverso la contrapposizione-conflitto-convivenza popolo indigeno comunità bianca (da Walkabout di Roeg a Sweet Country di Thornton) in Talk to Me la “Generazione rubata” (raccontata ancora tra gli altri da Noyce) sembra qui scomparire in una più “informe” e contemporanea “Ultima generazione” dove le differenze tra le diverse anime sbiadiscono (ma forse sono solo temi che oggi interessano meno) componendosi in un’unità dove si ricerca viceversa, non certo una loro sintesi, ma comunque una comunione-condivisione che le avvicina: è un cambio di sensibilità, rispetto a molto vecchio cinema australiano. E se ad accumunarli sembra solo l’evanescenza dei social media ancor più è quello che questo rappresenta: la difficoltà di superare il dolore e la perdita, uscire dalla solitudine e integrarsi. Talk to Me è un film molto meno banale di quel che sembra.
RispondiEliminaIo quest'anno ho davvero delle difficoltà, sono sincera. Dovrei rivedere quelli che mi sono piaciuti di più, Huesera compreso, per trovare il bandolo della matassa, ma so già che sarà impossibile trovare il tempo. Concordo però con te, Talk to Me potrebbe sembrare il "solito" horrorino con adolescenti scemi, ma nasconde un disagio e una tristezza enormi.
EliminaIeri sono andata al cinema per guardare il nuovo "Esorcista" (che mi è piaciuto) e sono stata tentata dal restare per altre due ore e guardare anche questo.
RispondiEliminaAlla fine, però, sono andata via e adesso me ne sto pentendo.
L'Esorcista andrò a vederlo stasera con aspettative bassissime visto che tutti i miei amici "horror" lo stanno stroncando, quindi verrò a leggerti domani. Ma se trovi il tempo, vai anche a vedere questo Talk to me perché merita davvero!
EliminaA me invece sa molto di occasione mancata. Grandissima tecnica, ma è il nulla rivestito di gran classe. Il che è un peccato, perché i temi ci sono, ma non vengono minimamente affrontati - e con quel tanto non metterli neppure 🫤
RispondiEliminaBeh, non vedo perché non provare almeno ad affrontarli, certi temi. Gli autori sono "inesperti", quindi è normale che esagerino un po' nel voler strafare, ma secondo me c'è cuore ed è quel che conta.
EliminaAnnata moscia quest'anno, ahimé. Ma Talk to Me è davvero valido!
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