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venerdì 30 agosto 2024

Blink Twice (2024)

Per una serie di circostanze fortuite sono riuscita ad andare a vedere anche Blink Twice, diretto e co-sceneggiato dalla regista  Zoë Kravitz. Dovrò necessariamente fare qualche spoilerino, ahimé.


Trama: Frida fa la cameriera ma sogna una vita migliore. L'occasione si presenta quando il magnate Slater King, durante una festa, invita lei e la sua amica Jess a passare alcuni giorni nella sua isola privata, ma non è tutto oro quello che luccica...


Blink Twice
mi aveva attirata fin dal trailer, ma siccome le uscite interessanti del periodo erano tante non avevo granché intenzione di impegnarmi per recuperarlo in sala. Per fortuna, una serie di circostanze mi hanno consentito di andarlo a vedere proprio martedì, altrimenti mi sarei persa un'opera d'esordio assai promettente. Blink Twice è il più classico dei cautionary tales, dove si invitano le persone a stare attente a ciò che desiderano, e trova le sue radici all'interno della vana società odierna, fatta di like ed effimera fama sui social. Attenzione, però, l'argomento del film non è la ricerca del successo a tutti i costi, quanto piuttosto il desiderio di lasciarsi ingannare dalle apparenze, di spegnere il cervello e non pensare, di trovare qualcuno che possa concederci di vivere piacevolmente e senza impegni, chiudendo gli occhi davanti alle cose sgradevoli. E' un sentire comune, un sostrato che alimenta l'esercizio del potere e che crea confusione nel momento in cui le persone non sanno più scindere la realtà dalla pia illusione. Come dirà il magnate Slater King verso la fine del film, "Il perdono non esiste, esiste solo l'oblio", il che significa che in un mondo di riccastri proni a danneggiare il prossimo e soddisfare solo i loro desideri, il perdono non serve, tanto c'è l'oblio di una nebbia lussuosa e profumata che ci fa dimenticare le colpe passate di questi personaggi, nonostante continuino a compiere azioni orribili o discutibili (se ci pensate, succede così anche con i politici italiani, vogliamo parlare dell'aeroporto intitolato a Berlusconi?). Nello stesso tempo, Blink Twice mette in scena anche il terribile destino delle donne che subiscono violenza e non possono chiedere aiuto per paura, oppure non si rendono neppure conto di averne bisogno, vittime delle subdole manipolazioni mentali dei loro carnefici al punto da accettare anche cose impensabili. Se il titolo originale, Pussy Island, è stato drasticamente cambiato per le proteste dei produttori, il contenuto del film è comunque chiarissimo e rispecchia la condizione svilente delle ospiti di Slater King senza risparmiare colpi bassi, né allo spettatore né ai personaggi, con gli ultimi 20 minuti che alternano una serie di abusi da far accapponare la pelle a scoppi di violenza liberatoria, per concludere con un finale splendido, dove tutto ciò che sembrava bianco e nero, diventa verosimilmente grigio. 


Al suo film di esordio, Zoë Kravitz ha le idee ben chiare in testa. Personalmente, avrei sfrangiato la prima parte del film, perché alla fine del primo tempo l'autrice non aveva ancora posto tutte le basi per il plot twist e ho visto gente lasciare la sala spazientita (sono bonobi, lo so, ma temo non saranno stati gli unici nel mondo), ma Blink Twice è uno di quei film da guardare col senno di poi, zeppo di tanti minuscoli e macroscopici dettagli che possono passare per esercizi di stile, invece sono fondamentali. Sono importanti la simbologia e il graduale cambiamento dei punti di vista, con citazioni insistenti del mito dei Lotofagi (e grazie ad Antonio per avermelo fatto notare!) e un montaggio frenetico che stordisce lo spettatore indugiando sui tanti, lussuosi dettagli dell'isola, tra small talk, trasgressioni, arredamenti, alta cucina e begli abiti. C'è sempre qualcosa che stona, ovvio, perché noi sappiamo fin da subito che l'isola di King è troppo bella per essere vera, ma i molteplici elementi sbagliati e perturbanti non danno affatto l'idea di quanto marcio si nasconda dietro quella realtà instagrammabile, e il graduale cambio di registro prima e durante le sequenze rivelatorie, degno di un horror (genere a cui, peraltro, Blink Twice deve tantissimo, soprattutto ai revenge movie), arriva ancora più inaspettato. Il film vanta anche un cast di tutto rispetto. Naomi Ackie e Channing Tatum hanno una bellissima alchimia, lei è molto espressiva e lui, che pur non mi è mai piaciuto come attore, mi ha messo più di un brivido nel ruolo di Slater King. La vera sorpresa è però Adria Arjona, che sta palesemente vivendo un periodo d'oro; buona parte di Blink Twice ha i toni vivaci della commedia, anche demenziale (d'altronde, la pochezza dei personaggi è quella, e le caratteristiche di sciocca vanità vengono enfatizzate quando alcuni veli cominciano a cadere, trasformando dei simpatici buffoni in fastidiosi rompicoglioni perennemente in botta, o peggio), ci sono alcune sequenze in particolare dove il sorriso si trasforma in un'isterica risata di orrore, e la Arjona ha dei tempi comici perfetti, che non la fanno mai risultare ridicola, anzi, enfatizzano la tragica presa di coscienza del personaggio. Non guasta, infine, vedere facce amate come quelle di Christian Slater, Haley Joel Osment, Geena Davis e Kyle MacLachlan, che brillano di luce propria impreziosendo ancor più un film bello e coraggioso, che vi consiglio di correre a vedere prima che venga tolto dalle sale!


Della regista e co-sceneggiatrice Zoë Kravitz ho già parlato QUI. Channing Tatum (Slater), Alia Shawkat (Jess), Christian Slater (Vic), Simon Rex (Cody), Haley Joel Osment (Tom), Geena Davis (Stacy) e Kyle MacLachlan (Rich) li trovate invece ai rispettivi link.

Naomi Ackie interpreta Frida. Inglese, ha partecipato a film come Lady MacbethStar Wars - L'ascesa di Skywalker, Whitney - Una voce diventata leggenda e a serie quali Doctor Who e The End of the F***ing World. Anche produttrice e cantante, ha 33 anni e un film in uscita, Mickey 17 di Bong Joon Ho. 


Adria Arjona
interpreta Sara. Portoricana, ha partecipato a film come The Belko Experiment, Hit Man - Killer per caso e a serie quali True Detective. Anche produttrice, ha 32 anni. 


Levon Hawke
, che interpreta Lucas, è figlio di Ethan Hawke e Uma Thurman. Se Blink Twice vi fosse piaciuto recuperate Don't Worry Darling. ENJOY!



martedì 18 gennaio 2022

Being the Ricardos (2021)

Comincia la stagione dei recuperi pre-Oscar e post Golden Globes, sempre fonte di dolori e gioie. Per primo è toccato a Being the Ricardos, diretto e sceneggiato nel 2021 da Aaron Sorkin e disponibile su Amazon Prime Video.


Trama: l'attrice Lucille Ball viene accusata di essere comunista proprio quando il marito, Desi Arnaz, viene pizzicato dai tabloid in compagnia di altre donne. Tutto questo mette a repentaglio l'esistenza della sit-com da loro interpretata, I Love Lucy...


I Love Lucy
, da noi conosciuta come Lucy ed io, è una delle sit-com americane più amate in patria, ma ovviamente io non ne ho mai guardato nemmeno una puntata e la conosco vagamente grazie ad altre opere come I Simpson o Will & Grace. Nonostante questo, ho deciso comunque di guardare Being the Ricardos, un po' per il Globe assegnato a Nicole Kidman (sul quale tornerò) e un po' perché mi piacciono i biopic sui vecchi show della TV USA, come per esempio Un amico straordinario, basato su Mister Roger's Neighborhood, altra trasmissione a me sconosciuta. In questo senso, ho trovato Being the Ricardos molto gradevole, perché Sorkin, pur rendendo i problemi politici e familiari di Lucille e Desi il fulcro della vicenda, riesce ad unirli inestricabilmente alla realizzazione di I Love Lucy, consentendo allo spettatore di dare uno sguardo dietro le quinte, cogliere alcuni dei meccanismi che influenzavano la televisione dell'epoca, "annusare" delle dinamiche relazionali non proprio positive tra attori, sceneggiatori, registi, produttori e finanziatori di ogni genere e persino di avere dei flash relativi al processo creativo di una perfezionista come la Ball. Anzi, considerato che Sorkin riesce a condensare in una settimana problemi e vicende che, nella realtà, sono durati mesi se non addirittura anni, e ad aggiungere anche degli agevoli recap del rapporto tra Desi e Lucille e della loro carriera comune, bisogna dire che Being the Ricardos mette anche troppa carne al fuoco e a volte lascia a bocca asciutta, con la voglia di approfondire questioni magari appena accennate e poi lasciate cadere (personalmente ho trovato molto interessante anche la crisi di Vivian Vance e il rapporto di "cordiale" odio tra lei e il suo marito nella finzione, Frawley, altro bell'elemento da sbarco, ma vengono entrambi usati come meri accessori alla vicenda principale), con l'aggravante di prediligere le vicende inventate alla bisogna (la telefonata di Hoover) a quelle reali.


Forse anche grazie a queste "licenze poetiche", l'autore riesce facilmente nell'intento di fare affezionare a Lucille e Desi e di offrire un ritratto quanto più possibile interessante di due personaggi non comuni, entrambi dotati di carisma da vendere e di un carattere complicato, che certamente hanno rivoluzionato la televisione dell'epoca lasciando un'eredità ai posteri non indifferente. Ci riesce grazie alla sceneggiatura, che brilla nei battibecchi tra personaggi, soprattutto quando in scena c'è Lucille (mentre la regia è purtroppo un po' anonima nonostante gli intelligenti inserti che mescolano le ricostruzioni in bianco e nero degli episodi di I Love Lucy alle riflessioni dell'attrice protagonista), e ci riesce grazie alla bravura degli attori, sui quali forse è il caso di spendere due righe in più, visto il Globe vinto. Non conoscendo il personaggio di Lucille Ball, non saprei dire se la Kidman sia riuscita a catturarne l'essenza; posso solo dire che, a livello di gestualità e voce, mi è piaciuta parecchio, purtroppo però non riesco più a ritrovare nell'attrice la bellezza di un tempo e ogni volta mi dà una sgradevole sensazione di "finto", di espressività cancellata dalla pialla di un chirurgo folle che l'ha resa una bambola di porcellana, sensazione peggiorata, in questo caso, dal trucco pesante usato per farla assomigliare a Lucille. La sua interpretazione non mi ha lasciata dunque molto convinta, nonostante eclissi quella del pur bravo Javier Bardem, e c'è da dire che quando compare J.K.Simmons anche la Kidman viene messa in ombra da un attore che dà sempre il meglio di sé nei ruoli di stronzo con un pezzetto di cuore, quindi, se posso permettermi, il Globe mi è parso assai sprecato. Quanto a Being the Ricardos, è il "tipico" film da vedere in periodo da Oscar: gradevole per il tempo della visione, interessante nella misura in cui fa venire voglia di documentarsi di più sugli argomenti che tratta, dimenticabile già dopo un paio di giorni. Avanti il prossimo!


Del regista e sceneggiatore Aaron Sorkin ho già parlato QUI. Nicole Kidman (Lucille Ball), Javier Bardem (Desi Arnaz), J.K. Simmons (William Frawley), Tony Hale (Jess Oppenheimer), Alia Shawkat (Madelyn Pugh), Clark Gregg (Howard Wenke) e Ronny Cox (Bob Carroll anziano) i trovate invece ai rispettivi link. 

Nina Arianda interpreta Vivian Vance. Americana, ha partecipato a film come Midnight in Paris, Florence, Stanlio & Ollio, Richard Jewell e a serie quali 30 Rock e Hannibal. Ha 38 anni e un film in uscita. 


Per qualche tempo si è pensato che Cate Blanchett avrebbe interpretato Lucille Ball ma alla fine il ruolo è andato a Nicole Kidman, mentre online molte persone si sono schierate a favore di Debra Messing, la Grace di Will & Grace, che in una puntata della serie aveva omaggiato la sit com I Love Lucy; la puntata in questione è We Love Lucy, il sedicesimo episodio dell'undicesima stagione, quindi se siete curiosi potete sempre guardarlo! ENJOY!

venerdì 9 settembre 2016

Green Room (2015)

Spinta da varie recensioni positive scorte in rete, ho deciso di recuperare in questi giorni Green Room, diretto e sceneggiato nel 2015 dal regista Jeremy Saulnier.


Trama: convocati per un concerto all'ultimo minuto, i membri di un gruppo punk si ritrovano a testimoniare un omicidio e conseguentemente ad essere presi di mira da un branco di neonazisti...



Musicisti punk contro neonazi, cosa ci potrebbe essere di meglio, cinematograficamente parlando? Da questo punto di vista, in effetti Green Room è un film con le contropalle, oltre che intriso di una cattiveria di altissimo livello. In soldoni, trattasi di revenge movie in cui i protagonisti, capitati per caso in un ambiente a loro poco consono (ragazzi punk costretti a suonare in un magazzino zeppo di personaggi di estrema destra e che scelgono, molto coraggiosamente, di esordire con Nazi Punks, Fuck Off! prima di conquistarli comunque col potere della musica), finiscono dalla padella alla brace per aver assistito a qualcosa che non dovevano vedere. Finito lo spettacolo, sale la tensione alle stelle: noi sappiamo che il proprietario del prefabbricato adibito a sala concerti non ha alcuna intenzione di farla passare liscia ai nostri ma i suoi sgherri sono così poco psicopatici, almeno in apparenza, che per una volta il gioco tra gatto e topo favorisce ampiamente la suspension of disbelief, facendoci così accettare il fatto che i protagonisti non li crivellino di proiettili e fuggano senza guardarsi alle spalle alle prime avvisaglie di pericolo. Poi, ovviamente, scoperte le carte il discorso cambia e sebbene il vecchio Darcy del freddissimo Patrick Stewart continui a fare i ragionamenti tipici e pragmatici di un imprenditore, il sangue comincia a scorrere copioso grazie a soluzioni omicide di particolare crudeltà, rese ancora più intollerabili dal fatto che i protagonisti sono ragazzotti simpatici, bravi musicisti, persino un po' sfigati se vogliamo, caratterizzati da quella punta di cameratismo che trasformerebbe ogni dipartita nella morte di un pezzetto del cuore dello spettatore, se non fosse per l'atavico scazzo che pare ammantare i personaggi principali.


Di fatto, la freddezza di Darcy e lo scazzo dei protagonisti sono quei due aspetti che frenano un po' Green Room, al netto della crudeltà di ciò che viene scagliato contro Yelchin (che la terra ti sia lieve) e compagnia cantante; passato il primo momento di tensione concitatissima, la pellicola di Saulnier non perde in cattiveria ma diminuisce sicuramente il ritmo della narrazione, smorzandosi nei discorsi se vogliamo un po' superficiali dei personaggi e nell'intima mancanza di voglia di vivere che caratterizza la Amber di Imogen Poots, peraltro anche piuttosto brava. Come leggevo dalle parti de I 400 calci, se cercate approfondimento psicologico cascate davvero malissimo, e lo stesso vale per l'originalità dello svolgimento, però se siete assetati di sangue non vi preoccupate che Saulnier mostra tutto e bene, dall'esplosione di sanguinosa violenza che proprio non ti aspetti a quella che ti aspetti ma non così lenta ed ostentata, al punto che ho dovuto un po' girarmi dall'altra parte e pensare ad altro per non mettermi ad urlare come una ragazzina. Probabilmente, anche se Green Room mi è piaciuto, me lo sarei goduta un po' di più se avessi avuto delle conoscenze musicali migliori, o se avessi bazzicato da giovinetta la scena punk delle mie zone, così da potermi immedesimare maggiormente coi personaggi o sorridere delle loro battute. Invece a me da giovane piaceva Madonna e se andassi su un'isola deserta farei come Imogen Poots, mi porterei dietro i dischi di quella vecchia strega. Ma solo quelli fino agli anni '90, mi raccomando, che la produzione recente è fuffosella.


Di Anton Yelchin (Pat), Mark Webber (Daniel), Imogen Poots (Amber) e Patrick Stewart (Darcy) ho già parlato ai rispettivi link.

Jeremy Saulnier è il regista e sceneggiatore della pellicola. Americano, ha diretto film come Murder Party e Blue Ruin. Anche produttore, ha 39 anni.


Alia Shawkat interpreta Sam. Americana, ha partecipato a film come Three Kings, Damsels in Distress, The Final Girls e a serie come Senza traccia e Veronica Mars, inoltre ha doppiato episodi di Robot Chicken e Adventure Time. Anche produttrice e regista, ha 27 anni e due film in uscita.


Se Green Room vi fosse piaciuto cercate Blue Ruin, film dello stesso regista che però devo ancora vedere. ENJOY!

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