Trama: in ritiro a Venezia, Poirot viene invitato dalla scrittrice Ariadne Oliver ad una seduta spiritica per smascherare una medium. Quando ci scappa il morto, Poirot decide di tornare a indagare...
Nonostante avessi voglia di vedere Assassinio a Venezia, non avevo aspettative granché alte, salvo per la speranza di avere ancora qualche dettaglio sugli imponenti baffi di Poirot (disattesa, ahimé. Shame on Kenneth). Invece, Assassinio a Venezia risolleva quella che, nel frattempo, è diventata la trilogia di Branagh, dopo il disastroso Assassinio sul Nilo, inserendo elementi gotici e perturbanti che ravvivano un po' le indagini di Poirot e, soprattutto, hanno il pregio di privare il protagonista di parte della sua tracotante sicumera. All'interno di un antico palazzo dalla storia dolorosamente inquietante, una madre disperata per la mancanza della figlia morta suicida convoca, proprio la sera di Halloween, una famosissima medium dal torbido passato; la scrittrice Ariadne Oliver convince Poirot a uscire dal suo esilio autoimposto così da smascherare la medium, ma le cose non vanno come previsto dai due. Scoperto un piccolo trucchetto, ciò che segue la sconvolgente seduta della medium è un crescendo di eventi inspiegabili che mettono a dura prova le salde convinzioni di Poirot, i cui ragionamenti vengono interrotti e deviati dalle visioni, dai suoni misteriosi e dalle ombre che sembrano popolare ogni stanza del fatiscente palazzo e, soprattutto, che parrebbero attirati proprio dal famoso investigatore. Stavolta, più che conoscere l'identità dell'assassino, è interessante capire se il palazzo della cantante Rowena Drake è realmente abitato da presenze, e farsi trascinare dall'atmosfera deliziosamente gotica del luogo, che sembra influenzare i personaggi più di quanto farebbe un'altra location meno suggestiva: abbiamo, infatti, oltre alla medium, la fervente e superstiziosa cattolica, un medico nevrotico con tendenze suicide, un bambino che sembra uscito da Il sesto senso e una cantante malinconica costretta a (non) vivere sospesa tra passato e presente, in un incubo infinito. Purtroppo, a livello di trama, ci sono sempre le solite lungaggini di dialoghi infiniti e di rara pesantezza messi in bocca a Poirot, ma questo aspetto della pellicola è stato fortunatamente mitigato da una regia assai ispirata.
Branagh, stavolta, ha scelto di lasciarsi ispirare dall'espressionismo tedesco, dai barocchi gialli all'italiana e da quel capolavoro ahimé poco conosciuto di A Venezia un Dicembre rosso... shocking, e il suo cambiamento di stile è evidente. Fin dalle prime sequenze, la macchina da presa inquadra Venezia e i suoi luoghi più famosi sfruttando una prospettiva sghemba che incornicia le luci all'interno di ombre dalle linee squadrate, e la regia si fa ancora più "estrema" quando l'azione si sposta all'interno del palazzo. Lì, le mura sembrano avere occhi che osservano i protagonisti da anfratti nascosti, viene fatto uso di fisheye, sfocature e primissimi piani e il regista tenta persino qualche blando jump scare, sfruttando buona parte dei cliché visivi dei thriller/horror moderni. Verso il finale, quando il caso è risolto e qualcosa in Poirot è cambiato, le inquadrature si fanno più ampie ed ariose, come se il protagonista si fosse tolto un peso dal petto, e questo mi è piaciuto davvero molto. Mi è piaciuto meno, per quanto suggestivo, che sia stata sfruttata una festa come Halloween (nel '47? A Venezia?? Tra le suore??? Con orfanelli di tutte le razze????) in una città che già ha il carnevale e tutta una serie di maschere in grado di infondere inquietudine, e onestamente non sono rimasta granché impressionata nemmeno dal cast. Il migliore, per quanto mi riguarda, è stato Jamie Dornan, abbastanza convincente nei panni del dottore traumatizzato, e Tina Fey è un comic relief gradevole, almeno finché la sceneggiatura non sbrocca male (cosa che ha perplesso la mia collega grande fan di Agatha Christie), mentre secondo me due brave attrici come Kelly Reilly e Michelle Yeoh hanno scelto, in questo caso, di recitare col pilota automatico; la seconda, alla fine, fa giusto una rapida comparsata quindi ci sta, ma la Reilly mi ha lasciato paradossalmente poco. Non pervenuti e dimenticabilissimi tutti gli altri, Branagh e il suo mini-alter ego Jude Hill a parte, con menzione d'onore per il nostro Scamarcio che ormai è diventato il typecast dello sbirro/mafioso/agente segreto italiano di cui diffidare dal primo minuto di pellicola, peraltro col nome idiota di Vitale PORTFOGLIO. In un'eventuale Saw goes to Italy, il ruolo dell'agente Hoffman sarebbe senza dubbio il suo, peccato solo che si ostini a ridoppiarsi con risultati tristemente simili a quelli del Bracchetto Umbro. Al di là di queste mie divagazioni, comunque, Assassinio a Venezia vale un viaggio al cinema, in particolare se vi piace il genere!
Del regista Kenneth Branagh, che interpreta anche Hercule Poirot, ho già parlato QUI. Riccardo Scamarcio (Vitale Portfoglio), Tina Fey (Ariadne Oliver), Kelly Reilly (Rowena Drake), Jamie Dornan (Dr. Leslie Ferrier) e Michelle Yeoh (Mrs. Reynolds) li trovate invece ai rispettivi link.
Camille Cottin, che interpreta Olga Seminoff, era Paola Franchi in House of Gucci, mentre il piccolo Jude Hill era il protagonista di Belfast, sempre di Kenneth Branagh. Se vi fosse piaciuto Assassinio a Venezia, recuperate i precedenti Assassinio sull'Orient Express e Assassinio sul Nilo. ENJOY!
Anch'io ho notato che il ragazzino "vede la gente morta" come il co-protagonista del SESTO SENSO. Anche Poirot vede la gente morta (e all'inizio era rabbiosamente contrario alle sedute spiritiche perché "se si crede ai fantasmi si finisce col credere nell'aldilà e magari all'esistenza di Dio"), ma quando la notte muore e l'alba si affaccia sui canali viene il momento dello spiegone.
RispondiEliminaAuguro a Jude Hill di migliorare come attore e di incontrare maggior fortuna di Osment
Lo spiegone col Poirot di Branagh è ahimé inevitabile ma, se non altro, stavolta li ha un po' ridotti. Secondo me Jude Hill è già bravo, spero anche io che non si perda come molte delle piccole star!
EliminaLa prima cosa che ho detto al mio compagno mentre guardavamo è stata proprio "Halloween con le suore?" 🤣 Concordo su Kelly Reilly, secondo me è stata un po' marginalizzata dalla scena sotto la pioggia un po' sbrigativa
RispondiEliminaQuella secondo me è stata una somma belinata, ma serviva a fare atmosfera quindi pazienza!
EliminaHalloween con le suore? più ci ripenso e più non trovo alcun nesso con questa affermazione! Branagh ha confezionato un ottimo film e parlo come regista, deliziose e varie modalità di riprese,nitido in tutto ma.......come in passato doveva fermarsi lì, lui come attore protagonista è poco credibile e non riesce ad essere un credibile Poirot. Per il resto pellicola scorrevole, tocco USA e purtroppo tocco italiano (obbligato) con Scamarcio che a mio parere è come di consueto "imbarazzante", mio modesto parere.
EliminaTorno a confermare che l'idea di una festa di Halloween avvallata ed organizzata dalle suore cristiane, soprattutto all'epoca è ben strana, ma magari è un preconcetto! Per il resto concordo con te, il Poirot del Branagh attore non mi ha mai convinta al 100%.
EliminaAllora è vero che debbo evitare il rifacimento di "Assassinio a Venezia", replicare l'originale era ardua impresa. Questo invece mi aveva dato quella marcia in più. Forse il divergere dal soggetto originale può essere linfa vitale per il Poirot di Kenneth.
RispondiEliminaVolevi dire Assassinio sul Nilo? Quello effettivamente era una schifezzina, questo è meglio!
EliminaAvevo sentito che non era infimo come i suoi due primi film di Poirot, chissà cosa l'ha ispirato per portare ad un cambio tale!
RispondiEliminaNon saprei, ma ben venga l'ispirazione!!
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