Trama: il sacerdote di una piccola congregazione comincia a mettere in dubbio il proprio ruolo nel mondo a seguito di una serie di tragedie che lo hanno toccato da vicino.
Tra tutti i film visionati nel periodo pre-Oscar, First Reformed è indubbiamente uno dei più "scomodi". La sceneggiatura di Paul Schrader, pur non essendo sensazionalistica come quella di Vice, che punta il dito facendo nomi e cognomi, o palesemente impegnata come quella di BlacKkKlansman, sbatte in faccia allo spettatore un problema globale del quale tutti, nessuno escluso, parliamo troppo poco benché ci tocchi da vicino, forse perché attualmente è meno intellettuale parlare di ambiente e riscaldamento globale piuttosto che di politica e razzismo. Scrivere che First Reformed parli "semplicemente" di inquinamento e della graduale presa di coscienza del problema però sarebbe incredibilmente riduttivo. Quella, difatti, è solo la punta dell'iceberg di un percorso che porta il protagonista, un prete fiaccato dai sensi di colpa per la morte del figlio in guerra, a guardare al futuro e a chiedersi se davvero un mondo destinato alla distruzione per mano dell'uomo possa essere un rifugio sicuro per le generazioni future e cosa, effettivamente, possa fare la Chiesa per impedire una catastrofe, per preservare ciò che Dio ha concesso all'umanità al di là di tutte le parole, le preghiere e le formule di rito. First Reformed ci fa scontrare con la realtà di un sacerdote che è poco più di una guida turistica all'interno di una chiesa-museo, incapace di trovare le parole giuste per consolare e dare speranza agli altri perché lui stesso non ne ha per sé, e che piano piano apre gli occhi su una realtà dove la Chiesa è un'industria mangia soldi più che veicolo di conforto per i fedeli, all'interno della quale chi è al vertice si preoccupa di politica e di apparenze salvate invece che di problemi concreti. Eppure, nonostante questa presa di coscienza, il sacerdote fa del dolore spirituale e della sofferenza fisica una corazza che lo spinge non già ad allontanarsi da Dio o perdere la Fede, bensì a farla diventare qualcos'altro di enorme e terribile, un pensiero strisciante di cui pian piano anche lo spettatore comincia ad avvedersi con angoscia crescente.
Ombroso, rigoroso e "bergmaniano" nell'impostazione (e non solo, ché Luci d'inverno ha una premessa molto simile), First Reformed è un film fatto di dialoghi angoscianti che affondano quanto la lama di un pugnale, che ci fanno vergognare di esistere e di essere sempre così dannatamente superficiali. Concentrati su noi stessi e sull'adesso, troppo spesso consideriamo la religione e la preghiera come scappatoie, comode formule magiche per ottenere quello che vogliamo come se Dio, un qualsiasi Dio, fosse il genio della lampada in grado di esaudire i nostri desideri se preghiamo proprio bene bene. E quando, dall'alto, ci viene mostrato solo un bel dito medio, ovviamente ci incazziamo. E' questa battaglia contro i "fedeli" mulini a vento che viene portata in scena da Schrader, incarnata nel volto granitico di Ethan Hawke, invecchiato e tirato ma sempre affascinante, il ritratto stesso del tormento e della disperazione, chiuso all'interno delle pareti spoglie di una chiesa asettica dove le croci paiono pesare come macigni persino con le loro ombre scure (il senso di claustrofobia viene dato anche dal formato inusuale scelto dal regista, il desueto rapporto d'aspetto 4:3), o perso nel fondo di una bottiglia mentre vomita su carta tutto ciò che lo rode. Il grigiume e la desolazione lasciano il posto giusto ad un paio di scene oniriche, concesse da Schrader a mo ' di sollievo sia per il protagonista che per lo spettatore, piccoli afflati di speranza che non è detto vengano accolti e che hanno il volto angelico di una misuratissima Amanda Seyfried, ma che comunque possono cominciare ad indicare una via. Amore, speranza, indulgenza, comunione col prossimo, impegnati in una strenua battaglia contro disperazione ed autodistruzione, questo il cuore di First Reformed, un film per nulla ottimista ma sicuramente potente, capace di dare un bello scrollone allo spettatore. Peccato che non se lo sia filato quasi nessuno in Italia.
Del regista e sceneggiatore Paul Schrader ho già parlato QUI. Ethan Hawke (Toller) e Amanda Seyfried (Mary) li trovate invece ai rispettivi link.
Cedric the Entertainer, che interpreta Jeffers, è la voce originale del Maurice di Madagascar. Per il ruolo di Toller il regista aveva pensato anche a Oscar Isaac e Jake Gyllenhaal ma alla fine ha optato per il più "sciupato" Ethan Hawke. Se First Reformed vi fosse piaciuto recuperate Luci d'inverno e aggiungete Al di là della vita. ENJOY!
Film che mi manca, spernacchiato perfino a Venezia qualche anno fa, che eppure sono felice abbia avuto una seconda vita nel circuito indipendente. Proprio ieri, mi pare, Hawke ha vinto il premio come Miglior attore agli Indipendent Spirit Awards. Da recuperare, anche se in ritardo!
RispondiEliminaSpernacchiato perché spesso gli addetti ai lavori capiscono di cinema ancora meno di noi poveri blogger stronzi, se posso permettermi.
EliminaAvesse vinto la miglior sceneggiatura originale, la Academy si sarebbe fatta perdonare molte cose.
Ma infatti lo sto scoprendo solo adesso da te... Mai sentito, manco per sbaglio.
RispondiEliminaInteressante sia come regia (scelte tecniche e tutto il resto) che come trama, anche se magari è abbastanza duro e cupo... :)
Moz-
Durissimo, cupissimo e scomodo. Ecco perché lo hanno snobbato persino gli addetti ai lavori.
EliminaMi manca,devo trovare la maniera di propinarlo al Khal di nascosto,adoro Ethan e non me lo posso perdere.Anche se puzza un po' di soporifero,te lo confesso O.o
RispondiEliminaDiciamo che al Khal non lo propinerei XD
EliminaLo potevo recuperare al cinema, ma oltre a essere povery, non sono riuscita ad andare al cinema neanche una volta questo mese. Quindi chissene degli Oscar. E comunque, se le donne devono essere fighe a 50 anni, una cavolo di crema anti età il buon Ethan potrebbe usarla, è invecchiato maluccio!
RispondiEliminaA me ti dirò che non dispiace e per il personaggio che interpreta è perfetto :)
EliminaPensa che io lo avevo completamente rimosso dopo la visione a Venezia, Ethan Hawke depressivo e finale a parte poco altro mi ricordavo. Onestamente, troppo strano, pesante e assurdo (al limite del ridicolo) per piacermi.
RispondiEliminaIo non l'ho trovato così ridicolo, anzi. E' angosciante da morire e per una volta pone quesiti difficili, scomodi, allo lo spettatore cattolico e "moderno". Davvero un'opera coraggiosa e mi spiace davvero che sia passata in sordina.
Elimina4:3 che stupisce per un attimo. Poi ti rendi conto che è tutt'altro che inutile. Visto 2 volte. La prima ho pensato :bel film ma eccessivamente pessimista e catastrofico. La seconda volta ho pensato che la nomination per la sceneggiatura era del tutto meritata. Forse anche Ethan Hawke meritava una nomination.
RispondiEliminaAnche secondo me. Ma non era il film adatto ad un'Academy mai così banale.
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