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domenica 21 febbraio 2021

Willy's Wonderland (2021)

Ha provato a scalzare Benny Loves You dal mio cuore e, pur non essendoci riuscito, si è conquistato un pezzo enorme di amore. Sto parlando di Willy's Wonderland, diretto dal regista Kevin Lewis.


Trama: un uomo si ritrova bloccato in un paesino sperduto, costretto, per ripagarsi la macchina danneggiata, a passare la notte a rimettere a posto Willy's Wonderland, ex tavola calda all'interno della quale i pupazzi meccanici hanno cominciato a comportarsi in modo strano...


Nicolas Cage
ha deciso, all'età di 57 anni, di consacrarsi come nuova icona dell'horror. E ci sta riuscendo, badate bene. Gli è bastato abbandonare i filmacci alimentari come Pay the Ghost, piatti nella trama e nella realizzazione, e darsi alla locura, azzeccando nel giro di un paio d'anni almeno mezza dozzina di pellicole meravigliosamente cult. Quest'anno ci ha regalato un altro enorme esempio di cageanità, questo meraviglioso Willy's Wonderland che è un incrocio tra The Banana Splits Show e Drive Angry, dove l'adorato Nic non spiccica una parola per tutto il tempo e si limita a guardare col minaccioso scazzo di un John Milton non ossigenato un branco di pupazzi meccanici demoniaci rei non tanto di uccidere le persone, quanto di scompensargli i ritmi; il misterioso personaggio interpretato da Nic, infatti, vive nella sua bolla (in)felice(?) fatta di pulizia, pause bibite, musica a tutto volume e automobili, e non avete idea dello scompenso che gli crea il fatto che anche solo uno di questi elementi possa venire meno. Sì, poi mi pare ci sia anche una sottotrama fatta di patti col diavolo, luoghi dove il maligno alligna e ragazzini in pericolo, ma lo splendore di un Nicolas Cage che gioca a flipper (scena, non sto nemmeno a dirvelo, interamente improvvisata) e, in generale, che si profonde in un'interpretazione molto fisica e stranamente misurata, rende tutto il resto insignificante.


E quando dico tutto, intendo tutto. Non importa il fatto che il cast di giovani fanciulli imposto a Cage sia composto da cani e cagne maledetti (va bene il surreale, ma la protagonista che davanti agli amici trucidati si limita a sbattere le ciglia e mormorare un poco sentito "mi dispiace", dai, anche no) e nemmeno che un paio di animatronics siano bruttarelli, come l'emula di Trilly con le zanne; importa solo vedere questi stessi animatronics spelacchiati, sporchi e cattivissimi, fatti a pezzi con armi improprie o, ancora meglio, a mani nude, tra un cambio di maglietta, una lattina e un lavarsene le mani che ha dell'esilarante. Ed esilarante è anche la colonna sonora scritta alla bisogna dal compositore Émoi, coronata sul finale dalla poetica e, porca miseria, calzantissima Free Bird dei Lynyrd Skynyrd che dà al tutto un tocco di cafonissima eleganza aMMeregana, nostalgica e sì, anche un po' zamarra che non guasta mai, soprattutto dopo che per tutto il film si è assistito a un delirio di luci matte, pupazzoni demoniaci che compaiono e scompaiono quando meno ce lo si aspetta, sangue a fiotti e botte, botte da orbi. Dio benedica sempre e comunque questo Cage sbarazzino e amante dell'horror, che non ne sta sbagliando una e mi confeziona una serie di piccoli cult che mi portano a volergli sempre più bene.  


Di Nicolas Cage, che interpreta l'inserviente, ho già parlato QUI mentre Beth Grant, che interpreta lo sceriffo Lund, la trovate QUA.

Kevin Lewis è il regista della pellicola. Americano, ha diretto film a me totalmente sconosciuti come The Method, Malibu Spring Break e The Drop. Anche sceneggiatore e produttore, ha 50 anni.


Se Willy's Wonderland vi fosse piaciuto recuperate The Banana Splits Movie (lo trovate su Infinity). ENJOY!


venerdì 23 novembre 2018

Bollalmanacco On Demand: Southland Tales - Così finisce il mondo (2006)

Torna il Bollalmanacco on Demand con una richiesta giunta direttamente da Kara Lafayette che mi ha chiesto di vedere Southland Tales - Così finisce il mondo (Southland Tales), pellicola che ha riconfermato il mio brutto rapporto con Richard Kelly, qui regista e sceneggiatore. Il prossimo film On Demand sarà Loveless. ENJOY!


Trama: in una Los Angeles "alternativa", si intrecciano le storie di Boxer Santaros, attore affetto da amnesia, del poliziotto Roland Taverner, alla ricerca del gemello perduto, di ex pornodive, ribelli ed esponenti del governo...


Correva l'anno 2001 e io andavo al cinema, un pomeriggio post università, piena di speranza a vedere Donnie Darko, solo per uscire dalla sala con un enorme punto interrogativo sulla testa. Non vi starò ovviamente a parlare del film che ha segnato una generazione di ragazzi che cominciava a scoprire internet e la possibilità di parlare di cinema al di fuori di Ciak (spero di parlarne, prima o poi, se avrò il coraggio e la voglia di affrontarlo di nuovo) ma questo piccolo non aneddoto mi serviva per introdurre il mio difficile rapporto con Richard Kelly. Si potrebbe banalmente dire che non lo capisco, forse perché non mi impegno, vinta dal fondamentale insieme di fuffa pop e deprimente che permea i suoi film, forse perché lo trovo troppo inutilmente arzigogolato, forse perché non tollero la sua fissa per le dimensioni e per i deliri del continuum spazio-temporale? O forse perché non avevo colto che Southland Tales fosse un suo film e, visto il cast, mi sarei aspettata invece una supercazzola enorme, non un delirio di storie apparentemente appiccicate a casaccio introdotte da un Justin Timberlake in guisa di narratore biblico, pronto a richiedere allo spettatore tutta l'attenzione che davanti a un film con The Rock non mi aspetto. Detto questo, lo stesso Justin Timberlake (che, per carità, non sarà una cima) ha ammesso di non aver capito che cavolo stesse interpretando e lo stesso vale, pare, per tutto il resto del cast, quindi un po' mi consolo. Per chi volesse approcciarsi a Southland Tales, in pratica trattasi di delirio post apocalittico ambientato in un universo alternativo non troppo diverso dal nostro; dopo che il Texas è stato vittima di attacchi terroristici, gli Stati Uniti vengono governati con pugno di ferro e i cittadini non hanno più di libertà, spiati 24 ore su 24 dai servizi segreti, la terza guerra mondiale incombe e un certo barone tedesco è riuscito a sfruttare il movimento perpetuo delle maree per sopperire alla crisi del carburante creando così una roba chiamata Fluid Karma che, tuttavia, rischia di alterare la struttura stessa della realtà causando la nascita di "buchi". In tutto questo, un attore vittima di amnesia si ritrova tra le mani un copione che in sostanza anticipa la realtà e finisce in mezzo alla guerra tra servizi segreti e ribelli neo-marxisti assieme ad un manipolo di altre persone di entrambi gli schieramenti, chi più consapevolmente chi meno. Insomma, un delirio bello e buono ma non è finita mica qui.


Il problema di Southland Tales è che lo spettatore rischia di far fatica a seguire quello che sta succedendo, bombardato da un quantitativo spropositato di informazioni e distratto da intermezzi fatti da spezzoni di esilaranti reality show (indubbiamente, il personaggio di Sarah Michelle Gellar si becca alcune delle perle migliori e anche il biasimo della voce narrante), pagine internet, proclami governativi e spot che sono lo specchio esatto di ciò che devono subire quotidianamente i protagonisti del film, il che a pensarci bene è geniale. Meno geniale è che, a fronte di una trama "seria", si debbano subire dialoghi che incarnano il nulla cosmico quando sono faceti e che fanno scoppiare a ridere quando sono seri, instillando il dubbio sulla natura di Southland Tales: supercazzola oppure serio film distopico/fantascientifico? Dati gli attori propenderei per la prima ma la pellicola è impregnata di così tanta "arroganza" che viene anche difficile esserne certi e poi, indubbiamente, bisogna ammettere che il film non è privo di fascino. Per esempio, ho apprezzato tantissimo quel paio di numeri musicali e allucinati che arrivano a spezzare il ritmo a un certo punto, tra ballerine bionde, drogati e triangoli sul palco, mentre alcuni personaggi li ho trovati al limite del cattivo gusto, come la tizia che a un certo punto implora di poter succhiare il ca**o di The Rock, oppure totalmente inutili, come il camionista interpretato da Christopher Lambert. E quest'ultimo è solo un esempio perché di personaggi secondari fondamentalmente inutili il film è zeppo, interpretati da attori tra lo spaesato e l'incoscientemente divertito; tra i protagonisti di questo delirio alla Terry Gilliam virato in salsa californiana, spiccano di sicuro Dwayne Johnson, Justin Timberlake e Sarah Michell Gellar, probabilmente quelli che ci credono di più (The Rock, con quel tic delle dita che lo fa sembrare un rimbambito, è adorabile), mentre Seann William Scott è più inespressivo e fuori ruolo del solito, tanto che sul finale mi sarei messa le mani nei capelli. Insomma, mi tocca chiedere scusa a Silvia per aver demolito questo film ma giuro che arrivata alla fine delle ben due ore e mezza di durata la domanda è stata: "cosa diavolo ho visto?" e, soprattutto "potrò tornare indietro nel tempo per convincere me stessa a NON guardare Southland Tales?".


Di Janeane Garofalo (Generale Teena MacArthur), Sarah Michelle Gellar (Krysta Kapowski / Krysta Now), Beth Grant (Dr. Inga Von Westphalen / Marion Card), Dwayne Johnson (Boxer Santaros / Jericho Cane), Christopher Lambert (Walter Mung), John Larroquette (Vaughn Smallhouse), Jon Lovitz (Bart Bookman), Mandy Moore (Madeline Frost Santaros), Lou Taylor Pucci (Martin Kefauver), Seann William Scott (Roland Taverner), Wallace Shawn (Barone Von Westphalen) e Kevin Smith (Simon Theory) ho parlato ai rispettivi link.

Richard Kelly è il regista e sceneggiatore della pellicola. Americano, ha diretto film come Donnie Darko e The Box. Anche produttore, ha 43 anni.


Miranda Richardson interpreta Nana Mae Frost. Inglese, la ricordo per film come L'impero del sole, La moglie del soldato, Il mistero di Sleepy Hollow, Spider, The Hours, Il fantasma dell'Opera, Harry Potter e il calice di fuoco Harry Potter e i doni della morte - Parte I; come doppiatrice ha lavorato in Galline in fuga. Ha 60 anni.


Will Sasso interpreta Fortunio Balducci. Canadese, ha partecipato a film come Mai dire ninja, Comic Movie, Io, Dio e Bin Laden, Killing Hasselhoff e a serie quali Willy il principe di Bel Air, I viaggiatori, X-Files, Perfetti ... ma non troppo, CSI - Scena del crimine, Due uomini e mezzo, How I Met Your Mother e Grey's Anatomy; come doppiatore ha lavorato in The Cleveland Show, Robot Chicken e I Griffin. Anche sceneggiatore e produttore, ha 43 anni e tre film in uscita.


Zelda Rubinstein, che interpreta la Dottoressa Katarina Kuntzler, era la medium del film Poltergeist. La prima versione del film sarebbe dovuta durare 160 minuti ma vista la disastrosa reazione degli spettatori a Cannes è stato tagliato e rimontato col risultato che qualcosa, nei dialoghi, si è perso. Se volete capire qualcosa di più di Southland Tales, invece, sappiate che i primi tre capitoli della "saga" si trovano in forma di graphic novel col titolo di Southland Tales: The Prequel Saga. Nell'attesa che vi arrivino i volumi da internet, se Southland Tales vi è piaciuto recuperate Donnie Darko e poi spiegatemelo, grazie! ENJOY!


domenica 26 febbraio 2017

Jackie (2016)

L'ultimo film di cui vi parlerò prima che vengano assegnati gli Oscar (per chi fosse interessato, i post sugli altri arriveranno a ridosso delle rispettive uscite italiane) è Jackie, diretto nel 2016 dal regista Pablo Larraín e in concorso con tre nomination (Natalie Portman Migliore Attrice Protagonista, Migliori Costumi e Miglior Colonna Sonora Originale).


Trama: dopo la morte del presidente Kennedy, la moglie Jackie si ritrova a dover tenere in piedi la propria famiglia e ad onorare la memoria del marito senza crollare nel tentativo...


Di base, ritengo quello americano come uno dei popoli più stupidi sulla faccia del pianeta, giudizio che, se possibile, si è intensificato ancora di più dopo l'elezione di quella sorta di imbarazzante Gabibbo malvagio che risponde al nome di Donald Trump. Nonostante questo o forse, chissà, proprio per questo, la storia americana esercita su di me un fascino stranissimo, soprattutto per quel che riguarda il periodo turbolento precedente e successivo alla morte di John Fitzgerald Kennedy. Morto giovanissimo, all'età di 46 anni, questo giovane e sfortunato presidente è diventato nel tempo un mito, il simbolo di un'era, la versione buona del "quando c'era lui" e persino Stephen King (che lo definisce nel ciclo de La Torre Nera "l'ultimo Pistolero del mondo occidentale") è arrivato a chiedersi, nel romanzo 22.11.63, cosa sarebbe successo se JFK non fosse morto. Non ci è dato sapere cosa ne sarebbe stato dell'America e del mondo sotto la sua guida ma quel che è certo è che tra coloro che hanno contribuito a costruire il mito Kennedy c'è sicuramente la moglie Jackie, figura diventata nel tempo altrettanto "mitica" e protagonista del biopic di Pablo Larraín il quale, concentrandosi principalmente sull'intervista concessa dalla ex first lady al giornalista Theodore H. White una settimana dopo la morte del presidente, fa poca luce sulla vita privata di Jacqueline Lee Bouvier in quanto donna. Il punto di vista adottato nel film è infatti piuttosto quello di una neo-vedova, di una Ginevra che ha perso il suo Re Artù e cerca in tutti i modi di consegnarne il ricordo ai posteri tentando, allo stesso tempo, di non soccombere al dolore e proteggere sé stessa e i figli ancora piccoli non solo da eventuali attentati ma anche dall'indigenza e dagli sciacalli mediatici. Intelligente, piena di amore per le arti e la storia, Jackie è nata per essere più un membro di qualche famiglia reale europea piuttosto che la first lady americana; nonostante l'amore del popolo americano, la consacrazione ad icona della moda e l'impegno profuso nel trasformare la Casa Bianca in un museo dedicato alla storia americana, alla morte di Kennedy la donna è diventata per legge una semplice civile che da quel momento in poi avrebbe avuto poco tempo per portare via baracca e burattini dall'edificio presidenziale, lasciando così il posto al neo presidente Johnson e alla moglie.


Larraín racconta dunque questo momento assai delicato nella la vita della ex first lady mettendo sotto i riflettori il dolore per la morte di un marito "ingombrante" ma comunque molto amato (le immagini che mostrano Jackie subito dopo il tristemente famoso attentato a Dallas sono molto crude e fanno riflettere sull'incredibile forza d'animo di una donna che è stata letteralmente investita dalla materia cerebrale e dal sangue del suo compagno di vita), la rabbia, l'impotenza e la confusione di chi non ha più un appoggio spirituale e materiale e di chi non può prevedere un futuro che si prospetta terribilmente buio ed incerto, contestualizzando il tutto attraverso il racconto di un America e di un mondo costretti a cambiare nella maniera più drastica. Oltre a tutto ciò, viene sottolineata anche l'importanza mediatica di Jackie Kennedy non solo nella creazione del mito di Camelot (nome con cui gli americani sono arrivati nel tempo a definire la presidenza Kennedy) ma anche nel rendere in qualche modo più vicina al popolo un'istituzione come la Casa Bianca, mostrata per la prima volta in TV dalla stessa Jackie come fulcro della storia e della cultura americane, quindi un patrimonio nazionale e non solo dimora presidenziale. Inutile dire che l'intero film poggia sulla straordinaria interpretazione di una Natalie Portman che è riuscita a riportare in vita la sfortunata Jackie, impadronendosi di quell'accento mezzo americano, mezzo british e assolutamente posh che la caratterizzava, soprattutto nelle occasioni pubbliche (e che, intelligentemente, si riduce fino a scomparire quando viene mostrata la Jackie più intima ed emotivamente scossa), ma non solo; la fisicità, gli sguardi e i vezzi dell'attrice sono emozionanti sia quando la Portman è da sola, sia quando interagisce con gli altri (la sequenza in cui Jackie vaga per le stanze ubriaca e in lacrime, cambiando un vestito dopo l'altro, è magistrale ma vengono resi alla perfezione anche il rapporto con i figli e Bobby, con Johnson e persino col prete interpretato da John Hurt, Dio lo abbia in gloria sempre) e attorno a lei scenografi, costumisti e soprattutto il direttore della fotografia Stéphane Fontaine, responsabile della bellezza degli innumerevoli primi piani dell'attrice, hanno creato un perfetto scorcio di vita della first lady più amata dagli americani, tra dolorosa realtà e sognanti fantasie da musical.


Di Natalie Portman (Jackie Kennedy), Peter Sarsgaard (Bobby Kennedy), Greta Gerwig (Nancy Tuckerman), Billy Crudup (Il giornalista), John Hurt (Il prete), Richard E. Grant (Bill Walton), Beth Grant (Lady Bird Johnson) e John Carrol Lynch (Lyndon B Johnson) ho già parlato ai rispettivi link.

Pablo Larraín è il regista della pellicola. Cileno, ha diretto film come Tony Manero, No - I giorni dell'arcobaleno, Il club e Neruda. Anche produttore e sceneggiatore, ha 41 anni.


Inizialmente il film avrebbe dovuto girarlo Darren Aronofsky, con Rachel Weisz in qualità di protagonista, ma quando entrambi si sono ritirati dal progetto Aronofsky è rimasto solo come produttore. Diversamente dal solito, se Jackie vi fosse piaciuto non vi consiglio di recuperare altri film a tema, bensì il musical Camelot e il film TV A Tour of the White House, entrambi citati nella pellicola di Larraín. ENJOY!

giovedì 7 giugno 2012

The Artist (2011)

Con un ritardo di mesi sono finalmente riuscita a vedere The Artist, diretto nel 2011 dal regista Michel Hazanavicius e vincitore di ben cinque premi Oscar, tra cui miglior film e miglior attore protagonista.


Trama: George Valentin è una star del cinema muto che, per colpa del suo carattere vanesio ed orgoglioso, rifiuta di accettare l’avvento del sonoro. Nel momento in cui, però, viene abbandonato e dimenticato da tutti, una sola persona cerca di risollevarlo: la star nascente Peppy Miller.


Finalmente anche io potrò dire: l’ho visto. Mesi e mesi a sentire o leggere persone che si profondevano in lodi sperticate per questo The Artist, per la mancanza di sonoro, per l’uso del bianco e nero, per questo meraviglioso Dujardin, io ad aggrottare le sopracciglia rosicando per la mancata visione… e dopo tanta attesa, quel che mi vien da dire è “carino, sì. Molto carino”. E basta, però, perché mi è sembrato di leggere un episodio di X – Men: First Class. Storie mutuate dal passato, una copia quasi anastatica dello stile dei disegnatori e sceneggiatori anni ’60, aggiornate vagamente ai gusti del pubblico attuale e prive del fascino che innegabilmente possiedono le vecchie storie… o in questo caso i vecchi film muti. Volete mettere, infatti, Dujardin che gigioneggia mostrando 87 denti bianchissimi a capolavori come, che so, Metropolis o Nosferatu o Il monello? Io forse sono la persona più ignorante sulla faccia della terra, ma ritengo The Artist niente più che un divertissement cinefilo, una presa di posizione su come, in questi tempi di 3D, effetti speciali e storie arzigogolate, anche un film “semplice” possa riscuotere un successo mondiale. Ma da qui a gridare al capolavoro ne passa.


Non nego che la storia raccontata in The Artist sia molto coinvolgente, visto anche che parecchie star del muto sono entrate nella stessa spirale di autolesionismo e depressione che tocca il personaggio di George Valentin; la triste ed amara nostalgia richiamata dalle splendide musiche, dalle immagini di un tempo che non tornerà più, dai costumi vintage e persino dalle fumose (in senso letterale) sale cinematografiche gremite di spettatori ridenti e stupiti è palpabile per tutta la durata del film ed è quella particolarità che, sicuramente, me lo ha fatto apprezzare più di tutto il resto. Mi è piaciuta molto anche l’idea di rappresentare “fisicamente” il rifiuto di George Valentin, incarnato dall’incubo dove tutti parlano o emettono suoni tranne lui, oppure sul finale, quando dopo aver accettato il progresso il film si trasforma in una pellicola sonora; ho trovato anche molto azzeccato l’uso delle didascalie “ingannevoli”, soprattutto per il colpo di scena verso la fine. Gli attori, lo ammetto, sono tutti molto bravi. Oltre a Dujardin, che riesce a trasformarsi da insopportabile piacione ad umanissimo relitto alcolizzato senza risultare forzato o caricaturale, ho adorato l’interpretazione di James Cromwell nei panni del fedele autista Clifton e mi è molto piaciuta anche la frizzantissima Bérénice Bejo, nonostante la sua Peppy Miller sia da prendere a schiaffoni i parecchie occasioni. Però, la visione di The Artist non mi ha lasciata così soddisfatta da annoverarlo nell’elenco dei miei film cult. A ripensarci, sonoro a parte, con il bianco e nero avevano già giocato, tra gli altri, i Coen e Burton, tirando fuori due capolavori come L’uomo che non c’era e Ed Wood, pellicole da rivedere non una, ma mille volte. The Artist, invece, pur essendo un film di cui consiglio la visione, rimarrà lì, come un ricordo piacevole, ma nulla più.


Di John Goodman (Al Zimmer), Malcom McDowell (una delle comparse) e Missi Pyle (Constance) ho già parlato nei rispettivi link.

Michel Hazanavicius è il regista della pellicola. Francese, ha recentemente diretto Gli infedeli. Anche sceneggiatore e attore ha 45 anni e un film in uscita.


Jean Dujardin interpreta George Valentin. Francese, ha partecipato a film come Lucky Luke, Piccole bugie tra amici e Gli infedeli. Anche regista, sceneggiatore e produttore, ha 40 anni e due film in uscita.


Bérénice Bejo interpreta Peppy Miller. Argentina, ha partecipato a film come Il destino di un cavaliere. Ha 36 anni e tre film in uscita.


James Cromwell interpreta Clifton. Americano, lo ricordo per film come Invito a cena con delitto, La rivincita dei nerds (con seguiti), Explorers, Pink Cadillac, Babe, maialino coraggioso, L.A. Confidential, Species II, Deep Impact, Babe va in città, Il miglio verde, Angels in America, inoltre ha partecipato a serie come MASH, La famiglia Bradford, La casa nella prateria, Casa Keaton, Dallas, Riptide, Supercar, Hunter, Ai confini della realtà, Magnum P.I., Quell'uragano di papà, E.R. - Medici in prima linea, Six Feet Under e 24. Anche produttore, ha 72 anni e due film in uscita.


Beth Grant interpreta la cameriera di Peppy. Americana, ha partecipato a film come Rain Man – L’uomo della pioggia, Il piccolo grande mago dei videogames, Linea mortale, La bambola assassina 2, La metà oscura, Speed, A Wong Foo, grazie di tutto! Julie Newmar, Il dottor Doolittle, Donnie Darko, Little Miss Sunshine, Non è un paese per vecchi e a serie come Santa Barbara, Hunter, La signora in giallo, Friends, Jarod il camaleonte, Sabrina vita da strega, Angel, X – Files, CSI, Malcom, Six Feet Under, My Name is Earl, Bones, La vita secondo Jim, Medium e Criminal Minds. Anche regista, sceneggiatrice e produttrice, ha 63 anni e sette film in uscita.


Ed Lauter (vero nome Edward Matthew Lauter III), interpreta il maggiordomo di Peppy. Americano, lo ricordo per film come King Kong (quello del 1976), Cujo, La rivincita dei nerds II, Nato il quattro luglio, Una vita al massimo, Talladega Nights: The Ballad of Ricky Bobby, Number 23 e per serie come Charlie’s Angels, Magnum P.I., The A – Team, Miami Vice, La signora in giallo, Renegade, X – Files, Highlander, Walker Texas Ranger, Millenium, Streghe, E.R. – Medici in prima linea, CSI, Cold Case e Grey’s Anatomy. Ha 72 anni e due film in uscita. 
Penelope Ann Miller interpreta Doris. Americana, ha partecipato a film come Risvegli, Un poliziotto alle elementari, Charlot, Carlito’s Way, L’uomo ombra, Relic – L’evoluzione del terrore, The Messengers e a serie come L’albero delle mele, Casa Keaton, Miami Vice, CSI: NY, Desperate Housewives. Ha 48 anni e tre film in uscita.


Segnalo inoltre la presenza nel cast di Joel Murray (fratello del più famoso Bill Murray e storico amico “scemo” di Greg nella sit com Dharma e Greg), qui nei panni del poliziotto che segue il cagnolino allarmato dall’incendio. Altra menzione d'onore va doverosamente dedicata a Douglas Fairbanks, famosissimo divo dei film d'avventura anni '20-'30: il film che George Valentin guarda sul suo proiettore è infatti Il segno di zorro, che vede come protagonista l'attore americano e i cui piani ravvicinati sono stati modificati, sostituendo Fairbanks con Dujardin. Beccateve 'sta botta de cultura e... ENJOY!!




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