Trama: dopo la morte del padre, i fratellastri Andy e Piper, quest'ultima gravemente ipovedente, vengono affidati a Laura, psicologa alla quale è da poco morta la figlia. Nonostante la presenza di Ollie, ragazzino afflitto da mutismo selettivo, la casa di Laura sembra il posto ideale dove vivere, ma la donna nasconde un tremendo segreto...
Non sono certa di riuscire a parlare al meglio dell'ultimo lavoro dei fratelli Philippou, che il mio cervello continua a volere chiamare "Talk to Her" e che non riuscirò a riguardare in un milione di anni. Sarà difficile, perché mi ha fatta uscire dal cinema scossa emotivamente e fisicamente, come non mi succedeva da parecchi anni, non solo per le immagini di terrificante violenza che vengono mostrate nel corso del film, ma soprattutto per la profonda tristezza che permea ogni fotogramma. Il tema di Bring Her Back è assai simile a quello di Talk to Me e, per certi aspetti, anche i protagonisti hanno delle caratteristiche comuni. In entrambe le opere, si parla della perdita delle persone care, dell'elaborazione del lutto, di morti ingiuste e spesso insensate; le vittime del lutto sono ragazzi giovani e problematici, schiacciati da un'ingiusta solitudine, che oltre al dolore devono anche sopportare un senso di colpa e di inadeguatezza profondi. Succedeva a Mia, che si rifugiava dalla famiglia della sua migliore amica per tentare di fuggire alle domande scatenate dal suicidio della madre, e succede ad Andy, segnato (ai suoi occhi e a quelli altrui) da un gesto imperdonabile compiuto in età troppo giovane per poterne comprendere le implicazioni. In entrambi i film, poi, ci sono delle vittime innocenti, travolte dai gesti sconsiderati di chi affronta la morte come fosse un gioco oppure, nel caso di Bring Her Back, di chi non la accetta e fa di tutto per invertire la sorte, mosso da una determinazione spietata in grado di scatenare forze incomprensibili e pericolose. E' qui che i due film divergono, in effetti. Talk to Me, per quanto raffinato, era un horror di adolescenti irresponsabili, in cerca di emozioni forti, dove il sovrannaturale aveva gioco facile nell'ingannare persone emotivamente fragili. Bring Her Back è molto più adulto e, per questo, insostenibile, poiché mostra la distruzione consapevole di un nucleo familiare unito nella disgrazia, all'interno del quale due ragazzi vengono torturati psicologicamente da una figura materna (o, meglio, un surrogato della stessa) incapace di provare qualsiasi sentimento positivo, avvelenata com'è dal dolore della perdita. In Bring Her Back, il mostro è una persona normalissima, che sarebbe da compatire se non fosse per la tremenda cattiveria con la quale persegue il suo scopo. Al confronto di Laura, il demoniaco Ollie fa quasi tenerezza, in quanto vittima di qualcosa che non ha scelto, mero mezzo da violare nei modi peggiori e ottenere così un agognato miracolo.
Se pensate che la sequenza di autolesionismo presente in Talk to Me fosse insostenibile (e giuro che vi capisco perché alla seconda visione mi sono proprio coperta gli occhi, rifiutando di sottopormi nuovamente all'ordalia), vi consiglio di stare ben lontani da Bring Her Back. Come ho scritto su, i fratelli Philippou alzano l'asticella della cattiveria a livelli difficilmente sopportabili, e l'occhio dei registi indugia su mutilazioni dettagliate, rese ancora più terrificanti da un sonoro che si insinua nel cervello; non mi succede quasi mai di tapparmi le orecchie, ma a un certo punto ho dovuto farlo o penso che mi sarei messa a urlare in sala. Bring Her Back non ha una sola sequenza non dico allegra, ma almeno leggera. Tutto, all'interno del film, è appesantito da un'atmosfera luttuosa, anche i momenti di cameratismo tra i due fratelli, prima e durante il loro arrivo a casa di Laura. La cinepresa segue i personaggi da vicino e fa propri i punti di vista distorti di ognuno di loro, non solo per motivi funzionali alla trama (Piper è ipovedente e ciò consente a Laura di manipolarla e tenerla all'oscuro dei suoi segreti) ma anche per accrescere il senso di claustrofobia ed incertezza dello spettatore; il presente si mescola talvolta ad allucinanti flashback del passato, acqua e vapore sono due elementi che danno vita ad inquietanti ombre dal volto sfocato, e la figura del cerchio rappresenta non solo l'illusione di un perverso percorso di morte e rinascita, ma soprattutto una prigione, sia per le vittime che per i carnefici. Persino la colonna sonora, fatta principalmente di pezzi allegri e molto ballabili, contribuisce al nerissimo inganno ordito da una donna tutta sorrisi e accessori frizzanti (da nail polish addicted ho amato come la cinepresa si soffermasse, poco prima del finale, sul dettaglio di uno smalto lilla glitterato, indossato da una mano impegnata a compiere orrori inenarrabili).
A proposito di Laura, Sally Hawkins è la punta di diamante di un cast perfetto. L'attrice non va mai in overacting, neppure quando la follia del suo personaggio punterebbe dritta in quella direzione e, nonostante sguardi e gesti connotino giustamente Laura come un mostro, ci sono alcuni momenti in cui si riesce a cogliere la disperazione profonda che ha cancellato dalla sua mente ogni briciola di razionalità e pietà. E' un dualismo sottile, ma presente, non solo nell'interpretazione della Hawkins, ma in tutto il film, ed è ciò che, per quanto mi riguarda, l'ha reso così difficile da sopportare e mi ha fatta uscire dalla sala in lacrime. Al di là di demoni e found footage terrificanti, al di là di mutilazioni insostenibili, l'aspetto davvero angosciante di Bring Her Back è la facilità con cui un evento luttuoso può distruggere la vita delle persone, come la disgrazia può accanirsi su chi è già provato e tenta con fatica di tenere insieme i cocci, come il dolore sia un virus che si propaga, soffocando le sue vittime e rendendole cieche a tutto il resto. Il finale di Bring Her Back (dichiaratamente modificato dopo la morte di Harley Wallace, amico dei due registi a cui il film è dedicato), in questo senso, è perfetto e desolante, così come già lo era quello di Talk to Me. In entrambi i film, è un ultimo, tardivo barlume di raziocinio a cambiare le carte in tavola, anche se mai per il meglio. Il tentativo estremo di riprendere il controllo di un'umanità dimenticata, strappata a forza da un destino crudele, è ciò che impedisce a un film come Bring Her Back dall'essere un mero esercizio di sterile shock value, e sarebbe veramente superficiale distogliere lo sguardo continuando a giudicare stupide o incomprensibili opere che parlano ai nostri lati più oscuri. Come ho scritto all'inizio, non penso avrò mai voglia di riguardare Bring Her Back, né ho desiderio di sminuirlo inserendolo nel perverso "gioco delle classifiche" senza averlo elaborato meglio, affibbiandogli il titolo di "horror dell'anno". E' sicuramente un horror bellissimo, è un'opera importante e stratificata, ma è anche un film che fa malissimo, e non mi sento di consigliarlo a tutti in quanto "fenomeno del momento". Affrontatelo con le debite cautele, poi ne riparliamo.
Dei registi Danny Philippou (anche co-sceneggiatore) e Michael Philippou ho già parlato QUI. Sally Hawkins, che interpreta Laura, la trovate invece QUA.
Se Bring Her Back vi fosse piaciuto, recuperate Talk to Me, A Dark Song, Birth/Rebirth e The Surrender. ENJOY!
Ancora non so quanto e cosa mi è piaciuto di questo film, ma credo lo dimenticherò presto perché emotivamente non mi ha particolarmente coinvolta ma nella prima parte mi ha disturbata/inquietata molto. L'asticella si alza rispetto al primo film ma solo per colpire duramente, dopo due film mi sembra di capire sia un po' la cifra di questi registi. Non riesco a dare un parere positivo nell'insieme se non per l'apparato tecnico, la cura del dettaglio. Senz'altro avrò perso qualche particolare, ma anche qualche forzatura di troppo c'è stata. Devo però dire che in entrambi i film la cosa che più mi ha convinta sono stati i ragazzi, i protagonisti li sanno scegliere bene, i loro cast nonostante siano ragazzi spesso
RispondiEliminaesordienti sono sorprendenti. Non credo sarà il mio horror dell'anno, vado controcorrente mi sa, gli ho preferito Talk to me; è stato in grado di tenermi incollata mentre purtroppo la seconda parte di questo mi ha anche un po' annoiata, ha perso un po' e sinceramente non vedevo l'ora finisse.
Stasera sono andata a vedere 'Weapons', beh, beh,....mi dirai 👏👏👏
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RispondiEliminaIntrappolata da ricatto amicale ho dovuto sopportare sta cosa in sala. 🙄 Temo che nel week-end dovrò vedere Weapons. Devo saldare un debito cinematografico ma gli interessi mi sembrano già spropositati 😭. Ditemi se per "Weapons" dovrò fingermi malata. Potrà mai essere peggio di Bring her back? 😨
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