Finalmente è arrivato il tanto sospirato freddo!! Per riscaldarci un po', visto che negli USA non sono usciti film degni di nota a parte Lo Hobbit (e anche perché questa rubrica è stata praticamente abbandonata a se stessa da un anno a questa parte) ecco la mia personalissima Top 5 delle morti al freddo, che coniuga due dei colori più poetici e filmabili che esistano al mondo: il bianco della neve e il rosso del sangue, che poi sono anche i colori dell'amabile ciccione con la barba bianca. OH-OH-OOOH! quindi e.... ENJOY!!
Ah, il post contiene ovvi SPOILER, uomo avvisato....
5. Lasciami entrare (Låt den rätte komma in, 2008)
La delicata
storia d'amore tra il giovane Oskar e la vampiretta Eli, un racconto di
amore e morte così disperato e struggente che Stephanie Meyers e il suo
Twilight dovrebbero andarsi a nascondere in fondo a un crepaccio. Le
fredde, ovattate strade innevate di un paesino della Svezia sono una
componente imprescindibile del film, così come i piedi nudi di Eli che
affondano nella neve e il bianco che, d'improvviso, si tinge del rosso
del dolore, del sangue e della morte. Da recuperare anche il remake
americano, Blood Story, con una splendida Chloe Moretz.
4. L'insaziabile (Ravenous, 1999)
Una particolarissima perla
horror graziata dalle musiche di Damon Albarn e Michael Nyman, dove la
neve si tinge del sangue dei soldati in guerra e dei superstiti vittime
dell'affascinante, spietato e terribile cannibale interpretato da Robert Carlyle. Un gioiello di humor nero e horror, da recuperare
assolutamente.
3. Fargo (Fargo, 1996)
La banalità del male, immersa in una
delle cittadine più provinciali d'America, dove tutti si conoscono e
tutti sono amici. Una grottesca commedia nera che, nel giro di mezz'ora,
vira in una delle macellate più folli mai viste in campo non horror,
con i fratelli Coen che usano il sangue come vernice e il bianco
immaccolato delle nevi di Fargo come una tavolozza. Grandissimi
interpreti, a partire da un'incinta Frances McDormand per finire con
l'imbambolato e sfigatissimo William H. Macy. Un altro, imperdibile
capolavoro.
2. La cosa (The Thing, 1982)
L'apoteosi della paranoia da
isolamento, l'impossibilità di fuggire da un alieno mutaforma e di
cercare aiuti esterni in quello che, letteralmente, è un inferno bianco.
John Carpenter firma uno dei suoi capolavori, remake di un vecchio film
di fantascienza anni '50, infilando i protagonisti in una delle
situazioni più brutte mai concepite da mente umana. Un classico
imprescindibile.
1. Shining (The Shining, 1980)
Cosa c'è di peggio che rimanere bloccati in un hotel con un padre e marito completamente folle, a rischio di beccarsi anche qualche fantasma poco amichevole? Eh beh, rimanere bloccati d'inverno, con la neve che arriva a toccare quasi le finestre, i gatti delle nevi manomessi, un freddo incredibile che gela fin dentro le ossa e la bufera che impedisce le comunicazioni esterne. Il capolavoro di Stanley Kubrick, da un romanzo del re King, tutto l'orrore di un inseguimento in un labirinto di neve e ghiaccio e uno dei finali più ansiogeni della storia del cinema.
Come fuori classifica, anche perché non era propriamente inverno, vorrei anche ricordare il meraviglioso duello tra La Sposa e O-Ren Ishii sul finale di Kill Bill Vol. 1, una sanguinosa, elegantissima e cruenta battaglia a filo di spada sulle note della fighissima Don't Let Me Be Misunderstood. Un cult imprescindibile!!
Visualizzazione post con etichetta shining. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta shining. Mostra tutti i post
lunedì 17 dicembre 2012
mercoledì 17 marzo 2010
Shining (1980)
Non paga delle condizioni di salute a dir poco pessime che mi fanno delirare e mi rendono difficile anche fare le cose più semplici, ecco che mi è punta vaghezza di recensire un capolavoro indiscusso del genere horror, anzi forse l’horror più bello che sia mai stato girato, ovvero Shining (The Shining) di Stanley Kubrick, del lontano 1980. Nonostante sia tratto dal romanzo omonimo che Stephen King ha scritto nel 1977, le differenze sono molte, e l’opera cinematografica surclassa prepotentemente un libro che è il più brutto tra quelli scritti dal “Re”.
La trama: Jack Torrance, uno scrittore fallito, ottiene un lavoro come custode invernale dello sperduto Overlook Hotel. Assieme alla moglie Wendy e al figlio Danny, dotato di un potere di chiaroveggenza chiamato “luccicanza” (The Shining, appunto), si stanzia nell’hotel e tutto parrebbe andare per il meglio, se non fosse che piano piano qualcosa comincia a fare impazzire Jack, spingendolo a ripercorrere i passi del precedente custode dell’hotel, reo di avere massacrato la moglie e le due figliolette..
Premettendo che non ho assolutamente intenzione di fornire una critica ad un film che è stato recensito, criticato e sviscerato da ogni cinefilo che si rispetti fin dalla sua uscita. Come per Arancia Meccanica e Il settimo sigillo mi limiterò a dire perché questo film dovrebbe essere guardato. Innanzitutto perché, come ho già accennato, è uno dei pochi film che supera l’opera originale da cui è tratto. Lo Shining di Stephen King è un lungo e noioso racconto che punta molto sulla classica rappresentazione della casa infestata (anche se in questo caso c’è un hotel), la cui influenza va a demolire la psiche di un uomo fondamentalmente non malvagio ma soggetto comunque ad ogni possibile sfiga, scatto d’ira e debolezza. A coronare il tutto c’è il pargoletto dotato di questa Luccicanza, guidato dal fantasma di un bambino di nome Tony, che con la sua sola presenza riesce a rendere i fantasmi dell’hotel più pericolosi e forti di quanto normalmente non siano. Il finale è diversissimo nelle due versioni, tanto che nel libro l’hotel esplode per “noncuranza”, diciamo, mentre nel film rimane ad incombere come se fosse eterno. Però è diversa anche la scelta degli elementi su cui porre l’accento: Kubrick non ci mostra un uomo debole ma fondamentalmente buono, bensì qualcuno che è già propenso a diventare un mostro e ben contento che gliene venga data la possibilità; la luccicanza non è un potere positivo che aiuta il piccolo Danny a ritrovare il padre all’interno del mostro che è diventato, bensì una maledizione che permette solo di osservare impotenti un futuro che non si riesce a cambiare e un passato che minaccia di inghiottirci; quella di Kubrick è un’analisi impietosa della follia là dove Stephen King puntava il dito contro il suo passato di drogato ed alcolista, esorcizzandolo. Nel libro l’hotel si impossessa di Jack, nel film invece parrebbe che il padre di Danny fosse già da tempo parte dell’Overlook, che si è limitato a richiamarlo a sé.
Ciò che rende lo Shining di Kubrick perfetto è l’incredibile capacità del regista di cogliere le immagini essenziali del libro, privarle di inutili orpelli e renderle ancora più inquietanti. Il regista elimina giustamente le scene più trash dal punto di vista visivo, come quella delle siepi semoventi a forma di animali, che è stata sciaguratamente ripresa nel film TV prodotto dallo stesso King, e gli elementi inutili come il fantasma di Tony (usando il ben più inquietante escamotage di Danny che fa parlare un suo dito con un’altra voce) . L’Overlook diventa il protagonista assoluto, una presenza incombente ma mai buia; la caratteristica di Shining è infatti quella di essere un horror che va controcorrente, perché ogni scena, anche la più cruenta, è girata in piena luce. E le scene memorabili sono molte, val la pena vedere il film solo per la bellezza di certe immagini e per l’inquietudine che possono trasmettere con il solo ausilio della penetrante colonna sonora. E siccome ho già detto troppo, e molti spezzoni del film sono talmente famosi che è inutile anche starli a descrivere, dico solo come la bravura del regista riesca a commuovermi ogni volta che Jack Nicholson si mette a guardare il modellino di labirinto all’interno di una sala dell’Overlook, incombendo con il suo ghigno satanico mano a mano che la telecamera zooma in avanti e mostra le piccole figure di Wendy e Danny che giocano all’interno del vero labirinto fuori dall’hotel, senza soluzione di continuità. La scena più bella dell’intero film secondo me.
Concludo questa breve e atipica recensione magnificando la recitazione non solo di Jack Nicholson, ma anche di Shelley Duvall. Il primo è un demonio, privo di qualsivoglia residuo di umanità ed affetto paterno o coniugale che King avesse voluto infondere al personaggio; al di là dei dialoghi che sono praticamente perfetti sulla sua bocca, gli basta solo uno sguardo per raggelare il sangue e far capire che la mente di Jack Torrance è ormai oltre ogni possibilità di recupero, e se volete una prova inconfutabile della sua bravura basta solo che osserviate con attenzione la famosa scena della vecchia nella stanza: in tempo zero passa da un’espressione spiacevolmente sorpresa, ad una decisamente più sollevata, ad una definitivamente lubrica e porca, tre sguardi che svelano il suo stato d’animo meglio di qualsiasi parola. Quanto a Shelley Duvall, il fatto che il regista le abbia provocato più di una crisi di nervi durante la realizzazione di Shining è risaputo, ma ciò non toglie che la sua Wendy bruttina, vessata dal marito e spiritata sia uno spettacolo da vedere, alla faccia di qualsiasi “scream queen” venuta prima o dopo di lei. In poche parole: guardatelo. Ne vale davvero la pena.

Del Maestro per eccellenza, ovvero Kubrick, ho già parlato qui, mentre un piccolo excursus sull’attività del divino Jack Nicholson lo trovate qui.
Shelley Duvall interpreta Wendy Torrance. Texana, e nonostante il cognome non imparentata con il grande Robert Duvall, la ricordo per film come Nashville, Io & Annie, Popeye – Braccio di ferro, Frankenweenie, Roxanne e Ritratto di signora. Ha partecipato anche a episodi di Ai confini della realtà e Frasier. Ha 61 anni.
Scatman Crothers, che interpreta il cuoco Dick Halloran (personaggio ripreso poi da Stephen King per un flashback nel suo romanzo più bello, IT), anche lui dotato della luccicanza, aveva già recitato in un film che aveva Jack Nicholson come protagonista, Qualcuno volò sul nido del cuculo, e ha anche prestato la voce allo Scat Cat de Gli Aristogatti. Il piccolo Danny Lloyd invece, meraviglioso interprete di Danny, non ha proseguito con la carriera cinematografica, preferendo dedicarsi all’insegnamento di scienza e biologia. A costo di ribadire l’ovvio, la scritta ripetuta infinite volte “il mattino ha l’oro in bocca”, cambia lingua e proverbio a seconda delle versioni del film (in inglese è “All work and no play makes Jack a dull boy). Leggenda narra che ci siano un sacco di scene eliminate e almeno un finale alternativo, che la versione italiana sia più breve di quella USA, e che Kubrick avesse pensato a De Niro o, addirittura, Robin Williams (che avrebbe poi recitato in Popeye – Braccio di Ferro proprio con Shelley Duvall) per interpretare il ruolo di Jack Torrance, e non oso immaginare cosa sarebbe uscito fuori! Al di là delle leggende, però, è palese che a Stephen King l’adattamento di Kubrick non sia mai andato troppo giù, quindi lo scrittore del Maine nel 1997 ha scritto direttamente la sceneggiatura dello scialbo film TV Stephen King’s The Shining, con Jack Torrance interpretato da un ancor più scialbo Steven Weber, habitué delle produzioni kinghiane e già reo di essersi scopato la “Jenifer” argentiana nei Masters of Horror. Da evitare come la peste!! E ora beccatevi il meraviglioso omaggio de I griffin unito a veri pezzi tratti dal film... ENJOY!!
La trama: Jack Torrance, uno scrittore fallito, ottiene un lavoro come custode invernale dello sperduto Overlook Hotel. Assieme alla moglie Wendy e al figlio Danny, dotato di un potere di chiaroveggenza chiamato “luccicanza” (The Shining, appunto), si stanzia nell’hotel e tutto parrebbe andare per il meglio, se non fosse che piano piano qualcosa comincia a fare impazzire Jack, spingendolo a ripercorrere i passi del precedente custode dell’hotel, reo di avere massacrato la moglie e le due figliolette..
Premettendo che non ho assolutamente intenzione di fornire una critica ad un film che è stato recensito, criticato e sviscerato da ogni cinefilo che si rispetti fin dalla sua uscita. Come per Arancia Meccanica e Il settimo sigillo mi limiterò a dire perché questo film dovrebbe essere guardato. Innanzitutto perché, come ho già accennato, è uno dei pochi film che supera l’opera originale da cui è tratto. Lo Shining di Stephen King è un lungo e noioso racconto che punta molto sulla classica rappresentazione della casa infestata (anche se in questo caso c’è un hotel), la cui influenza va a demolire la psiche di un uomo fondamentalmente non malvagio ma soggetto comunque ad ogni possibile sfiga, scatto d’ira e debolezza. A coronare il tutto c’è il pargoletto dotato di questa Luccicanza, guidato dal fantasma di un bambino di nome Tony, che con la sua sola presenza riesce a rendere i fantasmi dell’hotel più pericolosi e forti di quanto normalmente non siano. Il finale è diversissimo nelle due versioni, tanto che nel libro l’hotel esplode per “noncuranza”, diciamo, mentre nel film rimane ad incombere come se fosse eterno. Però è diversa anche la scelta degli elementi su cui porre l’accento: Kubrick non ci mostra un uomo debole ma fondamentalmente buono, bensì qualcuno che è già propenso a diventare un mostro e ben contento che gliene venga data la possibilità; la luccicanza non è un potere positivo che aiuta il piccolo Danny a ritrovare il padre all’interno del mostro che è diventato, bensì una maledizione che permette solo di osservare impotenti un futuro che non si riesce a cambiare e un passato che minaccia di inghiottirci; quella di Kubrick è un’analisi impietosa della follia là dove Stephen King puntava il dito contro il suo passato di drogato ed alcolista, esorcizzandolo. Nel libro l’hotel si impossessa di Jack, nel film invece parrebbe che il padre di Danny fosse già da tempo parte dell’Overlook, che si è limitato a richiamarlo a sé.
Ciò che rende lo Shining di Kubrick perfetto è l’incredibile capacità del regista di cogliere le immagini essenziali del libro, privarle di inutili orpelli e renderle ancora più inquietanti. Il regista elimina giustamente le scene più trash dal punto di vista visivo, come quella delle siepi semoventi a forma di animali, che è stata sciaguratamente ripresa nel film TV prodotto dallo stesso King, e gli elementi inutili come il fantasma di Tony (usando il ben più inquietante escamotage di Danny che fa parlare un suo dito con un’altra voce) . L’Overlook diventa il protagonista assoluto, una presenza incombente ma mai buia; la caratteristica di Shining è infatti quella di essere un horror che va controcorrente, perché ogni scena, anche la più cruenta, è girata in piena luce. E le scene memorabili sono molte, val la pena vedere il film solo per la bellezza di certe immagini e per l’inquietudine che possono trasmettere con il solo ausilio della penetrante colonna sonora. E siccome ho già detto troppo, e molti spezzoni del film sono talmente famosi che è inutile anche starli a descrivere, dico solo come la bravura del regista riesca a commuovermi ogni volta che Jack Nicholson si mette a guardare il modellino di labirinto all’interno di una sala dell’Overlook, incombendo con il suo ghigno satanico mano a mano che la telecamera zooma in avanti e mostra le piccole figure di Wendy e Danny che giocano all’interno del vero labirinto fuori dall’hotel, senza soluzione di continuità. La scena più bella dell’intero film secondo me.
Concludo questa breve e atipica recensione magnificando la recitazione non solo di Jack Nicholson, ma anche di Shelley Duvall. Il primo è un demonio, privo di qualsivoglia residuo di umanità ed affetto paterno o coniugale che King avesse voluto infondere al personaggio; al di là dei dialoghi che sono praticamente perfetti sulla sua bocca, gli basta solo uno sguardo per raggelare il sangue e far capire che la mente di Jack Torrance è ormai oltre ogni possibilità di recupero, e se volete una prova inconfutabile della sua bravura basta solo che osserviate con attenzione la famosa scena della vecchia nella stanza: in tempo zero passa da un’espressione spiacevolmente sorpresa, ad una decisamente più sollevata, ad una definitivamente lubrica e porca, tre sguardi che svelano il suo stato d’animo meglio di qualsiasi parola. Quanto a Shelley Duvall, il fatto che il regista le abbia provocato più di una crisi di nervi durante la realizzazione di Shining è risaputo, ma ciò non toglie che la sua Wendy bruttina, vessata dal marito e spiritata sia uno spettacolo da vedere, alla faccia di qualsiasi “scream queen” venuta prima o dopo di lei. In poche parole: guardatelo. Ne vale davvero la pena.
Del Maestro per eccellenza, ovvero Kubrick, ho già parlato qui, mentre un piccolo excursus sull’attività del divino Jack Nicholson lo trovate qui.
Shelley Duvall interpreta Wendy Torrance. Texana, e nonostante il cognome non imparentata con il grande Robert Duvall, la ricordo per film come Nashville, Io & Annie, Popeye – Braccio di ferro, Frankenweenie, Roxanne e Ritratto di signora. Ha partecipato anche a episodi di Ai confini della realtà e Frasier. Ha 61 anni.
Scatman Crothers, che interpreta il cuoco Dick Halloran (personaggio ripreso poi da Stephen King per un flashback nel suo romanzo più bello, IT), anche lui dotato della luccicanza, aveva già recitato in un film che aveva Jack Nicholson come protagonista, Qualcuno volò sul nido del cuculo, e ha anche prestato la voce allo Scat Cat de Gli Aristogatti. Il piccolo Danny Lloyd invece, meraviglioso interprete di Danny, non ha proseguito con la carriera cinematografica, preferendo dedicarsi all’insegnamento di scienza e biologia. A costo di ribadire l’ovvio, la scritta ripetuta infinite volte “il mattino ha l’oro in bocca”, cambia lingua e proverbio a seconda delle versioni del film (in inglese è “All work and no play makes Jack a dull boy). Leggenda narra che ci siano un sacco di scene eliminate e almeno un finale alternativo, che la versione italiana sia più breve di quella USA, e che Kubrick avesse pensato a De Niro o, addirittura, Robin Williams (che avrebbe poi recitato in Popeye – Braccio di Ferro proprio con Shelley Duvall) per interpretare il ruolo di Jack Torrance, e non oso immaginare cosa sarebbe uscito fuori! Al di là delle leggende, però, è palese che a Stephen King l’adattamento di Kubrick non sia mai andato troppo giù, quindi lo scrittore del Maine nel 1997 ha scritto direttamente la sceneggiatura dello scialbo film TV Stephen King’s The Shining, con Jack Torrance interpretato da un ancor più scialbo Steven Weber, habitué delle produzioni kinghiane e già reo di essersi scopato la “Jenifer” argentiana nei Masters of Horror. Da evitare come la peste!! E ora beccatevi il meraviglioso omaggio de I griffin unito a veri pezzi tratti dal film... ENJOY!!
Iscriviti a:
Commenti (Atom)









