lunedì 30 maggio 2011

The Tree of Life (2011)

Per una volta che, miracolosamente, anche il multisala della mia zona ha ignorato le istanze puramente commerciali che lo spingono a mettere in cartellone solo film di sicuro successo, ne ho approfittato e sono andata a vedere l’ultima fatica di Terrence Malick, The Tree of Life, premiato a Cannes con la palma d’oro come miglior film (o, come ha detto l’impiegata del multisala “è stato premiato al Coso col Coso”).



Trama (anche se parlare di trama in questo caso è molto riduttivo…): attraverso i ricordi di un disilluso uomo d’affari, Jack, assistiamo alla sua vita, dalla propria nascita alla morte del fratello minore, e alla progressiva perdita dell’innocenza e della fede in Dio.



Ora, io proverò a recensire questo bellissimo e particolare film, e lo farò indegnamente, sia per manifesta incapacità, sia perché credo l’interpretazione di The Tree of Life debba essere molto soggettiva, e lasciata alla percezione e all’esperienza del singolo spettatore. Quindi sarò molto breve. L’ultimo film di Malick è Cinema, con la C maiuscola, pura poesia, una commistione praticamente perfetta di immagini e suoni come raramente si può vedere nei tempi moderni. In un’epoca di 3D, di fracasso, di Dolby Surround, Malick ha il coraggio di mettere in scena il Silenzio per buona parte della pellicola, di lasciare che siano le splendide immagini a parlare, talvolta accompagnate dai sussurri della natura, talvolta da musica sacra (delle sequenze talmente belle che mi hanno messo i brividi, e mi hanno lasciata letteralmente a bocca aperta, tanto da impormi di chiuderla per non fare figuracce…). Sì perché, per come l’ho capita io, The Tree of Life è il personalissimo omaggio (o la personalissima riflessione) del regista sul rapporto tra l’uomo e Dio o sulla scelta, come si evince all’inizio, tra la “via” della Natura e quella della Grazia. Una dicotomia che gli spettatori potranno ritrovare nelle due figure che guidano e segnano l’infanzia e la vita di Jack, il dispotico e frustrato padre (un Brad Pitt grandioso) e la dolcissima e triste madre (una splendida Jessica Chastain, attrice che non conoscevo affatto). E non solo.



Al di sopra dei genitori, degli amici e dei fratelli minori, c’è Dio. Un Dio né buono né malvagio, semplicemente il Creatore, che ha dato vita al miracolo dell’esistenza senza pretendere di condizionarla in seguito, lasciando che gli eventi scorressero senza imporre un controllo. E’ una visione assai difficile per un bambino cresciuto in una famiglia profondamente religiosa, nella Grazia appunto. Quando all’innocenza subentra l’esperienza, e Jack nota che le cose brutte accadono anche alle persone buone, che le preghiere non vengono ascoltate, che anche dove dovrebbe esserci sincerità ci sono un’ipocrisia e una cattiveria che non vengono punite, quando arriva la Morte, inaspettata e crudele, subentra il rifiuto della Grazia e la decisione inconsapevole di abbracciare la via della Natura e della disillusione. Alla fine c’è una sorta di riconciliazione con questo Dio così sfuggente ed inconoscibile, ma secondo me non esiste un finale che si possa definire “lieto”. Dipende, come ho detto, tutto dal punto di vista dello spettatore.



E non crediate neppure che la “storia” sia lineare come ve l’ho raccontata. Non esiste una “trama”, perché la vita vera non ne ha una. Siamo abituati a vedere film che riportano ogni singolo dialogo, come se gli eventi ci scorressero davanti in quel preciso momento, ma se ci pensate bene quando noi proviamo a ripensare alla nostra vita, non ricordiamo ogni singolo istante o ogni singolo dialogo, ma sprazzi di immagini, di parole, di suoni, di sensazioni che sono importanti per noi, non per gli altri. Ecco perché Malick ci mostra immagini spesso prive di senso, ininfluenti per quanto riguarda la trama, riprese da un punto di vista soggettivo, straniante, e filtrate da distorsioni che si potrebbero definire quasi oniriche. Del Tree of Life, insomma, ci vengono mostrati i rami, per quanto riguarda la vita di Jack… e ci vengono mostrate anche le radici, indispensabili, ma di cui spesso non ci rendiamo conto nonostante siano sempre intorno a noi: l’intrinseca bellezza della vita, della natura, del mondo, che va avanti incurante delle nostre “piccole” tragedie personali, che è sempre andato avanti, dalla sua Origine, ai dinosauri, a oggi. Un miracolo, il più grande, talmente grande e “scontato” che ormai non ci dona nemmeno più sollievo. Per fortuna, però, ogni tanto arriva qualcuno come Malick a ricordarci di aprire gli occhi, che si sia o meno credenti.



Cavolo, doveva essere una recensione breve ma mi sono lasciata trasportare, dopo due giorni di riflessione praticamente ininterrotta sul film. Brevemente, concludo dicendo The Tree of Life non è un film facile, affatto, e nemmeno esente da difetti. Francamente, sono rimasta sconcertata dall’arrivo dei dinosauri, lo ammetto. E’ stata un’immagine stridente che mi ha fatto pensare, ahimé, a quei tristissimi documentari che davano alla Macchina del Tempo e che mi ha fatto ingoiare le risate all’interno di una sala silenziosissima (non so se perché gli spettatori erano attentissimi o semplicemente perplessi e timorosi di esternare i loro pensieri più reconditi…!). Nonostante questo e nonostante la complessità, lo consiglio spassionatamente a tutti coloro che vedono il cinema come qualcosa di più che semplice intrattenimento e che non hanno bisogno di vedere per forza un film dal significato lineare, visto che il regista pone mille domande ma non da alcuna risposta. Gli altri si astengano, per il loro stesso bene! Personalmente, credo che vorrò rivederlo tra molto tempo, per capire se altre esperienze personali me ne daranno una visione diversa.



Di Brad Pitt, che interpreta il signor O’Brien, il padre di Jack, ho già parlato in abbondanza qui.

Terrence Malick è il regista della pellicola. Animo schivo, autore che non si mostra in pubblico da anni, tra i suoi film ammetto di avere visto solo il bellissimo La sottile linea rossa. Americano, anche sceneggiatore e produttore, ha 68 anni e un film in progetto.   



Sean Penn interpreta Jack da grande. Uno dei più bravi attori della sua generazione, che per fortuna è stato in grado di staccarsi dalla sua antica fama di rissoso ex marito di famose cantanti e attrici (Madonna e Robin Wright nella fattispecie), lo ricordo per film come Shangai Surprise, Colors: colori di guerra, Non siamo angeli, Carlito’s Way, Dead Man Walking – Condannato a morte, She’s So Lovely – Così carina, The Game – Nessuna regola, Bugie baci bambole e bastardi, La sottile linea rossa, Il mistero dell’acqua, Mi chiamo Sam, il bellissimo Mystic River (che gli è valso l’Oscar come miglior attore protagonista) e Milk, che gli ha portato il secondo Oscar della carriera. Ha partecipato anche alle serie televisive La casa nella prateria, Ellen e Friends. Americano, anche produttore, regista e sceneggiatore, ha 51 anni e un film in uscita.



Jessica Chastain (vero nome Jessica M. Howard) interpreta la madre di Jack. Americana, ha partecipato a serie come E.R., Veronica Mars, Law & Order e ad alcuni film che non conosco. Ha 30 anni e cinque film in uscita.



E ora un paio di curiosità. Pare che Heath Ledger avrebbe dovuto partecipare al film nel ruolo del sig. O’Brien, ruolo ereditato da Brad Pitt per ovvi motivi, ma anche Colin Farell e Mel Gibson avrebbero dovuto essere della partita, a dimostrazione di quanto sia stato ponderato questo The Tree of Life, che sembra Malick avesse in mente addirittura fin dagli anni ’70. Non penso esista un film che possa consigliarvi per rivivere gli stessi temi o le stesse immagini della pellicola, ma azzarderei forse un Il settimo sigillo o al limite un felliniano 8 ½. Sono comunque film che vale la pena vedere!! E ora vi lascio con il bellissimo trailer... ENJOY!!

mercoledì 25 maggio 2011

Signori, il delitto è servito (1985)

Chi non ha mai passato almeno un giorno o una sera divertendosi tra amici con dei sani e vecchi giochi di società? Monopoli, Trivial Pursuit, Taboo, Pictionary, Saltinmente, chi più ne ha più ne metta… mi piacciono davvero tutti, ma uno dei miei preferiti era Cluedo, e proprio da questo gioco, nel 1985, è stato tratto un film dal titolo Signori, il delitto è servito (Clue), diretto dal regista Jonathan Lynn.



Trama: un gruppo di persone viene invitato da un misterioso personaggio ad un’altrettanto misteriosa cena, dove i partecipanti dovranno usare degli pseudonimi. Sotto lo sguardo attento del maggiordomo Wadsworth il mistero si infittisce, i cadaveri aumentano e i legami tra i personaggi si fanno sempre più chiari… o no?



Per cominciare a parlare di Signori, il delitto è servito, sarebbe meglio chiarire, per chi ancora non lo sapesse, come si gioca a Cluedo. In pratica lo scopo del gioco è scoprire quale personaggio ha compiuto un omicidio, con quale arma e dove, e tutto sta all’acume del giocatore, che dovrebbe vestire i panni dell’investigatore. Detta così è facile, ma una partita si può portare avanti anche per un’ora buona e si rischiano di fare le ipotesi più assurde. Il film riprende in pieno i personaggi, le armi e soprattutto lo spirito del gioco: la trama è un esile e mero pretesto, una logorroica e rapidissima corsa alla scoperta del colpevole, dove non importa tanto che i personaggi muoiano quanto il come, il perché e, soprattutto, il chi! E siccome leggenda narra che il colpevole sia sempre il maggiordomo, il Virgilio del film, la persona che ci aiuterà a dipanare il mistero, sarà proprio l’apparentemente compassatissimo ed impeccabile Wadsworth.



Quello che però distingue Signori il delitto è servito dal resto dei gialli cinematografici dalla struttura simile è l’ininterrotta serie di gag. Nonostante l’abbondanza di vittime non aspettatevi nulla di serio, anche perché i protagonisti sono delle macchiette: non voglio svelare assolutamente nulla in questa recensione ma preparatevi a scoprire stupidissimi segreti, imbarazzanti doppie personalità, motivazioni risibili ed imprevedibili quanto esilaranti colpi di scena. E se, alla fine, crederete di avere scoperto il colpevole… dovrete ricredervi, perché il film ha ben TRE finali diversi! Detto questo, capirete che, per rendere bello il film, si è puntato molto sulla bravura degli interpreti: Tim Curry nei panni di Wadsworth è semplicemente perfetto, ma anche tutti gli altri attori non scherzano (i personaggi di Miss Scarlett e Mr Green sono semplicemente esilaranti, lei di un’ignoranza spaventosa e lui gay fino al midollo e sempre preso a schiaffi dagli sventurati compagni) e la versione inglese del film è un susseguirsi continuo di giochi di parole e assurdità assortite (“I’m a butler” “And what do you do?” “I buttle, Sir”: solo con questa ho riso per mezz’ora). In poche parole, se non avete mai visto Signori il delitto è servito, fatelo, ne vale la pena.



Di Christopher Lloyd, che interpreta il Professor Plum, ho già parlato qui, mentre di Madeline Kahn, che interpreta Mrs. White, ho parlato qua.

Jonathan Lynn è il regista della pellicola. Inglese, lo ricordo per aver diretto altri film come Suore in fuga, Mio cugino Vincenzo, Caro zio Joe, Sergente Bilko e FBI: protezione testimoni. Anche sceneggiatore, attore e produttore, ha 68 anni.



Tim Curry interpreta Wadsworth. Come si può non amare un attore che ha incarnato il travestito più cult della storia del cinema, esordendo all’interno dello splendido The Rocky Horror Picture Show al grido di “I’m Just a Sweet Transvestite from Transexual, Transylvania”? E infatti io lo adoro, sia per come recita che per la sua splendida e profonda voce british, che potrete ascoltare se guarderete in originale film come Legend, Caccia a Ottobre Rosso, l’inquietante It, Oscar – Un fidanzato per due figlie, Mamma ho riperso l’aereo – Mi sono smarrito a New York, Palle in canna, I tre moschettieri (la versione più tamarra ma più bella mai fatta, secondo me!), Congo, Charlie’s Angels, Scary Movie 2 e Ladri di cadaveri - Burke & Hare. Tim ha anche partecipato alle serie Pappa e ciccia, Racconti di mezzanotte, Più forte ragazzi, Will & Grace e Criminal Minds, doppiato film come La Sirenetta e La Bella e la Bestia: un magico Natale, e anche serie animate come The Tiny Toons Adventures, Darkwing Duck, Mighty Max, Aladdin, La Sirenetta, Dinosauri, Capitan Planet, Gargoyles, Freakazoid!, Casper, The Mask e Phineas & Ferb. Anche produttore, ha 65 anni e cinque film in uscita.  



Colleen Camp interpreta Yvette. Americana, la ricordo per film come Apocalypse Now, Scuola di polizia II: prima missione, D.A.R.Y.L., Scuola di polizia IV: cittadini in… guardia, Fusi di testa, Sliver, Last Action Hero – L’ultimo grande eroe, Caro zio Joe, Die Hard – Duri a morire, Tempesta di ghiaccio e Rat Race, oltre che per serie come Happy Days, Starsky & Hutch, Dallas, Hazzard, Magnum P.I., La Signora in giallo, Racconti di mezzanotte, Pappa e ciccia e Dr. House. Anche produttrice, ha 58 anni e due film in uscita.  



Tra gli altri attori, vorrei citare Eileen Brennan nei panni di Mrs. Peacock, che i fan di Will&Grace ricorderanno come la terribile Zandra, insegnante di recitazione del povero Jack; per i fan di Desperate Housewives, invece, segnalo la presenza di Lesley Anne Warren, che nel film interpreta miss Scarlett, mentre nella serie dedicata alle quattro casalinghe interpreta la madre di Susan. Tra quelli “scartati”, invece, pare che per il ruolo di Wadsworth fossero candidati anche Rowan Atkinson (all’epoca ancora troppo poco famoso in America) e John Cleese, mentre per il ruolo di Miss Scarlett si era pensato a Carrie Fisher. Tornando a parlare dei già citati tre finali, in TV passa la versione che li comprende tutti, ma al cinema il film era stato proiettato in ogni sala con un finale diverso; immagino la cosa sia stata molto interessante all’epoca! E siccome non c’è due senza tre e il quattro vien da sé, esiste anche un quarto finale mai mostrato, dove si scopre che il colpevole è proprio Wadsworth il quale, dopo aver confessato di aver somministrato a tutti gli ospiti un veleno ad azione ritardata, riesce a fuggire dalla polizia per poi essere inseguito dai cani e schiantarsi in macchina. Troppo cupo e sanguinolento, hanno preferito tagliare! Tra l’altro, pare sia in cantiere anche un remake, ma è un progetto ancora molto in fieri e se ne riparlerà nel 2013. E ora vi lascio con il trailer originale del film.... ENJOY!!

lunedì 23 maggio 2011

Cannes 2011

Anche quest’anno il festival di Cannes si è concluso, con vincitori e vinti. Personalmente, non posso dire di avere vissuto appieno l’edizione 2011, non ero effettivamente troppo interessata, nonostante in giuria ci fossero Uma Thurman e Robert De Niro; in generale, comunque, mi è sembrata un’edizione un po’ sottotono, “vivacizzata” solo (se così si può dire) dall’infelice performance del regista Lars Von Trier durante la conferenza stampa per il suo ultimo film, Melancholia. Un’uscita che ha fatto parlare per almeno tre giorni la stampa mondiale e fatto dichiarare Von Trier “persona non gradita” al Festival, nonostante le parole del regista, se ascoltate con attenzione, suonassero più ironiche e volutamente provocatorie che seri deliri nazisti, come hanno urlato in molti. Tutta pubblicità per un regista più furbo che bravo, che tuttavia ogni volta porta parecchia fortuna alle protagoniste dei suoi film, come vedremo più avanti.

cannes-2011

Cominciamo quindi con l’elenco dei vincitori! La Palma d’Oro come miglior film, nonostante l’accoglienza tiepidissima del pubblico in sala, se l’è portata a casa il film The Tree of Life di Terrence Mallick (che peraltro è uscito la settimana scorsa anche dalle mie parti). Del regista avevo visto solo La sottile linea rossa, trovandolo davvero splendido, e sono convinta che anche The Tree of Life mi potrebbe piacere. Il film infatti racconta la vita di una famiglia americana e soprattutto di uno dei tre figli (interpretato da Sean Penn, mentre il padre è Brad Pitt) il quale sperimenta la graduale perdita dell’innocenza e cerca, in qualche modo, di ritrovarla, assieme al senso della vita, durante l’età adulta. Chi lo ha visto ha parlato come un’opera quasi new age, che accomuna le esperienze umane ai fenomeni naturali, un film sicuramente particolare e non per tutti, che mi incuriosisce parecchio. Cercherò di andarlo a vedere, per poter farmi un’opinione.

Mallick

Il premio per il miglior regista è volato in Danimarca, tra le mani di Nicolas Winding Refn, che personalmente non conosco, per il film Drive, dove uno ad uno stuntman viene messa una taglia sulla testa dopo un furto andato male. Un’americanata, insomma, per un regista che si era già concentrato sulla malavita con una serie di film dal titolo Pusher e che è stato già scritturato per dirigere il remake dello storico La fuga di Logan, un film di fantascienza ambientato in un mondo dove chiunque deve morire a trent’anni. Aiuto! La mia ora è scoccata!

WindingRefn

E’ rimasto in patria, invece, il premio per il miglior attore, che è andato al francese Jean DuJardin per il film The Artist, una storia d’amore ambientata nella Hollywood degli anni ’20, quando l’avvento del sonoro rischiava di mandare in pensione tutte le star del muto. Nel film figurano pezzi da novanta come John Goodman e Malcom McDowell e l’unica cosa che posso fare, non conoscendo ahimé nulla di questo Dujardin, è augurargli una carriera come la loro!

Jean-Dujardin

Conosco invece benissimo la vincitrice del premio come migliore attrice, visto che è una tra le mie preferite. Sto parlando infatti di Kirsten Dunst, che si è portata a casa il premio in virtù del fatto che Von Trier sarà anche stato dichiarato “persona non grata”, ma il suo Melancholia è rimasto in concorso. Il film in questione ci mostra gli ultimi giorni della vita sulla Terra, condannata a venire cancellata dallo scontro con un altro pianeta, Melancholia appunto. La trama si concentra in particolare su come vivono la vicenda una giovane neosposa (la Dunst) preda di una potente malinconia e la sorella di lei (Charlotte Gainsbourg, che ha vinto la palma d’oro come migliore attrice nel 2009, per un altro film di Von Trier, il controverso Antichrist). Siccome seguo Kirsten Dunst dai tempi di Piccole donne e dello splendido Intervista col Vampiro, dove interpretava la piccola vampira Claudia, sono strafelice della sicuramente meritata vittoria e non vedo l’ora che Melancholia esca da noi.

Kirsten-Dunst

Prima di chiudere, vorrei esprimere la mia felicità anche per un’artista che ho avuto modo di apprezzare in due film molto diversi, la francese Maiwenn (Alex in Alta Tensione e l’aliena Diva Plavalaguna de Il quinto elemento), che ha vinto il premio della giuria come regista del film Polisse, un’altra controversa storia d’amore che vede coinvolti una poliziotta sotto copertura e un ragazzo richiuso in riformatorio. L’aMMore quest’anno porta fortuna, pare, e ancora una volta l’Italia ha portato a casa poco o nulla. Ci rifaremo con Venezia? Ai posteri l’ardua sentenza… Nel frattempo vi lascio con il trailer originale di The Tree of Life. ENJOY!

venerdì 20 maggio 2011

Red (2010)

L’ho già detto per Source Code ma ripetersi non fa male. È un peccato che la distribuzione italiana penalizzi alcuni film pubblicizzandoli poco oppure facendoli uscire a ridosso di megaproduzioni o blockbuster. È un peccato perché, attirati da cose come Thor, l’ultimo episodio dei Pirati dei Caraibi o Fast 5, gli spettatori rischiano di perdersi un bel film come Red, uscito l’anno scorso in America e diretto dal regista Robert Schwentke.


Trama: Frank Moses è un agente in pensione che passa il suo tempo corteggiando telefonicamente una centralinista, Sarah. I due saranno costretti ad incontrarsi e a fuggire assieme quando la CIA comincerà a mandare i suoi migliori assassini contro Frank e altri suoi amici ed ex “colleghi”, per motivi legati ad un’oscura missione del passato…


Red mantiene quello che un film come L’uomo che fissa le capre prometteva solo nei trailer: una storia semiseria, ai limiti del paradossale, in grado di soddisfare sia lo spettatore che cerca l’action comedy poco impegnato sia quello che cerca quel qualcosa “in più” che distingue la pellicola da altre mille simili. E quel “di più” che caratterizza Red è quello che posso definire solo come “wit” tipicamente inglese, quel misto di arguzia ed ironia che in questo film abbonda, e giustamente, visto che è tratto da una graphic novel (molto più cupa, a dire il vero) di quel geniaccio di Warren Ellis. Ho citato L’uomo che fissa le capre ma forse ho fatto un paragone ingiusto, forse farei meglio ad aggiungere anche The Expendables perché alla fine Red incarna un po’ lo spirito di entrambi i film: la presenza di Bruce Willis assicura quella lieve ed ironica tamarraggine tipica della star di mille film d’azione (emblematica l’immagine di Frank che esce dalla macchina della polizia ancora in movimento con la pistola già spianata…), ma c’è anche una sottile riflessione sui tempi che cambiano, sulla tecnologia che rischia di soppiantare le abilità umane, sul “vecchio” che viene messo da parte, ingiustamente o meno, sui valori che diventano importanti con l’età.


Anche in questo caso ad una bella e intelligente storia si associa una solida regia che non lesina inseguimenti e sparatorie (senza lasciare che ammorbino il pubblico) e che aggiunge tocchi di humor, come l’introduzione con una cartolina di ogni città visitata dai protagonisti e la trasformazione della scena finale nella copertina di uno dei romanzi rosa che legge Sarah, come se l’intera vicenda fosse appunto una sciocchezza, la fantasia di una donna comune che ci viene descritta come un’amante dei viaggi avventurosi e dei romanzetti da quattro soldi. Come al solito, però, il punto di forza di un film ben riuscito sono gli attori, tutti assolutamente perfetti, da un Bruce Willis sempre a suo agio in questi ruoli, ai favolosi Helen Mirren e Brian Cox che regalano una misurata interpretazione di rara leggerezza, senza contare gli interpreti secondari, tutti azzeccatissimi. Ma quello che ha davvero superato sé stesso in Red è John Malkovich nei panni del folle Marvin, un ruolo così ironico e sopra le righe che, una decina di anni fa, sarebbe calzato a pennello per Christopher Lloyd. Per tutto il film John viene sgridato come un bambino dagli altri “Reds”, si porta dietro maiali di peluche rosa (la scena in cui rimane tutto contrito in mezzo all’aeroporto con il porco tenuto per la coda mi ha fatta ridere un’ora…), mostra sorrisetti sarcastici o completamente folli e a un certo punto lo vediamo anche con una deliziosa parrucchetta bionda con le trecce. Vale lui da solo il prezzo del biglietto, garantito. Ma per fortuna non è la sola cosa valida di Red, che consiglio senza riserve.


Di Bruce Willis, che interpreta Frank Moses, ho già parlato qui. Helen Mirren, nei panni di Victoria, è già stata nominata qua, mentre Morgan Freeman (che compare brevemente col personaggio di Joe) lo trovate qui. Dulcis in fundus, qui c’è il post dedicato a John Malkovich, che in Red interpreta Marvin, e qua quello per Richard Dreyfuss, ovvero l’infame Dunning.

Robert Schwentke è il regista della pellicola. Tedesco, ha girato film come Flightplan – Mistero in volo e il pilot della serie Lie to Me. Anche sceneggiatore, ha 43 anni e un film in uscita.


Mary – Louise Parker interpreta Sarah. Durante la proiezione del film s’è creato il solito dibattito “questa dove l’ho già vista…?”: la mia amica la ricordava, giustamente, per il bellissimo Pomodori verdi fritti alla fermata del treno mentre io, un po’ più prosaicamente, dopo averla scambiata per Lauren Graham di Una mamma per amica, ho pensato al telefilm Weeds, dove la Parker è protagonista. Tra gli altri film ai quali ha partecipato l’attrice segnalo Il cliente, Ritratto di signora, Red Dragon e la bellissima miniserie Angels in America. Americana, ha 47 anni e un film in uscita.


Julian McMahon interpreta il vicepresidente Stanton. Cole di Streghe e, soprattutto, il Dr. Troy di Nip/Tuck, ecco i ruoli per i quali verrà ricordato dal pubblico (soprattutto femminile) questo bellissimo attore Australiano, che ha partecipato anche a film come I fantastici quattro, I fantastici quattro e Silver Surfer e a serie come Home and Away e Will & Grace, oltre ad avere doppiato un episodio di Robot Chicken. Anche produttore, ha 43 anni e due film in uscita.


Brian Cox interpreta Ivan. La “versione” di Anthony Hopkins è sicuramente quella più famosa, ma i fan di Hannibal Lecter dovrebbero invece sapere che è stato proprio Cox ad interpretarlo per primo nel film Manhunter – Frammenti di un omicidio. Tra gli altri film dell’attore scozzese ricordo Rob Roy, Braveheart, il bellissimo Rushmore, L’intrigo della collana, The Ring, La 25sima ora, X-Men 2, Troy, Matchpoint e Zodiac. Anche regista, ha 65 anni e tre film in uscita, tra cui Rise of the Planet of the Apes, ennesimo remake/sequel dei film della saga de Il pianeta delle scimmie.


Ernest Borgnine (vero nome Ermes Effron Borgnino) interpreta Henry l’archivista. Storico “pezzo da novanta” del cinema internazionale, lo ricordo per film come Quella sporca dozzina, 1997: fuga da New York, Gattaca – La porta dell’universo, l’orrendo Blueberry e La cura del gorilla, miniserie storiche come Gesù di Nazareth e telefilm come La casa nella prateria, Love Boat, Magnum P.I., La signora in giallo, Quell’uragano di papà, Walker Texas Ranger, Settimo cielo e E.R. medici in prima linea. Ha inoltre prestato la voce per il film Small Soldiers e le serie Pinky and The Brain e Spongebob Squarepants. Americano, anche produttore, ha 94 anni e un film in uscita.


Karl Urban interpreta l’agente Cooper. Probabilmente a causa della parrucca bionda e mossa che indossava non riconoscerete in questo attore l’Eomer della trilogia de Il Signore degli Anelli, ma sappiate che c’era anche lui. Ha partecipato al reboot di Star Trek e lo ritroveremo nell’imminente Priest, inoltre ha recitato anche in alcuni episodi delle serie Hercules e Xena principessa guerriera. Neozelandese, ha 39 anni e tre film in uscita, tra cui il probabile seguito di Star Trek e il remake di Dredd – La legge sono io, che all’epoca come protagonista mostrava l’inossidabile Sylvester Stallone.


Orribile rischio!, John C. Reilly era la prima scelta per il ruolo di Marvin. Non oso pensare come sarebbe potuto risultare il mio personaggio preferito di tutto il film nelle mani di un attore che sopporto davvero poco. Sarebbe stato interessante invece vedere Meryl Streep nel ruolo di Victoria anche se a dire il vero le sarebbe mancato il phisique du rol. Di Red pare sia già in progetto un sequel, ma non si sa ancora nulla né della trama, né del regista né tantomeno del cast. Se vi è piaciuto il film vi consiglio di vedere un altro action movie parecchio ironico (anche se meno bello), A – Team o farvi una bella cultura “Willisiana” cercando tutti i film della serie Die Hard.  E ora vi lascio con il trailer del film... ENJOY!!!

lunedì 16 maggio 2011

Source Code (2011)

Ultimamente mi sembra vadano molto di moda i thriller tecnologici e cervellotici. Dopo il bellissimo (e complicatissimo) Inception di Christopher Nolan ecco uscire nelle sale italiane l’altrettanto complicato e bello Source Code del regista Duncan Jones.

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Trama: un soldato si sveglia all’interno di un treno, la sua coscienza riversata nel corpo di un uomo che non conosce. Scoprirà presto che la sua missione è quella di capire l’identità dell’attentatore che ha messo una bomba proprio su quel treno… e che ogni volta avrà solo otto minuti per farlo, prima di ricominciare da capo.

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Quando Ricomincio da capo incontra la fantascienza e il thriller. Immaginate infatti di dovere vivere di continuo, in loop, otto minuti della vita di un'altra persona. Sempre gli stessi otto minuti. E che ogni volta, alla fine di questi otto minuti, dobbiate morire solo per poi ricominciare da capo con l’ansia causata dal sapere l’inevitabile fine che farete. Un incubo. Questo è quello che succede al protagonista di Source Code, un film tra i più inquietanti che abbia mai visto negli ultimi anni. E anche uno dei più ben fatti. Tralasciando infatti gli sviluppi della trama di cui non parlerò per non rovinare la visione a chi non ha ancora avuto il piacere di andare al cinema e gustarsi la pellicola, tralasciando la perplessità e le obiezioni che di tanto in tanto il mio cervello sollevava davanti ad alcune spiegazioni un po’ troppo campate in aria almeno per me, Source Code ha poco da invidiare al già citato e pubblicizzatissimo Inception, ed è un peccato che ne abbiano parlato così poco.

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Jake Gyllenhaal nei panni del protagonista è bravissimo, innanzitutto. Considerando che il film si concentra soprattutto sul suo personaggio e che tutta la trama ruota attorno a quello che lui farà, non farà o penserà, l’attore offre una prova di bravura mica da ridere, anche perché si trova a dovere interpretare una persona immersa in una situazione assurda e a doverla renderla credibile. Ma il punto di forza di Source Code secondo me sta nel modo in cui vengono mostrati questi otto minuti ripetuti mano a mano che prosegue il film: le prime volte ci vengono riproposte, intelligentemente, le stesse identiche inquadrature, gli stessi dialoghi, gli stessi movimenti (e che inquietudine, che ansia quando arriva l'ineluttabile esplosione...) almeno finché non interviene quella minima influenza del protagonista a cambiare il corso degli eventi, influenza che si fa sempre più invasiva man mano che aumenta la sua consapevolezza del suo ruolo nella vicenda. Bellissimo anche il confuso caleidoscopio di immagini che accompagna Colter ad ogni “ritorno alla realtà” e il modo in cui viene rivelato allo spettatore ciò che sta dietro a tutta l’operazione Source Code nonché il modo in cui il protagonista è entrato a farne parte. Se devo trovare un difetto, direi che il finale in qualche modo è un po’ tirato per i capelli, ma ciò non toglie che il film sia molto bello e godibilissimo.

Duncan Jones (vero nome Duncan Zowie Hayward Jones) è il regista della pellicola. Figlio di David Bowie, è al suo terzo film come regista. Inglese, anche sceneggiatore, ha 40 anni.

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Jake Gyllenhaal (vero nome Jacob Benjamin Gyllenhaal) interpreta Colter Stevens. Americano, ha raggiunto la notorietà con il particolarissimo Donnie Dark, ma lo ricordo anche per film come Scappo dalla città – La vita, l’amore e le vacche, I segreti di Brokeback Mountain (che gli ha regalato una nomination come miglior attore non protagonista) e Zodiac. Ha 31 anni e due film in uscita.

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Michelle Monaghan interpreta Christina. Americana, la ricordo per film come Constantine, North Country e Mission: Impossible 3. Ha 35 anni e 2 film in uscita.

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Vera Farmiga interpreta Colleen Goodwin. Americana, ha partecipato a film come 15 minuti - follia omicida a New York, The Departed, Orphan e a un episodio di Law & Order. L’anno scorso è stata nominata all’Oscar come miglior attrice non protagonista per il film Tra le nuvole. Anche regista, ha 38 anni e tre film in uscita.

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Jeffrey Wright intrepreta il Dottor Rutledge. Americano, ha partecipato a film come Presunto innocente, Syriana e l’orrendo Lady in the Water, oltre alla splendida miniserie Angels in America e al telefilm Le avventure del giovane Indiana Jones. Anche produttore, ha 46 anni e due film in uscita.   

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Se Source Code vi è piaciuto consiglio di vedere il già nominato Inception oppure Dejà Vu – Corsa contro il tempo, che non ho mai visto ma che la mia amica al cinema ha citato come molto simile. E ora vi lascio con il trailer originale del film... ENJOY!!

venerdì 13 maggio 2011

Scream 3 (2000)

Ed eccoci arrivati anche penultimo capitolo della saga dedicata a Ghostface: Scream 3, diretto nel 2000, sempre da Wes Craven. La parabola discendente è così completata, ma vediamo nel dettaglio.


Trama: sul set di Stab 3, l’ennesimo film tratto dai delitti di Woodsboro, cominciano a morire delle persone, e la cosa costringe la povera Sidney ad uscire dall’esilio forzato e ad affrontare un altro maniaco mascherato che vorrebbe attentare alla sua vita…



Scream 3 tocca davvero il punto più basso dell’intera saga: non c’è paura, non c’è suspance, non c’è ironia, non c’è neppure la curiosità di vedere colpo di scena finale con conseguente rivelazione dell’identità del killer, se proprio vogliamo essere sinceri. A tirare troppo la corda questa si strappa, e non basta introdurre la meraviglia tecnica del convertitore di voce, che questa volta è in grado persino di simulare le reali voci dei singoli personaggi, per fare un bel film. Scream 3 è una sorta di fiacco remake del secondo capitolo, che vorrebbe attirare lo spettatore con rivelazioni relative alla madre di Sidney, Maureen, insinuando addirittura il dubbio che il fantasma, questa volta, potrebbe essere vero e potrebbe addirittura essere lei; inoltre, la componente metacinematografica viene ulteriormente “caricata” perché, se in Scream 2 veniva introdotto il film Stab, questa volta il terzo capitolo viene ambientato proprio sul set di Stab 3, e le vittime sono proprio gli attori, che cadono come mosche seguendo l’ordine previsto dal copione.


Per quanto riguarda i punti di forza dei primi due capitoli di Scream, qui non ce n’è nemmeno uno. La scena iniziale è assurdamente fiacca e priva della tensione della storica introduzione del primo capitolo (anche se toglie di mezzo un personaggio inaspettato) e le morti che seguono non sono migliori, quasi tutte fuori campo o comunque molto sbrigative. Anche l’ironia che la faceva da padrone in Scream e Scream 2 qui viene condensata in qualche imbarazzante comparsata e battuta da avanspettacolo: la stessa presenza di Jay e Silent Bob (che peraltro adoro, non fraintendete…) è indice della tristezza a cui si sono ridotti Craven e gli sceneggiatori, ma il colpo più basso è probabilmente l’uso di un’icona sacra come Carrie Fisher per farle interpretare un’impiegatuccia che le somiglia e che “avrebbe dovuto essere la principessa Leila di Guerre Stellari, se solo quell’altra non le avesse soffiato il posto”. Ahah. Devo ridere? Mah. Certo, c’è da dire che tutti i difetti di Scream 3 sono quasi comprensibili, visto che in fondo il film è frutto di un ricatto. Infatti pare che Wes Craven sia stato praticamente costretto a girarlo per poter avere la possibilità di realizzare un film distante dalla sua usuale filmografia come La musica del cuore, un drammone musicale con Meryl Streep come protagonista. Comprensibile dunque il poco impegno, ma non per questo giustificabile. Speriamo che il quarto capitolo non sia ancora più brutto di questo.


Del regista Wes Craven (che compare anche qui in un cameo, stavolta nei panni di un visitatore degli studios), Neve Campbell, Courtney Cox e David Arquette ho già parlato qui, mentre il post su Liev Schreiber lo trovate qua. Di Lance Henricksen, che interpreta il produttore John Milton, invece, ho parlato qui.

Patrick Dempsey interpreta il detective Kincaid. La fama internazionale per questo attore è arrivata grazie alla serie Grey’s Anatomy, tuttavia aveva già partecipato prima a parecchi film, tra cui il geniale The Stuff – Il gelato che uccide e Virus letale, oltre che ad un episodio di Will & Grace. Originario del Maine, anche produttore e regista, ha 45 anni e un film in uscita.


Jenny McCarthy interpreta Kate. Ex modella e coniglietta di Playboy riciclatasi negli anni ’90 come attrice “comica” per programmi che passavano all’epoca su MTV come The Jenny McCarthy Show, ex fidanzata di Jim Carrey, tra i film a cui ha partecipato ricordo lo splendido Cosa fare a Denver quando sei morto e Scary Movie 3; ben di più le partecipazioni televisive, per serie come Baywatch, Quell’uragano di papà, Streghe, Perfetti… ma non troppo, Una pupa in libreria, My Name is Earl e Due uomini e mezzo. Americana, anche sceneggiatrice e produttrice, ha 39 anni.


Emily Mortimer interpreta Angelina Tyler. Attrice inglese, la ricordo per film come Spiriti nelle tenebre, Il Santo, Elizabeth, Notting Hill, Match Point, The Pink Panther – La pantera rosa, La pantera rosa 2 e Shutter Island, inoltre ha prestato la voce per il doppiaggio inglese de Il castello errante di Howl. Ha 40 anni e quattro film in uscita, tra cui l’Hugo Cabret di Scorsese e Cars 2.


Tra le guest star, oltre alla già citata Carrie Fisher, assieme alla premiata ditta Kevin Smith & Jason Mewes, ci sono anche il regista Roger Corman nei panni di un produttore ed Heather Matarazzo nei panni della sorella di Randy, Martha. Una marea di partecipazioni e una marea di finali: dopo miliardi di riscritture per evitare spoiler in rete, Craven ha girato anche una versione alternativa del finale, con l’unica differenza di Sydney che, prima di provare a colpire il killer, rimane per un po’ nascosta dietro a un mobile. Se siete arrivati a vedere Scream 3, probabilmente avrete visto anche i primi due episodi, in caso contrario cercateli, soprattutto il primo. Vi lascio con il trailer originale del film... ENJOY!!

martedì 10 maggio 2011

Il Dottor Miracolo (1932)

Ogni tanto è salutare fare un bel tuffo nel passato e riscoprire le vecchie glorie, magari in ruoli diversi da quelli già straconosciuti. Così ho deciso di guardarmi Il Dottor Miracolo (Murders in the Rue Morgue), diretto dal regista Robert Florey nel 1932, ovviamente tratto dal racconto I delitti della Rue Morgue, scritto da Edgar Allan Poe.

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Trama: nella Parigi del diciannovesimo secolo arriva assieme al Circo il Dottor Miracolo, un uomo in grado di parlare con le scimmie. Parrebbe una belinata, se non fosse che costui ha anche velleità di creare l’uomo (o meglio, la donna…) perfetto, e si diletta nel fare trasfusioni di sangue gorillesco alle sue vittime che, guarda un po’, muoiono dopo ogni tentativo…

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Sinceramente parlando, sono rimasta abbastanza meravigliata davanti a questo Il Dottor Miracolo. Innanzitutto, per come unisce l’icona (famosissima per l’epoca) del Mad Doctor alla trama di uno dei più famosi racconti di Edgar Allan Poe, rivelando fin dall’inizio al pubblico chi sia il responsabile dei delitti e perché, e usando il racconto dello scrittore americano come un mero pretesto per mostrare una storia che si discosta parecchio da quella originale. Inoltre, mi ha stupita l’assoluta e crudele modernità di alcune immagini. I delitti del Dottor Miracolo non vengono suggeriti, ma ben mostrati (sebbene la morte della donna in strada sia stata censurata, così come il suo essere legata ad una sorta di croce), e sono parecchio inquietanti; soprattutto la già citata scena della semi – tortura della donna, decisamente malsana anche per gli ovvi rimandi all’iconografia cristiana e per il “pentimento” postumo del dottore che, nonostante ciò, non desiste dai suoi propositi e continua a mietere vittime.

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Interessante anche la commistione di diversi generi: all’interno dell’horror c’è spazio per il melodramma d’aMMore, per il “musicarello” e per parecchi siparietti comici (uno su tutti: l’interrogatorio dove il tedesco accusa l’italiano, l’italiano accusa il danese e il danese accusa il tedesco, il tutto con un mix di inglese e lingua madre che non potevo non apprezzare), oltre che per parecchie immagini “Kingkongiane”. Quest’ultima caratteristica, in particolare, è interessante visto che King Kong sarebbe uscito solo l’anno dopo. Tuttavia, già qui possiamo vedere il gorilla che si carica in spalla la bella (un attore travestito che trascina un manichino, la stop – motion non era ancora stata considerata!) e comincia a scalare gli edifici; tra l’altro è interessante notare come i primi piani della bestia del Dottor Miracolo siano innegabilmente immagini di uno scimpanzé, mentre nelle inquadrature più distanti la corporatura è quella di un gorilla, come giustamente viene ribadito anche nei dialoghi. Detto questo, credo che Il Dottor Miracolo sia uno dei film in cui i fan potranno vedere Bela Lugosi ancora in forma smagliante, quindi lo consiglio a chi ama il grande attore e anche a chi volesse scoprire o riscoprire il cinema di quegli anni.
 
Robert Florey è il regista della pellicola. Attivissimo fin dagli anni ’20, negli anni ’50 si butta a capofitto nella TV e dirige episodi di telefilm storici come Alfred Hitchcock presenta, Ai confini della realtà e The Outer Limits. Originario di Parigi, anche sceneggiatore, attore e produttore, è morto nel 1979 all’età di 78 anni.

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Bela Lugosi (vero nome Béla Ferenc Dezsõ Blaskó) interpreta il protagonista, Dottor Mirakle. Il Dracula dell’attore Ungherese è l’icona horror per eccellenza, seconda forse solo al Frankenstein di Boris Karloff; è stata questa rivalità a segnare la vita del povero Bela, in effetti. Se amate Tim Burton e non vi siete persi il suo Ed Wood, capirete perché sono assai parziale quando parlo di Lugosi, e perché non riesco a “condannarlo” per come ha rovinato la sua carriera durante gli ultimi anni di attività, segnati dalla dipendenza da droghe e da un declino personale prima ancora che artistico, legati alle opere del “peggior regista di tutti i tempi”, Ed Wood appunto. Ecco quindi qualche titolo con Lugosi protagonista, che vi consiglio di recuperare, a prescindere dalla loro qualità; oltre al già citato Dracula aggiungo White Zombie, Ninotchka, L’uomo lupo, La iena e, ovviamente, le opere di Ed Wood: Glen or Glenda, Bride of the Monster e Plan 9 from Outer Space, l’ultimo film prima della morte per attacco cardiaco, nel 1956. Aveva 73 anni.

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E ora, un paio di curiosità. Il film fa parte di Shock Theater, un gruppo di 52 film della Universal andati in onda in America nel 1957; Shock Theater era uno di quei programmi che spesso ci vengono mostrati nei film americani, dove un tizio travestito da mostro/vampiro o quant’altro presenta a tarda notte uno o più film horror. Una sorta di Zio Tibia ante litteram, per intenderci. Se Il Dottor Miracolo vi fosse piaciuto, vi consiglio di cercare grandi classici dell’epoca, come King Kong, Frankenstein o Dracula. E ora vi lascio con il trailer originale della pellicola... ENJOY!


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