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martedì 18 gennaio 2022

Being the Ricardos (2021)

Comincia la stagione dei recuperi pre-Oscar e post Golden Globes, sempre fonte di dolori e gioie. Per primo è toccato a Being the Ricardos, diretto e sceneggiato nel 2021 da Aaron Sorkin e disponibile su Amazon Prime Video.


Trama: l'attrice Lucille Ball viene accusata di essere comunista proprio quando il marito, Desi Arnaz, viene pizzicato dai tabloid in compagnia di altre donne. Tutto questo mette a repentaglio l'esistenza della sit-com da loro interpretata, I Love Lucy...


I Love Lucy
, da noi conosciuta come Lucy ed io, è una delle sit-com americane più amate in patria, ma ovviamente io non ne ho mai guardato nemmeno una puntata e la conosco vagamente grazie ad altre opere come I Simpson o Will & Grace. Nonostante questo, ho deciso comunque di guardare Being the Ricardos, un po' per il Globe assegnato a Nicole Kidman (sul quale tornerò) e un po' perché mi piacciono i biopic sui vecchi show della TV USA, come per esempio Un amico straordinario, basato su Mister Roger's Neighborhood, altra trasmissione a me sconosciuta. In questo senso, ho trovato Being the Ricardos molto gradevole, perché Sorkin, pur rendendo i problemi politici e familiari di Lucille e Desi il fulcro della vicenda, riesce ad unirli inestricabilmente alla realizzazione di I Love Lucy, consentendo allo spettatore di dare uno sguardo dietro le quinte, cogliere alcuni dei meccanismi che influenzavano la televisione dell'epoca, "annusare" delle dinamiche relazionali non proprio positive tra attori, sceneggiatori, registi, produttori e finanziatori di ogni genere e persino di avere dei flash relativi al processo creativo di una perfezionista come la Ball. Anzi, considerato che Sorkin riesce a condensare in una settimana problemi e vicende che, nella realtà, sono durati mesi se non addirittura anni, e ad aggiungere anche degli agevoli recap del rapporto tra Desi e Lucille e della loro carriera comune, bisogna dire che Being the Ricardos mette anche troppa carne al fuoco e a volte lascia a bocca asciutta, con la voglia di approfondire questioni magari appena accennate e poi lasciate cadere (personalmente ho trovato molto interessante anche la crisi di Vivian Vance e il rapporto di "cordiale" odio tra lei e il suo marito nella finzione, Frawley, altro bell'elemento da sbarco, ma vengono entrambi usati come meri accessori alla vicenda principale), con l'aggravante di prediligere le vicende inventate alla bisogna (la telefonata di Hoover) a quelle reali.


Forse anche grazie a queste "licenze poetiche", l'autore riesce facilmente nell'intento di fare affezionare a Lucille e Desi e di offrire un ritratto quanto più possibile interessante di due personaggi non comuni, entrambi dotati di carisma da vendere e di un carattere complicato, che certamente hanno rivoluzionato la televisione dell'epoca lasciando un'eredità ai posteri non indifferente. Ci riesce grazie alla sceneggiatura, che brilla nei battibecchi tra personaggi, soprattutto quando in scena c'è Lucille (mentre la regia è purtroppo un po' anonima nonostante gli intelligenti inserti che mescolano le ricostruzioni in bianco e nero degli episodi di I Love Lucy alle riflessioni dell'attrice protagonista), e ci riesce grazie alla bravura degli attori, sui quali forse è il caso di spendere due righe in più, visto il Globe vinto. Non conoscendo il personaggio di Lucille Ball, non saprei dire se la Kidman sia riuscita a catturarne l'essenza; posso solo dire che, a livello di gestualità e voce, mi è piaciuta parecchio, purtroppo però non riesco più a ritrovare nell'attrice la bellezza di un tempo e ogni volta mi dà una sgradevole sensazione di "finto", di espressività cancellata dalla pialla di un chirurgo folle che l'ha resa una bambola di porcellana, sensazione peggiorata, in questo caso, dal trucco pesante usato per farla assomigliare a Lucille. La sua interpretazione non mi ha lasciata dunque molto convinta, nonostante eclissi quella del pur bravo Javier Bardem, e c'è da dire che quando compare J.K.Simmons anche la Kidman viene messa in ombra da un attore che dà sempre il meglio di sé nei ruoli di stronzo con un pezzetto di cuore, quindi, se posso permettermi, il Globe mi è parso assai sprecato. Quanto a Being the Ricardos, è il "tipico" film da vedere in periodo da Oscar: gradevole per il tempo della visione, interessante nella misura in cui fa venire voglia di documentarsi di più sugli argomenti che tratta, dimenticabile già dopo un paio di giorni. Avanti il prossimo!


Del regista e sceneggiatore Aaron Sorkin ho già parlato QUI. Nicole Kidman (Lucille Ball), Javier Bardem (Desi Arnaz), J.K. Simmons (William Frawley), Tony Hale (Jess Oppenheimer), Alia Shawkat (Madelyn Pugh), Clark Gregg (Howard Wenke) e Ronny Cox (Bob Carroll anziano) i trovate invece ai rispettivi link. 

Nina Arianda interpreta Vivian Vance. Americana, ha partecipato a film come Midnight in Paris, Florence, Stanlio & Ollio, Richard Jewell e a serie quali 30 Rock e Hannibal. Ha 38 anni e un film in uscita. 


Per qualche tempo si è pensato che Cate Blanchett avrebbe interpretato Lucille Ball ma alla fine il ruolo è andato a Nicole Kidman, mentre online molte persone si sono schierate a favore di Debra Messing, la Grace di Will & Grace, che in una puntata della serie aveva omaggiato la sit com I Love Lucy; la puntata in questione è We Love Lucy, il sedicesimo episodio dell'undicesima stagione, quindi se siete curiosi potete sempre guardarlo! ENJOY!

martedì 19 marzo 2019

Captain Marvel (2019)

Per motivi logistici ho dovuto lasciar passare almeno una settimana dall'uscita ma finalmente anche io ho potuto guardare Captain Marvel e arrivare con un tardivo post SENZA SPOILER.


Trama: Verse è un'aliena kree dal passato misterioso e dagli enormi poteri. Costretta a un atterraggio di emergenza sulla Terra, scoprirà molte spiacevoli verità...



Di Captain Marvel hanno parlato (spesso a sproposito) cani e porci prima ancora che uscisse e probabilmente verrà ricordato come il film che ha fatto scapocciare i nerd di tutto il mondo portandoli ad invocare giustizia a causa di una presunta castrazione del ruolo di maschio alfa per mano di una donna supereroe, santo cielo. Non so perché se la siano presa così tanto visto che prima di Captain Marvel c'era già stata Wonder Woman e, allo stesso modo, non conoscendo il personaggio se non per alcuni collegamenti con l'universo degli X-Men non so se i nerd avessero ragione a insorgere per uno "spirito" non rispettato ma sta di fatto che, per qualcuno che non rientra nella categoria del troglodita internettaro medio, Captain Marvel è il "solito" film Marvel carinissimo ed entusiasmante per le due ore che dura e facilmente dimenticabile il giorno dopo. Origin story perfettamente inserita all'interno del Marvel Cinematic Universe nonché prologo dell'imminente Avengers: Endgame, Captain Marvel racconta il viaggio interiore di una persona, prima ancora di una donna. Un soldato, un'aliena, che si è ritrovata plasmata in qualcosa che forse non è mai stata, parte di una sorta di "coscienza collettiva" che la vuole potente ma nei limiti, grata di farne parte, ligia ai suoi doveri, confusa ma non troppo. Eppure, il passato c'è ed è dannoso ignorarlo, soprattutto quando nei ricordi di Vers, questo il nome della protagonista, c'è qualcosa di fondamentale che ha definito nel tempo la sua personalità: la capacità di rialzarsi, sempre e comunque, dopo ogni batosta, dopo ogni presa in giro, dopo ogni fallimento, dopo qualsiasi tentativo di negare e frustrare i suoi sogni. E' vero, Vers è donna, ma il messaggio che passa attraverso il suo atteggiamento, il suo "vaffanculo" finale a chi pretende di imporle il suo modo di vivere e di comportarsi, è e deve essere universale, un invito a non arrendersi mai e arrivare a brillare di luce propria, cercando e trovando la forza in se stessi, anche a costo di essere delle teste di cocco fatte e finite. Il resto, come si suol dire, è un di più, per quanto piacevole, divertente e necessario. Il giovane Nick Fury, gli Skrull, i Kree, Ronan l'accusatore, il tenerissimo miciotto Goose, protagonista dei momenti più esaltanti della pellicola e preso di peso da Il gatto venuto dallo spazio, la consapevolezza che Captain Marvel sarà una pedina fondamentale nella battaglia contro Thanos, tutto quello che volete, ma il fulcro del film è il percorso di presa di coscienza dell'adorabile Carol Danvers, e non in quanto donna ma in quanto persona.


Lo "sfogo" finale della protagonista è obiettivamente, per quanto forse un po' trash, una delle cose più liberatorie viste in anni di film Marvel, dove l'eroe, quando a un certo punto diventa consapevole dei suoi mezzi, da il meglio di se stesso ma sempre con quella punta di "reticenza" che rende umile persino uno come Iron Man. Captain Marvel invece se ne frega e spacca culi ed astronavi al ritmo di Just A Girl (punta di diamante di una colonna sonora che più anni '90 non si può, ma non dimentichiamoci Celebrity Skin, Come As You Are, I'm Only Happy When it Rains, ecc. ecc.), splendendo gioiosa e consapevole dei suoi mezzi, finalmente libera da qualsivoglia giogo, fisico o psicologico che sia. E' questo che rende Captain Marvel particolare, perché per il resto il film è perfettamente inserito all'interno del carrozzone Marvel, non brilla particolarmente per la regia o per la sceneggiatura, che ha l'unico pregio di essere in perfetto equilibrio tra la cazzoneria di un Thor: Ragnarok e la serietà di un Avengers, ed è popolata da attori che fanno il loro dovere anche quando, come Samuel L.Jackson, sono costretti a subire un lifting computerizzato che li rende più inquietanti di un manichino semovente. Simpatico e sbarazzino il continuo fluire di citazioni che contestualizzano il film nell'epoca degli anni '90, non sfacciato come gli omaggi trash di James Gunn e Taika Waititi ma in qualche modo delicato e gradevole; le mise delle protagoniste, con le maglie dei gruppi musicali dell'epoca e il profumo grunge che permea l'intero reparto costumi, è una botta di nostalgia più grossa dei riferimenti a Blockbuster, per intenderci, ma la palma della citazione (accompagnata da una bruschetta nell'occhio grossa come il Fenomeno) va al delizioso Stan Lee che legge la sceneggiatura di Generazione X, film di Kevin Smith che ogni True Believer dovrebbe guardare. Voto 3, invece, all'adattamento italiano: "giovanotta" fa il paio con il "benone" di Venom ("young lady" di solito viene reso con un "signorinella", by the way) e il riferimento alla password Wi-fi è imbarazzante, considerato che quella tecnologia non avrebbe preso piede ancora per un decennio come minimo (e infatti Fury parla di password Aol in originale). Potrei anche aver sentito Jude Law ciccare clamorosamente un congiuntivo all'inizio ma forse ero solo obnubilata dalla sua incommensurabile fighezza. Chissà. A parte tutto, Captain Marvel va visto, per più di un motivo, soprattutto se non vedete l'ora che arrivi Avengers: Endgame o se siete gattari incalliti come me. Rimanete incollati alla poltrona del cinema fino all'ultimo titolo di coda e divertitevi!


Di Brie Larson (Carol Danvers/Vers/Capitan Marvel), Samuel L. Jackson (Nick Fury), Ben Mendelsohn (Talos/Keller), Jude Law (Yon-Rogg), Annette Bening (Suprema intelligenza/Dottoressa Wendy Lawson), Clark Gregg (Phil Coulson), Djimon Hounsou (Korath), Lee Pace (Ronan) e Mckenna Grace (Carol a 13 anni) ho parlato ai rispettivi link.

Anna Boden è la regista e co-sceneggiatrice del film. Americana, ha diretto film come Sugar e 5 giorni fuori. Anche produttrice, ha 43 anni.
Ryan Fleck è il regista e co-sceneggiatore del film. Americano, ha diretto film come Sugar e 5 giorni fuori. Ha 43 anni.


La scena mid-credit è stata diretta dai fratelli Russo. Captain Marvel, cronologicamente, si colloca dopo Captain America: Il primo vendicatore, ma tanto vi toccherà recuperare tutto se vorrete godere appieno del film: Iron ManIron Man 2, L'incredibile HulkThor , The Avengers, Iron Man 3Thor: The Dark WorldCaptain America: The Winter SoldierGuardiani della GalassiaGuardiani della Galassia vol. 2, Avengers: Age of UltronDoctor StrangeSpider-Man: Homecoming ,Captain America: Civil WarThor: RagnarokAnt-ManAvengers: Infinity WarAnt-Man and the Wasp e Black Panther. ENJOY!

martedì 1 aprile 2014

Pesce d'aprile: I soliti sospetti (1995)


Oggi è il primo di Aprile e assieme all'adorato gruppetto di blogger abbiamo deciso di festeggiarlo con una rassegna di film dedicati a truffe ed inganni. Calzava a pennello, dunque, la visione di uno dei miei film preferiti, I soliti sospetti (The Usual Suspects), diretto nel 1995 dal regista Bryan Singer.


Trama: dopo un colpo andato male, Verbal Kint è l’unico superstite della banda coinvolta nel fattaccio e gode di piena immunità, ma il detective Kujan non ci sta e lo trattiene per scoprire la verità sull’accaduto. Le riluttanti rivelazioni di Verbal dipaneranno un intreccio ben più complicato del previsto…


Negli anni ’90 tutti, almeno una volta, si sono posti una sola fatidica domanda. C’è vita nell’Universo? Naah, banale! E’ nato prima l’uovo o la gallina? Puff. Riuscirò a trovare l’amore? Macché. Quello che ci siamo chiesti tutti è: chi è Keyzer Soze? Chi ha già visto I soliti sospetti o è vagamente appassionato di musica “giovane” italiana (‘nuff said) conoscerà già la risposta ma, nel caso plausibile in cui qualcuno tra i lettori non avesse ancora visto questo caposaldo del cinema moderno, cercherò di buttar giù una recensione priva di spoiler. Sì perché dare anche solo un indizio sull’identità di questo criminale davanti a cui persino Danny Trejo si metterebbe a piangere significherebbe rovinare uno dei finali più belli di sempre, in grado di competere col twist de Il sesto senso o altri similmente sconvolgenti. Bon, ho già detto troppo. I soliti sospetti è una "tipica" storia criminale raccontata come un lungo flashback che comincia, per l'appunto, dall'immagine di locandina, ovvero quando cinque malviventi vengono raggruppati tutti insieme per un confronto all'americana. Da lì a pianificare un colpo tutti insieme è un attimo, il problema è che i nostri protagonisti si ritroveranno, involontariamente, a farsi fregare prima e a pestare i piedi del fantomatico Keyzer Soze poi. Questo nome, di conseguenza, comincia ad aleggiare nell'aria più o meno a metà film, diventando il fulcro dell'intera vicenda, ma noi spettatori riusciamo a capire fin da subito che qualcosa non va e che la deposizione del povero, terrorizzato Verbal è incompleta. Al pari dell'agguerritissimo agente Kujan, sebbene con motivazioni diverse, vorremmo incalzare il testimone e capire cosa ci viene nascosto e, a poco a poco, la storia torna indietro, balza in avanti, si arricchisce di immagini, dettagli ed ulteriori punti di vista, disegnando un inquietante e pericoloso affresco criminale dove nulla è quello che sembra.


Il giovane Singer, al suo secondo lungometraggio, asseconda la sceneggiatura ad orologeria di Christopher McQuarrie e riempie di indizi ogni sequenza de I soliti sospetti senza calcare la mano o esagerare, immergendo la pellicola in un'atmosfera fredda, cupa ed elegante. Ogni inquadratura non è assolutamente realizzata a caso e troverà il suo senso alla fine del film, che abbonda di soggettive viste attraverso gli occhi delle terrorizzate vittime di Keyser Soze e si distingue per un flashback che ricorda vagamente i film più violenti, estremi e tamarri di Rodriguez. Ma la vera gioia per gli occhi sono le interpretazioni degli attori coinvolti (tolti Baldwin e Pollak che sono sì perfetti per il ruolo che ricoprono ma in quanto ad espressività apriti cielo!), Kevin Spacey, Benicio Del Toro e Chazz Palminteri su tutti, soprattutto alla luce di quanto è ormai diventato leggenda nel mondo del Cinema, ovvero che TUTTI gli interpreti dei cinque malviventi erano convinti di essere Keyser Soze. Almeno quattro di loro sono stati quindi buggerati da regista e sceneggiatore e, se è vero che Kevin Spacey s'è portato a casa l'Oscar per la toccante, emozionantissima interpretazione di Verbal, è altrettanto vero che Benicio Del Toro ruba la scena ad ogni apparizione grazie al suo inglese incomprensibile, da godersi rigorosamente in lingua originale, e all'incredibile stile del suo Fenster: la sceneggiatura di McQuarrie, infatti, sarà anche stata ad orologeria ma gli attori si sono affidati parecchio all'improvvisazione, tanto che ogni reazione davanti alle mattane di Benicio è genuina e non prevista dal copione, così come le sfuriate tra Pollack e Baldwin o lo scatto sorpreso ed incazzato di quest'ultimo quando Peter Greene gli lancia la sigaretta sulla faccia (avrebbe dovuto colpirlo sul petto. Ops.). Vederli gigioneggiare sullo schermo quasi come se fossero in competizione tra loro è una goduria per lo spettatore, che riesce a divertirsi ed essere teso come una corda di violino per tutta la durata della pellicola. Ma, probabilmente, chi ama I soliti sospetti avrà già capito di cosa parlo, gli altri si fiondino a vederlo immantinente!


Del regista Bryan Singer ho già parlato qui. Benicio Del Toro (Fred Fenster), Kevin Spacey (Roger "Verbal" Kint), Pete Postlethwaite (Kobayashi), Dan Hedaya (Sergente Jeff Rabin), Clark Gregg (Dr. Walters) e Peter Greene (Redfoot) li trovate invece ai rispettivi link.

Stephen Baldwin interpreta Michael McManus. Americano, fratello di tutti gli altri Baldwin che popolano Hollywood, ha partecipato a film come Nato il quattro luglio, I Flinstones in Viva Rock Vegas e a serie come Casa Keaton e CSI - Scena del crimine. Anche produttore e regista, ha 48 anni e cinque film in uscita. 

Arrivati a una certa età i Baldwin si inquartano.. questo s'è magnato tutti i fratelli, che orrore!!
Gabriel Byrne interpreta Dean Keaton. Irlandese, lo ricordo per film come Excalibur, Fuga dal mondo dei sogni, Nome in codice: Nina, Piccole donne, Dead Man, La maschera di ferro, Nemico pubblico, Stigmate, Giorni contati, Spider Nave fantasma. Anche produttore e sceneggiatore, ha 64 anni e un film in uscita.


Kevin Pollak interpreta Todd Hockney. Americano, ha partecipato a film come Willow, Pazzi a Beverly Hills, Non dirmelo... non ci credo, Codice d'onore, Fusi di testa 2 - Waynestock, Due irresistibili brontoloni, Casinò, That's Amore! Due improbabili seduttori, Giorni contati, FBI: Protezione testimoni, Il dottor Dolittle 2 e FBI: Protezione testimoni 2. Anche produttore, sceneggiatore e regista, ha 57 anni e un film in uscita.


Chazz Palminteri (vero nome Calogero Lorenzo Palminteri) interpreta Dave Kujan. Americano, lo ricordo per film come Oscar - Un fidanzato per due figlie, Amore all'ultimo morso, Bronx, Diabolique, Scomodi omicidi, Bugie, baci, bambole & bastardi Terapia e pallottole; inoltre, ha partecipato a serie come DallasKojak e, come doppiatore, ha prestato la voce a film come Stuart Little - Un topolino in gamba, Lilli e il vagabondo 2 - Il cucciolo ribelleCappuccetto Rosso e gli insoliti sospetti. Anche sceneggiatore, regista e produttore, ha 62 anni e tre film in uscita.


Il film ha vinto due Oscar, uno come miglior sceneggiatura originale e uno per il miglior attore non protagonista (e pensare che Spacey avrebbe voluto il ruolo di Keaton o Kujan!). Nei panni dell'agente speciale Jack Baer compare l'attore Giancarlo Esposito, già Specchio Magico/Sydney Glass della serie Once Upon A Time. Passsando, come al solito, a chi non ce l'ha fatta, il ruolo di Redfoot era stato offerto a Christopher Walken, Tommy Lee Jones, Jeff Bridges, Charlie Sheen e Al Pacino; quest'ultimo aveva "puntato" la parte di Dave Kujan (scritta originariamente per Chazz Palminteri, poiché l'attore per un certo periodo non è stato disponibile era stata offerta a Robert De Niro e Christopher Walken, che l'hanno direttamente rifiutata, e anche al futuro Agente Coulson, Carl Gregg) ma aveva dovuto rinunciare perché in quel momento stava girando Heat - La sfida. Cambio in corso d'opera invece per Benicio Del Toro, che era stato "consigliato" al regista da Kevin Spacey, era stato chiamato per interpretare McManus e alla fine ha richiesto espressamente di poter avere il ruolo di Fenster. Ci sarebbero un sacco di altre curiosità da aggiungere, ma riguardano tutte Keyser Soze.. e il bello del film risiede proprio in questo enigmatico personaggio, quindi mi astengo!! Aggiungo solo che, se I soliti sospetti vi fosse piaciuto, potreste cercare l'indiano Chocolate: Deep Dark Secret, la versione Bollywoodiana della pellicola, oppure attenervi ai più "sicuri" Identity, Frailty, Mystic River, Se7en, The Game - Nessuna regola, True Romance o Le iene.

Nel caso siate ancora indecisi su cosa guardare, ecco i titoli scelti dagli altri blogger. Leggete i loro post e... ENJOY!!

Recensioni ribelli
Solaris
Scrivenny
Ho voglia di cinema
Non c'è paragone
In Central Perk
Pensieri Cannibali
White Russian
Director's Cult
Montecristo

venerdì 29 novembre 2013

Thor (2011)

Siccome giovedì è uscito Thor 2: The Dark World e che The Avengers mi era piaciuto parecchio, in questi giorni ho deciso di recuperare Thor, diretto nel 2011 da Kenneth Branagh e Joss Whedon e, all’epoca, pesantemente snobbato dalla sottoscritta.


Trama: nel regno di Asgard Thor, Dio del Tuono ed erede al trono, viene bandito dal padre Odino a causa delle macchinazioni del fratello Loki. Scagliato sulla Terra senza poteri, il Dio dovrà imparare ad essere un vero eroe prima di poter reclamare la sua eredità…


Cominciando la visione di Thor la prima cosa da cui sono stata attirata è stata la lunghezza della pellicola: quasi due ore. Che, mi direte, non è proprio una lunghezza esagerata ma già mi sentivo morire al sol pensiero delle "epiche" belinate di cui immaginavo infarcito questo ennesimo cinecomic. Ed effettivamente, dopo il prologo iniziale con quegli orrendi Giganti di Ghiaccio (odio i mostri in CG, per quanto siano fatti bene mi sanno di posticcio, non posso farci nulla...) ero già pronta a spegnere la TV e dare il benservito a biondone figaccione e moretto ancor più figo ma proseguendo nell'impresa ho dovuto ricredermi. Thor non è uno di quei film che ricorderò finché campo, anche se, In My humble Opinion, è molto meglio di quell'orrore di Thor: The Dark World (di cui parlerò domenica), ma è comunque un intrattenimento dignitoso e piacevole almeno per chi, come me, conosce giusto sommariamente il fumetto da cui è stato tratto e, di conseguenza, non è interessato alla fedeltà per quel che riguarda  personaggi, storie ed atmosfere.


La storia è la quintessenza della "banalità" (e mi perdoni il Bardo) Shakespeariana, dove un Re severo ma giusto manda in esilio il figlio buono grazie all'intervento ingannevole del figlio malvagio e, nel far questo, lo mette alla prova per renderlo una persona migliore e più adulta, in grado di diventare un sovrano responsabile e saggio; a questo canovaccio sempre valido ed entusiasmante aggiungete la visione aMMeregana del pantheon di dei Asgardiani, vari riferimenti ad altri cinecomic, un paio di apparizioni speciali per accontentare i nerd più esigenti, un pizzico di umorismo, una storia d'aMMore e avrete un'idea di cosa aspettarvi da Thor. Nulla di nuovo, come ho detto, nessun colpo di scena inaspettato  o twist che non si possa ampiamente predire con almeno mezz'ora di anticipo, ma come racconto in grado di presentare i personaggi e rendere le cose comprensibili sia ai fan sia allo spettatore casuale direi che la pellicola funziona alla grande e, tra combattimenti, scaramucce, effetti speciali e qualche spiegone, non cala di ritmo nemmeno per un istante.


La tanto vituperata regia di Kenneth Branagh a me non è sembrata poi tanto diversa da quella di qualsiasi altro cinecomic, forse addirittura meno fracassona/videoclippara e sicuramente più ambiziosa per quello che riguarda i momenti ambientati ad Asgard, dove l'unione di scenografie grandiose, CG e costumi esagerati sfiora picchi di barocchismo esagerato ma, stranamente, non kitsch. Tanto, a mio avviso, fanno anche le interpretazioni dignitose degli attori coinvolti che, pur calati nei panni di personaggi a serio rischio di cadute nel trash, riescono a mantenersi credibili per tutta la durata della pellicola. A Chris Hemsworth non si può dire nulla perché lui E' Thor, nato per questo ruolo, mentre Idris Elba nei panni del guardiano Heimdall è a dir poco magnetico, ma i veri pilastri del film sono Anthony Hopkins, Tom Hiddleston e Stellan Skarsgård: il primo è semplicemente emozionante, riesce ad infondere a Odino la dignità di un personaggio Shakespeariano e con un solo gesto (peraltro improvvisato sul momento) riesce a zittire i figli e gelare il cuore dello spettatore; Tom Hiddleston, fino a quel momento illustre sconosciuto, interpreta il personaggio più sfaccettato dell'intera pellicola, un malvagio impossibile da odiare, tanto goffo e triste quanto ingannevole e viscido, con un'apparizione finale che lo rende praticamente identico al killer Bob di Twin Peaks, quindi ancor più subdolo e terrificante; l'Erik Selvig di Stellan Skarsgård, infine, è l'umano più umano e verosimile che mi sia mai capitato di vedere in un film tratto da un fumetto, assolutamente perfetto nel suo essere normalman. Non pervenuti, invece, i personaggi femminili, a partire dalla madre di Thor, un pezzo di carta da parati, continuando poi con l'inutile Natalie Portman, bellina ma scema come un tacco, per concludere con la "spalla comica" Kat Dennings, CCioFFane annoiata buona solo per sparare qualche triste battutina sarcastica. In conclusione, pensavo molto peggio. Peccato, se Thor fosse stata un'immane ciofeca avrei evitato Thor: The Dark World e invece...


Dei registi Kenneth Branagh e Joss Whedon (che ha diretto solo la scena post credit) ho già parlato qui e qui. Chris Hemsworth (Thor), Natalie Portman (Jane Foster), Tom Hiddleston (Loki), Anthony Hopkins (Odino), Stellan Skarsgård (Erik Selvig), Clark Gregg (Agente Coulson), Idris Elba (Heimdall), Tadanobu Asano (Hogun), Dakota Goyo (Thor da bambino) e i non accreditati Samuel L. Jackson (Nick Fury) e Jeremy Renner (Clint Barton/Occhio di falco) li trovate invece ai rispettivi link.

Colm Feore interpreta Re Laufey. Americano, ha partecipato a film come Face/Off, City of Angels, Titus, Changeling e a serie come Oltre i limiti, La tempesta perfetta, Nikita e 24. Anche sceneggiatore, ha 55 anni e tre film in uscita, tra cui The Amazing Spider-Man 2.


Rene Russo interpreta Frigga. Americana, la ricordo per film come Arma letale 3, Virus letale, Get Shorty e Arma letale 4. Anche produttrice, ha 59 anni e due film in uscita.


Tra gli altri attori segnalo Josh Dallas, il Prince Charming della serie Once Upon A Time, qui nei panni del guerriero Fandral (che in Thor: The Dark World verrà interpretato da Zachary Levi, prima scelta dei produttori assieme a Stuart Townsend, che però ha abbandonato il progetto per disaccordi coi realizzatori) e, ovviamente, l’immancabile Stan Lee che, se non ho visto male, dovrebbe essere il vecchino che cerca di spostare Mjolnir con l’aiuto di un pickup e una catena... anche se avrebbe voluto interpretare Odino! Tra gli scartati per il ruolo di Thor, invece, segnalo Daniel Craig, Tom Hiddleston e il povero Chris Hemsworth, a cui è stato alla fine preferito il fratello. Narra infine la leggenda che Sam Raimi avrebbe voluto dirigere un film su Thor subito dopo Darkman, ma alla fine al Dio del tuono ha preferito l’Arrampicamuri Spider-Man; destino simile è stato riservato a Matthew Vaughn, che nel 2005 era stato designato come regista ma è poi finito a girare Kick-Ass e X-Men - L'inizio. Facciamo ora un po' d'ordine sull'ormai complicatissimo Universo cinematografico Marvel: Thor si colloca cronologicamente dopo L'incredibile Hulk del 1998Iron Man, Iron Man 2 e Capitan America - Il primo Vendicatore ma prima di The Avengers, Iron Man 3, Thor: The Dark World, della serie Agents of S.H.I.E.L.D. e degli imminenti Capitan America: The Winter Soldier, Guardians of The Galaxy e The Avengers: Age of Ultron. Ovviamente, se Thor vi fosse piaciuto recuperate tutti questi film che ho nominato e che sono già usciti! ENJOY!

sabato 12 maggio 2012

The Avengers (2012)

E fu così che, dopo avere contagiato il mondo intero al grido di “Vendicatori uniti!!” il film The Avengers, diretto da Joss Whedon, ha raggiunto anche me, che avevo giurato di non vederlo mai. Ma, come dice Padre Maronno, mai fare giuramenti simili perché… e se poi te ne penti?


Trama: il malvagio dio Loki riesce a rubare il Tesseract, cubo di origine misteriosa in grado di produrre un’energia praticamente illimitata e aprire varchi su altri mondi. Per sventare la minaccia, il direttore dello S.H.I.E.L.D. Nick Fury chiama a raccolta Capitan America, la Vedova Nera, Bruce Banner e Iron Man, ai quali si aggiungeranno poi anche Thor e Occhio di Falco…


Il motivo principale per cui avrei volentieri evitato di vedere The Avengers, come ho fatto in effetti per tutti gli Hulk, Captain America e Thor, è sostanzialmente uno solo: questi supereroi mi stanno sulle scatole come i Fantastici 4 e l’Uomo Ragno. Sono personaggi che, su carta, non ho mai potuto soffrire, e tutte le volte che si infilano in qualche crossover con gli X-Men mi viene da piangere. La mera presenza di Robert Downey Jr. mi aveva ovviamente portata a sorvolare e a guardarmi i due esilaranti e bellissimi Iron Man, ma da qui a dare fiducia ad un'intera pellicola dedicata al gruppo di eroi più potente della terra ne passava. Poi, insomma, sono arrivati un trailer della Madonna e recensioni strepitose che mettevano d'accordo un po' tutti, dal nerd allo streppone che dei Vendicatori non sapeva nulla (un po' come me, appunto) e mi sono lasciata convincere ad andarlo a vedere. Inaspettamente, sono uscita dalla sala estasiata, soddisfattissima e pronta a godermi un seguito, se mai ci sarà.


Il pregio maggiore di The Avengers è la sua assoluta fruibilità anche da parte di chi ignora completamente la materia trattata e i film che lo hanno preceduto. A prescindere dalla bellezza degli effetti speciali, dalla fluidità della regia, dall'ottimo utilizzo del 3D, infatti, è il solidissimo lavoro di sceneggiatura che mi ha catturata. Il bravissimo Joss Whedon tira le fila di una vicenda complicata rendendola scorrevole, divertente ed emozionante, inframezzando momenti seri o maggiormente comprensibili dai fan a sequenze di puro intrattenimento che rivelano la fondamentale umanità e imperfezione dei personaggi coinvolti, senza tuttavia snaturarne il carattere: abbiamo così il "solito" Iron Man guascone e geniale, un Bruce Banner impacciato e vergognoso della sua natura di mostro, due pezzi grossi come Thor e Capitan America assolutamente impreparati ad affrontare il mondo che li circonda, una Vedova Nera femminile ed ambigua. L'interazione tra tutti questi eroi è la carta vincente di The Avengers, perché è realistica e per nulla forzata, sia quando si prendono a pugni per mostrare, metaforicamente, "chi ce l'ha più grosso", sia quando si fanno forza o si prendono in giro a vicenda. Indispensabile, a questo proposito, la bravura degli attori. Se su un Robert Downey Jr. sempre più figo e a suo agio nel ruolo di Tony Stark (con tanto di maglietta dei Black Sabbath!) non avevo dubbio alcuno, chi mi ha piacevolmente sopresa sono Mark Ruffalo, perfetto erede di Edward Norton, Tom Hiddleston con la faccetta affilata e il sorrisetto bastardo e Scarlett Johansson, che riesce a non rendere insopportabile un personaggio come la Vedova Nera, che avrebbe tutte le potenzialità per esserlo. Meno incisivi ma comunque perfetti per il ruolo anche Jeremy Renner, Chris Evans e Chris Hemsworth: il primo deve "limitarsi" ad essere un duro di prima categoria, riuscendosi benissimo, gli altri due sono l'incarnazione ideale di un uomo talmente rigido da dar l'idea di andarsene in giro con un perenne bacco infilato nel culo e di un Dio potentissimo ma babbalone, capitato in una terra dove a nessuno frega nulla della sua natura. Il voto 11 va però a Hulk, che in quattro momenti chiave riesce a regalare momenti di assoluta comicità, l'equivalente moderno di un John Belushi che sfonda la chitarra contro il muro in Animal House.


Torniamo un momento più seri ora e soffermiamoci sugli aspetti più tecnici della pellicola. Come ho detto, la regia di Whedon regala delle sequenze d'azione fluidissime, delle scene più statiche ricche di pathos e particolari, infine grandiosi momenti mozzafiato come l'arrivo degli alieni sulla Terra con conseguente distruzione della città. Chapeau agli scenografi, che hanno ricreato un Elivelivolo S.H.I.E.L.D. praticamente perfetto e anche ai costumisti, che sono riusciti a rendere meno ridicoli ed imbarazzanti persino il costumino di Cap e l'elmetto cornuto di Loki. Per una volta, inoltre, lodi sperticate al 3D: è vero che dubito avrebbe fatto differenza se avessero lasciato The Avengers girato normalmente, ma questa volta non ho avuto nemmeno un accenno di mal di testa, la fotografia si è mantenuta luminosa per tutta la durata del film e ammetto che anche i combattimenti finali hanno ottenuto una profondità particolare che li ha resi ancora più avvincenti. Certo, dopo tutti questi elogi qualcosa che mi ha fatto storcere il naso c'è stata, come l'idea francamente imbarazzante che la Vedova Nera potesse combattere dei mostri con due pistolette scrause o il design stesso dei cosiddetti Chitauri e delle loro immonde balene meccaniche, ma sono davvero quisquilie. Anzi, no, non è vero, mi ha intristita anche l'assenza di una parte un po' più consistente per la dolce Miss Pepper e la triste fine toccata ad uno dei miei personaggi preferiti. A prescindere, però, mi sento di consigliare tranquillamente The Avengers a tutti: uomini, donne (soprattutto, fanciulle, andate a vedere quanto ben di Dio!!!), nerd, fighètti, figli dei Vendicatori, fratelli degli X - Men, Marvel - maniaci all'ultimo stadio, gente che la Marvel nemmeno sa cosa sia, veri credenti e beghini falsi. Stavolta la Casa delle Idee ha davvero fatto il botto, signori.


Di Robert Downey Jr. (Tony Stark/Iron Man), Mark Ruffalo (Bruce Banner/Hulk, scritturato dopo che Edward Norton ha dato forfait), Gwyneth Paltrow (Ms. Pepper), Samuel L. Jackson (Nick Fury), Scarlett Johansson (Natasha Romanoff/Vedova Nera), Jeremy Renner (Clint Barton/Occhio di falco), Stellan Skarsgaard (Professor Erik Selvig) e Harry Dean Stanton (la guardia che ritrova Hulk a metà film) ho già parlato nei rispettivi link.

Joss Whedon è regista e sceneggiatore della pellicola. Americano, creatore di uno dei miei telefilm preferiti, Buffy the Vampire Slayer, e scrittore di una delle più belle saghe recenti degli X-Men, come regista ha diretto film come Serenity, lo spezzone post – titoli di coda di Thor ed episodi delle serie Angel, Dollhouse e Glee. Anche produttore e attore, ha 48 anni e un film in uscita, un adattamento del shakespeariano Much Ado about Nothing con Clark Gregg, Alexis Denisof, Nathan Fillion e Tom Lenk tra i protagonisti. Yum!


Chris Evans (vero nome Christopher Robert Evans) interpreta Steve Rogers/Capitan America. Americano, ha partecipato a film come I Fantastici Quattro, I Fantastici Quattro e Silver Surfer, Scott Pilgrim vs. The World, Capitan America: il primo Vendicatore e ha doppiato alcuni episodi di Robot Chicken. Ha 31 anni e tre film in uscita, tra cui un probabile Captain America 2.


Chris Hemsworth interpreta Thor. Australiano, ha partecipato a film come A Perfect Getaway – Una perfetta via di fuga, Thor e l’imminente Quella casa nel bosco; inoltre era tra i protagonisti della soap australiana Home and Away. Ha 29 anni e quattro film in uscita, tra cui Biancaneve e il cacciatore e un probabile Thor 2.


Tom Hiddleston (vero nome Thomas William Hiddleston) interpreta Loki. Inglese, ha partecipato a film come Thor, Midnight in Paris e War Horse. Ha 31 anni e cinque film in uscita, tra cui un probabile Thor 2.


Clark Gregg (vero nome Robert Clark Gregg) interpreta l’agente Phil Coulson. Americano, ha partecipato a film come I soliti sospetti, Magnolia, A.I. intelligenza artificiale, One Hour Photo, Iron Man, Iron Man 2 e Thor, oltre a serie come Le avventure del giovane Indiana Jones, Sex & the City, Will & Grace e CSI: New York. Anche sceneggiatore e regista, ha 48 anni e quattro film in uscita, tra cui un probabile Nick Fury.


Tra le guest star presenti nella pellicola, Lou Ferrigno da la voce a Hulk, Stan Lee compare nei panni del vecchio che dichiara al TG di non credere nei supereroi, la dolce Robin di How I Met Your Mother, alias l’attrice Cobie Smulders, interpreta l’agente Maria Hill ed infine il marito di Allyson Hannighan, Alexis Denisof, già Wesley in Buffy the Vampire Slayers, interpreta l’incappucciato alieno “Altro”. A proposito di mostri ed incappucciati, a metà dei titoli di coda il film continua per mezzo minuto, più o meno, e ci anticipa quello che sarà il prossimo avversario dei Vendicatori in caso di sequel: io pensavo fosse uno Skrull, invece fonti attendibili me lo vendono come Thanos, malvagissimo e praticamente invincibile alieno/semidio dell’universo Marvel. Inoltre, pare che nella versione US del film ci sia una scena alla fine di TUTTI i titoli di coda, dove i Vendicatori mangiano in silenzio il fantomatico Shawarma che Tony era così curioso di assaggiare. Per quanto riguarda futuri sequel, invece, visto il successo internazionale di The Avengers la Marvel ha già annunciato un The Avengers 2, che dovrebbe essere sempre diretto da Joss Wedon e venire subito dopo i futuri Iron Man 3, Thor 2 e Capitan America 2. Nell'attesa, vediamo di recuperare Iron Man e Iron Man 2, io intanto mi userò violenza e cercherò di guardare Thor e Capitan America: il primo Vendicatore. ENJOY!!!

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