Leggendo le perle di Novembre di Lucia mi sono convinta a
recuperare Escape from Cannibal Farm, diretto e sceneggiato dal regista Charlie
Steeds.
Trama: i membri di una famiglia si recano nella campagna inglese per una vacanza ma lì vengono aggrediti da un branco di autoctoni cannibali.
Sono passati più di quarant’anni dall’uscita di Non aprite quella
porta ma nonostante questo il film di Tobe Hooper continua a fare proseliti e
generare figliastri persino fuori dagli USA, come questo Escape from Cannibal
Farm, trucidissimo horror inglese del semi esordiente Charlie Steeds . Che il
regista sia in attività da poco anche come sceneggiatore si vede innanzitutto
dall’entusiasmo debordante con cui sottopone i protagonisti del suo film alle
peggiori cose e poi per come scimmiotta i maestri cercando comunque di
aggiungerci del suo, spesso sbagliando e raggiungendo risultati abbastanza
esilaranti. Personalmente, a fronte dell’ennesimo emulo di Non aprite quella porta,
l’unica cosa che non ho proprio apprezzato del film sono gli intermezzi “poetici”
in cui il villain (un vecchiaccio scionco che s’è visto brutalizzare il figlio
e suicidare di conseguenza la moglie) lamenta la sua esistenza ingrata con
chiunque lo stia a sentire e l’incoerenza temporale dell’intera vicenda, all’interno
della quale non solo i cannibali ma persino i loro vicini di casa, nei
flashback, paiono aver vissuto verso la fine dell’800. Per il resto, mi è
piaciuta molto l’idea di rendere protagonista del film una famiglia i cui
membri si detestano l’un con l’altro nemmeno tanto cordialmente, ma proprio a
livelli di “se ti giri ti accoltello, anzi, ti pugnalo anche se mi stai di
fronte”, e il paio di twist che conducono la pellicola verso una direzione
leggermente diversa rispetto ai lidi di Hooperiana memoria. Niente per cui urlare al miracolo, ma se non altro ci ha provato.
Purtroppo ci hanno provato anche gli attori e qui tocchiamo il
vero tasto dolente della pellicola, una stilettata al cuore persino per me che
adoro gli inglesi. Di tutti gli interpreti se ne salvano giusto tre, la madre
(protagonista di un monologo cazzutissimo), la figlia e l’odiosissimo patrigno,
quest’ultimo vero mattatore della prima parte del film grazie agli insulti e agli
attestati di disistima che regala generosamente a figli e generi, gli altri
potrebbero tranquillamente essere relegati al rango di comparse dello
spettacolo di Natale dell’ultima parrocchia dello Yorkshire e nessuno ne sentirebbe
la mancanza, soprattutto del terrificante “meat eater”. Davvero, in confronto alla
pochezza degli attori salvo persino le esilaranti mani che esplodono e il montaggio
fatto coi piedi, che regala quella bella sensazione di nausea tanto cara agli
horror grezzi e amatoriali (spoiler: prendiamo la scena del forno. Ma quanto caspita
ci mette il tizio a riprendersi e a palesarsi a chi si trova fuori? Come minimo
avrebbe dovuto bruciare dopo un paio di minuti, non avere tutto il tempo di
risvegliarsi e fare persino due parole con gli astanti); addirittura, salvo il
makeup imbarazzante di quella sorta di Morlock che si nascondono nel sottosuolo
della fattoria ma non gli attori. Loro no. Purtroppo, però, un film è fatto
soprattutto di attori ed è per questo che non mi sento di consigliarvi il
recupero di Escape from Cannibal Farm, non con tutti i film simili e migliori
che ci sono in giro!
La maggior parte degli attori presenti nel film hanno partecipato ad altre pellicole di Charlie Steeds, come The House of Violent Desire e Deadman Apocalypse. Ovviamente, se Escape from Cannibal Farm vi fosse piaciuto recuperate la saga di Non aprite quella porta. ENJOY!
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