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martedì 6 aprile 2021

Hunter Hunter (2020)

Continuiamo a scalare la classifica di Lucia, arrivando al settimo posto occupato da Hunter Hunter, diretto e sceneggiato nel 2020 dal regista Shawn Linden. Vi avviso, metà post sarà "normale", metà zeppo di spoiler.


Trama: la dura vita di una famiglia isolatasi nei boschi si fa anche più pericolosa quando un lupo comincia ad aggirarsi nei dintorni...


Hunter Hunter
è uno di quei film che parte lentamente, molto lentamente, e poi a un certo punto arriva ad una svolta che lascia impietriti e persino sconvolti sul finale. Si comincia infatti con una situazione "già vista", prodromo ideale di un survival thriller, nella quale facciamo la conoscenza di Joseph, Anne e Renee, famigliola costretta dal padre cacciatore, survivalista, stundaio e quant'altro (Devon Sawa. Irriconoscibile causa vecchiaia) a vivere ai margini della società, all'interno di una casa nel bosco dove non arriva nemmeno l'elettricità. Joseph contribuisce all'economia familiare andando a caccia assieme alla figlia tredicenne Renee mentre madre, oltre a fare i lavori di casa, va a prendere l'acqua nel fiume e vende le pellicce degli animali uccisi, ricavandone un sostentamento ben misero. Hunter Hunter inizia in un momento assai duro per la famigliola, percorsa da comprensibili tensioni tra Joseph e Anne, l'unica a capire che una vita simile non è l'ideale per una ragazzina e che presto i soldi finiranno, mentre Joseph non vuole sentire ragioni; ad aggravare il tutto spuntano i segni di un lupo, che oltre a cibarsi degli animali presi in trappola da Joseph e figlia rischia anche di mangiarsi loro, prima o poi, il che porta l'uomo ad armarsi di tutto punto e andare a caccia. E qui non aggiungo altro sulla trama, perché a un certo punto il film prende una biforcazione inaspettata che porta lo spettatore su un territorio simile a quello di partenza, altrettanto ansiogeno e "conosciuto" ma gestito comunque con furbizia e coerenza ancora più angoscianti se si ripensa a tutto quello che ha dato origine alla "valanga" di eventi. I personaggi, tutti tratteggiati alla perfezione con pochissime battute e grande espressività da parte degli attori coinvolti, entrano magari non nel cuore (alcuni sono odiosi, altri semplicemente ciechi, soprattutto quelli secondari) ma sicuramente nello stomaco dello spettatore, che non può fare a meno di lasciarsi coinvolgere dall'atmosfera cupa e lugubre di un film che allontana la gioia di vivere sin dalla prima sequenza; la vita di Anne e Renee non è quella bucolica e avventurosa di Flo, la piccola Robinson, con tutto l'amore che si può avere per la natura, e se all'anacronismo ci si aggiunge una buona dose di testardaggine e machismo, la rabbia diventa inevitabile. Alcuni siti, tra cui uno assai rispettabile, non parlano benissimo di Hunter Hunter ma io vi consiglierei di fidarvi di Lucia, se non di me, e dargli una chance perché è uno degli horror più interessanti dell'anno passato, oltre che ben diretto e ben recitato e dotato di un favoloso uso della colonna sonora. Proseguirò con un po' di SPOILER quindi non leggete oltre. A LISA, nel caso passasse da queste parti, dico solo di evitarlo, ora che si sta appassionando all'horror, perché potrebbe non reggere il colpo.


SPOILER, ho detto.

Se alla stupidaggine tutta umana e d'altri tempi di Joseph ci si aggiunge l'elemento altrettanto umano di una folle crudeltà, l'equazione porta sullo schermo un uomo che, davanti a un cimitero di corpi profanati, invece di affidarsi ad una polizia che pure è inutile, decide di "cacciare" predatori a due zampe, convinto di avere tutta la situazione in pugno. In realtà, come direbbe Rupert Sciamenna, Joseph è un coglione, che con la sua coglionaggine condanna una figlia capace di riconoscere le tracce dei lupi ma non di spianare un fucile in faccia a un pazzo e una moglie che in tutti i modi ha cercato di convincerlo a cambiare stile di vita, ricevendo in cambio solo dei "ho tutto sotto controllo". Il finale di Hunter Hunter è qualcosa di agghiacciante, la rappresentazione letterale di una mente che si spezza e agisce non per vendetta, né per soddisfazione, ma solo perché impossibilitata a trovare qualcosa a cui aggrapparsi in un mondo che è andato in frantumi e ha lasciato solo il vuoto; è qualcosa che non è catartico nemmeno per lo spettatore perché non c'è trionfo nelle azioni di Anna (soprattutto non dopo la tremenda eleganza con cui viene rivelato l'agghiacciante destino di Renee, interamente dipinto sul volto di un'attrice bravissima e per me sconosciuta, Camille Sullivan, che per metà film viene "nascosta" dai riflettori puntati sul risoluto Joseph e sull'apparentemente sgamatissima Renee) e si può solo rimanere lì, a guardare inebetiti una delle sequenze più gore dell'anno con la stessa espressione incredula di chi ha preso le richieste di aiuto di una donna disperata e le ha considerate semplicemente l'ennesima stranezza di persone relegate ai margini della società. Assieme a The Dark and the Wicked e The Swerve, Hunter Hunter è probabilmente l'horror più deprimente dell'anno e non risparmia nulla allo spettatore, vi avverto. Ma vi consiglio anche, di nuovo, di recuperarlo comunque. 


Di Devon Sawa (Joseph) e Nick Stahl (Lou) ho già parlato ai rispettivi link.

Shawn Linden è il regista e sceneggiatore della pellicola. Canadese, ha diretto film come Nobody e The Good Lie ed è anche produttore. 


Camille Sullivan
interpreta Anne. Canadese, ha partecipato a film come The Butterfly Effect e a serie quali Dark Angel, Ai confini della realtà e Taken. Anche sceneggiatrice, ha 46 anni e un film in uscita. 


Summer H. Howell
interpreta Renee. Canadese, ha partecipato a film come La maledizione di Chucky, The Midnight Man, Il culto di Chucky e a serie come Channel Zero. Ha 16 anni.



martedì 25 giugno 2013

Sin City (2005)

Estate, stagione di cinecomic. L'uomo d'acciaio, a breve il secondo capitolo di Kick-Ass, la conferma che Robert Downey Jr. ha firmato per The Avengers 2 e 3... insomma, tutto questo mi ha spinta a recuperare e rivedere il bellissimo Sin City, diretto nel 2005 da Robert Rodriguez, Frank Miller, Quentin Tarantino e tratto quasi pari pari dalle graphic novel dello stesso Miller.


Trama: storie diverse si intrecciano a Basin City, la città del peccato. L'ex galeotto Marv cerca di scoprire chi lo ha incastrato per l'omicidio dell'amata Goldie, il killer Dwight si ritrova invischiato nella guerra tra le prostitute della Città Vecchia e la mala, infine l'ex poliziotto Hartigan deve fare i conti col pericoloso e inquietante "Bastardo giallo"...


Sin City è uno dei più bei film tratti da un fumetto che siano mai stati girati, anche se in questo caso bisognerebbe parlare, letteralmente, di tavole in movimento. Non conosco infatti tutta la grandiosa opera Milleriana ma, per quel poco che ho letto di Sin City, ogni singola sequenza del film riprende con un'attenzione per i dettagli quasi certosina il suo corrispettivo cartaceo, dall'espressione del personaggio fino alla sua rappresentazione grafica (vestiti, pettinatura, accessori...), dai dialoghi fino agli sfondi, con davvero pochissime concessioni ad un eventuale adattamento: Sin City è uno di quei rari film in cui non si può dire "era meglio il fumetto", perché i cambiamenti sono talmente minimi che lamentarsene sarebbe a dir poco ridicolo. L'unica critica che può essere mossa alla pellicola è l'eccessiva "freddezza" conseguente al massiccio uso di effetti speciali e CG, indispensabili per ottenere la fedeltà praticamente assoluta all'opera di Miller e i caratteristici effetti cromatici che sono quelli che più colpiscono l'occhio e la memoria dello spettatore e che spezzano la monocromia di quello che, a tutti gli effetti, è un noir moderno. Abbiamo così un bastardo giallo che indossa il suo marciume e la sua corruzione come una seconda pelle, sangue bianco che sprizza dalle arterie, occhi verdi o azzurri che colpiscono per la loro incredibile bellezza, stilosissime scarpe rosse, macchie di colore che si integrano perfettamente alle altre immagini e che non creano quell'incredibile fastidio che avrebbe provocato quella rumenta di The Spirit, fallimentare assolo registico di un Miller ormai preso da manie di grandezza cinematografiche.


Grandissima, inoltre, la cura messa nel casting. Il make-up, come già ho avuto modo di dire, fa miracoli, soprattutto per quanto riguarda Mickey Rourke e lo scimmionesco Marv, ma bene o male si è cercato (come mostrato in maniera assai furba nei titoli di testa) di affidare ogni personaggio ad un attore che potesse incarnarlo alla perfezione e distaccarsi poco dall'immagine creata da Miller. I migliori sono un irriconoscibile Benicio Del Toro, protagonista di una delle sequenze più esilaranti e meglio riuscite della pellicola (e no, non lo dico perché c'è di mezzo la santa mano di Quentin ma perché la voce e la mimica di Benicio durante il confronto con Dwight sembrano quelle di Rockfeller) e l'inquietantissimo, glaciale Kevin di Elijah Wood, un personaggio che non sfigurerebbe affatto in un film horror, ma tutti gli altri attori hanno fatto un lavoro a dir poco egregio, a partire da chi si è beccato soltanto una piccola particina come Carla Cugino, fino ad arrivare ai grossi calibri come il mio amato Bruce Willis. Le storie di Basin City, un universo incentrato sulla depravazione, la corruzione, il sangue, la violenza e il sesso, si delineano sullo schermo come se la china avesse il potere di muoversi e riescono a farci piombare in un'atmosfera dal sapore retrò e pulp, con pochi (anti)eroi fuori dal tempo e un branco di assassini e criminali tra i più affascinanti, il tutto scandito dall'ipnotico score scritto a tre mani da Grahame Revell, John Debney e dallo stesso Robert Rodriguez. Insomma, un piccolo capolavoro che val sempre la pena recuperare e riguardare, tenendo a mente che le quattro storie utilizzate per girare il film (Il cliente ha sempre ragione, Un duro addio, Un'abbuffata di morte, Quel bastardo giallo) sono dei capolavori del fumetto e andrebbero lette a prescindere.


Dei registi Frank Miller (che interpreta anche il prete fatto fuori da Marv), Robert Rodriguez (che interpreta anche uno dei membri dello SWAT) e Quentin Tarantino ho parlato qui, qui e qui. Di Jessica Alba (Nancy Callahan), Rosario Dawson (Gale), Benicio Del Toro (Jackie Boy), Michael Clarke Duncan (Manute), Carla Cugino (Lucille), Josh Hartnett (L’uomo), Rutger Hauer (Cardinale Roark), Jaime King (Goldie/Wendy), Michael Madsen (Bob, ma all'inizio si era pensato a lui per Marv), Brittany Murphy (Shellie), Mickey Rourke (Marv), Bruce Willis (Hartigan), Elijah Wood (Kevin) ho parlato ai rispettivi link.

Clive Owen interpreta Dwight. Inglese, lo ricordo per film come Gosford Park, The Bourne Identity, l’indimenticabile corto Beat the Devil, King Arthur, Derailed – Attrazione letale, La pantera rosa ed Elizabeth: The Golden Age, inoltre ha partecipato alla serie Extras. Anche produttore, ha 49 anni e due film in uscita.  


Marley Shelton interpreta la Cliente. Americana, la ricordo per film come Gli intrighi del potere – Nixon, Pleasantville, Mai stata baciata, Grindhouse – A prova di morte, Planet Terror, A Perfect Getaway – Una perfetta via di fuga e Scream 4; inoltre, ha partecipato alla serie 8 sotto un tetto e doppiato un episodio di American Dad!.  Ha 39 anni.


Nick Stahl interpreta Roark Jr., il Bastardo Giallo. Americano, ha partecipato a film come L'uomo senza volto, Generazione perfetta, La sottile linea rossa, Terminator 3: Le macchine ribelli e a serie come Hercules e Locke & Key (il pilot, purtroppo mai andato in onda...). Anche produttore e scenografo, ha 34 anni e tre film in uscita.


Nei panni della giovanissima prostituta Becky i fan di Una mamma per amica riconosceranno sicuramente gli occhioni azzurri di Alexis Bledel, una delle Gilmore Girls del titolo originale. Passando alla solita rubrica del "chi non ce l'ha fatta", Adrien Brody ha provato ad avere la parte di Jackie Boy mentre l'impegnatissimo Johnny Depp era stata la prima scelta di Rodriguez per il personaggio; altri prescelti dal regista erano Christopher Walken e Wilelm Dafoe per il senatore Roark, Steve Buscemi per Junior versione Bastardo Giallo (sarebbe stato perfetto, mentre per la versione "bella" era stato scelto Di Caprio che ha rifiutato) e Michael Douglas per Hartigan (meglio Bruce!!). L'anno prossimo dovrebbe uscire, finalmente, il seguito di Sin City, Una donna per cui uccidere, sempre diretto da Rodriguez, con alcuni ritorni (Bruce Willis, Jessica Alba, Mickey Rourke, Rosario Dawson) e alcuni cambiamenti (Dennis Haysbert al posto del defunto Michael Clarke Duncan, Jamie Chung in quello di Devon Aoki, diventata da poco mamma). Nell'attesa che esca, se Sin City vi fosse piaciuto consiglio di vedere L'uomo che non c'era e Pulp Fiction. The Spirit è troppo brutto. ENJOY!!!

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