Spinta dalle recensioni positive (una, bellissima, è quella di Lucia) e dal fatto di avere finalmente Netflix, qualche giorno fa ho recuperato Okja, scritto e diretto dal regista Bong Joon-Ho.
Trama: una ragazzina coreana deve cercare di liberare il maiale gigante Okja dalle grinfie della multinazionale che ha creato lui e i suoi simili.
Dopo aver visto Okja mi vergogno quasi a dirlo ma io sono carnivora. Non onnivora, proprio carnivora. Dopo due settimane passate in Giappone praticamente senza mangiare nemmeno un pezzetto di ciccia che non fosse raro e triste pollo ho sbranato la casalinga fettina di vitello con gusto estremo. E mi sento molto merda a scrivere questa cosa, non tanto per i miei livelli di salute (per la cronaca, al momento sto benissimo, analisi a posto, grazie) ma proprio perché sono consapevole di ciò che è accaduto all'animaletto che sto ingerendo, non mi nascondo dietro il dito dell'ignoranza né dietro alla concezione SakiHiwatariana del "la mucca ti ringrazia perché non stai sprecando la sua vita e la trasformi in energia per le tue cellule", mi rendo conto da sola che se la mucca potesse parlare mi manderebbe a cagare assieme a tutto ciò che compone il mio organismo e non parliamo poi di quello che mi direbbe il maiale. Ecco, no, parliamo del maiale, anzi, del super-maiale. Okja. Il protagonista di questo film, creato "biologicamente" da una multinazionale per superare il problema della fame nel mondo. Prometto che non aprirò la parentesi del bio e di quello che le persone comprano spendendo una fraccata di soldi solo grazie a quest'etichetta, probabilmente mangerebbero anche mia nonna se le tagliassi delle fettine di chiappa e le mettessi sul mercato assicurandone la natura BIO. Orto bio. Comunque, tornando al film, la multinazionale Mirando Corporation ha scoperto questi maiali giganti assolutamente bio (sì, credici) e ha concesso a ventisei allevatori diversi di tirarne su altrettanti esemplari, così da poter decretare il miglior super-maiale nel giro di una decina d'anni e cominciare a venderli ai consumatori sbavanti. Uno di questi maiali, Okja, viene cresciuto in Corea da un vecchio allevatore che ha una nipotina, Mija, un'orfanella che giustamente riversa sulla creatura tutto l'affetto e l'innocenza di una bimba solitaria trasformandola in qualcosa di più di una maxisalsiccia destinata a finire sul mercato mondiale. Il problema è che Okja, dieci anni dopo, viene incoronata "miglior maiale" e viene portata via dalla sua casa, con conseguente sconforto della piccola Mija, la quale scopre che il nonno non ha mai neppure provato ad acquistare la creatura dalla Mirando Corporation, come invece aveva fatto credere alla bambina. Questi sono i presupposti di un'avventura che porta Mija a scappare di casa per inseguire Okja fino in America, il problema è che la pellicola di Joon-Ho Bong non è un'avventura allegra e spensierata, lo avrete già capito.
Sul suo cammino, Mija trova infatti i peggiori adulti possibili, a partire proprio dal nonno, ma non solo. Accanto ad esseri palesemente abietti come il veterinario televisivo Johnny Wilcox e le folli Lucy e Nancy Mirando, immediatamente inseribili nel novero dei "cattivi" tout court, ci sono anche gli animalisti che dovrebbero essere buoni ma fondamentalmente sfruttano la povera Mija per i loro fini, per quanto nobili; nel corso della pellicola, Mija viene sottovalutata e presa in giro da tutti in primis perché è piccola e "non capirebbe" ma il confronto con l'"altro" passa anche attraverso una barriera linguistica invalicabile, tutti "paletti" che trasformano l'impresa della bambina in un viaggio verso una terra ostile, incomprensibile e violenta, in aperto contrasto con una natura quasi incontaminata dove per parlare a chi è diverso basta il cuore. Per sopravvivere alla follia di una società moderna fatta di contraddizioni, sceneggiate costruite a tavolino per non turbare gli animi sensibili e gente che nasconde la testa sotto la sabbia come gli struzzi, persino Mija è costretta a scendere a compromessi e soprattutto a comprendere i meccanismi che governano la nostra società, così da riuscire a salvare perlomeno il suo piccolo mondo e la propria innocenza, ma il finale di Okja è uno dei più atroci e crudelmente realistici mai mostrati su schermo. Da spettatrice e da carnivora ipocrita ho fatto fatica a guardare tutto ciò che Joon-Ho Bong sceglie di mostrare agli spettatori e a Mija, tutte le brutture a cui viene sottoposta la povera Okja, quell'orrendo spettacolo capace di richiamare alla mente un olocausto umano e ben radicato nella nostra memoria storica, persino i lividi che rimedia la bambina ad ogni passo del suo faticoso percorso verso la libertà e la salvezza del suo amico animale.
Giustamente Joon-Ho Bong deve avere pensato che una simile violenza fosse necessaria per raggiungere le nostre coscienze addormentate ma la verità è che il regista coreano è soprattutto un fine poeta e un Autore con la A maiuscola, capace di portarci a provare per Okja lo stesso affetto che proveremmo verso una creatura reale. E Okja, di fatto, E' reale, un miracolo di computer graphic che non sembra posticcio neppure per un istante, talmente ben integrata con ciò che la circonda da rendere plausibile persino il dolce omaggio iniziale a Il mio vicino Totoro; Okja è vera, conseguentemente risultano veri anche i suoi tristi compagni di sventura, sottoposti a torture inenarrabili, e il nostro cuore arriva a piangere per ognuno di loro, anche se non hanno nome. E' un vero peccato che Okja sia un film disponibile solo su Netflix perché una distribuzione cinematografica renderebbe giustizia ad alcune delle scene d'azione più belle mai girate, una su tutte la concitatissima fuga al supermercato dove tutti i coinvolti, animale compreso, sembrano farsi incredibilmente male, oppure il terribile inseguimento dopo la parata, per arrivare al pluricitato e cupo finale, dove ogni dettaglio dovrebbe imprimersi a fuoco nella mente dello spettatore in saecula saeculorum. Come già avevo scritto nella recensione di Train to Busan, un film come Okja riesce a dare dei punti a qualsiasi blockbuster occidentale mescolando sapiente tecnica artistica al cuore pulsante di una sceneggiatura semplice ma profonda, che rielabora cliché universali in un modo tutto nuovo e parla al mondo intero non solo grazie all'ausilio di bravissimi attori occidentali ma anche e soprattutto grazie al musetto espressivo di una ragazzina bellissima e coraggiosa, con due occhioni addolorati che spezzerebbero il cuore a un sasso. Io mi fermo qui ma avrete capito che Okja è un film splendido che merita di essere visto da chiunque e lo consiglio spassionatamente, anche se rischia di farvi diventare vegani. Faccio solo un appunto agli adattatori italiani: ma perché mettere in bocca ai personaggi frasi come "Cerca di imparare l'italiano, ti sarà molto utile!" quando Mija va a New York? E andiamo, su...
Di Tilda Swinton (Lucy e Nancy Mirando), Giancarlo Esposito (Frank Dawson), Jake Gyllenhaal (Johnny Wilcox), Shirley Henderson (Jennifer), Paul Dano (Jay), Daniel Henshall (Blond) e Lily Collins (Red) ho già parlato ai rispettivi link.
Joon-Ho Bong è il regista e sceneggiatore della pellicola. Sud Coreano, ha diretto film come The Host e Snowpiercer. Anche attore e produttore, ha 48 anni e un film in uscita.
Nei panni di K avrete notato l'attore Steven Yeun, meglio noto come il Glenn di The Walking Dead. Se Okja vi foste piaciuto provate a recuperare E.T. - L'extraterrestre. ENJOY!
Non mi ha convinto fino in fondo, ma è una fiaba bella e delicata. Mi è mancata l'emozione che, per dirti, in Train to Busan aveva avuto la meglio.
RispondiEliminaPerò regia bellissima, una CGI da manuale e una Swinton, al solito, superba. Gyllenhaal nelle vesti di Johnny Depp, invece, mi ha irritato assai!
Io invece mi sono proprio sentita coinvolta come in Train to Busan e come accadeva con i vecchi film di Spielberg!
EliminaAnch'io ho trovato odioso Gyllenhaal, probabilmente perché avrei preso il personaggio e gli avrei dato fuoco, maledetto lui!
Solo a leggere la recensione sto già piangendo!
RispondiEliminaPerò è un film bellissimo, ti consiglio di guardarlo abbracciata alla pelosa metà :)
EliminaSiamo in sincrono oggi, e sì, Okja mi è piaciuto parecchio, e per fortuna -essendo vegetariana da metà della mia vita- un po' meno in colpa mi sono sentita.
RispondiEliminaOltre alla storia e ai prodigi degli effetti speciali, ho apprezzato come non si calchi la mano: non servono urla o manifesti contro la carne, ma quel finale durissimo che fa riflettere. Diciamolo a quei vegani radicali da social che irritano pure me.
Che poi a me non è sembrato un film "contro i carnivori" ma contro la stupidità insita nelle persone che credono a qualunque porcata, se ben pubblicizzata, e addormentano le proprie coscienze fingendo di non sapere come funzioni il mondo: del resto, nemmeno gli "animalisti" ci fanno una bellissima figura, a dimostrazione che il mondo non è mai bianco e nero o diviso in fazioni come vorrebbero farci pensare i tuttologi di internet.
EliminaTi puoi immaginare quanto possa essermi sentito in colpa io che, più che carnivoro, sono proprio cannibale eheheh :)
RispondiEliminaMa che sentirti in colpa? L'umanità merita di estinguersi quindi essere cannibali è un pregio! :P
EliminaNon vedo l'ora di vederlo, spero di avere un po' di tempo tra le prossime sere e la settimana prossima.
RispondiEliminaSpero ti possa piacere un sacco!
EliminaP.S. Quando torni dunque in Liguria? :)
Sono molto curioso, Bong è forte e il film pare interessante.
RispondiEliminaResta il fatto che io resterò carnivoro a vita. ;)
Eh mi sa che anche io rischio di non cambiare mai abitudini! XD
Elimina