venerdì 28 novembre 2025

2025 Horror Challenge: Frankenstein (2025)

Siccome la challenge di questa settimana chiedeva di scegliere un film liberamente, dopo più di un mese, sono riuscita anch'io a guardare Frankenstein, diretto e sceneggiato dal regista Guillermo del Toro a partire dall'omonimo romanzo di Mary Shelley.


Trama: Victor Frankenstein, scienziato ossessionato dall'idea di garantire l'immortalità agli umani, crea un essere vivente assemblando pezzi di vari cadaveri ma qualcosa va storto...


Del Frankenstein di del Toro hanno ormai parlato tutti, tra chi lo ha amato, chi lo ha odiato e chi conosce la poetica del regista a menadito e ha sicuramente da dire cose molto più interessanti di quelle che potrei scrivere io, quindi sarò molto terra terra. Comincio dicendo la più trita delle banalità, ovvero che Frankenstein è un film visivamente splendido, che avrebbe meritato una capillare diffusione in sala, e non un paio di proiezioni speciali e poi via!, su Netflix, sui televisori scrausi della gente poraccia come la sottoscritta, che non ha spazio per quei catafalchi che prendono mezzo muro e un impianto sonoro adeguato. Vista a casa, la bellezza delle immagini create dal regista è sprecata. Le sequenze di Frankenstein sono dei richiami costanti all'arte, sia pittorica che scultorea; in esse i personaggi vivono immersi all'interno di palazzi sontuosi e strabordanti quadri, le tavole anatomiche sono dei capolavori realizzati a matita, i cadaveri nascondono terrificanti imperfezioni, sistemati in eleganti pose plastiche, ogni edificio è dotato di una simmetria eccelsa, persino la casetta del povero cieco, e i paesaggi sembrano usciti da quadri del periodo romantico, per non parlare dei colori degli abiti femminili, con i rossi accesi, il verde che richiama il dorso iridescente dei maggiolini, e l'azzurro delle piume degli uccelli esotici. Come sempre, del Toro non lascia nulla al caso ed ipnotizza lo spettatore, aiutato da effetti speciali digitali atti ad enfatizzare un gusto per il gotico e il teatrale a cui il regista riuscirebbe a dare forma anche da solo, e realizza un film all'interno del quale convivono un orrore quasi triviale e un lirismo leggero, commovente, caratteristiche che si ripropongono nei personaggi, al di là di ogni preconcetto e convenzione. Anche in questo caso, infatti, del Toro ha ripreso il materiale originale di Mary Shelley e lo ha rivisitato assecondando la propria poetica, che ha sempre un occhio di riguardo nei confronti dei diversi e dei mostri. Così, la creatura interpretata da Jacob Elordi esterna in un sembiante "rattoppato" ma mai sgradevole la sua natura di creatura pura ed innocente, un neonato nel corpo di adulto costretto a subire le angherie di un uomo che non ha mai superato i traumi di un'infanzia priva di affetto e colma di orrore. 


Il carattere di Victor Frankenstein, già non molto gradevole nel romanzo, si estremizza all'interno del film concretizzandosi in un uomo egoista, superbo e cattivo, un immaturo spinto dal fuoco della scienza che, di fronte a un risultato (a suo parere) inferiore a quello sperato, si stufa, letteralmente, della creatura da lui messa al mondo. Nell'opera di Mary Shelley il protagonista inorridisce e quasi impazzisce di fronte all'abominio creato, fugge dalla propria responsabilità finché non è lo stesso mostro, disperato, a decidere di richiamare la sua attenzione nel peggiore dei modi. Qui, invece, Frankenstein inizialmente cerca di educare il mostro attraverso lo stesso crudele distacco del padre, ma rinuncia dopo pochissimo tempo, preferendo intessere una tela di inganni per sviare chi ha capito che la creatura, nonostante l'aspetto, è innocente da far pietà, in primis Elizabeth. Anche quest'ultima è ben diversa dal personaggio creato dalla Shelley, ed è fondamentale per aumentare l'empatia del pubblico nei confronti del "mostro", perché Elizabeth è l'unica che riesce, fin da subito, ad entrare in risonanza con l'animo puro di una creatura che non riuscirà mai ad integrarsi in una società che rifiuta la diversità e l'imperfezione, due caratteristiche che appartengono anche alla ragazza, dolorosamente consapevole di doversi piegare alle leggi del mondo fino a rinnegare se stessa. Una consapevolezza che, ovviamente, non si addice all'arroganza di Frankenstein il quale, combattendo contro le leggi umane e divine, diventa causa della sua stessa rovina. Infatti, tutte le tragedie che colpiscono Frankestein nel film avvengono o direttamente per mano sua, oppure sono una conseguenza immediata delle sue azioni scellerate, mentre la creatura agisce per disperazione o vendetta, ma senza quella vena di malizia crudele che, nel romanzo della Shelley, la spingeva a compiere atti ingiustificabili. Questo cambiamento è perfettamente coerente con la poetica del regista, e mantiene comunque quell'ambiguità che impedisce di connotare i personaggi come semplicemente buoni o cattivi, tanto che sul finale il confronto tra il padre, Victor, e il figlio da lui creato, risulta assai commovente. Non tanto quanto avrei sperato, in effetti, e lo stesso vale un po' per tutto Frankenstein, dal quale mi aspettavo di venire travolta come è successo con altre opere passate di del Toro. Di fatto, ho apprezzato tantissimo l'estetica e gli attori, ma alcune cose a livello di trama mi hanno lasciata freddina. Siccome, però, non vorrei che queste sensazioni derivassero dalle aspettative fomentate dall'entusiasmo della maggior parte degli spettatori, mi riservo di riguardare Frankenstein tra qualche anno, e di lasciarmi conquistare in toto dalla magia di del Toro


Del regista e sceneggiatore Guillermo del Toro ho già parlato QUI. Oscar Isaac (Victor Frankenstein), Jacob Elordi (la creatura), Christoph Waltz (Harlander), Mia Goth (Elizabeth/Claire Frankenstein), Charles Dance (Leopold Frankenstein), David Bradley (il cieco), Ralph Ineson (Professor Krempe) e Peter MacNeill (Professor Maurus) li trovate invece ai rispettivi link.


Felix Kammerer
, che interpreta William Frankenstein, era il protagonista di Niente di nuovo sul fronte occidentale. Andrew Garfield era stato scelto per il ruolo della creatura, ma ha dovuto rinunciare per via di altri lavori. Se Frankenstein vi è piaciuto, recuperate le fonti di ispirazione di del Toro, ovvero il Frankenstein del 1931, La moglie di Frankenstein e aggiungete anche La forma dell'acqua e Crimson Peak. ENJOY!

14 commenti:

  1. Il film mi è piaciuto, anche se forse è fin troppo perfettino e leccato. Buono lo stravolgimento della trama tradizionale e il personaggio "greater than life" e sostanzialmente distruttivo del dott. Frankenstein. Meno buono qualche buco logico. Il benefattore [SPOILER!] che, essendo malato, chiede di poter entrare in quel nuovo corpo artificiale, e lo fa a pochi minuti dall'operazione che deve dargli vita, come se il trasferimento della mente, o del cervello, fosse una cosina che si può aggiungere alla lista della spesa così, all'ultimo secondo. Ma Del Toro è sempre Del Toro, anche se questo non penso possa essere ricordato come il suo migliore film.

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    1. Secondo me il benefattore era un mero plot device buono giusto per introdurre Elisabeth, trovare finanziamenti e dare la colpa al povero Mostro di qualcosa, quindi ci sta che fosse un po' forzato nei comportamenti.

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  2. Interessante la tua recensione! Io ormai sono consapevole che di Del Toro mi piacciano disegni e scenografie, ma praticamente nient'altro. Aver tolto il mostro a Frankenstein non credo di poterglielo perdonare. Però che bella quella nave nei ghiacci, su questo siamo tutti d'accordo! :--)

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    1. Grazie!
      Beh, ma il mostro c'è sempre, solo nella sua versione più... del Toro!

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  3. Io non riesco ad essere del tutto obiettiva. Adoro del Toro da sempre. E ho adorato anche questo tripudio di bellezza a 360 gradi. La classe non è acqua e Guillermone ha creato un altro capolavoro di alto livello artistico. Hai scritto tutto tu, Erica, molto bene. Ogni minimo particolare è curato in modo raffinato , con la cgi tenuta al minimo perché Del Toro è artista pignolo, "artigianale" ed elegante. Ha interpretato Mary Shelley secondo la sua consueta poetica. Capisco che qualche critica se la possa anche attirare perché Del Toro forse è più "romantico" di un testo originale già ben ancorato al gotico romantico dei suoi tempi. Ma secondo me il regista tiene magistralmente le redini della narrazione senza scadere nel melò, che quello era il rischio. Mi è piaciuto tutto di questo film, anche e soprattutto la creatura che qui non è più carne e suture ma una splendida statua in marmo caduta a pezzi e ri-assemblata con poetica follia. Ho patito anch'io la visione su schermo casalingo (che no, non mi occupa mezza parete, ti sono vicina col cuore, Erica) di una pellicola che dovrebbe assolutamente essere vista in sala. D'altronde, assecondare grandi registi costa un botto alle produzioni , sempre più caute ormai. Qui mi pare $120 mln. Quindi, portiamo pazienza, che almeno Netflix non ha interferito con la visione grandiosa quanto costosetta di Del Toro. Godetevi almeno la nave, se non vi è piaciuto il resto. Sfido invece ufficialmente a duello chiunque rompa gli zebedei con la presunta superiorità del Frankenstein di Kenneth Branagh : ne ho già incontrati fra gli amici. Tanto vinco io, se non altro per sfinimento dialettico dell'avversario. 😀😉 Ciao e grazie per questa bella recensione, Erica.

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    1. Ammetto che, dopo La forma dell'acqua, di del Toro ho apprezzato più la forma del resto, appunto. I suoi film successivi non mi hanno emozionata come La forma dell'acqua, e Frankenstein non fa eccezione, nonostante sia bellissimo.
      Il Frankenstein di Branagh non lo vedo da almeno un decennio, e la mia memoria non mi permette di fare confronti, ma è sempre stato uno dei film che riguardavo, un tempo, con più gioia.
      Grazie a te per avere letto e commentato!

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  4. Alla fine mi è piaciuto, per assurdo molto ma non tanto quanto avrei voluto, crasi incredibile. E quel finale lo trovo gestito davvero male... ma ad avercene, di opere imperfette così.

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    1. A me il finale è piaciuto ma avrei tanto voluto commuovermi!

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  5. Un film la cui resa è dentro una sala. Davvero degne di nota le considerazioni che fai colori scelti da del Toro e gli accostamenti con la Natura (ne avevi fatte altrettante molto interessanti su The Surfer: a me piace molto la pittura, la teoria dei colori e tutto quello che le gira intorno): in questo film poi sono centratissime. Frankenstein potrebbe essere la summa di del Toro: una prima parte che richiama alla sua cara poetica gotica con una estetica barocca che ricorda molto il Dracula di Coppola (ma quella smodata ricerca della composizione secondo me è rivolta più al Barry Lyndon di Kubrick). Dopo una prima parte di questo effetto era difficile mantenerne la potenza ed infatti la seconda per me resta più debole, anche in scrittura: la magia raggiunta con La Forma dell’Acqua qui viene meno, c’è sì la bellissima scena iniziale dell’uccisione del cervo ma quel che segue non mantiene le promesse (mi aspettavo di più dall’incontro con l’uomo e col vecchio cieco). Coraggiosa la scelta di affrancare la Creatura dall’immaginario cristallizzato dal cinema di Whale, credo che a parte i capelli lunghi e corvini non abbia niente neanche col Mostro della Shelley; questa Creatura è bellissima, delicata, la sua pelle levigata come “l’avorio che non sanguina” e interrotta da cicatrici frastagliate mi fa venire in mente i “Frammenti anatomici” dipinti da Géricaul per la Zattera della Medusa e - soprattutto - Hugo che in pieno romanticismo salda la frattura tra la categoria del Bello e quella del Brutto: la prima come forma più semplice ma in intima armonia solo con l’uomo mentre la seconda come dettaglio di un insieme più grande che non si armonizza più con l’uomo ma con la creazione intera, dunque ineffabile. Ecco spiegata per me la bontà e solitudine e il messaggio del Frankenstein voluto da del Toro.

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    1. Che dire, è la mia anima di appassionata di disegno che esce fuori, tutto ciò che è legato alla moda, all'arte e al design attira inevitabilmente il mio occhio, anche nei film.

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  6. Non è una trita banalità, è la verità oggettiva. Visto su uno schermo televisivo è praticamente un altro film, parecchio minore. A parte questo, a me è piaciuto con qualche riserva: spettacolare per scenografie e fotografia (a patto di vederlo al cinema), molto sincero, emozionante e personale (la storia è piuttosto fedele al romanzo della Shelley ma nella figura del "mostro" c'è tutta la poetica di Del Toro), però, sarò fissato, anche questo esageratamente lungo, come quasi tutti i film di oggi. Un mio amico giornalista mi ha fatto notare che, pur essendo un film, potrebbe essere benissimo una miniserie, c'è perfino la divisione in capitoli. Forse è il prezzo da pagare (ahimè) allo strapotere della serialità...

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    1. Purtroppo da me non è passato nemmeno un giorno, neppure al cinema d'élite. Avrei potuto vederlo a Torino nei giorni del ToHorror ma mi interessava più abbuffarmi di opere inedite.
      L'amico giornalista dice quasi perché, se non vado errata, l'idea iniziale era di fare due film invece di uno, coi due diversi punti di vista.

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  7. Anche io guardandolo ho pensato che al cinema avrebbe reso di più, ma, oh, viviamo nell'epoca di Netflix, e quindi anche stica**i XD
    Grande o piccolo schermo che sia, è un film con i suoi difetti così come i suoi pregi e io per una volta ho cercato di vedere soprattutto i secondi.

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    1. Siamo poveracci e viviamo in bifolcolandia, che ci possiamo fare?

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