Martedì scorso sono andata a vedere Death of a Unicorn, diretto e sceneggiato dal regista Alex Scharfman, un film che mi aveva ispirata fin dal trailer.
Trama: Elliot e la figlia Ridley investono per sbaglio un unicorno durante il viaggio verso lo chalet di montagna di Odell, ricchissimo proprietario di un'azienda farmaceutica. Il magnate vorrebbe sfruttare i poteri dell'animale per soldi, ma non ha fatto i conti con gli altri unicorni...
Death of a Unicorn è una commedia horror talmente semplice che potrebbe averla scritta un ragazzo dell'età della Ortega, non a caso nume tutelare dell'intera operazione. Ciò non vuol dire che Death of a Unicorn sia brutto, ma uno dalla A24 si aspetta sempre qualcosa di arguto, un po' artsy, un'innovazione del genere, mentre il film scritto e diretto da Alex Scharfman è un'opera prima talmente lineare che parrebbe tagliata con l'accetta. All'interno della sceneggiatura c'è un bel miscuglio di cliché che altrove, persino di recente, sono stati sfruttati per cose ben più originali. Innanzitutto, abbiamo un rapporto padre-figlia tempestoso, tipico di due generazioni che non si incontrano e di due persone alle quali è venuto meno il collante incarnato da una madre morta da poco di tumore; la giovane Ridley è piena di ideali altruisti, frequenta l'accademia di belle arti, è "alternativa", mentre papà Elliot è un'avvocato che, per non far mancare nulla alla figlia, mette da parte ogni scrupolo morale onde spillare più soldi possibili ai terribili Leopold (ma, fondamentalmente, è una persona buona). I Leopold, invece, sono abietti. A capo di un impero farmaceutico, sembrano usciti da un cartone animato e si presentano con diversi gradi di stronzaggine e stupidità; ovviamente, appena l'unicorno finisce nelle loro mani, l'unico loro pensiero è fare dei gran soldoni con le proprietà taumaturgiche e magiche del corno e del sangue dell'animale, aggiungendo in mezzo qualche extra personale, come un'accennata speranza di vivere in eterno. Death of a Unicorn, date le premesse, si snoda come un racconto di riconciliazione tra padre e figlia incrociato ad una critica verso il capitalismo moderno, al quale si aggiunge l'aspetto creature feature degli unicorni assassini. A tal proposito, l'aspetto davvero interessante del film, forse l'unico, è l'idea di sfruttare le conoscenze artistiche di Ridley per rivelare la vera natura degli unicorni, non così pucciosi come uno si aspetterebbe, ma per una buona riuscita dell'operazione, l'ideale sarebbe stato abbracciare un'anima di serie B tendente al trash e lasciare che gli animali si abbandonassero alle mattanze più sfrenate e assurde. Qualche bella morte c'è, non lo nego (anche se le crudeltà vengono riservate più all'unicorno che agli esseri umani!) ma è tutto molto trattenuto, un po' patinato, di conseguenza anche la parte di commedia satirica ne risente, rivelandosi meno graffiante di quanto avrei sperato.
Come ho scritto sopra, Death of a Unicorn è un'opera prima, quindi Alex Scharfman avrà tutto il tempo di stupirci più avanti, e dietro la macchina da presa dimostra di non essere proprio interdetto, per il modo efficace con cui centellina le apparizioni degli unicorni, sfruttando ombre e primi piani di dettagli inquietanti (muso e zoccoli in primis), senza affidarsi a jump scares d'accatto. Purtroppo, poi, gli unicorni si devono vedere, e la CGI, come troppo spesso succede, non collabora, soprattutto nelle sequenze più dinamiche ed illuminate, dove le bestiole sembrano appiccicate a un fondale, finte come i soldi del Monopoli. Va un po' meglio quando si tratta di riprese statiche o ravvicinate, fermo restando che l'unicorno più realistico è il puledrino, degli altri due non ho apprezzato granché nemmeno l'aspetto, visto che sembrano usciti da un videogame. Per quanto riguarda gli attori, il lavoro di casting è la vera eccellenza di Death of a Unicorn, perché ad ogni interprete è stato affidato un ruolo che gli calza come un guanto. A tal proposito, si può dire che tutti sono bravi ma nessuno brilla particolarmente, forse perché ognuno ripropone le caratteristiche che più gli si confanno, ma una menzione speciale la merita l'esilarante interazione tra Will Poulter e Anthony Carrigan. Il primo lo conoscevo, ed è perfetto per vestire i panni di un ricco figlio di papà che vorrebbe portare i pantaloni del capo invece è un povero cretino, mentre il secondo è una faccia per me nuova e, nel film, interpreta il tuttofare da richiamare con uno schiocco di dita; la dinamica servo-padrone regala momenti di vero divertimento e genuine risate, soprattutto quando il povero, vessato Griff si renderà conto che la dedizione a un lavoro odioso non vale la sopravvivenza. Ho poco altro da dire su questo Death of a Unicorn, horror di facile consumo per una serata con qualche sporadico brivido e abbastanza divertimento da risultare adatto anche ai ragazzini che si approcciano al genere per le prime volte. Ma da una produzione A24 mi aspettavo qualcosa di più.
Di Jenna Ortega (Ridley), Paul Rudd (Elliot), Richard E. Grant (Odell), Will Poulter (Shepard), Sunita Mani (Dr. Bhatia) e Steve Park (Dr. Song) ho già parlato ai rispettivi link.
Alex Scharfman è il regista e sceneggiatore della pellicola, al suo primo lungometraggio. Americano, ha lavorato principalmente come produttore.
Téa Leoni interpreta Belinda. Ex moglie di David Duchovny, la ricordo per film come Nei panni di una bionda, Ragazze vincenti, Deep Impact e The Family Man; inoltre, ha partecipato a serie come Santa Barbara e X-Files. Americana, anche produttrice, ha 59 anni e un film in uscita.
Anche se non è eccezionale, c'è Jenna Ortega, quindi la visione è comunque d'obbligo :)
RispondiEliminaLa Ortega, se non sta attenta, rischia di fare la fine di Tim Burton anzitempo!
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