Trama: dopo la morte del papa, il decano Lawrence si ritrova a dover presiedere all'elezione del suo successore, nel corso di un conclave complicato da segreti e alleanze...
Siccome è passata ben più di una settimana dalla visione di Conclave, potrei anche avere delle difficoltà a scrivere un post di lunghezza standard. Benché, infatti, mi fossi recata al cinema con le migliori intenzioni e la speranza di vedere un film eccellente (il cast è di altissimo livello, Conclave ha la bellezza di sei nomination ai Golden Globes), devo riconoscere che l'opera non mi ha lasciato granché. Se dovessi usare un termine per definire Conclave sarebbe "poco incisivo". E pensare che la trama, tratta da un romanzo di Robert Harris che non ho mai letto, solleva domande interessanti e offre un paio di punti di vista interessanti, ma è tutto sussurrato, molto all'acqua di rose. Il film esplora i dubbi etici e religiosi del decano Lawrence, estremamente legato al papa ma allontanatosi progressivamente da quest'ultimo a causa di una crisi di fede. Alla morte del pontefice, Lawrence è costretto a tornare in Vaticano e a guidare l'elezione del suo successore, in un momento assai delicato per la Chiesa: rinnovata dalle idee riformiste del defunto papa, l'istituzione rischierebbe di tornare a un atteggiamento di chiusura qualora vincesse il reazionario cardinale Tedesco, ma tutti gli altri candidati hanno pro e contro che verranno gradualmente esplorati nel corso del film, tra segreti inconfessabili e giochi di alleanze mutevoli. Per quanto mi riguarda, l'aspetto interessante del film è stato proprio scoprire i segreti appena accennati dei porporati, e vedere portata sullo schermo un'istituzione anacronistica e ipocrita. In un mondo che va avanti, la Chiesa si arrocca su rituali che cozzano con la modernità dei peccati di chi vive in seno ad essa, sul senso di superiorità del sesso maschile rispetto a quello femminile, promuovendo idee "rivoluzionarie" ma che, in realtà, cercano di non minare mai la tranquillità, la tradizione conquistata nel corso dei secoli precedenti. Una delle scelte più intelligenti di Conclave è di non dare una dimensione temporale precisa alla vicenda, ambientata probabilmente in un prossimo futuro, e di inserire elementi perturbanti, persino violenti, che rendono un rituale come il conclave ancora più anacronistico, per quanto affascinante, specchio di un rifiuto ad aprirsi completamente al mondo esterno che non riguarda solo l'elezione papale, ma ogni aspetto della Chiesa. Il clero viene infine descritto come una micro comunità che ripropone, al suo interno, tutte le dinamiche che i prelati dovrebbero combattere e aborrire, e che governano le istituzioni laiche, e i dialoghi tra Lawrence e i suoi "colleghi" sembrerebbero più adatti sulle bocche di politici smaliziati. Il risultato è che lo spettatore accoglie e comprende alla perfezione la crisi di fede del protagonista, impossibile da condannare neppure quando sceglie di mandare al diavolo i rituali per tentare di porre rimedio a danni potenzialmente irreparabili.
Inutile dire che Conclave è un film che, più di altri, si regge sugli attori e forse questo è il motivo per cui non l'ho apprezzato tanto quanto hanno fatto gli spettatori americani o inglesi. Impossibilitata, come sempre, a godere al cinema di una versione v.o., ho dovuto accontentarmi di un doppiaggio ben poco ispirato, e a vedere spiccare, all'interno di un cast di signori attori come Ralph Fiennes, Stanley Tucci, John Lithgow (mai così sprecato) e Isabella Rossellini (mai così sprecata), il nostrano Sergio Castellitto col suo modo di fare arrogante e verace, immaginandomi i dialoghi in italiano tra lui e Fiennes, inevitabilmente appiattiti dall'adattamento. Mi ha poco convinta anche la fotografia cupa di Stéphane Fontaine, nonostante fosse perfetta per accrescere il senso di claustrofobia e reclusione provato dal decano Lawrence alla chiusura delle imposte che segnano l'inizio del conclave. Nulla da dire, invece, sulla regia, rigorosa ed attenta, sui ricchissimi costumi e sulle scenografie, per non parlare dell'attenzione dedicata agli oggetti di scena come anelli e sigilli, e alla riproposizione quasi certosina di rituali che potrebbero anche non scaldare il cuore di chi, come me, non apprezza granché la Chiesa, ma risultano comunque interessanti e affascinanti. Paradossalmente, il vero punto debole di Conclave è proprio la sceneggiatura, il che, per un film che viene presentato come un thriller religioso e invece risulta abbastanza prevedibile negli snodi (salvo per il finale che mi ha lasciata, effettivamente, a bocca aperta) e non granché incisivo nel sviscerare le questioni legate alla fede, non è proprio un bel biglietto da visita. Il fatto che sia stata candidata ai Golden Globes mi porta a temere per la qualità di ciò che mi toccherà sorbirmi prima degli Oscar ma, a parte ciò, nel caso di eventuale vittoria di Fiennes o della Rossellini, mi riservo il diritto di rettificare il mio tiepido giudizio complessivo dopo aver riguardato Conclave in lingua originale.
Del regista Edward Berger ho già parlato QUI. Ralph Fiennes (Lawrence), Stanley Tucci (Bellini), John Lithgow (Tremblay), Isabella Rossellini (Sorella Agnes) e Sergio Castellitto (Tedesco) li trovate invece ai rispettivi link.
Nessun commento:
Posta un commento