mercoledì 22 gennaio 2025

Here (2024)

Un altro film che aspettavo con trepidazione era Here, diretto e co-sceneggiato nel 2024 dal regista Robert Zemeckis a partire dalla graphic novel omonima di Richard McGuire.


Trama: dall'epoca dei dinosauri ai giorni nostri, assistiamo a tante piccole storie che si svolgono nel medesimo spazio fisico...


Un film che si sviluppa interamente nello spazio di un'inquadratura fissa, all'interno della quale il tempo scorre consegnando all'occhio dello spettatore tutti gli inevitabili mutamenti accorsi a luoghi e persone. Questa l'idea geniale dell'ultima pellicola di Robert Zemeckis, mutuata dall'opera di Richard McGuire, dalla quale Here prende in prestito anche il taglio fumettistico e l'idea di aprire delle "vignette" temporali dentro l'inquadratura, così che lo spettatore possa vedere dipanarsi in contemporanea eventi verificatisi in anni, o secoli, diversi. In Here è il tempo ad essere il vero protagonista, una presenza costante che, pur essendo invisibile, fa sentire il proprio peso, soprattutto addosso a chi pensa di averne ancora in abbondanza e si ritrova invece alla fine del percorso, con pochi granelli di sabbia all'interno di una clessidra svuotatasi troppo presto. C'è chi riesce a sfruttarlo cogliendo l'attimo, seguendo correnti fortunate, chi lo affronta in maniera frenetica perdendone pezzi qui e là, chi è perfettamente inserito nella Storia (o almeno pensa di esserlo), chi si adegua al ritmo naturale del suo scorrere, chi, come molti di noi, rimpiange di non averlo utilizzato meglio, dando per scontati gli affetti più cari e inaridendosi l'animo seguendo gli imperativi sociali, denaro e lavoro in primis. E così, in Here, il tempo non è lineare, è come se passato, presente e futuro convivessero per raccontarci una serie di storie legate più al concetto di "vita" che di "famiglia", anche se è proprio un nucleo familiare il protagonista principale del film, quello che ha vissuto più a lungo all'interno del salone che funge da unico setting. Sullo schermo scorrono dunque scorci di esistenze (stra) ordinarie; nascite e morti, malattie, gioie e dolori, problemi economici e piccole vittorie, importanti lezioni di vita e momenti triviali, con qualche incursione nella storia americana o nel costume di una nazione che, attraverso lo sguardo indulgente di Zemeckis, viene celebrata con tutte le sue contraddizioni. Purtroppo, uno dei difetti di Here è che il suo scopo grandioso, la volontà di essere un enorme affresco temporale, si scontra inevitabilmente contro un metraggio che lo porta ad essere spesso superficiale. Delle tante famiglie che passano sullo schermo, solo quella di Richard è oggetto di approfondimento, le altre sono piccoli tocchi di colore talvolta interessanti (come la deliziosa coppia che arriverà a brevettare la poltrona La-Z-boy), talvolta perplimenti (non ho capito l'importanza di Benjamin Franklin, limite mio), mentre indiani e afroamericani sembrano messi lì giusto per amore di inclusività.


Nonostante abbia trovato la sceneggiatura diversa da come mi sarei aspettata e, forse, un po' deludente, sono comunque rimasta estasiata davanti alla voglia di sperimentare dell'ormai ultrasettantenne Zemeckis, sempre pronto a sfruttare gli ultimi ricavati della tecnologia e ad usarli in maniera innovativa. E' vero che squadra che vince non si cambia (tra Tom Hanks,Robin Wright, Eric Roth e Alan Silvestri, mi aspettavo di sentire pronunciare uno "Stupido è chi lo stupido fa!" o che cicciasse fuori il tenente Dan la sera di capodanno) ma l'utilizzo "in diretta" dell'intelligenza artificiale onde consentire a Zemeckis di constatare i risultati del de-aging non in post produzione, bensì nel momento stesso in cui venivano riprese le varie scene, ha del fantascientifico. Ha anche dell'inquietante, e non solo per le mille implicazioni morali e il tremendo impatto che avrà sugli attori, nell'immediato futuro, l'utilizzo di una simile tecnologia, ma anche perché il risultato su Tom Hanks è perfetto, mentre Robin Wright, nelle scene in cui interpreta una diciannovenne, sembra una quarantenne con addosso dei vestiti vintage. Pertanto, c'è sicuramente da lavorarci un po' su, tuttavia ciò non toglie che Zemeckis abbia rischiato e portato a casa un risultato egregio. Per fortuna, l'AI non può ancora prescindere dalla bravura degli attori. Per quanto riguarda Here, a spiccare su tutti sono Paul Bettany e Kelly Reilly, entrambi quasi irriconoscibili ed impegnati nell'interpretazione di due personaggi imperfetti e sfaccettati, il simbolo spesso triste e malinconico di un'epoca di apparenze mantenute a scapito della salute fisica e mentale di padri abbruttiti dalla guerra e dal lavoro, e di madri rimbecillite dalla TV e condannate ad essere un simbolo nazionale al pari della torta di mele da sfornare quotidianamente per orde di figli. Zemeckis, col suo solito tocco delicato, ci indora un po' la pillola e risparmia le brutture come violenze verbali o fisiche, ciò non toglie però che Here assesti comunque un paio di colpi pesantini, soprattutto se, come me, siete in un periodo di pensieri foschi legati a malattie, vecchiaia e affetti. Nel caso, prendete il film con le pinze, perché potrebbe farvi maluccio.


Del regista e co-sceneggiatore Robert Zemeckis ho già parlato QUI. Tom Hanks (Richard), Robin Wright (Margaret), Paul Bettany (Al), Kelly Reilly (Rose) e Nikki Amuka-Bird (Helen Harris) li trovate invece ai rispettivi link. 

Michelle Dockery interpreta Pauline Harter. Inglese, ha partecipato a film come Anna Karenina, The Gentlemen e a serie quali Downton Abbey. Come doppiatrice ha lavorato in I Griffin e American Dad!. Ha 44 anni e due film in uscita. 


Se Here vi fosse piaciuto, recuperate The Tree of Life e Boyhood. ENJOY!


Nessun commento:

Posta un commento

Se vuoi condividere l'articolo

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...