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martedì 5 gennaio 2021

Zio Frank (2020)

Consigliata da Mr. Ink, sempre nelle benedette ferie natalizie sono riuscita a guardare Zio Frank (Uncle Frank), scritto e diretto del 2020 dal regista Alan Ball e disponibile su Amazon Prime Video.


Trama: dopo la morte del padre, Frank torna nella sua città natale assieme alla nipote Beth e al compagno Wally, per affrontare i traumi del passato...


Madonna, Alan Ball. Che belli i tempi in cui potevo permettermi di guardare il suo Six Feet Under senza problemi di tempo od orario, perdendomi nelle sue elucubrazioni sulla morte, ad amare e odiare personaggi sfaccettati come mai ne avevo visti in TV, tranne forse ne I Soprano prima di loro. Quando ho letto che Ball era il regista e sceneggiatore di Zio Frank, ho deciso di dare retta al consiglio di Mr. Ink, con sommo scorno del Bolluomo che si è palesemente rotto le scatole ma non ha avuto il coraggio di dirlo alla sua fidanzata in lacrime e presa dai problemi esistenziali di Frank, professore universitario newyorkese considerato lo "strano" della famiglia. D'altronde, in South Carolina, negli anni '70, già conoscere la letteratura americana o non mostrare interesse per il football sarà stato sicuramente indice di stranezza, e non stupisce che la giovane Beth sia incuriosita e affascinata da questo zio che fa il professore a New York e ha tagliato i ponti con quasi tutti. Arrivata a New York per studiare, Beth scopre che lo zio non è solo weird, ma anche queer nell'accezione più gaia del termine, proprio quando il patriarca della famiglia muore e c'è da andare ad uno scomodo funerale dove, sicuramente, il compagno di Frank non sarà ben accetto in quanto uomo e persino mediorientale. La morte dell'odioso "papà Mac" sarà l'occasione per un viaggio in macchina, durante il quale Beth arriverà a capire che lo zio Frank non è "figo", bensì un uomo molto fragile con un trauma orribile alle spalle, vittima dei fantasmi del passato e terrorizzato dagli spettri del presente al punto che il rapporto con Walid (o Wally) diventa ogni giorno una lotta per potersi concretizzare. Anzi, è la vita di Frank ad essere una lotta, schiacciata da un senso di colpa e una vergogna tenute a bada soltanto dalla distanza da una terra fatta di ignorante timore di Dio e padri padroni che meriterebbero non un funerale ma una bella pisciata collettiva sulle loro tombe.


Ormai sono passati molti anni da quando guardavo Six Feet Under, ma davanti a Zio Frank mi è parso per un momento di reimmergermi nelle stesse atmosfere che caratterizzavano le vicende della famiglia Fisher: la morte come catalizzatore di eventi positivi o negativi, una costante nella vita anche dei più giovani, un umorismo talvolta leggero e altre volte quasi grottesco, l'impossibilità di avere sentimenti univoci nei confronti dei protagonisti, soprattutto. Salvo Beth e Wally, entrambi incredibilmente deliziosi, gli altri personaggi non sono così "simpatici", Frank in primis, che sfoggia gli stessi "lampi" di virilità testarda ed ignorante che mi rendeva terribilmente odioso il povero David all'inizio della prima stagione di Six Feet Under, quello stesso egoismo che minaccia di distruggere tutto e di non renderlo migliore di chi ha speso l'esistenza a fargli del male. Certo, questi sono anche i  motivi per i quali ho trovato Uncle Frank leggermente frettoloso e conseguentemente meno incisivo di quanto avrei voluto, visto che uno stile come quello di Ball merita tempi più dilatati, ma ciò non toglie che gli attori siano tutti incredibilmente bravi (la Lillis è ormai una garanzia ma stavolta la palma va alla famiglia sgangherata di Frank) e che la regia di Ball contribuisca ad immergere lo spettatore in un'atmosfera di falsa sicurezza in cui i ricordi più dolci si tramutano in un istante in incubi ricorrenti, alla faccia della bellezza di tutti gli elementi naturali che paiono caratterizzare il South Carolina. Se vi piace il genere, consiglierei senza dubbio il recupero.


Di Paul Bettany (Frank), Sophia Lillis (Beth), Steve Zahn (Mike), Judy Greer (Kitty), Margo Martindale (Mammaw), Stephen Root (Papà Mac) e Lois Smith (Zia Butch) ho già parlato ai rispettivi link.

Alan Ball è il regista e sceneggiatore della pellicola. Americano, ha diretto film come Niente velo per Jasira e serie quali Six Feet Under. Anche produttore e attore, ha 63 anni.


Peter Macdissi
interpreta Wally. Libanese, ha partecipato a film come Three Kings, Niente velo per Jasira e a serie quali X-Files, Six Feet Under e 24. Anche produttore, ha 46 anni.




domenica 19 aprile 2020

Gretel e Hansel (2020)

Gretel e Hansel (Gretel & Hansel), diretto dal regista Oz Perkins, era uno degli horror che più aspettavo quest'anno. Avrebbe dovuto uscire il 2 aprile in Italia ma, ovviamente, si è perso causa Covid e così mi sono fatta il regalo di compleanno, che cade oggi, e l'ho guardato comunque.


Trama: cacciati dalla madre, Gretel e Hansel si perdono nel bosco. Affamati, arrivano alle porte di una strana casa, all'interno della quale vive una vecchia misteriosa.


Immagino conosciate tutti la favola di Hansel e Gretel. Due gemelli vengono cacciati via dai genitori estremamente poveri e abbandonati nel bosco, dove incontrano una strega che abita in una casa fatta di marzapane e dolci. I due bimbi rischiano di finire nel forno della strega ma riescono ad ucciderla e tornano dai genitori col suo tesoro, vivendo da quel momento felici per sempre. Ci sono parecchie versioni cinematografiche di questa favola, che si presta perfettamente per venire trasposta in chiave horror, ma è la prima volta che alle atmosfere inquietanti e sovrannaturali si unisce il racconto di formazione che sposta inevitabilmente il focus dalla coppia di gemelli alla sola Gretel, non più bambina ma nemmeno donna, costretta a trascinarsi appresso il fratellino più piccolo. Ho scritto racconto di formazione, ma Gretel e Hansel è più un coming of age dalle tinte fosche, con nessuna pretesa Disneyana di instradare la protagonista verso un cammino che possa recare un messaggio positivo al pubblico, salvo forse per una presa di coscienza come individuo e come donna invece che come oggetto sessuale, servetta, figlia o guardiana del fratellino; in particolare su quest'ultimo punto la sceneggiatura di Rob Hayes sottolinea la necessità di svicolarsi dai legami percepiti come zavorre per riuscire a trovare il proprio cammino, senza ovviamente svilire l'amore o il rispetto, lasciandoli "liberi" prima che possano mutare in odio e disprezzo. Gretel, lontana dall'essere oggetto dell'appetito della Strega, diventa così un animo affine, un'allieva con la quale condividere conoscenze, potere e indipendenza, alla faccia di tutti i cavalieri dall'armatura scintillante che potrebbero salvare la povera donzella in pericolo e che qui si limitano ad offrire buoni consigli, passabili di venir seguiti o meno.


La sceneggiatura di Gretel e Hansel lo rende un film impossibile da cogliere in toto solo con una prima visione, bisognerebbe infatti riguardarlo col senno di poi per comprendere molte cose, in primis la valenza delle parole della madre e della fiaba della "Bella bambina col cappuccio rosa", magari tenendo a mente le altre favole dei Grimm (Il ginepro viene citato in una filastrocca), e magari dopo aver riguardato The VVitch di Eggers, assai simile per le inquietanti atmosfere boschive e per il modo in cui il male si insinua nel cuore di una ragazza alla quale le convenzioni cominciano a stare molto strette. Quel che è certo è che le immagini girate da Oz Perkins sono splendide (l'"occhio divino" e le macchie di colore che spezzano l'oscurità all'interno della sala da pranzo della strega mi hanno particolarmente colpita), così come meravigliosa è la fotografia in cui sono immerse: premesso che la più terrificante sequenza allucinatoria all'interno di una selva rimane ancora quella de L'orso di Annaud, Perkins mette i brividi attraverso ombre dall'aspetto umanoide che sembrerebbero manichini irreali, geometrie oscure che danno vita a edifici inquietanti, incubi ad occhi aperti che allo stesso tempo affascinano per la cura con cui sono realizzati e disgustano per le loro implicazioni. In tutto questo, la bellezza particolare di Sophia Lillis e l'interpretazione misurata di Alice Krige contribuiscono ad arricchire ulteriormente un film già molto bello di suo, che ovviamente esige dallo spettatore un minimo di attenzione in più e concede poco sia in termini di jump scare che di "azione", preferendo concentrarsi sulla crescita interiore dell'affascinante protagonista. A mio avviso, Gretel e Hansel è un altro splendido horror di cui godere in quarantena, nell'attesa che possa venire riproposto al cinema come meriterebbe.


Di Alice Krige, che interpreta la strega, ho già parlato QUI.

Oz Perkins è il regista della pellicola. Americano, ha diretto film come February: L'innocenza del male e Sono la bella creatura che vive in quella casa ed è anche attore e sceneggiatore. Ha 46 anni.


Sophia Lillis interpreta Gretel. Americana, la ricordo per film come It e It - Capitolo 2, inoltre ha partecipato a serie quali Sharp Objects e I Am Not Okay With This. Ha 18 anni.


Se Gretel e Hansel vi fosse piaciuto recuperate The VVitch. ENJOY!

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