Oggi parlerò dell’ennesimo mockumentary, genere che va parecchio per la maggiore ultimamente. Nella fattispecie, il Bollalmanacco sta per affrontare quel famoso Cloverfield, diretto nel 2008 dal regista Matt Reeves, che avevo snobbato all’uscita nei cinema (non ricordo se volutamente o meno, in effetti…).
Trama: attraverso un filmino amatoriale assistiamo alla totale distruzione dell’isola di Manhattan, dopo che New York viene invasa da un non meglio specificato mostro marino…
Il mockumentary, si diceva. Una volta, questo sconosciuto, adesso invece genere quotatissimo nell’industria cinematografica. Cloverfield è uno degli ultimi esempi del genere e, per quanto ne ho potuto capire, anche uno dei più interessanti. Essendo abituata, fin dai tempi di The Blair Witch Project, al vedere mostrato poco o nulla oppure ad ambienti chiusi come quelli che si possono vedere in Rec o Paranormal Activity, l’idea di girare con questa tecnica un film di mostri all’interno di una metropoli già di per sé è originale e anche vedere la sconvolgente immagine della creatura e i danni che infligge irrimediabilmente ad una città come New York mozzano il fiato. A prescindere, infatti, dalla furbissima campagna promozionale che io, però, non ho vissuto (video finti, falsi account myspace dei personaggi, miriadi di siti internet dedicati ai temi trattati… d’altronde, il produttore è J.J. Abrams, che di pubblicità ne sa quasi più di Spielberg!), Cloverfield è un bel film, inquietante, ansiogeno e ben diretto.
Quello che mi è piaciuto di più è la totale assenza di spiegazioni, com’è giusto che sia. Ad un certo punto, in tutte le pellicole come queste i personaggi, in modo più o meno gratuito, si beccano lo “spiegone” di cui beneficia di rimando anche lo spettatore. Qui spiegazioni non ce ne sono e tutte le cose che accadono, dalla comparsa del mostro alla causa della morte violenta di uno dei protagonisti per esempio, sono avvolte nel mistero, restano nei limiti di quello che Hud, il “regista” per così dire, riesce a sapere e mostrare con la telecamera. Tutto avviene in tempo reale e rispetta la durata di una semplice cassettina per telecamera portatile, consentendoci così di vivere in diretta le emozioni, la paura, l’incertezza dei protagonisti che, nel bel mezzo di una festa, testimoniano la fine della loro esistenza e della città in cui abitano. L’apocalisse tascabile, insomma, intervallata da spezzoni di un vecchio e più felice filmato che, come la vita dei personaggi coinvolti, viene a poco a poco cancellata dagli eventi di Cloverfield e conclude il film con un beffardo “è stata una bella giornata”.
Ovviamente, la pellicola non è priva di quell’aura di “bufala” che maledice quasi tutti i mockumentary. Personalmente, non capirò mai come sia possibile far passare per verosimile l’idea di uno che, nel bel mezzo di un’invasione di zombie, mostri o affini, si incolla la telecamera alla mano e continua a girare finché non gli staccano di netto l’arto, o peggio. Posso capire in Rec, dove si parla di giornalisti professionisti, ma quello di Cloverfield è l’americano medio dal cervellino sottosviluppato. Certo, a volte spegne la telecamera, altre volte la fa cadere, ma fondamentalmente poi è sempre lì a recuperarla e riaccenderla, anche quando gli tocca scalare un grattacielo in bilico dove i suoi compari fanno fatica a camminare con le mani libere. E non sia mai che il suo amico fesso la lasci a terra nemmeno dopo l’incidente finale o dopo essere stato a tu per tu col mostro!! Miseria, che manie di protagonismo, altro che Grande Fratello! Ma scherzi a parte, un’occhiata a Cloverfield la darei, perché è molto ben fatto. A mio avviso, purtroppo, perde molto su piccolo schermo, non oso immaginare l’effetto che avrà fatto al cinema ai fortunati che lo hanno visto… io, sicuramente, andrò a vedere il seguito.
Del regista Matt Reeves ho già parlato qui mentre Mike Vogel, che interpreta Jason, lo trovate qui. Della partita anche Odette Yustman ( o Annable, che è il suo vero cognome), già approdata sui lidi bollalmanacchici qua.
Lizzy Caplan (vero nome Elisabeth Anne Caplan) interpreta Marlena. Americana, ha partecipato a film come Mean Girls e 127 ore, oltre a serie come Smallville, Tru Calling, True Blood e ad aver doppiato alcuni episodi di American Dad!. Anche produttrice, ha 29 anni e quattro film in uscita.
Nel 2014 dovrebbe uscire un prequel (o un seguito? D’altronde durante i titoli di coda si sente dire “Help us”… ma se lo si riproduce al contrario, suona molto come “It’s still alive” ARGH!!) del film, sempre diretto da Matt Reeves. Nell’attesa, avete tutto il tempo di vedervi con calma Cloverfield, quindi… ENJOY!
A parte che non sapevo ci fosse un seguito in cantiere, per il resto sottoscrivo. Non gli avrei dato un soldo, ma dopo averlo visto un po' per caso mi sono decisamente ricreduto.
RispondiEliminaL'ho visto anche io praticamente per caso, in effetti. Meglio così, ogni tanto fa piacere "scovare" queste perle!
EliminaIo mi ci sono divertito come un bambino.
RispondiEliminaEri riuscito a vederlo al cinema?
Eliminaconcordo,è un buon film.Un manifesto su cosa è la paura e come sconvolga la vita delle persone,ma non dei cameraman della domenica!^_^
RispondiEliminama quale seguito per favore!Bolla fai una magia nera contro il pirla che ha avuto questa idea,va!
Ecco, speriamo sia uno di quei mille progetti in fieri che non vedranno mai la luce!!
EliminaCon Cloverfield ho un rapporto complicato. Da un lato confermo la novità di girare un monster movie in forma di mockumentary, e di applicare a questa particolare tipologia di racconto, delle tecniche che invece sono proprie del grande cinema. Dall' altro, invece mi riesce difficile sospendere l' incredulità di fronte a una tale marea di situazioni ai limiti dell' idiozia.
RispondiEliminaMa vabbè, il mockumentary è così: ce devi crede, altrimenti crolla tutto in miseria. Con Cloverfield però si raggiunge quasi il parossismo di questa contraddizione.
Guarda, io ormai ho rinunciato a cercare una verosimiglianza nei comportamenti dei protagonisti dei mockumentary perché sennò anche io, come te, non riuscirei ad avere appunto la "sospensione di incredulità".
EliminaChiudo gli occhi di fronte alle camurrìe e mi godo l'atmosfera, diciamo, riflettendo talvolta su cosa farei io nei loro panni (al 99%: lancerei la telecamera al mostro e scapperei a gambe levate, così che il nastro possa documentare solo lo scalpiccio dei miei passi, le mie urla e il rumore di mascelle che mi masticano XD)
per me non è così inverosimile che ci siano persone che stanno sempre a riprendere tutto.
RispondiEliminadurante le recenti alluvioni, terremoti etc. c'è sempre qualcuno che invece di scappare filmava tutto, commentando tra l'altro con insopportabili urla isteriche, per poi mandarle al sito di repubblica... :)
Ma su quello ti do pienamente ragione... però diamine, questo scala i palazzi divelti con una mano sola, rimane come un fesso a fissare i mostri immobile, etc. etc., per non parlare dei cretini che nelle Attività Paranormali non se ne vanno da casa ma, anzi, rimangono a sfidare il demone! XD
EliminaSono a metà strada su questo film: un mok carino, con l'idea originale del mostro, godibilissimo ma che, ai miei occhi, ha perso molto dopo la prima visione. Per me rimane un buon film da una botta e via.
RispondiEliminaSì, sicuramente non lo riguarderei, non è il genere che me ne fa venire voglia.
EliminaPerò rimpiango la mancata visione su schermo gigante!
Concordo con Frank, è un film da una botta e via, però il finale mi è un po' rimasto impresso.... carino se non si ha proprio nulla da guardare ecco ù.ù XD
RispondiEliminaIl finale è abbastanza bastardo, sì, ma l'ho trovato delizioso. Anche per l'amara ironia del tutto!
EliminaMi accodo Marco Goi, aggiungendo tra l'altro che questo genere, soprattutto con Cloverfield (ma non solo), rappresenta perfettamente l'era del "io c'ero" e del mostrare a tutti i costi le disgrazie, che stiamo vivendo. Infatti Cloverfield, da un punto di vista puramente teorico, secondo me è un grande film. Però non è esente da lungaggini evitabilissime (la festa iniziale dura più o meno più di venti minuti...na roba insopportabile), così come la caratterizzazione di alcuni personaggi (anche se in questo genere di film, meno caratterizzazione c'è meglio è).
RispondiEliminaSecondo me è praticamente impossibile che i personaggi di simili film risultino caratterizzati, però, per la definizione stessa di mockumentary. In due ore di "vero" girato, in condizioni estreme ecc., non dovrebbe essere possibile approfondire alcunché, tantomeno la psicologia dei presenti, a parte alcuni tratti superficiali e ben evidenti.
EliminaQuanto alla festa iniziale, a me non è dispiaciuta, serve ad introdurre i personaggi e a rilassare lo spettatore (e scioccarlo maggiormente in seguito).
Guarda, io questi mockumentary che vanno per la maggiore ce li ho un pò sulle palle, però vedo che di cloverfield tutto sommato ne parli bene, quindi un'occhiatina gliela darò.
RispondiEliminaA proposito, ti ho amata alla follia quando sei riuscita ad esprimere quello che ho sempre pensato a proposito di questo genere di film con la frase: "come sia possibile far passare per verosimile l’idea di uno che, nel bel mezzo di un’invasione di zombie, mostri o affini, si incolla la telecamera alla mano e continua a girare finché non gli staccano di netto l’arto,"
Effettivamente, è una cosa che trovo più che inconcepibile. Sarà che ho paura di tutto, ma filmare, per citare il Cannibale, anche solo un'alluvione o un terremoto sarebbe una cosa impensabile per me!!
EliminaComunque guardalo, a prescindere dalla sua natura di mockumentary è molto carino e ben fatto!
Furbo ma divertente in pieno JJ Abrams Style,saluti.:-)
RispondiEliminaJJ è un maledetto, ha condizionato inevitabilmente gli ultimi dieci anni! XD
EliminaSaluti anche a te!!
Bei tempi quando toccava a Mr. Stay Puft a distruggere Manhattan!! 😄😄
RispondiEliminaPerò anche i mostroni di Cloverfield hanno il loro perché u.u
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