Trama: un gruppo di amiche, il cui legame si è affievolito nel tempo a causa di un terribile incidente, decide di esplorare delle grotte sperdute. Pessima scelta...
Non chiedetemi perché non avessi mai guardato The Descent prima di qualche settimana fa, ormai dovreste saperlo che ho delle lacune grosse come dei tir. Ma non divaghiamo, l'importante prima o poi è riuscirci e pentirsi del tempo passato senza conoscere questo piccolo gioiello di suspense e orrore. Un film che, per quanto mi riguarda, fa molta più paura prima che arrivino i mostri, perché evidentemente un po' della claustrofobia paterna l'ho ereditata. The Descent racconta, come da titolo, la discesa in un complesso di caverne di un gruppo di amiche appassionate di sport estremi. Queste sei amiche si trovano in un momento in cui il loro legame si è indebolito parecchio, a causa di un terribile incidente accorso a Sarah, che pesa come un macigno (per motivi che non vi spoilero) soprattutto su Juno e Beth. Per tornare a rinsaldarlo, Juno propone di passare un weekend ad esplorare grotte, senza rivelare che la meta scelta non è un complesso turistico e noiosino fatto di percorsi sicuri, quanto piuttosto un luogo inesplorato dove le nostre, inevitabilmente, rimangono bloccate. L'atmosfera di The Descent è pesante fin dall'inizio, scuote i nervi dello spettatore con un incidente totalmente inaspettato che farebbe invidia a Final Destination e ci consegna una protagonista spezzata, senza più uno scopo nella vita. La "discesa" diventa, per estensione, non solo fisica, ma un'immersione psicologica in ricordi ed esperienze rimossi, in una situazione talmente terribile da togliere il respiro, in un buio che ci rende ciechi. Dalle amiche di una vita non arriva alcun aiuto, anzi, la maggior parte delle protagoniste sono ininfluenti e da parte di Juno e Beth c'è tanta buona volontà ma anche la palese sensazione che ci sia qualcosa che non va, che i rapporti siano irrimediabilmente rovinati nonostante un tardivo ed "eroico" impegno. Tutto questo disagio, ovviamente, esplode nel momento in cui l'esplorazione delle caverne si rivela più difficile e pericolosa del previsto, in un crescendo di claustrofobia e vertigini, tra persone che rimangono bloccate nei cunicoli senza quasi riuscire a respirare e altre che devono superare profondi e cupi abissi. E tutto ciò prima ancora che subentri l'elemento horror.
Nonostante il simbolismo di morte e rinascita, presente sia nella trama che nelle immagini, The Descent non è un film "elevated". E' una macchina costruita per spaventare, con in mente ben chiare le regole del genere, ed è un giro sulle montagne russe che non perde mai ritmo e, soprattutto, non fa sconti. I cunicoli ricostruiti in studio vedono strisciare al loro interno donne sempre più sporche e disperate, perse all'interno di un mondo oscuro rischiarato solo dalle luci di segnalazione (ottima trovata per mantenere sempre illuminato il set, sostenuta da una fotografia chiara, mentre al buio totale si sopperisce con le sempre terrificanti - almeno per me - riprese all'infrarosso), e quando arrivano i mutanti del sottosuolo lo schifo si spreca. Tra pozze di sangue, distese di cadaveri mangiussati e bava che cola copiosa, le sequenze in cui lo stomaco si chiude sono innumerevoli, e altrettante sono le scene in cui la violenza esplode senza filtri, tra momenti di pura soddisfazione sterminatrice e altri in cui viene voglia di distogliere lo sguardo dallo schermo e andarsi a fare un giro. Dovessi proprio trovare un difetto a The Descent, è la maggior parte delle attrici. Purtroppo Prime Video ha solo l'audio italiano, quindi non mi sono goduta le loro "vere" performance, ma per quanto mi riguarda solo Shauna Macdonald e Natalie Mendoza sono degne di imprimersi nella memoria; la prima segue proprio un percorso di evoluzione (o sarebbe meglio parlare di regressione al primitivo? Bella domanda) che da sciapa biondina prostrata dal dolore la trasforma in antieroina grondante cazzimma, la Mendoza è una macchina da fitness che posso solo invidiare, visto che al suo posto non sarei arrivata nemmeno a incrociare i mostri cannibali, ma sarei morta ben prima. Il resto delle protagoniste non mi ha colpita particolarmente, ma per fortuna i mostri di cui sopra sono invece un bel trionfo di make-up e inquietanti movenze fisiche, che rischiano di popolare gli incubi dello spettatore per lungo tempo dopo la visione di The Descent. Un film apprezzabile anche per il finale bellissimo e spietato, di cui esiste una versione edulcorata per il mercato USA che ha aperto la via al secondo capitolo, che non saprei se guardare o meno. Lo consigliate? Fatemi sapere, intanto recuperate The Descent se, come me, siete tra le poche persone che non lo avevano mai visto!
Del regista e sceneggiatore Neil Marshall ho già parlato QUI. Shauna Macdonald (Sarah) e MyAnna Buring (Sam) le trovate invece ai rispettivi link.
Nel 2009 è stato girato un sequel, The Descent: Part 2, che riprende proprio il finale americano di The Descent. Non l'ho mai visto ma, se il film vi fosse piaciuto, recuperatelo e aggiungete Necropolis - La città dei morti e Il nascondiglio del diavolo - The Cave, uscito praticamente in contemporanea a The Descent. ENJOY!
Sono convinto che Neil Marshall avrebbe meritato più fortune in carriera, ma senza di lui e questo film, il genere intero avrebbe preso una brutta deriva che l'Inglese ha evitato, ti invidio perché la prima discesa là sotto non si scorda mai ;-) Cheers!
RispondiEliminaNon si scorda mai no, che ansia!
Elimina“La nostra vita è un viaggio / in Inverno e nella Notte / noi cerchiamo il nostro passaggio / in un Cielo senza luce” L-F Celine
RispondiEliminaDomenica pomeriggio, la partita da poco terminata e così decidemmo di ingannare lo scorcio del festivo prendendo a noleggio un film, ancora di videoteche in città se ne trovavano, non del tutto sparite come le lucciole di PPP. Prendemmo The Discent, senza grandi aspettative e senza immaginare di custodire tra le mani una delle gemme più belle del genere del primo decennio. Un voyage au bout de la nuit dove al posto delle trincee delle Fiandre si fanno largo gli stretti cunicoli delle grotte degli Appalachi, dove la malattia mentale è declinata nel senso di colpa di una perdita non accettata. Qui gli hillbillies raccontati da J.D. Vance (tornato d'attualità anche qui in Italia) e fotografati da Sheldy Lee Adams non sono la comunità isolata di consanguinei (tra The Village e Wrong Turn) ma creature mostruose, albine e cieche. Già, perché buio (dell’anima) o oscurità poco importa: abbiamo solo la scelta del nero.
Per quanto riguarda il sequel, conserva la stessa criticità del primo (personaggi non molto approfonditi), ha una sceneggiatura purtroppo un po' così così (soprattutto gli manca quel senso di incombente minaccia del primo che cresce con la discesa) però l'atmosfera e quel senso di claustrofobico rimane (con un paio di trovate anche originali, una verso il finale se non ricordo male); certo c'è un senso di déjà vu ma io lo vidi a distanza di qualche anno dal primo e non mi dispiacque. Una possibilità gliela darei.
I bei tempi quando si affittavano i film su ispirazione, non come ora, che sappiamo praticamente già tutto. Anche cercare horror era una sorta di discesa nel buio, e che tesori si trovavano!
EliminaSono l'unico al mondo e lo so, ma a me non è mai piaciuto.
RispondiEliminaCi sta. Sapessi quanti capolavori non piacciono a me!
EliminaMi pare che le creature entrino in scena dopo quasi un'ora: non si nota.
RispondiEliminaNo, anzi. Il film fa molta più paura prima!
EliminaMi fido, grazie, ho altri film da recuperare!
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