martedì 19 agosto 2025

Weapons (2025)

Martedì scorso sono emigrata fino a Genova per vedere Weapons, diretto e sceneggiato dal regista Zach Cregger. NIENTE SPOILER, anche se ora che avrò pubblicato il post, avrete tutti già visto e stravisto il film!


Trama: una notte, senza preavviso, tutti i bambini di una classe elementare escono di casa e scompaiono senza lasciare traccia. Passa un mese senza notizie, finché l'insegnante responsabile della classe e uno dei genitori decidono di cominciare a indagare da soli...


Zach Cregger
ci è riuscito di nuovo. Dopo Barbarian, ha realizzato un altro film che, nonostante un trailer abbastanza dettagliato, porta lo spettatore in luoghi decisamente inaspettati, tenendolo sul filo della tensione e dell'incertezza per tutta la sua durata. Nel caso di Weapons, Cregger si aiuta in primis con la struttura del racconto, il quale, come una meravigliosa favola nera, inizia con un prologo raccontato da una bambina, dopodiché prosegue con una narrazione non lineare (anche a livello di regia, il cui stile è sempre diverso) e divisa per capitoli, ognuno dedicato a un personaggio. Ciascun capitolo ci consente di conoscere a fondo i protagonisti di Weapons, anche quelli che, lì per lì, non ci sembrano importanti, rendendoci tragicamente partecipi del loro destino, e tutto ciò che loro vedono o sognano aggiunge un tassello per risolvere l'enigma iniziale: cos'è successo ai bambini di una classe elementare di Maybrooks e perché sono fuggiti tutti di casa nella notte, alle 2:17, tranne il piccolo Alex? La risposta arriverà sul finale, tranquilli, ma probabilmente non sarà quello che vi aspetterete, visto che Cregger costruisce tantissime piste false, prima di sbatterci in faccia la verità, e racconta una storia molto kinghiana, radicata nei pochi pregi e tanti difetti di una piccola cittadina di provincia. Quello di Weapons è un male insinuante e grottesco, che fa leva su pregiudizi, sensi di colpa e pura e semplice debolezza; le "armi" del titolo originale sono letterali strumenti di dolore e morte, per quanto inconsueti, ma anche ricatti psicologici che permettono di mantenere un lungo status quo, sottili manipolazioni che portano a puntare il dito verso l'outsider, l'insegnante dal passato oscuro che, pur amando i propri alunni, è un essere umano che non disdegna l'alcool e gli uomini. L'aspetto inquietante di Weapons è il modo in cui gli abitanti di Maybrooks scelgono di non vedere, lasciandosi trascinare da pregiudizi impigriti da una gentilezza superficiale, la stessa di chi, tutto sommato, si cura del proprio orticello senza notare che quello degli altri sta lentamente marcendo; la polizia indaga senza andare oltre procedure consolidate, la scuola segue strette regole codificate che innalzano una barriera tra alunni ed insegnanti, e le uniche forze motrici della comunità sono una rabbia e un'indignazione fini a se stesse, a causa delle quali è facile perdere di vista le vittime, concentrandosi sul presunto colpevole. 


L'orrore di Weapons non è palese e "urlato" come quello di Bring Her Back, per fare il paragone con un film uscito poche settimane fa; l'ultima opera di Cregger abbonda di momenti esilaranti e sequenze grottesche, in primis quella sul prefinale, che ha visto la sala in cui mi trovavo esplodere in risate incontrollate, ma le radici e le conseguenze di ciò che viene mostrato non fanno ridere proprio per nulla. Weapons tratta di esperienze verosimili, addirittura biografiche, "esorcizzate" in chiave horror, parla di solitudine ed esperienze così traumatiche da lasciare il segno, racconta di famiglie distrutte e cittadine che spazzano la vergogna sotto il tappeto. Lo fa con uno stile accattivante, senza dubbio, che intrattiene e diverte, gettando lo spettatore in mezzo all'azione anche grazie alla sinergia tra la fotografia di Larkin Seiple (lo stesso di Everything Everywhere All at Once, per inciso) e il montaggio di Joe Murphy, in un tripudio di cineprese posizionate appena dietro la spalla dei personaggi in movimento, sul corpo di chi viene gettato a terra, e così via. Questo stile così dinamico rende ancora più preziosi i pochi ma efficaci jump scares, le zampate di gore inaspettato e il ricorso ad atmosfere più dark nella seconda parte del film, che catapultano lo spettatore in un mondo altro, cupo e claustrofobico. L'ulteriore pregio di Weapons sono gli attori, ai quali è consentito di brillare singolarmente, rendendo i loro personaggi tridimensionali, proprio grazie alla particolare struttura narrativa del film. Julia Garner è favolosa e Josh Brolin granitico come sempre, ma probabilmente i due avrebbero funzionato anche all'interno di un'opera più "tradizionale"; personaggi secondari come quelli interpretati da Alden Ehrenreich, Austin Abrams, Benedict Wong e il piccolo Cary Cristopher hanno invece modo di diventare a loro volta protagonisti, consentendo agli attori di arricchirli di tantissime sfumature fondamentali e renderli indimenticabili ed importanti. In un'ideale Oscar horror 2025, il premio andrebbe però ad Amy Madigan e alla sua zia Gladys. Gladys, come direbbe il bardo, "nun va vista, va vissuta", quindi non starò a ricamare troppo su di lei, vi dico solo che abbiamo il personaggio migliore dell'anno e più non dimandate. Weapons è un'opera che spicca all'interno delle produzioni horror commerciali, per la cura con la quale è stato realizzato, per tutta una serie di dettagli che offrono spazio a molteplici interpretazioni, per una lore inesplorata potenzialmente infinita, che potrebbe dare ancora enormi gioie. Non date retta a chi non lo ha apprezzato perché "poco horror", strano o incomprensibile, e correte al cinema a vederlo prima che sia troppo tardi!!


Del regista Zach Cregger ho già parlato QUI. Julia Garner (Justine), Josh Brolin (Archer), Benedict Wong (Marcus), Alden Ehrenreich (Paul), Amy Madigan (Gladys), Toby Huss (Ed), Sara Paxton (Erica) e Justin Long (Gary) li trovate invece ai rispettivi link.

Austin Abrams interpreta James. Americano, ha partecipato a film come Gangster Squad, Scary Stories to Tell in the Dark, Tragedy Girls, Do Revenge e a serie quali The Walking Dead. Ha 29 anni e un film in uscita. 


Rooney Mara
ed Elizabeth Olsen hanno declinato il ruolo principale e Pedro Pascal ha rinunciato a partecipare al film, preferendogli I Fantastici 4 - Gli Inizi. Se Weapons vi fosse piaciuto recuperate Barbarian e Longlegs. ENJOY!

1 commento:

  1. Arrivando da Troglolandia sono di quelli che non si è mai spellato le mani per Get Out di Peele e, sebbene reputi The VVitch uno degli horror più belli e importanti dello scorso decennio, la parabola intrapresa da Eggers - sofisticata e compiaciuta - mi convince sempre meno; così come mi rammarica la dipartita dai fermi lidi dell’horror di Aster per inseguire faticose elucubrazioni mentali od orizzonti coeniani ma sul cui skyline non si addensano quelle nubi di grottesco e stupidità che ci fanno ridere e commiserare di noi stessi… ah: e di Perkins preferisco le atmosfere di un film imperfetto come February o, indossate le lenti della contemporaneità, la felice rilettura di storie che poggiano le loro fondamenta negli abissi di un inconscio collettivo e lontano. Ma per fortuna che c’è Cregger (ma anche i Philippou e Finn) che dirige e scrive senza fregola di volerci ricordare che è bravo ma, soprattutto, ancora fedele a se stesso e che ci lascia così una storia, una fiaba moderna che rivendica il suo stile, la sua cifra; solo affinandone gli strumenti e rafforzandone la resa. Che bello! Weapons è Il Dolce Domani di Egoyan trent’anni dopo: anche qui abbiamo una comunità chiusa e i suoi segreti, una figura che arriva da fuori e che rompe i fragili equilibri, una scolaresca che scompare e la misura del dolore col quale il singolo e la collettività dovrà misurarsi (“È qui che la storia inizia davvero” dice la voce fuori campo); addirittura anche nella forma e nella struttura Cregger ricorda Egoyan con questa scelta di costruzione a capitoli, a mosaico e per ricomporsi in unità solo alla fine sebbene più che dell’insieme - invero - vediamo sempre e solo la stessa tessera da prospettive differenti. Ma le similitudini si fermano qui perché poi c’è Cregger e la sua idea di cinema e intrattenimento il quale, senza remore, attinge con scialo dalla tavolozza della direzione divertendosi e contaminando di generi il plot: ecco il miracolo di Cregger! Aver scelto di non tradire se stesso e abdicare alla voglia di giocare e divertirsi. E allora Cregger come i bambini che attraverso il gioco imparano il gioco della vita e, parodiandola, ne stravolgono grammatica e regole per avvicinarla annusarla prenderne possesso, masticarla sino a divorarla. Chiassosi e apparentemente inoffensivi Cregger sembra quasi dirci che nell’hide-and-seek della vita tra adulti e bambini quelli fragili e schiacciati dai fantasmi siamo noi e non loro.

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