mercoledì 8 maggio 2024

La società della neve (2023)

E' stata dura ma alla fine sono riuscita a guardare La società della neve (La sociedad de la nieve), diretto e co-sceneggiato nel 2023 dal regista Juan Antonio Bayona a partire libro omonimo di Pablo Vierci e candidato a 2 premi Oscar, Miglior film internazionale e Miglior trucco e acconciatura.


Trama: nel 1972, un volo partito dall'Uruguay e diretto in Cile si schianta contro la cordigliera delle Ande. I pochi sopravvissuti si ritroveranno bloccati in uno dei luoghi più inospitali del pianeta e dovranno cercare in tutti i modi di rimanere vivi...


Come ho detto, è stata dura guardare La società della neve e sarà dura anche scriverci un post, a causa della modalità in cui l'ho guardato. Abbiamo cominciato una sera, con Mirco, appena il film è uscito su Netflix. Arrivati alla sequenza del disastro, Mirco, notoriamente aviofobico, si è alzato dopo pochi secondi e se n'è andato, maledicendo me, il mondo e Bayona. Io, che pur non ho paura degli aerei, ho resistito poco di più, e alla fine della sequenza, preda della tachicardia forse causata dall'empatia verso il mio povero fidanzato, ho spento la TV. Nel frattempo sono passate le settimane e, vista la mia ferma volontà di fare fronte alla Oscar Run, ho ricominciato a guardare il film al mattino, mentre facevo colazione, il che significa che mi ci è voluta più di una settimana per finirlo e che ogni, fottutissima mattina, mi sono ritrovata a piangere come un vitello, in pena per Numa, Nando, Roberto e gli altri sfortunatissimi sopravvissuti. Se vi sembra il modo di fruire di un film. Eppure io ricordo, da ragazzina, che Alive - I sopravvissuti non mi aveva fatto né caldo né freddo, i miei lo avevano tranquillamente guardato in TV, e l'unica cosa che mi aveva perplessa, più che turbata, è il fatto che i protagonisti fossero stati costretti a mangiare carne umana per sopravvivere, cioè più una cosa "schifosa" che altro. Invece La società della neve mi ha annientata, e non saprei nemmeno dire perché. Forse per la particolare scelta di raccontare il film dal punto di vista di chi non ce l'ha fatta, con un narratore a cui ci affezioniamo e che muore verso metà film. Forse perché, fino all'ultima partenza verso la salvezza, la regia e la sceneggiatura si impegnano a raccontare una storia non di eroi, ma di esseri umani ai quali è toccata in sorte una delle peggiori disgrazie, di persone che cercano di non regredire ad animali o di non farsi divorare dalla disperazione, mettendo in gioco pochi talenti peculiari e apportando ognuno qualcosa al gruppo, alla "società". Evidentemente, a 43 anni non reggo più le ricostruzioni di eventi realmente accorsi, durante i quali le persone hanno sofferto per lungo tempo, provando sulla loro pelle terrore, disperazione, claustrofobia e freddo, perfettamente veicolati dalla regia e dalle inquadrature di Bayona, ma non solo.


Al di là della bastardissima colonna sonora di Michael Giacchino, che quando ci si impegna riesce a strapparmi il cuore, è il SILENZIO che stronca. Il silenzio ovattato della neve, gli echi, la voce che si perde nell'infinita, spietata vastità delle montagne, la sensazione fisica di isolamento, che arriva dritta alle orecchie dello spettatore. Anche per questo motivo dico che è un delitto guardare il film come ho fatto io. Una pellicola come La società della neve, intanto, merita il buon sonoro di una sala cinematografica come si deve, ed esige l'assoluto coinvolgimento di un pubblico non pavido come la sottoscritta, disposto a non dormire per settimane al ricordo delle scene viste, terribili e sublimi, sul grande schermo. Anche così, la potenza del disastro aereo è innegabile, degna di un horror, e lo stesso vale per le tempeste e la valanga che arrivano a decimare i già pochi sopravvissuti, ma le immagini più preziose sono quelle di doloroso confronto, oppure quelle in cui i protagonisti cercano di condurre una vita quanto più normale, protetti da una fusoliera e dagli oblò che nascondono, a loro ma anche allo spettatore, quanto di innominabile deve essere fatto in nome della sopravvivenza. E grazie a Dio Bayona ha deciso di non indulgere nell'exploitation, che avrebbe distratto il pubblico dal dramma umano dei protagonisti (peraltro interpretati tutti da attori bravissimi), né nel pietismo di un didascalico sguardo al futuro, fermando la narrazione nel momento più intimo e rivelatorio per chi ha avuto la fortuna di sopravvivere e, da quel giorno, ha dovuto farsi carico di non dimenticare chi lo ha reso possibile. Sensazioni personali e probabilmente inspiegabili, incomprensibili per chi è al sicuro e al caldo, e che trovo giusto non dare in pasto alla gente con superficialità. 


Del regista e co-sceneggiatore Juan Antonio Bayona ho già parlato QUI.


La vicenda narrata in La società della neve era già stata portata al cinema con I sopravvissuti delle Ande e Alive - Sopravvissuti, quindi se volete farvi ulteriormente del male potete recuperarli. ENJOY!


2 commenti:

  1. Ci voleva Juan Antonio Bayona, con il suo film più Spielberghaino (anche più di quando ha effettivamente diretto un film Giurassico) per convincermi ad affrontare il trauma e rivedere anche "Alive". Cheers!

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    Risposte
    1. Io alla fine Alive non l'ho rivisto. Per un po' mi disintossicherò da questa storia!

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