venerdì 22 agosto 2025

2025 Horror Challenge: May (2002)

Il tema della challenge di oggi era Romance Horror, quindi sono finalmente riuscita a guardare May, diretto e sceneggiato nel 2002 dal regista Lucky McKee.


Trama: May, assistente veterinaria timida ed impacciata, si innamora di un meccanico. Quando quest'ultimo la rifiuta, qualcosa dentro May si spezza...


May
è un altro di quei cult di cui avevo sempre sentito parlare ma non ero ancora riuscita a recuperare. Ben venga la challenge horror, che mi offre motivi per superare la mia pigrizia e la brama di stare dietro alle nuove uscite, perché May si è confermato un film notevole, anche se avevo pochi dubbi che la premiata ditta Angela Bettis/Lucky McKee mi avrebbe delusa. May è un character study dallo spiccato stile indie, le cui atmosfere horror, che all'inizio risultano più disturbanti e weird, esplodono con prepotenza solo nell'ultimo atto, debitore nientemeno che di Frankenstein. La protagonista del film è una ragazza vittima di una profonda solitudine ed incapace di relazionarsi socialmente agli altri, questo perché, fin dall'infanzia, la madre ha ingigantito a dismisura un difetto tutto sommato non invalidante, ovvero un occhio pigro. Costretta a portare una benda da pirata per "cammuffare" il difetto, May è stata isolata e presa in giro dai suoi coetanei; per ovviare al problema, la madre, al grido di "se non riesci a trovare un amico, costruiscitene uno", le regala una bambola chiusa all'interno di una teca di vetro, proibendole categoricamente di toccarla. Tutto ciò, nel tempo, ha reso May un'adulta insicura e priva di esperienze sociali, incapace di giudicare gli altri se non per la perfezione delle loro singole parti (So many pretty parts and no pretty wholes), tragicamente desiderosa di un contatto umano, prima ancora che di amicizia e amore. La protagonista si invaghisce delle mani di Adam, fascinoso meccanico, e del collo della sua collega Polly; prima di approcciare Adam, con modi sinistramente simili a quelli di uno stalker, May si procura delle lenti a contatto onde dissimulare l'occhio pigro e si consulta con la bambola di pezza, allo stesso tempo unica confidente e fulcro negativo di tutto ciò che la rende strana e diversa agli occhi degli altri. Ovviamente, non andrà bene, per nessuno. May è un film che estremizza sensazioni comuni, di cui probabilmente siamo stati quasi tutti vittime, ovvero il terrore della solitudine, di non essere capiti né visti dagli altri, di essere sempre e comunque inadeguati. La personalità della protagonista, inevitabilmente distaccata dal punto di vista empatico, al punto da non distinguere tra un orrore di finzione e le procedure mediche che quotidianamente si ritrova a praticare sugli animali (TW: May è un film particolarmente crudele con cani e gatti), è sicuramente respingente, ma è lo stesso difficile non provare pena ogni volta che i suoi sentimenti, goffi ma sinceri, vengono respinti. 


La sanità mentale di May, messa alla prova da tutta una serie di tradimenti, va in frantumi di pari passo con la teca della bambola regalatale dalla madre, finché anche l'ultima spiaggia costituita da una scuola per bambini ciechi (quindi non solo "imperfetti" come la protagonista, ma anche impossibilitati a vedere i suoi difetti) si rivela un clamoroso errore. Privata della sua infantile ancora di stabilità, May non ha più nulla che le impedisca di scendere la china della follia, e di assecondare il consiglio materno di costruirsi la persona perfetta che possa starle accanto. E' interessante il modo in cui McKee, oltre a "soffocare" May all'interno di una camera da bambina, piena di bambole e pupazzi, doti la protagonista della capacità di cucire, di costruire; gli abiti di May, dallo stile molto girlie, non sono solo il simbolo di una persona che non è mai cresciuta, ma anche della disperata volontà di piacere al prossimo, di incarnare un ideale maschile di innocenza e purezza. Quando May decide di prendere di petto la situazione, il suo stile cambia, i suoi abiti diventano più sensuali e gotici. Non è che, sul finale, May arrivi ad accettare se stessa, tuttavia il destino che tocca al suo occhio pigro (prima e dopo la costruzione di "Amy") indica che, forse, c'è la volontà di non avere più un punto di vista distorto dalle aspettative altrui, quindi la risoluzione sospesa è quasi poetica nel suo essere dolceamara. Nei panni della protagonista, Angela Bettis offre la sua interpretazione più iconica, incarnando alla perfezione un personaggio complesso, il cui paesaggio mentale, benché familiare, è difficile e scomodo per lo spettatore; ciò nonostante, la Bettis lo interpreta con una sensibilità incredibile, rendendolo degno di simpatia e pietà, anche nei momenti in cui la follia rende May meno che umana. A loro volta, l'affascinante Jeremy Sisto e Anna Faris (quest'ultima una piacevole sorpresa in un ruolo serio) interpretano personaggi borderline; sicuramente odiosi e "falsi", dal punto di vista di May, ma anche comprensibili nei loro atteggiamenti di corteggiamento fiducioso prima e spaventata riluttanza poi. Se non avete mai guardato May e non temete le opere indie che ci mettono un po' ad arrivare alla "ciccia", preferendo lavorare sulla psicologia dei personaggi, il mio consiglio è quello di recuperare il film di McKee, se non lo avete ancora fatto. Non aspettate anni come me! 


Del regista e sceneggiatore Lucky McKee ho già parlato QUI. Angela Bettis (May Dove Canady), Jeremy Sisto (Adam Stubbs) e Anna Faris (Polly) li trovate invece ai rispettivi link.


Se May vi fosse piaciuto recuperate Pearl e American Mary. ENJOY!


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